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Giulia a Manakara: storia, auguri, sorprese

Ciao!
È quasi finito il mio anno e vorrei “tirare un po’ le somme” di quello che è stato.
Pochi giorni fa ho riaperto e riletto le prime lettere che ho mandato: traboccavano di entusiasmo ed euforia, tutto bello, tutto meraviglioso.
Nella prima lettera del 20 Marzo ricordo di aver nominato dei profumi. In quel momento ero ad Ambostra a studiare malgascio…posso dirvi con sincerità e con meno euforia che le parole profumo e Ambostra non possono stare insieme: il pesce secco, la carne del mercato, lo smog e la sporcizia lungo le strade emanano ogni tipo d’odore ma non di certo profumo! Nonostante questo ho dei bellissimi ricordi di quel posto, fondamentalmente è stato il primo assaggio della mia vita malgascia: vivere con i don e la Giorgia, “studiare” malgascio, andare al mercato, giocare a tombola in casa di  carità, ritrovarsi alla sera tutti e 4 a guardare un film, è stato un bel mese. 

Il 23 Marzo sono arrivata a Manakara (finalmente) e la lettera successiva parlava un po’ delle case dei malgasci e di quanto noi fossimo fortunati ad avere cose che per loro erano inimmaginabili, sono convinta di aver avuto la fortuna di nascere con queste possibilità ma sono ancora più convinta di essere al 100% più fortunata per aver avuto la possibilità di conoscere questo lato del mondo e aver imparato a sorridere per ogni piccola cosa grazie a queste persone. 

La terza lettera, se non sbaglio, parlava di Ricot e di quanto fosse pigro; posso aggiornarvi su di lui e dirvi, con orgoglio, che adesso lavora alla Ferme di Analabe e dopo tanta fatica iniziale, adesso sta benissimo, si impegna! È stata una vera evoluzione la sua e io sono sempre felice di andare ad Analabe e vederlo stanco ma felice! 

La lettera dopo era su Cela, il ragazzino del mercato, anche per lui le cose sono cambiate, è tornato a casa e ha iniziato ad andare a scuola, con alti e bassi ovviamente. In questi mesi abbiamo imparato a conoscerlo ed è davvero un ragazzino fragile che ha bisogno di sostegno ma, sono sincera, per la maggior parte del tempo resta il ragazzino ribelle del mercato.

Le ultime lettere invece parlavano di Michel, chi se lo dimentica, nonostante le cose non siano andate proprio come avrei voluto, un po’ del mio cuore è andato via con lui! Una parte di me, ogni giorno, spera di incontrarlo per strada con quel cappellino rosso che aveva sempre, lo cerco con lo sguardo, ogni mattina controllo la macelleria dove lavorava sperando di rivederlo sorridente e felice, ma da quando è partito nessuno ha più avuto sue notizie, io voglio credere che stia bene chissà dove qui in Madagascar! Ma quel sorriso e quella risata contagiosa non me le scorderò mai e poi mai. 

giovani che lavorano in sartoria per terra a Manakara

Ci sono molte altre persone che ho conosciuto qui: Iabelen, bimbo del mercato, che hanno conosciuto anche i miei genitori, casinista e coccolone, anche nelle giornate più tristi un sorriso lui riesce a strappartelo.
François: prima il corso d’italiano, poi un monopoli, poi un mofo, poi una torta cucinata insieme fino ad arrivare ad un’amicizia, parliamo tanto, ci confrontiamo e confidiamo mescolando le nostre “capacità linguistica”: il mio scarso malgascio, il suo scarso italiano con in mezzo un po’ di francese, fra una risata e l’altra riusciamo anche a fare discorsi intelligenti!
E poi ancora Santatra: braccio destro di François, Lalatiana che a 20 anni dedica anima e corpo alla parrocchia, a partire dalla corale fino ad arrivare ai chierici e poi gli indimenticabili pazienti di Ambokala: Cela che parlava con le formiche nella sabbia, Hery gigante buono, insieme ad Ardilece, Justin e la sua fobia per i serpenti, Jibre che potrei definirlo “Michel II” , Jean Paul e i suoi cento figli immaginari e tantissimi altri, insieme hanno contribuito a rendere unico questo “quasi” anno. 

festa

Tutto questo per dirvi che dopo 10 mesi di cose viste con entusiasmo e curiosità sono pronta a guardare e vedere questo posto con occhi nuovi, non più offuscati dall’euforia dell’inizio. La curiosità farà sempre parte di me, ma voglio legarla alla criticità e alla semplicità che in questo poco tempo tutte le persone che ho incontrato mi hanno insegnato.
Insomma, inutile tirarla per le lunghe, non sono pronta a lasciare tutto questo, ho ancora voglia di scoprire e di lasciarmi scoprire.

 

Qualcuno di voi lo sa, qualcuno se lo immagina, per altri sarà una sorpresa però ho deciso di rinnovare e restare almeno un altro anno, lo dico solo ora perché il visto ormai è arrivato quindi non c’è modo di farmi cambiare idea.
Prometto però di scrivervi, più spesso degli ultimi mesi, per raccontarvi e condividere con voi gioie e dolori di questa vita.
Buon 2019 a tutti!
A prestissimo, Giulia

Notizie (vaovao) dal Madagascar

Carissimi amici di tutto il mondo a cui mi sento connessa,
è giunto il momento di aggiornarvi su di me: briccona vagabonda di nome Chiara Bezzi.
Sto bene! Sto come d’estate, in foresta tropicale, sotto il sole, poi alla pioggia e poi di nuovo al sole, con l’umidità alle stelle…Sudata!
Non riesco ad immaginare che li in Europa sia inverno, che ci sia freddo, che ci sia la neve; non mi sono nemmeno accorta che è già passato il non-stop-eating delle feste natalizie con pranzi/aperitivi/cene impegnativi e ancor meno che siamo già nel 2019!
Ma facciamo un passo indietro…Uh signur, tenetevi forte perché ho tanti mesi da recuperare!

