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La distribuzione del pranzo pasquale in carcere

Buona Pasqua in carcere a Manakara

Buona Pasqua!!

Va bhè dai, cosa saranno mai quasi 3 settimane di ritardo?? Tanto tutto è relativo…

E poi, se vogliamo essere creativi, io Pasqua l’ ho festeggiata anche venerdì scorso, e se badiamo a quella il mio ritardo si riduce 😉

Venerdì  26 marzo infatti, grazie al supporto tecnico e culinario delle suore nazzarene di Manakara e al benestare del nuovo direttore del carcere è stato possibile organizzare un sakafo lehibe ovvero un grande pranzo di Pasqua per tutti i detenuti.

Chi conosce un pochino cosa sto combinando in Madagascar forse sa del mio interessamento per  i carcerati di Manakara,  questo perché le condizioni in cui vivono sono semplicemente inaccettabili.

CLa distribuzione del pranzo pasquale in carcereosì per i quasi 700 uomini e per la quarantina di donne (con addirittura qualche bimbo) abbiamo organizzato una bella messa di Pasqua e a seguire riso e spezzatino di manzo per tutti!!

Un valore aggiunto alla giornata lo ha dato il vescovo Gaetano della nostra diocesi di Farafangana di passaggio a Manakara. In vescovo, è stata davvero una grazia inaspettata e ha saputo trovare parole davvero di padre per i carcerati.

Ora, nutrire lo spirito va bene, ma serviva anche nutrire la pancia e fino a metà pomeriggio è stato distribuito un abbondante pasto proprio a tutti!!

Di più, forse dalle foto non lo si comprende così bene, ma una delle forme di degrado che per primo salta all’occhio sono le condizioni logore degli indumenti dei detenuti… sporchi o spesso strappati  se non del tutto assenti.

Ebbene, grazie alle generose offerte giunte dall’ Italia oltre al pranzo è stato possibile regalare ad ognuno non un uovo di cioccolato, non una semplice maglietta ma ben si una più resistente polo!!

Vedere tutti quei ragazzi scartare il pacchetto di giornale e trovarci dentro la polo, vederli contenti indossarla subito (rigorosamente con il colletto alzato, perché siamo poi sempre in Africa) è stata forse la soddisfazione più grande!!

Le donne invece hanno avuto un vestitino e i loro bimbi una palla, e anche li che ridere.. sospetto infatti che vivendo con la mamma in carcere e non essendo ancora verosimilmente mai usciti non conoscono molte cose del mondo. Tanto meno i giocattoli.. è stato bello vedere l’approccio con la palla colorata. L’ istinto e la curiosità hanno fatto il resto.

È stata insomma una giornata speciale penso davvero per tutti, e poi mi sbilancio a dire che uno delle peggiori carceri del Madagascar (uno degli ultimi Stati al mondo per ricchezza) almeno per un momento ha avuto i carcerati più felici (ed eleganti) che si possa immaginare.

In allegato qualche foto “rubata” perché dovete sapere che non è possibile fotografare all’interno delle mura del carcere. Queste foto sono state fatte da un sacerdote missionario polacco in Madagascar da una vita ed invitato alla Messa, lui ha potuto!!

Domenica  arriverà un dentista italiano in pensione, il nostro obbiettivo sarà visitare e curare tutti i carcerati di Manakara… vi farò sapere com’è andata 😉

Intanto un saluto da quaggiù e buona Pasqua

Lorenzo.

Diario dal Madagascar – Si parte!!!

29 aprile 2019 – Beata Vergine Maria della Ghiara

“L’amore è come una pianta di riso,
trapiantato, cresce anche altrove”
Proverbio malgascio

Carissimi,
sono passati alcuni mesi da quando ho cominciato il mio servizio pastorale come parroco qui nel distretto di Manakara Atsimo (sud). Il 4 novembre il vescovo Gaetano mi ha affidato, assieme a don Simone, la cura pastorale di questo distretto che si compone di una parrocchia grande, urbana, dedicata alla Divina Misericordia e a 8 chiese di campagna nei dintorni. Il territorio è molto vasto, ma essendo in due riusciamo a essere presenti in ognuna delle comunità almeno una volta al mese.

Cercando di fare sintesi di tutte le cose capitate in questi mesi mi trovo in difficoltà a far stare tutto in una sola lettera, nel riuscire a raccontare parte di ciò che abbiamo vissuto, visto e incontrato, forse dovrei scrivere di piò, raccontare, testimoniare, anche se mi rendo conto che la cosa migliore sarebbe venirci a trovare e avere la fortuna di partecipare a qualche evento significativo… comunque, in breve, ad ottobre la Giornata nazionale della Gioventù dove ho accompagnato 50 ragazzi della nostra parrocchia, a novembre l’ingresso in parrocchia e la festa di Cristo Re, a dicembre l’Avvento e la tornée natalizia in tutte le chiese di campagna, poi la Quaresima, le Vie Crucis fino alla Settimana Santa in cui ho organizzato e partecipato a un pellegrinaggio con centinaia di cristiani verso Vohipeno per celebrare la memoria del Beato Lucien Botovasoa, un catechista francescano morto martire e beatificato nel 2018.

Partecipate e ricche di significato le celebrazioni pasquali.. pensate che la Messa nella veglia di Pasqua è stata la celebrazione più lunga che abbia mai presieduto, quasi 3h e mezza nella quale però ho donato il Battesimo a parecchi adulti. Infine la festa della parrocchia, domenica scorsa nella festa della Divina Misericordia, quando abbiamo fatto festa tutti assieme e benedetto il nuovo campanile che ci è stato donato da alcuni amici di Confartigianato e su cui abbiamo posizionato la campana donataci dalla parrocchia di San Martino in Rio. Colgo l’occasione per ringraziare le scuole cattoliche di Sant’Ilario e Sant’Antonino per l’abbondante quantità di materiale scolastico che ci hanno inviato, l’associazione Bambini Insieme di Pievepelago per gli indumenti, i vari singoli che ci hanno fatto alcune donazioni.. le cose più urgenti che ci restano da fare nel prossimo periodo sono la costruzione di alcune cappelle in campagna per ospitare i cristiani nella preghiera o nella messa della domenica, oppure la sistemazione dei locali parrocchiali e l’apertura del nuovo oratorio, infine la casa dei sacerdoti e dei volontari, un progetto ambizioso che vorremmo realizzare al più presto. Tutte queste cose riusciremo a realizzarle con il vostro aiuto e quando il Signore vorrà; per ora non possiamo che rendere grazie di tutti i mezzi che sono stati messi a nostra disposizione, attraverso i quali cerchiamo di fare del bene a questa gente, testimoniando il Vangelo, anche se mi accorgo di quante cose belle ci insegnano i parrocchiani.. un autentico arricchimento reciproco, un incontro proficuo, credo necessario, tra le nostre due Chiese che ci vede come mediatori.

