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Su ali d’aquila

Lo scorso ottobre il centro missionario diocesano mi ha chiesto di andare in Albania per celebrare le Sante Messe per il ponte di Ognissanti. Solo due giorni prima della partenza, ho chiesto a Mattia Capotorto se volesse venire con me e lui mi ha risposto tempestivamente di sì (gliene sono molto grato!). Abbiamo trascorso in Albania quattro giorni intensi. Non nel senso che anche lì si vive la stessa frenesia che abbiamo qui in Italia, piuttosto sono stati giorni pieni di fede. Infatti l’Albania ha vissuto un lungo periodo di dittatura comunista, che ha fatto di tutto, affinché lo stato albanese divenisse ateo. Abbiamo perciò avuto la grazia di incontrare due tipi di testimoni: i primi sono i martiri uccisi a causa della loro fede (38 sono stati beatificati da papa Francesco lo scorso anno, ma ce ne sono molti altri che non sono ancora riconosciuti); i secondi sono coloro che hanno vissuto il dramma della persecuzione e che non hanno perso la fede.

A Scutari abbiamo visitato il carcere della città (ora trasformato convento di clausura delle Clarisse), dove abbiamo conosciuto tutti i martiri, ma soprattutto la beata Maria Tuci, che è sepolta nella chiesa delle Stimmatine, non lontano dalla cattedrale. Molti dei martiri beatificati sono stati gettati nei fiumi, per farli trasportare dalla corrente e impedire ai parenti di onorare i loro defunti. Di Maria, invece, abbiamo il corpo, perché dopo essere stata torturata duramente (fu rinchiusa nuda in un sacco assieme ad un gatto inferocito, che la graffiò e morsicò fino a renderla irriconoscibile), si ammalò di tubercolosi e fu trasferita in ospedale, ove morì all’età di 22 anni. Tra le amiche che non la riconobbero tanto era sfigurata, c’era anche suor Maria, ormai di 90 anni, che fa parte di quei testimoni ai quali il Signore ha chiesto di perseverare nella persecuzione. Ce l’ha presentata Mons. Simon, il vescovo della diocesi in cui siamo in missione, perché è la suora che lo ha battezzato. Sì, proprio così. Ci raccontava che durante il regime comunista non solo era proibito indossare segni religiosi, ma anche pregare in privato. Perciò era vietato compiere qualsiasi rito o sacramento. I sacerdoti erano stati tutti incarcerati o uccisi e la “zia” (così chiamavano suor Maria i compaesani, per non far capire che si trattasse di una religiosa) continuò a battezzare di nascosto tutti i bambini che andavano da lei. In particolar modo ci ha raccontato di quando incontrò una mamma di due gemelli, che le chiese di battezzare i figli in segreto, perché il marito era membro attivo del partito comunista. Trovandosi in mezzo al bosco e non avendo nulla con sé, suor Maria si tolse una scarpa e la usò come scodella per prendere dell’acqua da un canale e battezzare i due bambini. Così mantenne viva la fede!

Sono grato al Signore di questo viaggio, perché posso dire di aver vissuto quattro giorni pieni di celebrazioni, amicizia e fede. Celebrazioni, perché il 2 novembre è molto sentito anche in Albania. Amicizia, perché assieme ai volontari, alle suore e agli ospiti della Casa della Carità abbiamo vissuto un bel clima familiare. Fede, perché anche se non abbiamo visto le aquile volare alte nei cieli, gli albanesi ci hanno presi sulle loro “ali” per mostrarci, che, anche nella persecuzione più difficile, Cristo vince!

 

Don Emanuele Sica

Accolti dall’Albania

Ad 1 mese e 9 giorni dalla nostra partenza, condividiamo con voi una piccola testimonianza di quello che abbiamo vissuto sino ad ora qui in Albania.

La nostra prima impressione in questa terra è stata molto positiva.

Abbiamo trovato usi e costumi completamente diversi da quelli a cui eravamo abituati in Italia.

Sono poche le donne cristiane che ancora mantengono il costume tipico ed è affascinante vedere nel velo che indossano i 500 anni di dominazione ottomana, musulmana. Anche gli usi sono differenti dai nostri, ancora oggi si possono incontrare per strada dai carretti trainati da asini e cavalli, ai pastori con le pecore e capre sino alle vacche portate al guinzaglio.

Il paesaggio che abbiamo trovato è molto particolare. Prevalentemente montuoso e brullo, conserva un’ampia quantità d’acqua distribuita in grandi laghi, uno di questi, quello di Scutari, il più grande qui in Albania.

Un aspetto considerato sacro è l’accoglienza. Anche le famiglie più in difficoltà all’arrivo di un ospite offrono tutto quello che hanno. Siamo stati così accolti in un clima di attesa e gioia, ci siamo sentiti parte di una famiglia da subito e partecipi alla vita della comunità.

È una missione tutta nuova questa, spostatasi dal villaggio ormai disabitato di Gomsiqe al cuore della sede della nostra diocesi, Vau-Dejës, a stretto contatto con la realtà parrocchiale della Casa della Carità e dell’organizzazione pastorale.

La nostra giornata comincia alle 6:30 con le Lodi in Casa della Carità. Dopo aver preparato le colazioni per gli ospiti, partecipiamo alla Messa delle 8.00 in Casa solitamente celebrata dal Vescovo mons. Simon. Dal lunedì al venerdì la mattina dalle 10, per circa 1h30, a Scutari frequentiamo un corso di lingua albanese a casa di un’insegnante. Il pomeriggio partecipiamo alle attività di catechismo e oratorio, gestite dalle Suore Dorotee della parrocchia. Da poco, su richiesta della comunità, abbiamo dato inizio ad un corso di chitarra e ad uno di lingua italiana; la partecipazione dei ragazzi è molto attiva ed è molto apprezzata questa iniziativa. Infine la giornata si conclude la sera col servizio in Casa della Carità e la preghiera.

Per la fine del mese missionario straordinario di ottobre, indetto da Papa Francesco, insieme a tutte le diocesi d’Albania, il 26 ottobre, ci siamo recati a Valona per celebrarne la chiusura.

In occasione della giornata di commemorazione dei defunti del 2 novembre, abbiamo accolto da Reggio nell’Emilia il sacerdote Don Emanuele Sica che, accompagnato dal giovane universitario Mattia Capotorto, ha celebrato nei villaggi delle montagne della nostra diocesi di Sapa. Approfittando della loro presenza abbiamo incontrato, accompagnati da mons. Simon, Suor Maria Kaleta, una vera martire vivente, in quanto è una dei pochi religiosi sopravvissuti alla repressione del regime comunista di Enver Hoxha. Durante gli anni del regime, nonostante la dichiarazione atea dello Stato albanese che vietò qualsiasi forma di culto, Suor Maria in segreto ha continuato a testimoniare la fede sostenendo la propria comunità e battezzando i suoi bambini. In ricordo dei martiri cristiani vittima del regime in questi giorni abbiamo visitato l’ex carcere, ora museo testimone del genocidio e partecipato il 5 novembre alla messa in memoria dei martiri nella chiesa a loro dedicata di Blinisht.

Ringraziamo tutti coloro che lavorano per noi e che ci sostengono con piccoli gesti e con la preghiera.

Un abbraccio,

Paolo Garimberti e Alessandro Nocera.

Ecco alcune foto nella galleria fotografica