Da dove partire?
Iniziamo con questo aforisma che descrive in poche frasi quello su cui sto cercando di ragionare/lavorare in questo momento: “La sola vera trappola è restare attaccati ad ogni cosa, le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione. Anche in questa città eterna (Roma), l’Augusteo mi ha dimostrato che dobbiamo sempre essere pronti ad ondate infinite di trasformazioni”. Cit. Mangia, prega, ama.
Bene, ora che ho fatto un po’ l’alternativa con parole non mie, vi racconto…capirete pian piano il perché della citazione.
Il mese di novembre è stato un po’ caotico:
• partenza e ritorno in Italia del Monpera – Don Giovanni Ruozi dopo 11 anni di servizio in Madagascar;
• ingresso nella parrocchia “Gesù Misericordioso” ad Ambalapahasoavana di Manakara del nuovo parroco Don Luca Fornaciari e aiuto parroco Don Simone Franceschini;
• veloma – saluto a Dario, Enrico e Tania, servizio civilisti di RTM che sono rientrati in Italia dopo il loro anno di servizio.
• Arrivo di un’equipe di medici, chirurghi, dentisti ed infermiere dell’ONG Belga “H.E.L.P vzw”

ingresso nella parrocchia “Gesù Misericordioso” ad Ambalapahasoavana di Manakara del nuovo parroco Don Luca Fornaciari e aiuto parroco Don Simone Franceschini

L’ingresso dei don in parrocchia a Manakara è stata una giornata bellissima e molto sentita! La messa celebrata da monsignor Gaetano, vescovo della diocesi di Farafangana, è stata una vera e propria accoglienza festosa ai nostri cari don. È stato emozionante assistere all’apertura delle porte centrali della chiesa ed entrare insieme a tutta l’assemblea invitati dai due monpera; ballare e cantare a fine della celebrazione, quando i parrocchiani si sono avvicinati all’altare in una fila danzante raccogliendo sul loro cammino Don Luca e Don Simone; il momento dei Kabary – discorsi, quando il presidente della parrocchia, si è presentato con un kabary in lingua Italiana!! Sorprendente, davvero! È una cosa che mi ha colpito nel profondo, perché mi ha fatto sentire importante, accolta e rispettata da persone che neanche mi conoscono. Guardate la potenza di un

 

 

 

Salvatore e Giardo al lavoro

Dopo tutta questa festa, siamo tornate nella nostra piccola Ampasimanjeva e ci siamo preparate all’accoglienza di tre storici meccanici: Giardo, Salvatore e Stelio, venuti per aiutare il nostro direttore Giorgio nel suo lavoro; e l’equipe missionaria belga che da 5 anni ormai scende in Madagascar per collaborare con il nostro ospedale.
Quest’anno per due settimane si sono dedicati alla formazione dello staff sull’estrazione di denti, alcuni tipi di interventi chirurgici (in particolare prostatectomie) ed il loro decorso post-operatorio. Il programma di lavoro è stato molto molto molto intenso, ma sono contenta di avervi preso parte; tutta la fatica ne è valsa la pena. Anche io, insieme allo staff dell’ospedale sono stata accolta nel team in modo molto caloroso ed è stato veramente bello lavorare insieme.

Io e Gina

Tra i pazienti che non scorderò mai più, di cui voglio condividere la storia, c’è Ginah. È una ragazza di 27 anni (quindi 2 anni più grande di me), con già due figlie piccole, ricoverata per un ascesso al dente che aveva provocato una grande infezione e raccolta di pus in tutta l’area mediastinica (alto torace). Anche se faceva fatica a parlare per via del dolore e per il gonfiore ad ogni medicazione mi chiedeva spesso se sarebbe guarita e quando… inutile dire
che non nutrivo molte speranze per lei anche se facevo del mio meglio per medicarla ed estinguere l’infezione. Più volte mi sono sentita veramente impotente, soprattutto il giorno della quarta medicazione quando, prima di incominciare, ha avuto una emorragia della ferita e ha perso molto, anzi troppo sangue. Vorrei farvi capire cosa si prova a stare li nel momento dell’urgenza, a tamponare una maledetta emorragia che non si ferma, mentre una ragazza della tua età circa ti guarda terrorizzata cercando uno sguardo rassicurante perché ha capito che la sua situazione è diventata inaspettatamente critica; mentre la sua famiglia li fuori che aspetta capisce che c’è qualcosa che non va. Beh, io ho stampato nella memoria quel momento: il suo sguardo, le sue mani che mi stringono le braccia e la stessa domanda ripetuta insistentemente “Sto per morire? Eh Vazaha – straniero? Ma sto per morire?”. So come ci si dovrebbe comportare in queste situazioni, l’ho studiato…si sta calmi e lucidi, non ci si fa toccare dallo stress, ma ci si concentra sul paziente, lo si rassicura, si organizza il lavoro e si agisce; ma quando ti capita per davvero di avere una vita per le mani e sei da sola perché tutti sono impegnati ovviamente tutto va a farsi benedire. Continui a ripetere alla paziente di stare tranquilla e respirare, che tu sei li con lei, che andrà tutto bene e lei non morirà, ma sapete è difficile risultare credibili se per primi non si è sicuri di cosa succederà…forse lo ripetevo più a
me stessa che a lei. Per la cronaca, non è che ci sono solo io in ospedale; ho preso in carico Ginah al suo arrivo e tuttora è una mia paziente. Poi in quel periodo in particolare abbiamo avuto veramente tanto lavoro, e tutti correvamo avanti e indietro come matti.
Beh fortunatamente una delle infermiere ha ascoltato le mie richieste ed è arrivata per darmi il cambio nel tamponare così che io potessi andare a prendere il materiale necessario per fermare l’emorragia. In seguito abbiamo chiesto consulenza all’equipe belga che ha accettato di aiutarla nonostante non fosse in programma e nonostante non fossimo certi di poterla salvare; poche ore dopo era in sala operatoria dove sotto sedazione (perché qui non è ancora
possibile fare interventi in anestesia generale) i dentisti hanno tolto i denti che hanno causato l’infezione, mentre io e gli altri abbiamo pulito la cavità e l’abbiamo medicata.
Da allora medichiamo la sua ferita quasi tutti i giorni, io non sono più Vazaha – straniero, ma sono Cherie – tesoro e con grande sollievo di tutti Ginah si è ripresa alla grande ed è quasi guarita!
Tra i ricordi più belli che ho insieme a lei c’è questo: poco prima di capodanno Ginah ha chiesto di poter tornare a casa per stare un po’ con la sua famiglia e poi ritornare per continuare la medicazione. Essendo fuori pericolo, il Dott. Martin ha acconsentito alla sua partenza e lei felice come una bambina è passata in ambulatorio per salutarmi. Dopo aver chiacchierato un po’ è rimasta a guardarmi in silenzio e poi tutto d’un colpo mi ha abbracciato forte la vita, ha immerso la faccia nella mia casacca ed è scoppiata in un pianto liberatorio. Che roba amici, che intensità…ho rischiato di piangere anche io! Ho pensato che è davvero una fortuna grande fare la differenza per qualcuno e sentirlo sulla pelle.

Una parte ell’equipe belga H.E.L.P con il Dott. Martin e Francois, caposala,
al lavoro in sala operatoria

In tutto questo, sento di dovere ancora un grande grazie all’equipe belga, una vera e propria benedizione per l’ospedale. Nei pochi giorni che sono stati qui hanno lavorato senza risparmiarsi: oltre a Ginah, hanno salvato un’altra ragazza, hanno estratto denti a più di 300 persone prevenendo il rischio di infezione e di ascessi, hanno operato almeno 4 pazienti al giorno formando i chirurghi, il personale di sala e post-operatorio così che oggi l’ospedale è in grado di eseguire gli stessi interventi in autonomia . Il loro lavoro e la loro dedizione mi hanno
ispirato. Spero anch’io un giorno di poter far parte di un’equipe come la loro. 
Grazie, grazie, grazie.