Fin da subito, assieme a don Simone e al vescovo Gaetano, ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per iniziare bene il nostro ministero. Ebbene..la parola d’ordine di questi primi mesi è stata “incontro”. Abbiamo dedicato molti pomeriggi, soprattutto in Avvento e in Quaresima nella visita alle famiglie, nelle benedizioni. Non abbiamo ancora finito, e presto dovremo rivolgerci anche alle campagne, dove tante famiglie non hanno ancora conosciuto Gesù, dove c’è molta povertà e ignoranza e quindi dilagano le sette e le superstizioni. Inoltre, questi primi mesi, ma penso anche questi primi anni, dovremo dedicarli a farci conoscere e farci voler bene, a guadagnare la fiducia delle persone e a maturare nella nuova vocazione che abbiamo ricevuto.un panorama del Madagascar
Volete una stima? Molto approssimativamente potrei prevedere 5 anni di conoscenza reciproca e poi altri 5 di “azione”… scusate la banalizzazione ma credo di aver bisogno di fissare degli obiettivi, sia perché vorrei fare tantissime cose e mi rendo conto che c’è bisogno di pazienza e di ascolto, sia perché mi rendo conto che per imparare bene la lingua, conoscere le tradizioni e le abitudini richiede preghiera e talvolta tanto silenzio. Ricordo come in Italia mi sforzassi per preparare catechesi con citazioni bibliche, dal magistero, per organizzare esperienze significative durante l’anno a rincorrere ragazzi perché partecipassero a campeggi o pellegrinaggi… qui, invece, tante volte occorre governare e impreziosire l’ordinarietà, la preghiera quotidiana, bisogna saper accogliere e imparare a voler bene, e come diceva don Bosco, far si che le persone si sentano accolte e amate, al di là delle parole, delle prediche..

La benedizione di una cappella a ManakaraSapete una cosa bella che mi sento di confidarvi? Voglio davvero bene a queste persone, e sono contento di essere al loro servizio come sacerdote! A volte mi sento in imbarazzo per la grande considerazione che hanno per il ministero sacerdotale, per la riconoscenza che dimostrano per la scelta che abbiamo fatto e per la disponibilità ad essere con loro durante questi anni. Non entro nei dettagli ma lo si nota nel modo con cui ascoltano ciò che hai da dire, con cui ti invitano a casa loro, per i privilegi che ti accordano, che vanno dalla pietanza migliore al giaciglio più comodo, alle domande frequenti del tipo: “mompera (don), ti porto lo zaino?”, oppure “mompera, se hai sete vado a cercare dell’acqua potabile” e ancora “mompera, tu non puoi sederti per terra come noi…eccoti una sedia!”… Questo atteggiamento da parte dei cristiani mi fa spesso vergognare ma mi aiuta inevitabilmente a interrogarmi su quanto sia preziosa la vocazione che ho ricevuto, sul fatto che occorre serietà, impegno, preghiera, per essere all’altezza delle aspettative della gente. È molto bello sentirsi voluti bene e apprezzati, ciò mi invita a non risparmiarmi troppo, a continuare nello studio della lingua malgascia che ancora mi fa tribolare, a pregare perché Dio mi doni la fede necessaria per desiderare di realizzare ciò che è suo volontà piuttosto che le mie convinzioni e le mie abitudini. Un piccolo consiglio? Vogliate bene ai sacerdoti, onorateli, anche se a volte non se lo meritano, e ricordatevi che in questo modo prima ancora di onorare un uomo specifico, onorate Dio che è dal prete rappresentato e aiutate il prete stesso a ricordarsi la sorgente e il fine di tutta la sua vita.

Ed ora che faremo? Nel mese di maggio, la recita del rosario, la visita di don Luca e don Pietro nel mese di luglio, il campo missionario con 18 ragazzi nel mese di agosto. Proprio nel mese di Agosto abbiamo proposto a tutti i catechisti e ai cristiani del nostro distretto di fare un grande pellegrinaggio per pregare assieme in occasione della festa dell’Assunzione, che i malgasci sentono particolarmente. L’anno scorso abbiamo partecipato al pellegrinaggio del distretto di Ampasimanjeva, introdotto dal missionario reggiano don Ruggerini negli anni ’80; una grande partecipazione e entusiasmo che vorremmo portate come tradizione anche qui a Manakara. Vorrei portare in processione Maria per le strade (diciamo sentieri sconquassati) del nostro distretto e riunire i cristiani tutti per testimoniare la gioia della fede che abbiamo ricevuto. Un progetto ambizioso che finora ha incontrato la disponibilità di tutti… speriamo… vi chiedo una preghiera!

E poi? Ci vedremo personalmente in settembre quando passerò da casa per un periodo di riposo. A fine agosto parteciperò agli esercizi del Movimento Familiaris Consortio dove offrirò un contributo spirituale come l’anno scorso e poi sarò disponibile per incontri e celebrazioni. Farò il possibile per incontrare tanti e per riposarmi. Dopo di me, in ottobre e novembre sarà a casa anche don Simone Franceschini. Stiamo organizzando per la fine dell’anno una proposta di pellegrinaggio qui in Madagascar che accompagnaremo personalmente. Appena possibile vi farò sapere i dettagli.. costi, periodo, preparazione…
Bene, buona Pasqua, un saluto ad ognuno di voi, e se avete idee per sentirci più vicini reciprocamente, fatemelo sapere!
don Luca

Luciano Lanzoni è tornato in Madagascar

Carissimi tutti, famigliari e amici, Eccomi a casa!

Come sapete sono rientrato, qui in Madagascar, dopo più di due mesi di visite, incontri, fraternità, famigliarità … Avevo voglia di tornare tra queste persone che oggi sono la mia casa, la mia famiglia!
Nello stesso tempo non riesco e non posso non prendere il tempo per ritornare a quella famigliarità e fraternità che ho vissuto con voi nei mesi di novembre e dicembre scorsi.
Voglio dirvi grazie! Grazie per il calore, l’amicizia. Fa bene sentirsi voluti bene! Sentirsi accolti, anche un po’ coccolati, grazie!

