Notizie (vaovao) dal Madagascar

Carissimi amici di tutto il mondo a cui mi sento connessa,
è giunto il momento di aggiornarvi su di me: briccona vagabonda di nome Chiara Bezzi.
Sto bene! Sto come d’estate, in foresta tropicale, sotto il sole, poi alla pioggia e poi di nuovo al sole, con l’umidità alle stelle…Sudata!
Non riesco ad immaginare che li in Europa sia inverno, che ci sia freddo, che ci sia la neve; non mi sono nemmeno accorta che è già passato il non-stop-eating delle feste natalizie con pranzi/aperitivi/cene impegnativi e ancor meno che siamo già nel 2019!
Ma facciamo un passo indietro…Uh signur, tenetevi forte perché ho tanti mesi da recuperare!

Da dove partire?
Iniziamo con questo aforisma che descrive in poche frasi quello su cui sto cercando di ragionare/lavorare in questo momento: “La sola vera trappola è restare attaccati ad ogni cosa, le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione. Anche in questa città eterna (Roma), l’Augusteo mi ha dimostrato che dobbiamo sempre essere pronti ad ondate infinite di trasformazioni”. Cit. Mangia, prega, ama.
Bene, ora che ho fatto un po’ l’alternativa con parole non mie, vi racconto…capirete pian piano il perché della citazione.
Il mese di novembre è stato un po’ caotico:
• partenza e ritorno in Italia del Monpera – Don Giovanni Ruozi dopo 11 anni di servizio in Madagascar;
• ingresso nella parrocchia “Gesù Misericordioso” ad Ambalapahasoavana di Manakara del nuovo parroco Don Luca Fornaciari e aiuto parroco Don Simone Franceschini;
• veloma – saluto a Dario, Enrico e Tania, servizio civilisti di RTM che sono rientrati in Italia dopo il loro anno di servizio.
• Arrivo di un’equipe di medici, chirurghi, dentisti ed infermiere dell’ONG Belga “H.E.L.P vzw”

ingresso nella parrocchia “Gesù Misericordioso” ad Ambalapahasoavana di Manakara del nuovo parroco Don Luca Fornaciari e aiuto parroco Don Simone Franceschini

L’ingresso dei don in parrocchia a Manakara è stata una giornata bellissima e molto sentita! La messa celebrata da monsignor Gaetano, vescovo della diocesi di Farafangana, è stata una vera e propria accoglienza festosa ai nostri cari don. È stato emozionante assistere all’apertura delle porte centrali della chiesa ed entrare insieme a tutta l’assemblea invitati dai due monpera; ballare e cantare a fine della celebrazione, quando i parrocchiani si sono avvicinati all’altare in una fila danzante raccogliendo sul loro cammino Don Luca e Don Simone; il momento dei Kabary – discorsi, quando il presidente della parrocchia, si è presentato con un kabary in lingua Italiana!! Sorprendente, davvero! È una cosa che mi ha colpito nel profondo, perché mi ha fatto sentire importante, accolta e rispettata da persone che neanche mi conoscono. Guardate la potenza di un

 

 

 

Salvatore e Giardo al lavoro

Dopo tutta questa festa, siamo tornate nella nostra piccola Ampasimanjeva e ci siamo preparate all’accoglienza di tre storici meccanici: Giardo, Salvatore e Stelio, venuti per aiutare il nostro direttore Giorgio nel suo lavoro; e l’equipe missionaria belga che da 5 anni ormai scende in Madagascar per collaborare con il nostro ospedale.
Quest’anno per due settimane si sono dedicati alla formazione dello staff sull’estrazione di denti, alcuni tipi di interventi chirurgici (in particolare prostatectomie) ed il loro decorso post-operatorio. Il programma di lavoro è stato molto molto molto intenso, ma sono contenta di avervi preso parte; tutta la fatica ne è valsa la pena. Anche io, insieme allo staff dell’ospedale sono stata accolta nel team in modo molto caloroso ed è stato veramente bello lavorare insieme.