 

Siete già stufi?? Ma come!!!! Ho ancora un sacco di cose da raccontare! Faccio presto lo giuro…

Immagine dal Pangalana di Mananjary

Dicembre ha portato con se tanti ospiti in visita alla missione ed un caldo afoso: tra questi Lucia Braghiroli amica di Giulia Capotorto. Poco prima che Giuli ci salutasse abbiamo approfittato della sua partenza per fare una piccola rilassante gita di comunità: quindi con tutte le masere – suore, i frera – frati, sarambe – ragazze siamo partite alla volta della casa di carità di Mananjary, una città in riva all’oceano. Le masere della casa ci hanno preparato un picnic sorpresa che abbiamo gustato su un battello navigando il Canal des Pangalanes – una via d’acqua artificiale a ridosso della costa orientale del Madagascar che consente la navigazione da Toamasina/Tamatave fino a Farafangana altrimenti troppo difficile. Poi è arrivato il Veloma – saluto di Giulia, la sua partenza per l’Italia e l’arrivo dei genitori di Giorgia Roda e Giulia Farri per passare insieme le feste.

A proposito di festività: io, cari, ho passato il mio primo Natale al caldo…e che caldo!!!

Pranzo di Natale, con i malati di tubercolosi e le loro famiglie

Quest’anno la “famiglia” con cui ho festeggiato il 25 dicembre è stata quella dell’ospedale, un bel pranzo in compagnia dei malati di tubercolosi, le loro famiglie, e una festa in ospedale con balli, canti, giochi e chi più ne ha, più ne metta. Le suore hanno cucinato riso e carne di omby – zebù per tutti. Il mio compito in tutto questo, oltre ad aiutare le suore, è stato quello di preparare i dolci, che felicità!!!
Come dicevo ad alcuni è proprio vero che il buon cibo scalda il cuore e fa nascere sulle labbra un sorriso, soprattutto se condiviso…già distribuire cibo gratuitamente da una sensazione di felicità; se in più il cibo è buono, vedi gli invitati che lo gustano, chiacchierando, scherzando tra di loro, divertendosi a pancia piena e felici allora
diventa una grazia!

 

 

 

Preparazione al Natale

Ah, a proposito di preparazione di feste, clima natalizio e buon cibo, anche se non siamo a Reggio Emilia, non vuol dire che ci siamo scordati le nostre tradizioni; poche settimane prima di Natale, infatti, insieme alle masere ho preparato i cappelletti per la cena di natale!!

L’arrivo dell’anno nuovo, invece, lo abbiamo festeggiato insieme a tutti gli altri volontari, i servi della chiesa e alcuni operai a la Ferme “San Francesco” di Analabe, Manakara. È stata una cena molto semplice in compagnia, seguita da balli senza fine e un “brindisi” sotto il cielo stellato; e il primo giorno del 2019 è stato inaugurato da un bel bagno nell’oceano, una cena insieme per salutare Giorgia…eh si, anche Giorgia ha finito il suo anno di servizio qui in
Madagascar ed è tornata a casa proprio pochi giorni fa; ed una settimana di esercizi spirituali, svoltisi ad Antananarivo e guidati da Don Antonio Crispino sceso in Madagascar poco dopo Natale insieme a Don Pietro Rabitti e Lorenzo Malagoli (volontario rientrato in missione dopo le vacanze in Italia). È stata una settimana stimolante e, anche se nel silenzio, lo stare insieme con gli altri volontari è sempre un bel momento di condivisione.

Capite ora l’aforisma di prima? Con tutti questi cambiamenti veloci e continui, il confronto quotidiano con una cultura così diversa dalla tua, questo andirivieni di famiglie, amici, persone etc etc, è importante non essere irremovibili ed aggrapparsi troppo alle proprie certezze ma è necessario essere pronti ad ondate infinite di trasformazioni senza paura di essere annientati. Io spero proprio di riuscirci pian piano e per il nuovo anno auguro anche a voi questo: di non aver paura dei cambiamenti…ma di investirci sempre più energie e tempo
per affrontarli al meglio.
Tratrin’ny ho avy amici! – Buon 2019, buon tutto quello che verrà!
A presto, con affetto!
Chiara Bezzi

Pe Luis: anno nuovo vita nuova

Carissimi tutti,
anno nuovo vita nuova, un detto che alle volte si dice all’inizio di un nuovo anno. Così mi sto trasferendo in Ruy Barbosa aiutando nella pastorale il parroco Antonio e continuando la presenza alla Casa di Carità.

 

 

 

 

 

In preparazione al Natale, alla Casa abbiamo fatto un ritiro, una giornata di spiritualità, parlando del mistero della Incarnazione del Verbo di Dio, il tutto per ricordare che questa casa è dedicata al mistero della nascita di Gesù. Buona la partecipazione e anche un bel momento per diffondere lo spirito delle tre mense in questa chiesa di Ruy Barbosa.
Questo rimane un obiettivo anche dei prossimi anni qui, la presenza reggiana in questa terra si sta spostando in Amazzonia, ma la Casa rimane come dono fatto a questa chiesa, che possa sempre più assunto da questa chiesa, portare frutto di conversione e di evangelizzazione.

Dopo Natale è partito don Riccardo per l’Italia, dal 2006 era qui in Brasile, la sua presenza è stata un bel dono sia per le parrocchie in cui ha svolto il ministero pastorale e anche per la Casa di Carità. Per questo oltre a celebrare il Natale, si è aggiunto anche il saluto alle comunità in cui siamo stati presenti in questi due anni.
Penso anche la riconoscenza delle persone che in questo tempo ci hanno aiutato a svolgere il ministero in Utinga, Wagner e Bonito; la testimonianza che tanti ci hanno dato della loro fede e dedizione alla vita della comunità cristiana. E’ proprio vero, come dice il Papa, che abbiamo santi, che vivono vicino, accanto a noi e tante volte non ci
accorgiamo della loro presenza.

Dene è una di queste, sulla settantina, è ministra della comunione, ha avuto 21 figli, ne ha educati 19, uno lo ha adottato; serena, rispettata da tutti, è rimasta vedova qualche anno fa e serve con molta discrezione la sua
comunità, in particolare nella visita agli ammalati. Molti i giovani e adulti che nelle varie comunità abbiamo accompagnato nel cammino di iniziazione cristiana alla celebrazione di battesimo, confessione, comunione e cresima; il cammino catecumenale che si è scelto sta portando buoni frutti come crescita personale e
comunitaria nella fede in Cristo.