Dopo il mio rientro sono state celebrate alcune feste e ricorrenze e alcuni eventi che hanno segnato positivamente la ripresa del mio impegno missionario, comincio proprio dalla giornata di oggi: “giornata mondiale del malato” due cose importanti vorrei sottolineare, la prima il Papa ha voluto che la giornata si celebrasse in una periferia esistenziale a Calcutta in India, terra di Madre Teresa di Calcutta che ha fatto del dono agli esclusi, ai rigettati, alla “spazzatura” il suo canto di lode a Dio: “C’è molta sofferenza nel mondo: fisica, materiale, mentale. La sofferenza di alcuni è da imputare all’avidità di altri. La sofferenza materiale e fisica è quella dovuta alla fame, alla mancanza di una casa, alle malattie. Ma la sofferenza più grande è causata dall’essere soli, dal non sentirsi amati, dal non avere nessuno. Con il tempo ho capito che l’essere emarginati è la malattia peggiore di cui un essere umano possa soffrire” La seconda è quanto scrive il Papa stesso nel suo messaggio per questa Giornata: “«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Queste sono le parole pronunciate da Gesù quando inviò gli apostoli a diffondere il Vangelo, affinché il suo Regno si propagasse attraverso gesti di amore gratuito. In occasione della XXVII Giornata Mondiale del Malato la Chiesa, Madre di tutti i suoi figli, soprattutto infermi, ricorda che i gesti di dono gratuito, come quelli del Buon Samaritano, sono la via più credibile di evangelizzazione. La cura dei malati ha bisogno di professionalità e di tenerezza, di gesti gratuiti, immediati e semplici come la carezza, attraverso i quali si fa sentire all’altro che è “caro”.”. Di fronte all’insegnamento del Papa ci sentiamo incoraggiati a continuare nel nostro servizio, a farci prossimo delle persone che ogni giorno incontriamo nel nostro cammino! Ci sentiamo sostenuti a continuare a spenderci per i più piccoli e esclusi … per me, oggi, sono i disabili di Mananjary; le persone in difficoltà economica, sociale, famigliare di Manakara; gli ex-detenuti e i malati di Ambositra.

La scorsa settimana la celebrazione della Festa della Luce, la candelora, legata alla festa delle persone “donate” a Dio ha maggiormente sottolineato quello che è l’impegno che ci – mi, deve contraddistinguere: “Ecco la vita consacrata: lode che dà gioia al popolo di Dio, visione profetica che rivela quello che conta. Quand’è così fiorisce e diventa richiamo per tutti contro la mediocrità: contro i cali di quota nella vita spirituale, contro la tentazione di giocare al ribasso con Dio, contro l’adattamento a una vita comoda e mondana, contro il lamento – le lamentele! –, l’insoddisfazione e il piangersi addosso …. È incontro vivo col Signore nel suo popolo. È chiamata all’obbedienza fedele di ogni giorno e alle sorprese inedite dello Spirito. È visione di quel che conta abbracciare per avere la gioia: Gesù”. E ancora, il Papa, proprio per sottolineare l’impegno e la necessità di vivere con coerenza la propria chamata ad andare e a fruttificare là dove il Signore ci ha chiamati ci stimolava attraverso la preghiera del mese di ottobre, il mese di preghiera per le missioni, e chiedeva: “Con la loro preghiera, povertà e pazienza, i consacrati sono essenziali per la missione della Chiesa. Abbiamo bisogno più che mai della loro dedizione totale all’annuncio del Vangelo. Non lasciamoci rubare l’entusiasmo missionario e preghiamo perché i consacrati e le consacrate risveglino il loro fervore missionario e siano presenti fra i poveri, gli emarginati e coloro che non hanno voce.” Di fronte a tutti questi richiami, è un “piacere” l’essere tornato qui tra queste persone che più di tanti altri rispondono agli stimoli che il Papa ci dà.

Come srivevo prima questo mese, dopo il mio rientro qui in Madagascar, è stato ricchissimo di eventi. Qui si è insediato il nuovo Presidente della Repubblica, questa volta, dopo tanti anni, in modo pacifico e democratico. Il nuovo governo è già al lavoro e ci si augura che il Paese possa veramente decollare sia dal punto di vista economico che sociale …. il Papa ha incontrato i giovani a Panama e siglato un documento di portata mondiale con i fratelli mussulmani …
Tutti questi eventi hanno un peso importante non solo per l’umanità ma in particolare per noi qui, ci chiedono di impegnarci in profondità, con radicalità e schiettezza.
Sono contento di essere qui, di potermi ancora mettere in gioco, con questi giovani, con i fratelli mussulmani, con i poveri e i piccoli per potere assieme a loro costruire una società più rispettosa di tutti!!
Ciao ancora a tutti.

Durante i mesi di permanenza in Italia ho potuto incontrare tanti, non sono riuscito ad incontrare tutti, come avrei desiderato! Sento che in questi piccoli che sono chiamato a servire sto comunque incontrando tutti perché vi sento vicini, amici, fratelli e sorelle!

Un abbraccio, Luciano

Mananjary 11 febbraio 2019

a cena dei genitori di Simone Bradiani

Una serata speciale

Quando un figlio parte per svolgere servizio in missione in un luogo lontanissimo da casa, noi genitori ci poniamo mille interrogativi sul perché di tale scelta, ma non valutiamo il positivo stravolgimento che avviene nelle nostre vite.
Vi posso garantire che la scelta di Giulia (Giulia Farri – in servizio ndr) che attualmente presta servizio al Villaggio Terapeutico per malati psichiatrici di Ambokala a Manakara in Madagascar ci ha cambiati, uniti ancor più di prima ma soprattutto ci ha arricchiti.

E’ grazie alla sua scelta che abbiamo avuto l’opportunità di visitare un paese meraviglioso pieno di colori, profumi, sguardi, sorrisi, ed è proprio nel corso di quella visita che prima di Natale ad Ambokala abbiamo avuto l’onore di conoscere Mons. Gaetano Di Pierro Vescovo di Farafangana in visita ai malati ospitati nel villaggio.
Eh si perché in ospedale ci si va accompagnati dalla famiglia, per chi ce l’ha, perché c’è bisogno di tutto e la famiglia può assisterti. Capita anche che il ricoverato sia assistito dall’altro coniuge che si porta con se i bimbi anche i più piccoli. Quindi l’ospedale si trasforma in un vero e proprio villaggio.

a casa di Simone Bradiani

La cena inieme a casa di don Simone Bradiani … in Italia, anche con i parenti degli altri volontari in servizio in diocesi di Farafangana

Mons. Gaetano di origine italiana vive ormai da molti anni in Madagascar è Vescovo da 19 anni ma solo da 9 mesi è stato nominato Vescovo di Farafangana e quindi anche di Manakara. Un incontro veramente inaspettato ma graditissimo, ci ha accolto con tanto calore facendoci sentire a casa, ha elogiato i nostri ragazzi per il lavoro che svolgono e ci siamo lasciati con l’augurio di rivederci in Italia.