Io e Gina

Tra i pazienti che non scorderò mai più, di cui voglio condividere la storia, c’è Ginah. È una ragazza di 27 anni (quindi 2 anni più grande di me), con già due figlie piccole, ricoverata per un ascesso al dente che aveva provocato una grande infezione e raccolta di pus in tutta l’area mediastinica (alto torace). Anche se faceva fatica a parlare per via del dolore e per il gonfiore ad ogni medicazione mi chiedeva spesso se sarebbe guarita e quando… inutile dire
che non nutrivo molte speranze per lei anche se facevo del mio meglio per medicarla ed estinguere l’infezione. Più volte mi sono sentita veramente impotente, soprattutto il giorno della quarta medicazione quando, prima di incominciare, ha avuto una emorragia della ferita e ha perso molto, anzi troppo sangue. Vorrei farvi capire cosa si prova a stare li nel momento dell’urgenza, a tamponare una maledetta emorragia che non si ferma, mentre una ragazza della tua età circa ti guarda terrorizzata cercando uno sguardo rassicurante perché ha capito che la sua situazione è diventata inaspettatamente critica; mentre la sua famiglia li fuori che aspetta capisce che c’è qualcosa che non va. Beh, io ho stampato nella memoria quel momento: il suo sguardo, le sue mani che mi stringono le braccia e la stessa domanda ripetuta insistentemente “Sto per morire? Eh Vazaha – straniero? Ma sto per morire?”. So come ci si dovrebbe comportare in queste situazioni, l’ho studiato…si sta calmi e lucidi, non ci si fa toccare dallo stress, ma ci si concentra sul paziente, lo si rassicura, si organizza il lavoro e si agisce; ma quando ti capita per davvero di avere una vita per le mani e sei da sola perché tutti sono impegnati ovviamente tutto va a farsi benedire. Continui a ripetere alla paziente di stare tranquilla e respirare, che tu sei li con lei, che andrà tutto bene e lei non morirà, ma sapete è difficile risultare credibili se per primi non si è sicuri di cosa succederà…forse lo ripetevo più a
me stessa che a lei. Per la cronaca, non è che ci sono solo io in ospedale; ho preso in carico Ginah al suo arrivo e tuttora è una mia paziente. Poi in quel periodo in particolare abbiamo avuto veramente tanto lavoro, e tutti correvamo avanti e indietro come matti.
Beh fortunatamente una delle infermiere ha ascoltato le mie richieste ed è arrivata per darmi il cambio nel tamponare così che io potessi andare a prendere il materiale necessario per fermare l’emorragia. In seguito abbiamo chiesto consulenza all’equipe belga che ha accettato di aiutarla nonostante non fosse in programma e nonostante non fossimo certi di poterla salvare; poche ore dopo era in sala operatoria dove sotto sedazione (perché qui non è ancora
possibile fare interventi in anestesia generale) i dentisti hanno tolto i denti che hanno causato l’infezione, mentre io e gli altri abbiamo pulito la cavità e l’abbiamo medicata.
Da allora medichiamo la sua ferita quasi tutti i giorni, io non sono più Vazaha – straniero, ma sono Cherie – tesoro e con grande sollievo di tutti Ginah si è ripresa alla grande ed è quasi guarita!
Tra i ricordi più belli che ho insieme a lei c’è questo: poco prima di capodanno Ginah ha chiesto di poter tornare a casa per stare un po’ con la sua famiglia e poi ritornare per continuare la medicazione. Essendo fuori pericolo, il Dott. Martin ha acconsentito alla sua partenza e lei felice come una bambina è passata in ambulatorio per salutarmi. Dopo aver chiacchierato un po’ è rimasta a guardarmi in silenzio e poi tutto d’un colpo mi ha abbracciato forte la vita, ha immerso la faccia nella mia casacca ed è scoppiata in un pianto liberatorio. Che roba amici, che intensità…ho rischiato di piangere anche io! Ho pensato che è davvero una fortuna grande fare la differenza per qualcuno e sentirlo sulla pelle.

Una parte ell’equipe belga H.E.L.P con il Dott. Martin e Francois, caposala,
al lavoro in sala operatoria

In tutto questo, sento di dovere ancora un grande grazie all’equipe belga, una vera e propria benedizione per l’ospedale. Nei pochi giorni che sono stati qui hanno lavorato senza risparmiarsi: oltre a Ginah, hanno salvato un’altra ragazza, hanno estratto denti a più di 300 persone prevenendo il rischio di infezione e di ascessi, hanno operato almeno 4 pazienti al giorno formando i chirurghi, il personale di sala e post-operatorio così che oggi l’ospedale è in grado di eseguire gli stessi interventi in autonomia . Il loro lavoro e la loro dedizione mi hanno
ispirato. Spero anch’io un giorno di poter far parte di un’equipe come la loro. 
Grazie, grazie, grazie.