La nostra chiesa diocesana qua ha un nuovo sacerdote, Valmir, è stato ordinato il 16 di dicembre, bella la celebrazione con un popolo di Dio ben animato. In questi ultimi dieci anni il vescovo dom Andrè ha ordinato 8 sacerdoti, ancora ci sono missionari stranieri, ma altri brasiliani che da altre diocesi vicine collaborano per aiutare la chiesa sorella. Al posto nostro infatti sono arrivati due sacerdoti missionari di diocesi della Bahia: padre José Wilson che si fermerà ad Utinga e dando presenza anche in Wagner, e padre Edson che starà in Bonito.
Anche un altro sacerdote missionario di Malta padre Andrè è andato ad Ipirà. Questo mi è sembrato un bel segno per quello che riguarda la scelta fatta dalla diocesi di Reggio Emilia di lasciare la diocesi di Ruy Barbosa, per iniziare un cammino nuovo in Amazzonia, nella diocesi di Alto di Solimões.

L’inizio dell’anno è stato anche l’inizio del nuovo governo di Bolsonaro, nuovo presidente del Brasile. Un governo di estrema destra come da anni non si vedeva. Le prime mosse che ha fatto sono significative perché ha deciso che la demarcazione delle terre indigene sia affidata al ministero dell’agricoltura, guidato da una donna che è nota come “regina del veleno”, perché si è battuta per un indiscriminato uso di pesticidi, di cui sono pieni la frutta e la verdura che mangiamo.
Allora penso che, se qualcuno della nostra chiesa va in area amazzonica, è anche per  difendere la terra e i popoli nativi da questo rischio di devastazione delle risorse ambientali del nostro pianeta.

In questi giorni c’è la novena della festa del Signore di Bonfim, il tema scelto è quello di essere strumenti di pace; 4 ragazze della parrocchia di Utinga andranno alla GMG, a Panama e speriamo che questa chiesa ancora giovane sappia camminare con speranza, in mezzo alle lotte di questo popolo possa aver vita e crescere nella fraternità.
Um Abraço Pe. Luis

il gioco del tris disegnato sul terreno

Vanessa e la vita a Nuova Redençao

Qualche mese fa avevo trovato su facebook queste parole:  “Non ti stanchi mai a portare in giro il tuo messaggio di speranza, amore e pace?” e la risposta era: “Mah, sai io ho fatto il servizio civile”. Faccio mie queste parole, ma più in generale le applico alla vita: non si può mai smettere di essere quello che si è, in qualsiasi posto o situazione ci troviamo.

Questo fine anno è stato carico di emozioni e di bei momenti;  il 21 di dicembre qui in paese c’è stata la consegna del certificato di proprietà di 37 case popolari.

Diversi anni fa, attraverso un progetto federale, fu iniziata la costruzione di queste case, per poterle destinare a famiglie in situazione di alta vulnerabilità. Le amministrazioni comunali sono cambiate e le liste di chi ne aveva diritto più e più volte sono state riscritte;  la realtà è che molte famiglie hanno occupato queste case e hanno vissuto in questi anni  senza finestre, con porte arrangiate, senza energia e senza acqua potabile, costretti a riempire taniche da amici e parenti e trasportarle in casa.

Ma finalmente il gran giorno è arrivato, è stato un momento importante, è stato allestito uno spazio nel quartiere e dopo vari discorsi di prassi, ogni famiglia è stata chiamata e ha ricevuto il tanto atteso certificato. È stato un momento di festa, tutti erano lì ad aspettare di sentire il proprio nome, del vicino, di un amico e di certo non sono mancati tanti abbracci.

Purtroppo non sempre le cose vanno lisce come l’olio, oggi metà delle case sono ancora senza acqua potabile a causa di diversi problemi, ma speriamo che si risolveranno il prima possibile.

un panorama della cittadina

il gioco del tris disegnato sul terreno Il 24 dicembre ho trascorso la giornata in una delle comunità di base ad una mezzoretta dal paese. È stata una giornata all’insegna della spensieratezza, di frutta mangiata direttamente dagli alberi, una partita a pallavolo con una palla fatta da una busta di plastica riempita di foglie e di partite a tris mangiando un ghiacciolo.

 Il 27 dicembre invece ho avuto l’opportunità di partecipare ad una riunione in una comunità di base chiamata Tabocas.  Qui quando si parla di italia è impossibile non ricordarsi di Padre Eugenio Morlini;  durante i suoi anni di missione qui in Bahia ha trasformato la vita di molte persone. Ha lottato insieme al popolo contro i latifondisti, non solo per rivendicare un pezzo di terra dove vivere e lavorare, ma soprattutto per dare dignità all’uomo.

Oggi nonostante la siccità e i giovani che tendono ad andar via  per cercare qualcosa di diverso, chi è rimasto continua a lottare. La riunione era inerente ad un progetto federale che attraverso dei soldi stanziati dal fondo monetario internazionale, permetterà la costruzione di una nuova struttura per lavorare la manioca. Durante la mattinata ci hanno mostrato come piantare il fico d’india in un modo più efficiente; è una pianta largamente utilizzata nella regione, non solo per alimentare il bestiame durante i periodi di siccità, ma ormai inserita nell’alimentazione quotidiana delle persone.  Credo sia motivo di grande gioia vedere che non tutto è andato perduto; spesso ci si lamenta che molte attività non proseguono, in realtà semplicemente  non sono andate  come  pianificate all’inizio, ma sono state le basi per continuare e non mollare.

          preparativi per la festa di san Sebastiano        

Gennaio è ormai arrivato e qui siamo tutti in attività per la preparazione della festa del patrono, San Sebastiano.  Ci aspetta un mese ricco di momenti di condivisione e di grande fede, e credo sia il modo migliore per iniziare questo 2019.

Vanessa                                                                                                             Nova Redenção 10/01/19

il panorama della cattedrale a Kibungo

Viaggio in Rwanda – S. Natale 2018

Siamo partiti, io e Maurizia, il 26 dicembre alla volta del Rwanda. La differenza di clima e temperatura fra Bologna e Kigali è notevole: Bologna – 2 °C , Kigali +28 °C. La nostra permanenza in Rwanda sarà breve, solo i giorni necessari ad accompagnare sua Eccellenza Massimo Camisasca Vescovo di Reggio Emilia per la sua visita alle Case Amahoro. Appena arrivati decidiamo di fare un saluto alle tre Case per definire gli ultimi dettagli organizzativi. Nelle Case si respirano aria di festa per il Natale e  l’emozione e la gioia per l’imminente visita del Vescovo di Reggio Emilia.

A Mukarange, Kabarondo e Bare la situazione è buona, ma alcuni ospiti anziani purtroppo non stanno molto bene, Pascali di Kabarondo è molto debilitato e Krisostome di Bare, dopo aver superato una crisi da malarial è ricaduto in una influenza.