I genitori di Giulia Farri

Giulia a Manakara: storia, auguri, sorprese

Ciao!
È quasi finito il mio anno e vorrei “tirare un po’ le somme” di quello che è stato.
Pochi giorni fa ho riaperto e riletto le prime lettere che ho mandato: traboccavano di entusiasmo ed euforia, tutto bello, tutto meraviglioso.
Nella prima lettera del 20 Marzo ricordo di aver nominato dei profumi. In quel momento ero ad Ambostra a studiare malgascio…posso dirvi con sincerità e con meno euforia che le parole profumo e Ambostra non possono stare insieme: il pesce secco, la carne del mercato, lo smog e la sporcizia lungo le strade emanano ogni tipo d’odore ma non di certo profumo! Nonostante questo ho dei bellissimi ricordi di quel posto, fondamentalmente è stato il primo assaggio della mia vita malgascia: vivere con i don e la Giorgia, “studiare” malgascio, andare al mercato, giocare a tombola in casa di  carità, ritrovarsi alla sera tutti e 4 a guardare un film, è stato un bel mese. 

Il 23 Marzo sono arrivata a Manakara (finalmente) e la lettera successiva parlava un po’ delle case dei malgasci e di quanto noi fossimo fortunati ad avere cose che per loro erano inimmaginabili, sono convinta di aver avuto la fortuna di nascere con queste possibilità ma sono ancora più convinta di essere al 100% più fortunata per aver avuto la possibilità di conoscere questo lato del mondo e aver imparato a sorridere per ogni piccola cosa grazie a queste persone. 

La terza lettera, se non sbaglio, parlava di Ricot e di quanto fosse pigro; posso aggiornarvi su di lui e dirvi, con orgoglio, che adesso lavora alla Ferme di Analabe e dopo tanta fatica iniziale, adesso sta benissimo, si impegna! È stata una vera evoluzione la sua e io sono sempre felice di andare ad Analabe e vederlo stanco ma felice! 

La lettera dopo era su Cela, il ragazzino del mercato, anche per lui le cose sono cambiate, è tornato a casa e ha iniziato ad andare a scuola, con alti e bassi ovviamente. In questi mesi abbiamo imparato a conoscerlo ed è davvero un ragazzino fragile che ha bisogno di sostegno ma, sono sincera, per la maggior parte del tempo resta il ragazzino ribelle del mercato.

Le ultime lettere invece parlavano di Michel, chi se lo dimentica, nonostante le cose non siano andate proprio come avrei voluto, un po’ del mio cuore è andato via con lui! Una parte di me, ogni giorno, spera di incontrarlo per strada con quel cappellino rosso che aveva sempre, lo cerco con lo sguardo, ogni mattina controllo la macelleria dove lavorava sperando di rivederlo sorridente e felice, ma da quando è partito nessuno ha più avuto sue notizie, io voglio credere che stia bene chissà dove qui in Madagascar! Ma quel sorriso e quella risata contagiosa non me le scorderò mai e poi mai. 

giovani che lavorano in sartoria per terra a Manakara

Ci sono molte altre persone che ho conosciuto qui: Iabelen, bimbo del mercato, che hanno conosciuto anche i miei genitori, casinista e coccolone, anche nelle giornate più tristi un sorriso lui riesce a strappartelo.
François: prima il corso d’italiano, poi un monopoli, poi un mofo, poi una torta cucinata insieme fino ad arrivare ad un’amicizia, parliamo tanto, ci confrontiamo e confidiamo mescolando le nostre “capacità linguistica”: il mio scarso malgascio, il suo scarso italiano con in mezzo un po’ di francese, fra una risata e l’altra riusciamo anche a fare discorsi intelligenti!
E poi ancora Santatra: braccio destro di François, Lalatiana che a 20 anni dedica anima e corpo alla parrocchia, a partire dalla corale fino ad arrivare ai chierici e poi gli indimenticabili pazienti di Ambokala: Cela che parlava con le formiche nella sabbia, Hery gigante buono, insieme ad Ardilece, Justin e la sua fobia per i serpenti, Jibre che potrei definirlo “Michel II” , Jean Paul e i suoi cento figli immaginari e tantissimi altri, insieme hanno contribuito a rendere unico questo “quasi” anno. 

festa

Tutto questo per dirvi che dopo 10 mesi di cose viste con entusiasmo e curiosità sono pronta a guardare e vedere questo posto con occhi nuovi, non più offuscati dall’euforia dell’inizio. La curiosità farà sempre parte di me, ma voglio legarla alla criticità e alla semplicità che in questo poco tempo tutte le persone che ho incontrato mi hanno insegnato.
Insomma, inutile tirarla per le lunghe, non sono pronta a lasciare tutto questo, ho ancora voglia di scoprire e di lasciarmi scoprire.

 

Qualcuno di voi lo sa, qualcuno se lo immagina, per altri sarà una sorpresa però ho deciso di rinnovare e restare almeno un altro anno, lo dico solo ora perché il visto ormai è arrivato quindi non c’è modo di farmi cambiare idea.
Prometto però di scrivervi, più spesso degli ultimi mesi, per raccontarvi e condividere con voi gioie e dolori di questa vita.
Buon 2019 a tutti!
A prestissimo, Giulia

Notizie (vaovao) dal Madagascar

Carissimi amici di tutto il mondo a cui mi sento connessa,
è giunto il momento di aggiornarvi su di me: briccona vagabonda di nome Chiara Bezzi.
Sto bene! Sto come d’estate, in foresta tropicale, sotto il sole, poi alla pioggia e poi di nuovo al sole, con l’umidità alle stelle…Sudata!
Non riesco ad immaginare che li in Europa sia inverno, che ci sia freddo, che ci sia la neve; non mi sono nemmeno accorta che è già passato il non-stop-eating delle feste natalizie con pranzi/aperitivi/cene impegnativi e ancor meno che siamo già nel 2019!
Ma facciamo un passo indietro…Uh signur, tenetevi forte perché ho tanti mesi da recuperare!