 

Siete già stufi?? Ma come!!!! Ho ancora un sacco di cose da raccontare! Faccio presto lo giuro…

Immagine dal Pangalana di Mananjary

Dicembre ha portato con se tanti ospiti in visita alla missione ed un caldo afoso: tra questi Lucia Braghiroli amica di Giulia Capotorto. Poco prima che Giuli ci salutasse abbiamo approfittato della sua partenza per fare una piccola rilassante gita di comunità: quindi con tutte le masere – suore, i frera – frati, sarambe – ragazze siamo partite alla volta della casa di carità di Mananjary, una città in riva all’oceano. Le masere della casa ci hanno preparato un picnic sorpresa che abbiamo gustato su un battello navigando il Canal des Pangalanes – una via d’acqua artificiale a ridosso della costa orientale del Madagascar che consente la navigazione da Toamasina/Tamatave fino a Farafangana altrimenti troppo difficile. Poi è arrivato il Veloma – saluto di Giulia, la sua partenza per l’Italia e l’arrivo dei genitori di Giorgia Roda e Giulia Farri per passare insieme le feste.

A proposito di festività: io, cari, ho passato il mio primo Natale al caldo…e che caldo!!!

Pranzo di Natale, con i malati di tubercolosi e le loro famiglie

Quest’anno la “famiglia” con cui ho festeggiato il 25 dicembre è stata quella dell’ospedale, un bel pranzo in compagnia dei malati di tubercolosi, le loro famiglie, e una festa in ospedale con balli, canti, giochi e chi più ne ha, più ne metta. Le suore hanno cucinato riso e carne di omby – zebù per tutti. Il mio compito in tutto questo, oltre ad aiutare le suore, è stato quello di preparare i dolci, che felicità!!!
Come dicevo ad alcuni è proprio vero che il buon cibo scalda il cuore e fa nascere sulle labbra un sorriso, soprattutto se condiviso…già distribuire cibo gratuitamente da una sensazione di felicità; se in più il cibo è buono, vedi gli invitati che lo gustano, chiacchierando, scherzando tra di loro, divertendosi a pancia piena e felici allora
diventa una grazia!

 

 

 

Preparazione al Natale

Ah, a proposito di preparazione di feste, clima natalizio e buon cibo, anche se non siamo a Reggio Emilia, non vuol dire che ci siamo scordati le nostre tradizioni; poche settimane prima di Natale, infatti, insieme alle masere ho preparato i cappelletti per la cena di natale!!

L’arrivo dell’anno nuovo, invece, lo abbiamo festeggiato insieme a tutti gli altri volontari, i servi della chiesa e alcuni operai a la Ferme “San Francesco” di Analabe, Manakara. È stata una cena molto semplice in compagnia, seguita da balli senza fine e un “brindisi” sotto il cielo stellato; e il primo giorno del 2019 è stato inaugurato da un bel bagno nell’oceano, una cena insieme per salutare Giorgia…eh si, anche Giorgia ha finito il suo anno di servizio qui in
Madagascar ed è tornata a casa proprio pochi giorni fa; ed una settimana di esercizi spirituali, svoltisi ad Antananarivo e guidati da Don Antonio Crispino sceso in Madagascar poco dopo Natale insieme a Don Pietro Rabitti e Lorenzo Malagoli (volontario rientrato in missione dopo le vacanze in Italia). È stata una settimana stimolante e, anche se nel silenzio, lo stare insieme con gli altri volontari è sempre un bel momento di condivisione.

Capite ora l’aforisma di prima? Con tutti questi cambiamenti veloci e continui, il confronto quotidiano con una cultura così diversa dalla tua, questo andirivieni di famiglie, amici, persone etc etc, è importante non essere irremovibili ed aggrapparsi troppo alle proprie certezze ma è necessario essere pronti ad ondate infinite di trasformazioni senza paura di essere annientati. Io spero proprio di riuscirci pian piano e per il nuovo anno auguro anche a voi questo: di non aver paura dei cambiamenti…ma di investirci sempre più energie e tempo
per affrontarli al meglio.
Tratrin’ny ho avy amici! – Buon 2019, buon tutto quello che verrà!
A presto, con affetto!
Chiara Bezzi