Le ragazze che vivono stabilmente in casa sono ormai nove. Oltre alle responsabili Mediatrice, Saverina, Esperance ci sono anche altre ragazze giovani: Ejidia, Agnese, Florance, Vestina, Perpetua e Dorossera. E’ periodo di vacanze scolastiche e gli studenti trascorrono le giornate in casa e questo ci da modo di stare con loro. Per l’occasione anche Pendo ed Emanueli, ragazzi che ormai hanno trovato una vita fuori di casa, sono rientrati per incontrare e conoscere il Vescovo.

Padre Viateur Bizimana, che ci aveva accolto all’aeroporto, ci accompagna in queste primi incontri e ci spiega come lui continui a svolgere il ruolo di responsabile della formazione spirituale delle ragazze e il vice-parroco nella parrocchia di Kansana a pochi chilometri da Kibungo.

A Bare e Kabarondo ci salutano i parroci Donatien ed Ejid, siamo contenti di questo saluto che ribadisce la paternità dei parroci sulle case amahoro.

Il 29 dicembre accogliamo il Vescovo Massimo all’aeroporto di Kigali, proviene da Nairobi in Kenya e lo accompagnano il suo segretario Don Patrik Valena, il direttore del centro missionario Don Pietro Adani e don Luca Montini della Fraternità San Carlo che vive come missionario in una parrocchia di Nairobi in Kenya.

l'arrivo dei Vescovi alla cattedraleLa visita del Vescovo Massimo comincia il 30 dicembre nella cattedrale a Kibungo dove si celebra la festa della famiglia. Alla presenza di circa 2000 persone il Vescovo di Kibungo Mons. Antoine Kambanda  e il Vescovo Massimo concelebrano. Mons. Kambanda presenta all’assemblea tutta la delegazione italiana e Mons. Camisasca ringraziando il coro per i bellissimi canti e il giovani che hanno danzato porta i saluti della diocesi di Reggio Emilia.

Nel pomeriggio è in programma la visita alla Casa di Bare, siamo accompagnati anche da Mons. Kamabanda. Ci accolgono il parroco e il suo vicario, entrando in casa i due Vescovi salutano i presenti, ospiti e volontari. E’ un’emozione grande per me vedere i due vescovi seduti vicini in questa casa: il ricordo va immediatamente al luglio 2005 quando Mons. Adriano Caprioli e Mons. Frederic Rubwejanga inaugurarono la Casa Amahoro di Bare.

Padre Viateur racconta come Don Luigi Guglielmi avviò il progetto delle Case Amahoro dopo la guerra del 1994. Mediatrice presenta uno ad uno gli ospiti e racconta la storia delle ragazze che stabilmente vivono a servizio delle case; spiega come la giornata in casa si svolge nello stile preghiera e lavoro e come ciascuno, anche gli ospiti, partecipa al servizio in base alle proprie possibilità.

Mi colpisce il commento di Mons. Kamabanda quando dice: “I cristiani e i sacerdoti rwandesi hanno potuto imparare concretamente la carità vedendo i volontari italiani prendersi cura dei poveri delle parrocchie di Kibungo”. Il parroco interviene comunicando le sue decisioni in merito alla presa in carico della Casa Amahoro e l’impegno a sostenerla economicamente per quanto possibile.

Il Vescovo Massimo racconta il suo stupore nel vedere una casa così ben organizzata dove tutti, ospiti e volontari, si prendono cura gli uni degli altri. Tutti applaudono quando il Vescovo Massimo comunica di voler continuare a sostenere le case sia inviando volontari sia economicamente in base alle possibilità che avrà la Diocesi di Reggio Emilia.

Segue, il 31 dicembre, la visita alla casa di Mukarange. Il parroco Napoleon accoglie il Vescovo e presenta la casa. L’intervento di Iosepho, uno dei primi ospiti della casa e paralizzato dalla nascita, colpisce il Vescovo Massimo e tutti noi: sottolinea la bellezza della sua vita, la fortuna di essere stato accolto e la possibilità di sopravvivere che questo gli ha dato. Spiega come la cura e l’amore che riceve in casa da parte delle responsabili e dei volontari rwandesi e italiani sia per lui fonte di grande gioia nonostante la sofferenza generata dalla sua malattia.

La giornata prosegue guidati da Mons. Oreste Incimatata, vicario del Vescovo di Kibungo, alla visita sulla tomba di Padre Tiziano Guglielmi a Rwamaganà, al Centre de Santè Padre Tiziano e al plesso scolastico Aurora Giovannini che si trovano sulla collina di Munyaga. Il Vescovo rimane colpito dalle opere che Claudio Fantini, responsabile del Gruppo Rwanda, ci mostra.

Il primo giorno dell’anno visita alla Casa Amahoro di Kabarondo. Viene celebrata la messa nella piccola cappella della Casa, siamo molto stretti e stipati ma l’emozione e la gioia di avere in casa il Vescovo ci aiutano a superare le difficoltà. Vengono dati al Vescovo alcuni doni fra i quali un simbolico piatto pieno terra rossa del Rwanda. Il vescovo saluta tutti i presenti volontari adulti e giovani e ringrazia per l’accoglienza.

Il viaggio in Rwanda di Mons. Camisasca continua in direzione Kibeho parrocchia della diocesi di Butare nel sud ovest del Rwanda. Il viaggio verso Kibeho e le ore trascorse in automobile sono una occasione me e Maurizia di riflettere sulla visita appena ricevuta e sul futuro della missione in Rwanda.

la chiesa di Kibeho in RwandaRipensiamo alle domande che il Vescovo Massimo ci ha fatto quando lo abbiamo incontrato in vescovado a Reggio Emilia lo scorso 9 dicembre; le iniziative che facciamo riescono a generare  uno “Spirito Missionario” nelle nostre vite, nelle nostre parrocchie e nella nostra diocesi?

Le opere di carità e di missione che facciamo quale “Significato Educativo” hanno per noi?

Buoni spunti per ripartire e per riflettere su come continuare l’opera che Don Luigi Guglielmi ha iniziato in Rwanda nel 1995.

Reggio Emilia, 06 gennaio 2019                                                       Valentino

In partenza per l’India

Marta è una ragazza di 19 anni originaria della parrocchia di Ospizio mentre Silvia è una ragazza di 20 anni che frequenta la parrocchia di Campagnola. Entrambe partiranno nel mese di febbraio per l’India per soggiornarvi 6 mesi accolte dalle Case di Carità. Abbiamo chiesto loro di condividere le loro aspettative

Marta ci ha scritto: parto perché vorrei conoscermi più a fondo, mettermi alla prova senza i soliti punti di riferimento. Parto con il desiderio di essere aperta a ciò che imparerò nell’incontro con persone e culture diverse dalla mia.