Da dove partire?
Iniziamo con questo aforisma che descrive in poche frasi quello su cui sto cercando di ragionare/lavorare in questo momento: “La sola vera trappola è restare attaccati ad ogni cosa, le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione. Anche in questa città eterna (Roma), l’Augusteo mi ha dimostrato che dobbiamo sempre essere pronti ad ondate infinite di trasformazioni”. Cit. Mangia, prega, ama.
Bene, ora che ho fatto un po’ l’alternativa con parole non mie, vi racconto…capirete pian piano il perché della citazione.
Il mese di novembre è stato un po’ caotico:
• partenza e ritorno in Italia del Monpera – Don Giovanni Ruozi dopo 11 anni di servizio in Madagascar;
• ingresso nella parrocchia “Gesù Misericordioso” ad Ambalapahasoavana di Manakara del nuovo parroco Don Luca Fornaciari e aiuto parroco Don Simone Franceschini;
• veloma – saluto a Dario, Enrico e Tania, servizio civilisti di RTM che sono rientrati in Italia dopo il loro anno di servizio.
• Arrivo di un’equipe di medici, chirurghi, dentisti ed infermiere dell’ONG Belga “H.E.L.P vzw”

ingresso nella parrocchia “Gesù Misericordioso” ad Ambalapahasoavana di Manakara del nuovo parroco Don Luca Fornaciari e aiuto parroco Don Simone Franceschini

L’ingresso dei don in parrocchia a Manakara è stata una giornata bellissima e molto sentita! La messa celebrata da monsignor Gaetano, vescovo della diocesi di Farafangana, è stata una vera e propria accoglienza festosa ai nostri cari don. È stato emozionante assistere all’apertura delle porte centrali della chiesa ed entrare insieme a tutta l’assemblea invitati dai due monpera; ballare e cantare a fine della celebrazione, quando i parrocchiani si sono avvicinati all’altare in una fila danzante raccogliendo sul loro cammino Don Luca e Don Simone; il momento dei Kabary – discorsi, quando il presidente della parrocchia, si è presentato con un kabary in lingua Italiana!! Sorprendente, davvero! È una cosa che mi ha colpito nel profondo, perché mi ha fatto sentire importante, accolta e rispettata da persone che neanche mi conoscono. Guardate la potenza di un

 

 

 

Salvatore e Giardo al lavoro

Dopo tutta questa festa, siamo tornate nella nostra piccola Ampasimanjeva e ci siamo preparate all’accoglienza di tre storici meccanici: Giardo, Salvatore e Stelio, venuti per aiutare il nostro direttore Giorgio nel suo lavoro; e l’equipe missionaria belga che da 5 anni ormai scende in Madagascar per collaborare con il nostro ospedale.
Quest’anno per due settimane si sono dedicati alla formazione dello staff sull’estrazione di denti, alcuni tipi di interventi chirurgici (in particolare prostatectomie) ed il loro decorso post-operatorio. Il programma di lavoro è stato molto molto molto intenso, ma sono contenta di avervi preso parte; tutta la fatica ne è valsa la pena. Anche io, insieme allo staff dell’ospedale sono stata accolta nel team in modo molto caloroso ed è stato veramente bello lavorare insieme.

Io e Gina

Tra i pazienti che non scorderò mai più, di cui voglio condividere la storia, c’è Ginah. È una ragazza di 27 anni (quindi 2 anni più grande di me), con già due figlie piccole, ricoverata per un ascesso al dente che aveva provocato una grande infezione e raccolta di pus in tutta l’area mediastinica (alto torace). Anche se faceva fatica a parlare per via del dolore e per il gonfiore ad ogni medicazione mi chiedeva spesso se sarebbe guarita e quando… inutile dire
che non nutrivo molte speranze per lei anche se facevo del mio meglio per medicarla ed estinguere l’infezione. Più volte mi sono sentita veramente impotente, soprattutto il giorno della quarta medicazione quando, prima di incominciare, ha avuto una emorragia della ferita e ha perso molto, anzi troppo sangue. Vorrei farvi capire cosa si prova a stare li nel momento dell’urgenza, a tamponare una maledetta emorragia che non si ferma, mentre una ragazza della tua età circa ti guarda terrorizzata cercando uno sguardo rassicurante perché ha capito che la sua situazione è diventata inaspettatamente critica; mentre la sua famiglia li fuori che aspetta capisce che c’è qualcosa che non va. Beh, io ho stampato nella memoria quel momento: il suo sguardo, le sue mani che mi stringono le braccia e la stessa domanda ripetuta insistentemente “Sto per morire? Eh Vazaha – straniero? Ma sto per morire?”. So come ci si dovrebbe comportare in queste situazioni, l’ho studiato…si sta calmi e lucidi, non ci si fa toccare dallo stress, ma ci si concentra sul paziente, lo si rassicura, si organizza il lavoro e si agisce; ma quando ti capita per davvero di avere una vita per le mani e sei da sola perché tutti sono impegnati ovviamente tutto va a farsi benedire. Continui a ripetere alla paziente di stare tranquilla e respirare, che tu sei li con lei, che andrà tutto bene e lei non morirà, ma sapete è difficile risultare credibili se per primi non si è sicuri di cosa succederà…forse lo ripetevo più a
me stessa che a lei. Per la cronaca, non è che ci sono solo io in ospedale; ho preso in carico Ginah al suo arrivo e tuttora è una mia paziente. Poi in quel periodo in particolare abbiamo avuto veramente tanto lavoro, e tutti correvamo avanti e indietro come matti.
Beh fortunatamente una delle infermiere ha ascoltato le mie richieste ed è arrivata per darmi il cambio nel tamponare così che io potessi andare a prendere il materiale necessario per fermare l’emorragia. In seguito abbiamo chiesto consulenza all’equipe belga che ha accettato di aiutarla nonostante non fosse in programma e nonostante non fossimo certi di poterla salvare; poche ore dopo era in sala operatoria dove sotto sedazione (perché qui non è ancora
possibile fare interventi in anestesia generale) i dentisti hanno tolto i denti che hanno causato l’infezione, mentre io e gli altri abbiamo pulito la cavità e l’abbiamo medicata.
Da allora medichiamo la sua ferita quasi tutti i giorni, io non sono più Vazaha – straniero, ma sono Cherie – tesoro e con grande sollievo di tutti Ginah si è ripresa alla grande ed è quasi guarita!
Tra i ricordi più belli che ho insieme a lei c’è questo: poco prima di capodanno Ginah ha chiesto di poter tornare a casa per stare un po’ con la sua famiglia e poi ritornare per continuare la medicazione. Essendo fuori pericolo, il Dott. Martin ha acconsentito alla sua partenza e lei felice come una bambina è passata in ambulatorio per salutarmi. Dopo aver chiacchierato un po’ è rimasta a guardarmi in silenzio e poi tutto d’un colpo mi ha abbracciato forte la vita, ha immerso la faccia nella mia casacca ed è scoppiata in un pianto liberatorio. Che roba amici, che intensità…ho rischiato di piangere anche io! Ho pensato che è davvero una fortuna grande fare la differenza per qualcuno e sentirlo sulla pelle.