Parto sostenuta dall’affetto, dall’amore di tante persone che mi hanno aiutato a diventare grande e mi hanno sostenuta nei passaggi difficili del mio cammino. Porto con me tutti i dispiaceri, le delusioni, le fatiche e i dolori che ho vissuto in questi anni: questi mi hanno aiutato a capire che sempre si può ripartire, mi hanno reso più forte e capace di essere consolazione anche per altri.

Io dalla missione mi aspetto di essere più cosciente e consapevole di chi ho intorno e di quello che succede negli altri paesi del mondo. Dall’India mi aspetto di avere un piccolo cambiamento nella mia vita e di trasmetterlo a tutte le persone che ho intorno.

Silvia ci ha risposto: spesso ci viene chiesto di raccontare il perché di una cosa, il perché di una scelta. Oggi mi è stato chiesto di provare a spiegare il perché ho deciso di partire.

Qualche anno fa non avrei mai pensato di essere arrivata a fare una scelta così grande.

Non sono mai stata una ragazza che emergeva molto, anzi, tendevo molto a nascondermi dietro agli altri non valorizzando quelli che sono i miei doni.

Nel mio percorso ho potuto fare esperienze e incontrare persone che mi hanno aiutata e mi hanno fatto scoprire doti di me stessa che neanche io conoscevo.

Partire perché vorrei conoscere le realtà che ci circondano e perché vorrei avere uno sguardo diverso da quello che abbiamo con tutta la nostra vita frenetica e piena di cose.

Partire perché vorrei mettermi alla prova, perché ho bisogno di avere fiducia e di credere in me stessa. Forse è proprio questo di cui ho più bisogno, fare un’esperienza che mi faccia conoscere più a fondo e mi apra gli occhi a nuove scoperte.

Il mio primo desiderio era quello di partire per il Madagascar, ma quando mi è stata proposta l’India, non mi sono fatta troppi interrogativi, ho deciso comunque di accettare pur non sapendo bene cosa potesse aspettarmi. Quello che oggi spero è di tornare più forte e più aperta verso l’altro.

Giovedì 24 gennaio, alle ore 21.00, celebreremo la Messa in san Girolamo per accompagnare nella preghiera l’esperienza di Marta e Silvia e accogliere definitivamente Don Riccardo Mioni, rientrato dalla  missione in Brasile.

Buon anno a chi fa servizio missionario

Ciao a tutti scrivo questo messaggio per tutti coloro che stanno vivendo il servizio della missione.

Grazie per il dono del vostro tempo, della vostra passione del  servizio al  Signore nelle terre in cui l’uomo spesso dimentica se stesso. Dimentica il proprio fratello e così smarrisce se stesso. La missione è l’unica via per ritrovare davvero chi siamo.  Nel servizio condiviso insieme in uno spirito di nuova comunione il Signore ci fa la grazia di incontrarci, di aprirci il cuore e la mente di rivestirci con i suoi doni e di  lasciarci abitare da Lui stesso. La nostra piccola vita diventa così preziosa proprio perché è Lui che vive in noi. Di questo dono noi ce ne accorgiamo solo se usciamo da noi stessi, se con umiltà e coraggio rischiamo i nostri talenti, i nostri doni, scopriamo la gioia autentica del vivere la vita che non è donare qualcosa ma è donare qualcuno: Lui.  Attraverso gli incontri che ci dona di fare, attraverso la nostra umanità che si trasfigura nel dono di se fino alla fine.

Insieme a voi ringrazio il Signore per il dono della chiamata, della nostra vocazione ad essere una chiesa viva che si arricchisce continuamente camminando insieme a tante chiese sorelle che hanno arricchito la nostra vita. Vi auguro di entrare in quest’anno nuovo con la stessa passione con cui Cristo ogni giorno viene in ciascuno di noi.

Vi ringrazio vi abbraccio e insieme a voi ringrazio il Signore per il dono della vita.

Oggi nella terra del Rwanda durante la celebrazione eucaristica e in particolare sulla tomba di padre Tiziano Guglielmi ho pregato per tutti voi.

Buon anno

Don Pietro Adani                                         

Kabarondo (Rwanda) 31 dicembre 2018

Diario di un Natale in Albania

Don Paolo Tondelli ha condiviso con la comunità cristiana nella Parrocchia del Sacro Cuore (Baragalla) in città la sua esperienza natalizia in Albania. Ha anche scritto un diario, che potete scaricare su questa pagina.       

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L'ordinazione del giovane prete di Ipirà

Ordinazione sacerdotale a Ipirà

Sabato 16 dicembre alle ore 16 in Ipirà è stato ordinato VALMIR AZEVEDO SANTOS un ragazzo della parrocchia nato e cresciuto in una piccola comunità di campagna.
Ipirà dal 1980 ad ora ha sempre avuto parroci reggiani, attualmente il parroco è don Gabriele Burani.

E’ la prima ordinazione di un ragazzo di Ipirà; altri ragazzi e ragazze negli scorsi anni sono entrati a far parte di congregazioni religiose, ma questo è il primo giovane ordinato a servizio della Chiesa locale di Ruy Babosa come prete diocesano.
La prostrazione del consacrando“Entrato in seminario nel 2011, ricordo il giorno che lo accompagnai per iniziare il percorso propedeutico – ricorda don Marco Ferrari – era il 19 febbraio 2011. Poi ha proseguito con la Filosofia e Teologia presso il seminario di Ruy Barbosa in Feira de Santana. Ordinato Diacono in luglio di quest’anno e sacerdote sabato 16 dicembre.”
Dal 2009 ad oggi è il settimo giovane ordinato a servizio di questa Chiesa ed altri 10 giovani sono in seminario, quel seminario inaugurato nel 2008 e che, a Dio piacendo, vedrà il prossimo anno altri due giovani concludere il cammino formativo. Saranno ordinati diaconi e sacerdoti (se tutto va bene) il prossimo anno Fred sempre di Ipirà e Claudio di Miguel Calmon.
Buon Cammino don Valmir e che altri giovani possano mettersi a servizio di questa chiesa.