Una parte ell’equipe belga H.E.L.P con il Dott. Martin e Francois, caposala,
al lavoro in sala operatoria

In tutto questo, sento di dovere ancora un grande grazie all’equipe belga, una vera e propria benedizione per l’ospedale. Nei pochi giorni che sono stati qui hanno lavorato senza risparmiarsi: oltre a Ginah, hanno salvato un’altra ragazza, hanno estratto denti a più di 300 persone prevenendo il rischio di infezione e di ascessi, hanno operato almeno 4 pazienti al giorno formando i chirurghi, il personale di sala e post-operatorio così che oggi l’ospedale è in grado di eseguire gli stessi interventi in autonomia . Il loro lavoro e la loro dedizione mi hanno
ispirato. Spero anch’io un giorno di poter far parte di un’equipe come la loro. 
Grazie, grazie, grazie.

 

Siete già stufi?? Ma come!!!! Ho ancora un sacco di cose da raccontare! Faccio presto lo giuro…

Immagine dal Pangalana di Mananjary

Dicembre ha portato con se tanti ospiti in visita alla missione ed un caldo afoso: tra questi Lucia Braghiroli amica di Giulia Capotorto. Poco prima che Giuli ci salutasse abbiamo approfittato della sua partenza per fare una piccola rilassante gita di comunità: quindi con tutte le masere – suore, i frera – frati, sarambe – ragazze siamo partite alla volta della casa di carità di Mananjary, una città in riva all’oceano. Le masere della casa ci hanno preparato un picnic sorpresa che abbiamo gustato su un battello navigando il Canal des Pangalanes – una via d’acqua artificiale a ridosso della costa orientale del Madagascar che consente la navigazione da Toamasina/Tamatave fino a Farafangana altrimenti troppo difficile. Poi è arrivato il Veloma – saluto di Giulia, la sua partenza per l’Italia e l’arrivo dei genitori di Giorgia Roda e Giulia Farri per passare insieme le feste.

A proposito di festività: io, cari, ho passato il mio primo Natale al caldo…e che caldo!!!

Pranzo di Natale, con i malati di tubercolosi e le loro famiglie

Quest’anno la “famiglia” con cui ho festeggiato il 25 dicembre è stata quella dell’ospedale, un bel pranzo in compagnia dei malati di tubercolosi, le loro famiglie, e una festa in ospedale con balli, canti, giochi e chi più ne ha, più ne metta. Le suore hanno cucinato riso e carne di omby – zebù per tutti. Il mio compito in tutto questo, oltre ad aiutare le suore, è stato quello di preparare i dolci, che felicità!!!
Come dicevo ad alcuni è proprio vero che il buon cibo scalda il cuore e fa nascere sulle labbra un sorriso, soprattutto se condiviso…già distribuire cibo gratuitamente da una sensazione di felicità; se in più il cibo è buono, vedi gli invitati che lo gustano, chiacchierando, scherzando tra di loro, divertendosi a pancia piena e felici allora
diventa una grazia!

 

 

 

Preparazione al Natale

Ah, a proposito di preparazione di feste, clima natalizio e buon cibo, anche se non siamo a Reggio Emilia, non vuol dire che ci siamo scordati le nostre tradizioni; poche settimane prima di Natale, infatti, insieme alle masere ho preparato i cappelletti per la cena di natale!!

L’arrivo dell’anno nuovo, invece, lo abbiamo festeggiato insieme a tutti gli altri volontari, i servi della chiesa e alcuni operai a la Ferme “San Francesco” di Analabe, Manakara. È stata una cena molto semplice in compagnia, seguita da balli senza fine e un “brindisi” sotto il cielo stellato; e il primo giorno del 2019 è stato inaugurato da un bel bagno nell’oceano, una cena insieme per salutare Giorgia…eh si, anche Giorgia ha finito il suo anno di servizio qui in
Madagascar ed è tornata a casa proprio pochi giorni fa; ed una settimana di esercizi spirituali, svoltisi ad Antananarivo e guidati da Don Antonio Crispino sceso in Madagascar poco dopo Natale insieme a Don Pietro Rabitti e Lorenzo Malagoli (volontario rientrato in missione dopo le vacanze in Italia). È stata una settimana stimolante e, anche se nel silenzio, lo stare insieme con gli altri volontari è sempre un bel momento di condivisione.

Capite ora l’aforisma di prima? Con tutti questi cambiamenti veloci e continui, il confronto quotidiano con una cultura così diversa dalla tua, questo andirivieni di famiglie, amici, persone etc etc, è importante non essere irremovibili ed aggrapparsi troppo alle proprie certezze ma è necessario essere pronti ad ondate infinite di trasformazioni senza paura di essere annientati. Io spero proprio di riuscirci pian piano e per il nuovo anno auguro anche a voi questo: di non aver paura dei cambiamenti…ma di investirci sempre più energie e tempo
per affrontarli al meglio.
Tratrin’ny ho avy amici! – Buon 2019, buon tutto quello che verrà!
A presto, con affetto!
Chiara Bezzi

Gli auguri di Natale del direttore

Carissimi missionari,

recentemente il Madagascar ha salutato don Giovanni Ruozi per gli anni di servizio condiviso con i missionari e con il popolo malgascio; gli confermiamo il nostro affetto e la nostra riconoscenza per la sua presenza davvero significativa nell’isola. Sarà un compito importante, per noi qui a Reggio, condividere, riflettere e saper trasferire in concretezza la ricchezza umana e spirituale che don Giovanni ha maturato nell’esperienza missionaria.
Il 17 novembre scorso ero presente al suo ingresso nell’unità pastorale di Castelnovo ne’ Monti, insieme al suo vicario parrocchiale don Marco Lucenti, che ha trascorso quasi due mesi di servizio in Albania presso la Casa di Carità.
Ho percepito una bella e calda accoglienza verso i nostri due sacerdoti e don Giovanni ha saputo, con la sua intelligente cordialità, parlare con il cuore e manifestare con piccoli gesti preziosi la sua generosità ad entrare nella nuova comunità a lui affidata.