 

Auguri da P Gianchi e notizie da Jandira

Jandira, Natale 2018

Carissime amiche, carissimi amici,

                siamo già vicini a questo Natale 2018 pieno di novità. Stanno nascendo tante cose. Prima di tutto vorrei ricordare la storiella di Capuccetto Rosso che noi qui in Brasile stiamo vivendo nella pratica. Cappuccetto rosso, che portava la torta alla nonna, cantarellando e cogliendo fiori, è andata a finire nella pancia di un lupo. E’ un po’ quello che è successo nelle elezioni qui in ottobre. La gente, sognando un mondo nuovo, una società più giusta, qualcuno che la metta a posto, sognando qualcosa di bello, è andato a finire nelle grinfie di un uomo che purtroppo si presenta come un vero lupo travestito da agnello, anche se aveva già fatto capire che lui non era affatto un agnello. Adesso possiamo capire che in Brasile abbiamo avuto i risultati di un colpo di stato militare senza colpo di stato. Si è realizzato semplicemente con i voti. La gente ha votato ed è andata a finire proprio in un governo in cui, per il momento, su dieci/undici ministri, otto sono militari. E’ l’esercito che ha il governo in mano e non l’hanno imposto con la forza delle armi ma con il voto. Abbiamo anche noi una responsabilità per questa votazione. L’elettorato cattolico per esempio si è completamente diviso, più della metà sono andati a destra, a Bolsonaro. Abbiamo una base religiosa e una parte della cupola religiosa fatta da movimenti di tipo pentecostale che il più delle volte finiscono in una visione fondamentalista del mondo. Nonostante tutto il cammino fatto da Medellin, dal Concilio Vaticano II, tutti i martiri dell’America Latina, gli Helder Camara, le Comunità di Base, la Teologia della Liberazione ecc.. hanno preferito allearsi con la destra per sfuggire, ahimè, a un governo di tipo comunista. Il risultato è stato che la destra storica è sparita nel nulla e i voti sono andati a una ultradestra militarista. È interessante che la sinistra è arrivata a mantenere il 45% dell’elettorato quindi è una realtà che dobbiamo mantenere viva perché possiamo dire che c’è una grande base con cui possiamo continuare a credere e a sperare che è possibile immaginare un futuro migliore e un mondo nuovo.

                Dal punto di vista personale penso che ci saranno delle conseguenze anche per la nostra sicurezza. Penso che non avranno l’ignoranza di andare a toccare un prete perché lavora con i poveri, perché va nella favela… però senz’altro se c’è un movimento di senza terra, un’occupazione, dove prima si poteva andare senza troppi problemi perché la polizia al massimo ti faceva difficoltà all’entrata, ti schedava o ti minacciava, adesso se tu vai a difendere questi movimenti è facile che tu incorra in qualche violenza. Anche i Senza Terra sono in attesa di vedere cosa si potrà fare in questa situazione. Negli accampamenti si raddoppiano le precauzioni e i sistemi di difesa con volontari sentinelle che vegliano anche di notte. Si prevede una persecuzione molto grande perché praticamente stiamo ritornando alla dittatura militare, ai movimenti clandestini. Adesso quindi preghiamo il Signore che non realizzino tutte le parole che dicono.

                Sono previsti anche tagli, nella politica pubblica. Tutto ciò che è verso il sociale, verso il povero, sarà drasticamente tagliato o per lo meno diminuito. Noi qui abbiamo già sentito il peso di questo discorso perché nella previsione di un bilancio della Caritas per il prossimo anno avremo meno soldi, ci saranno meno aiuti per il personale. C’è anche la possibilità che durante il prossimo anno ci sia un taglio radicale tanto grande da chiudere gli asili per mancanza di aiuti dal governo. Per il momento cerchiamo di fare di tutto per mantenere in piedi la Caritas con tutti i suoi dipendenti, il migliaio di bambini e stiamo già facendo la matricola per i bambini per l’anno prossimo, dal momento che i genitori arrivano a valanghe. Cominciamo quindi un po’ al buio su ciò che potrà capitare il prossimo anno, ma speriamo in bene: la nostra speranza è grande.

                La nostra volontà, il nostro progetto è continuare a tutto vapore questo discorso, questo cammino che definiamo Caritas che ingloba non soltanto i bambini e gli adolescenti ma anche i corsi per giovani e adulti. Abbiamo il Corso di taglio e cucito, la Padaria, ci sono gli orti funzionanti, in ogni asilo c’è un orto. Abbiamo un orto più grande che è l’orto maestro, l’orto capofila che manda avanti tutta l’educazione ambientale qui alla Caritas. E finalmente abbiamo il discorso della favela qui vicino che attualmente è un po’ tranquilla e poi il discorso esplosivo dell’accampamento dei Senza Terra che si chiama Marielle Vive che è un accampamento di 3-4 mila persone che si sono accampate vicino a Campinas, a 80 km di San Paolo in una cittadina che si chiama Valinhos. Abbiamo queste grosse realtà a cui cerchiamo di rispondere nella misura in cui possiamo. Prima di tutto con la favela cerchiamo di essere presenti giuridicamente. Infatti il governo ha fatto una strada super moderna con semafori e tutto, però la favela è rimasta proprio lì a fianco, le macchine passano a un metro o due metri al massimo dalle baracche, c’è solo la rete metallica che divide. Gli abitanti della favela hanno resistito ai tentativi di sgombero grazie anche all’assistenza giuridica che la Caritas, in modo particolare Beto come avvocato, ha dato a tutte le famiglie. Anche gli organi della compagnia di costruzione della strada hanno visto che le cose erano organizzate e non hanno voluto scontrarsi con una problematica sociale. Quest’anno vediamo cosa succede. Comunque per il momento noi consideriamo questo una vittoria…

                Abbiamo completato anche il primo corso di taglio e cucito, circa una cinquantina di sarte artigianali che sanno usare le macchine moderne, l’overlock ecc…; quindi il primo corso è stato fare le camice, i pantaloni ecc. ed è stato tutto molto ben accetto. Quindi si aiuta loro nei lavori di casa e allo stesso tempo gli si dà un diploma per presentarsi nel mondo del lavoro. Qui a Jandira le sarte sono molto richieste. Per l’anno prossimo si propone di aumentare, perché ci sono sempre più persone, specialmente donne, casalinghe, che chiedono di partecipare solo che noi non sappiamo come perché abbiamo difficoltà sia per quanto riguarda lo spazio che anche per il sostegno di un’altra professoressa. Per il momento siamo contenti dei risultati e l’esperienza continuerà anche con il corso per creare i modelli di vestiti quindi per specializzare anche queste sarte “generiche”.

La Padaria con il Pane Nostro                La Padaria continua ancora, grossomodo producendo sempre 1500 pani almeno al giorno. L’obiettivo è quello di mantenere un pane buono per i bambini tutte le mattine. Un migliaio di pani vanno negli asili e gli altri vengono venduti alle famiglie vicine. Questo è un luogo dove anche periodicamente possiamo fare qualche corso di panificazione, insegnare a fare il pane, la pasta, che poi è basica anche per la pizza. Per il momento abbiamo un risultato non economicamente positivo però non siamo in perdita perché se dovessimo comprare il pane per i bambini più o meno facciamo pari. C’è il vantaggio che abbiamo il nostro pane, e non il pane congelato che proviene dalle grandi industrie di panificazione. Non a caso la Padaria si chiama “Pane Nostro”. La Padaria per noi è anche una scuola, per trasmettere questo sapere ai ragazzi e alle persone lì intorno che sono interessate.