In terra malgascia, a Manakara, all’inizio del mese di novembre, è avvenuto l’ingresso in parrocchia di don Luca Fornaciari (CSFC), come nuovo parroco e di don Simone Franceschini (CSFC) come responsabile della missione diocesana in Madagascar. Questi sacerdoti, presenti da un anno a Manakara, iniziano una nuova fase della loro vita missionaria, in continuità con l’opera iniziata e condotta da don Giovanni. La responsabilità di don Simone consisterà non solo nell’accompagnare e condividere con tutti i missionari i progetti attivi sulla missione, ma anche nel discernere, insieme ai missionari e al CMD, i nuovi progetti e percorsi che si riterrà di avviare a servizio della comunità malgascia. Don Simone formerà una piccola équipe per accompagnare i giovani missionari nel loro cammino di servizio e di formazione personale. 

La Chiesa si fonda sulla parola di Dio, nasce e vive di essa”, ha ricordato Papa Benedetto XVI[1]. “La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle pagine e leggerlo con il cuore”, scrive papa Francesco[2]. Ascoltare la Parola per diventare realmente “parola” di Dio per il mondo: “Voglia il cielo che tu possa riconoscere qual’è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”[3]. “La persona fedele a Dio e che vive della sua Parola raggiunge, nel dono di sé, la vera beatitudine”[4]

Sono molto grato a ciascuno di voi, amici missionari, per il dono della vostra vita e vi invito a rinnovare il comune impegno, nostro e vostro, dell’essere in missione ad evangelizzare come equipe e non a titolo personale.
La comunità che vuole evangelizzare comincia con l’evangelizzare sé stessa”[5] Il camminare insieme richiede tempo e tempi differenti, ma sicuramente la comunione del nostro camminare insieme è la prima e fondamentale testimonianza di questo annuncio. La pazienza che richiede la comunione non è tempo perso, bensì tempo prezioso per camminare nello stile di Dio. L’opera dello Spirito suscita tante idee e ciascuno desidera contribuire con un piccolo segno nel fare qualcosa. Queste idee sono belle, ma chiedono di essere condivise insieme, guardando al bene ed al bisogno più urgente, lasciando cadere le proprie letture a favore di un discernimento comune che garantisca di rimanere in un cammino di autentico ascolto e servizio verso le persone a cui siamo inviati. Oggi è fondamentale mantenere attive le opere già avviate, soprattutto quelle rivolte all’ attenzione verso le persone. Capisco i giovani i quali, vedendo tanta povertà, avvertono il desiderio di sistemare concretamente qualcosa. Rimane per noi l’urgenza di sostenere l’esistente; la raccolta di fondi a favore dei missionari riesce a mantenere ordinariamente le opere a servizio delle persone, ad aiutare anche il CMD che con generosità sta da anni lavorando, da Reggio, per permettere a tutti i missionari di vivere il dono di essere presenti nella missione loro assegnata. Così come don Giovanni testimoniava nella messa a san Girolamo“la chiamata a partire per la missione è una grazia per chi la riceve”. Vi ricordo che da più di cinquant’anni a san Girolamo si prega per ciascuno di voi, per sostenervi e mantenere vivo qui a Reggio l’anelito missionario. Le vostre lettere, i vostri racconti sono per noi importanti per vivere una preghiera ancora più incarnata e feconda.

Preghiamo insieme per continuare ad essere una Chiesa “in stato di missione”, soprattutto quest’anno in cui riceviamo un dono: il Signore ci affida la responsabilità di servire la diocesi di Alto Solimões in Brasile- Amazzonia. Preghiamo per questo nuovo progetto che la nostra chiesa sta iniziando a vivere: don Paolo Cugini, don Gabriele Carlotti e don Gabriele Burani si recheranno in gennaio a Manaus, al corso di preparazione in vista di una loro permanenza in Amazzonia. Il 31 marzo 2019 avremo il piacere di ospitare al Convegno Missionario Diocesano il vescovo della diocesi dell’Alto Solimões, don Adolfo Zon Pereira. Sarà con noi anche il nostro vescovo Massimo. Ci metteremo in ascolto del vescovo Adolfo che ci aiuterà a conoscere la sua chiesa. Rendiamo grazie al Signore e riconosciamo che questo incontro confermerà il nostro cammino che prosegue e si allarga nella chiesa brasiliana. 

Don Luca Grassi terminerà a giugno il suo servizio nella diocesi di Ruy Barbosa e desidero ringraziarlo tanto per la passione generosa con cui ha vissuto il suo tempo in terra brasiliana. Per noi, riaccoglierlo avrà la duplice valenza di dono e di compito importante: prima di tutto ci metteremo in ascolto del dono di grazia cresciuto in lui durante questi anni. Come diocesi possiamo lasciarci evangelizzare dall’esperienza maturata dai nostri missionari; è una grande opportunità e solo così cresce la chiesa: in uno scambio reale tra le comunità cristiane di tutto il mondo.

Prima di don Luca, proprio nel mese di dicembre, rientrerà Don Riccardo Mioni, presente da tanti anni in Bahia in un umile e fedele servizio come fratello della Carità: un servizio obbediente e sereno, nel quale ha accolto ogni giorno la chiamata di Dio a compiere la Sua volontà, qualunque essa fosse.

Grazie don Riccardo, poiché dopo la missione in Madagascar ti sei arricchito dell’esperienza feconda della missione in Bahia.

 Credo sarà molto interessante riflettere con lui sui cambiamenti in atto o imminenti nella chiesa italiana e nella nostra diocesi, per ascoltare il suo punto di vista e le sue considerazioni.