                La materia che piace di più ai nostri ragazzi del doposcuola (ne abbiamo circa 300), è esattamente l’informatica, l’uso del computer. Per lo meno un’ora o due alla settimana questi bambini ricevono questa formazione. Quando finisce il programma ai 12-13 anni hanno già una buona padronanza del computer quindi si dà loro un diploma di scuola di informatica. Quest’anno l’abbiamo dato a più di 60 ragazzi e ragazze che avevano studiato informatica per diversi anni. Anche questa è una scuola professionalizzante che consideriamo importante e che vogliamo anche moltiplicare.

                Finalmente il punto a cui noi vogliamo arrivare è la scuola per Giovani Apprendisti, secondo il sistema che vige qui in Brasile per cui, se noi facciamo questa scuola le industrie avranno l’obbligo di prendere a lavorare, regolarmente registrati, i nostri ragazzi. E’ chiamato “il primo impiego” e prevede un salario minimo e invece di lavorare 5 giorni lavorano 4 perché una giornata è dedicata alla scuola: scuola di arte, di formazione civica, per imparare ciò che è giusto e ciò che non lo è e formazione professionale. E abbiamo visto che le industrie di Jandira sono molto contente di questa possibilità perché hanno la chance di formare i loro futuri dipendenti, specializzare i giovani all’interno della loro azienda e quindi avere in futuro risorse umane che sono nate, dal punto di vista lavorativo, nella loro azienda. Questa scuola è molto ricercata, adesso c’è qualche problema burocratico dovuto al fatto che dobbiamo essere iscritti al ministero del lavoro. Ad ogni modo siamo pronti.

                Guarda un po’, ci è piovuta dal cielo anche una Facoltà di pedagogia. Le nostre maestre, educatrici, hanno partecipato di un corso, organizzato dall’Istituto Paulo Freire, esattamente sulla pedagogia di Paulo Freire. Questo corso è stato realizzato qui alla Caritas, rivolto quindi ai nostri dipendenti. Anche se ci sono stati alcuni problemi a livello interno (dal punto di vista organizzativo), ha però creato una coscienza anche all’interno di Jandira, il Comune e la Segreteria dell’Educazione. Tutti hanno sentito l’importanza della preparazione pedagogica, quindi quando è arrivata dal Comune questa possibilità di aprire una facoltà di pedagogia qui in Jandira, hanno pensato subito a noi e noi abbiamo messo a disposizione i nostri locali. Hanno già fatto gli esami di ammissione, ci sono circa una quarantina di studenti che si sono presentati e adesso pian piano ce ne saranno altri che entreranno. Questa facoltà potrà completare benissimo il Progetto Giovane Apprendista e per chi vuole impegnarsi a studiare non ci sarà solo il lavoro ma anche l’università. Anche da un punto di vista economico abbiamo un vantaggio sulle altre facoltà che, come media, richiedono una mensilità di 500 reais come minimo, mentre noi possiamo realizzare la facoltà di pedagogia chiedendo una mensilità di 109 reais per studente.

                Vorrei concludere questa lettera prima di tutto ringraziando tutti voi che mi siete vicini, che siete vicini a questo progetto Caritas con tante costellazioni che girano attorno a questo progetto. Vorrei ringraziare in particolare voi che mi aiutate anche economicamente per portare avanti questo difficile compito che, se non ci fossero questi aiuti che mandate, in realtà non si concretizzerebbe: quello che il Comune ci dà copre il 70% delle spese, che è molto, ma se non ci fossero gli altri 30% si dovrebbe chiudere la baracca. Il mio compito qui è di mantenere vivo un ponte che unisce tutti voi che siete in Italia, in modo particolare a Reggio Emilia, a Roma, a Lozzo, a Trento, a Vicenza… Grazie quindi in particolare agli adottanti che hanno questo dono speciale di offrire tutti i mesi questa contribuzione al progetto bambini.  Naturalmente abbiamo difficoltà grosse con la situazione sociopolitica, però vorrei dire che noi cristiani non ci aspettiamo mai l’applauso o l’appoggio dei potenti di questa terra. Proprio come lo stesso Vangelo ci annuncia nella presentazione di Giovanni Battista: mentre c’era al comando l’Imperatore Tiberio, quando c’era il Re Erode nella Palestina, e i sommi sacerdoti pontificavano al Tempio di Gerusalemme, la Parola di Dio si è rivolta a Giovanni che era là nel deserto e che invitava tutti a un battesimo di conversione. Giovanni ha cominciato un cammino nuovo in cui non si va a braccetto con il mondo, con i valori della società in cui viviamo ma si identifica con il progetto del Vangelo di Gesù nella costruzione del Regno di Dio, che è un regno di uguaglianza e di fraternità. Gesù stesso nasce in una mangiatoia e questa mangiatoia è attorniata da papà e mamma che sono dei poveri senza casa. Ci sono degli animali e dei pastori e alla fine degli stranieri che lo vengono ad adorare e quindi si mettono nel suo progetto. Se ci saranno delle difficoltà cercheremo di essere pronti ad affrontarle con la solidarietà tra di noi, la fede e la speranza che abbiamo dentro di noi possa vincere anche questa battaglia.

                Grazie agli amici di Boorea che hanno organizzato la Grande Cena adesso a novembre, quasi 800 persone presenti. Grazie di questa solidarietà, anche al Centro Missionario di Reggio Emilia che ha presentato la proposta del Giovane Apprendista in questa Grande Cena solidale. Grazie quindi a tutti quelli che anche qui ci hanno aiutato.

              Un bacione grande a tutti quelli che mi seguono e che mi sono vicini. Particolarmente grazie e Buon Natale, che il Signore vi benedica e che il Bambino Gesù possa essere sempre questa semente di un mondo nuovo, di una speranza nuova, di una utopia in cui noi crediamo e viviamo perché veramente siamo sicuri che i cieli nuovi e la terra nuova sono in costruzione. Non sappiamo quando, né l’ora né il momento, però senz’altro questo sogno è realtà. E’ una realtà che viviamo tutti i giorni. Che il Bambino Gesù quindi sia il nostro segno. Segno che ci distingue da questo mondo pazzo per i soldi, pazzo per le spese, pazzo per tutto ciò che si fa contro l’ambiente e pazzo principalmente perché non riesce ad accogliere i più poveri di questa terra, in modo particolare non riesce ad accogliere neanche la propria Madre Terra, il pianeta terra che è il più sfruttato di tutti. Ora, nonostante tutto, noi crediamo ai piedi della mangiatoia del Bambino Gesù, crediamo in un mondo nuovo.

Di nuovo Buon Natale a tutti e felice anno nuovo!

Un bacione grande!                                                                                                                     Padre Gianchi