Esprimo ancora tanta riconoscenza per sr Grazia rientrata dall’Albania, dopo questi anni vissuti con umiltà. Il segno è stato chiaro: ha manifestato nella semplicità il suo amore quotidiano per i piccoli ed i poveri con la forza della sua gioia. Sr Maria Angelica continua oggi ad abitare in casa con sr Rita; la loro presenza ci ricorda il legame con questo popolo giovane e allo stesso tempo adulto nella fede. Dono per noi tutti è stata la disponibilità di don Marco Lucenti, novello sacerdote, verso la nostra missione in Albania; la sua presenza, insieme al seminarista Paolo Lusvardi, nella diocesi di Sapa, è stata un prezioso segno di prossimità verso questa nostra chiesa sorella.

 

Nelle foto sull’India di don Davide Castagnetti e attraverso alcune telefonate abbiamo seguito i momenti drammatici vissuti dalla popolazione durante l’alluvione in Kerala; i danni sono ingenti e molte famiglie hanno perso la casa. Su iniziativa del vescovo Massimo la nostra chiesa ha indetto si mettono in salvo le barcheuna colletta alcune settimane fa per la chiesa del Kerala, al fine di sostenere concretamente l’aiuto alle famiglie nelle più urgenti necessità. Nella vita si intrecciano sempre sacrificio e frutto, morte e vita, smarrimento, angoscia e gioia. Così anche in India ci sono quattro ragazze in noviziato e due sorelle faranno la professione perpetua in Nagaland domenica 9 dicembre.  Ringraziamo insieme il Signore e uniamoci nella preghiera per questi doni alla Chiesa. Sr Annamaria sta maturando i saluti per prepararsi a rientrare in Italia; passaggi delicati proprio per i legami che nel tempo si creano. Sono passati vent’anni dalla sua partenza verso la missione in India; quando sono stato in visita presso la Casa, il dono della sua presenza tra gli ospiti, le sorelle e la comunità parrocchiale si coglieva con grande evidenza. 

Durante il tempo di Natale, insieme al vescovo Massimo, visiteremo il Rwanda; ci stiamo preparando insieme al gruppo “Amahoro” ed al gruppo “Padre Tiziano”. Domenica 9 dicembre incontreremo, insieme, il nostro vescovo per offrirgli uno sguardo storico e aggiornato sulla missione in Rwanda. Proprio in questi giorni il vescovo di Kibungo S.E. Mons. Antoine è stato nominato arcivescovo di Kigali. A lui rivolgeremo le nostre felicitazioni e lo ringrazieremo per questi anni vissuti insieme. Iniziamo a pregare per la nomina prossima del nuovo vescovo di Kibungo.

la foto di tutti noi dello staffInfine, come avrete saputo dal web, il nostro ufficio del CMD si è trasferito in curia insieme agli altri uffici pastorali e alla Caritas. I lavori di ristrutturazione hanno creato un ambiente di lavoro piacevole e dinamico; ora ci troviamo nell’opportunità di condividere i nostri progetti con gli altri uffici, di scambiarci sia idee che risorse.

Confido che lavorare vicini generi una fucina di proposte atta a far crescere la comunione tra noi operatori e in tutta la nostra chiesa. Maggior attenzione sarà rivolta alle unità pastorali ed alle missioni. Il nuovo assetto degli uffici di Curia, nell’ottica dell’integrazione, chiede tempo e pazienza a tutti. La mia speranza è che porti una rinnovata motivazione in tutti i direttori e collaboratori. Vorrei ringraziare il team dei collaboratori, in particolare i nostri del CMD: lasciando un luogo storico e confortevole quale era la vecchia sede, a loro è chiesto un sacrificio maggiore; in questi mesi la loro crescente disponibilità è stata per me edificante. Mi dispiace se in questo periodo nel quale stiamo riorganizzando il lavoro degli uffici voi, amici missionari, avete vissuto di riflesso con maggiore fatica le vostre giornate. Confido che questi disagi si riducano e tutto diventi snello, armonico e produttivo. Accompagnateci con la vostra preghiera.   

Concludo con parte del discorso di papa Francesco alla Pontificia Opere Missionarie avvenuto nel 2016 che ritengo significativo per noi e per voi.

 “Dobbiamo crescere in passione evangelizzatrice. Io ho paura – ve lo confesso – che la vostra opera rimanga molto organizzativa, perfettamente organizzativa, ma senza passione. Questo lo può fare anche una ONG, ma voi non siete una ONG! La vostra Unione senza passione non serve; senza “mistica” non serve. E se dobbiamo sacrificare qualcosa, sacrifichiamo l’organizzazione, andiamo avanti con la mistica dei Santi. Oggi, la vostra Unione missionaria ha bisogno di questo: mistica dei Santi e dei Martiri. E questo è il generoso lavoro di formazione permanente alla missione che dovete fare; che non è soltanto un corso intellettuale, ma inserito in questa ondata di passione missionaria, di testimonianza martiriale. Le Chiese di recente fondazione, aiutate da voi per la loro formazione missionaria permanente, potranno trasmettere alle Chiese di antica fondazione, a volte appesantite dalla loro storia e un po’ stanche, l’ardore della fede giovane, la testimonianza della speranza cristiana, sostenuta dal coraggio ammirabile del martirio. Vi incoraggio a servire con grande amore le Chiese che, grazie ai martiri, ci testimoniano come il Vangelo ci renda partecipi della vita di Dio, e lo fanno per attrazione e non per proselitismo”.

ll tempo di Avvento orienti la nostra azione missionaria. Sì, attendiamo Lui, Gesù Cristo Salvatore. Quest’attesa animi il nostro desiderio di non farci catturare dall’attivismo, ma ci porti al silenzio personale dentro il quale comprendiamo il senso del nostro essere qui dove siamo e di come “stare”, mettendoci in ascolto della Sua Parola. Nel silenzio personale meditiamo gli avvenimenti che ci accadono, portiamoli nell’orazione silenziosa, per comprenderli, per cogliere significati, per purificarli.

Maria, Madre della Chiesa, ci aiuti a custodire il dono della nostra vocazione, a comprendere ogni giorno il dono di essere stati chiamati da Gesù.

 Il nostro incontro con Lui urge in noi il desiderio di portare il profumo dell’amore di Cristo. L’incontro con Lui illumina di uno stupore nuovo ogni giorno della nostra vita e della vita di chi incontriamo, aiutandoci a riconoscere che l’azione dello Spirito Santo ci precede nelle persone e nelle culture che incontriamo. La contemplazione del Creato ci doni di riconoscere il Creatore sempre presente in ogni circostanza della vita: per questo preghiamo di avere occhi per riconoscere la bellezza della Sua presenza.

Assicuro a voi tutti il ricordo nella celebrazione dell’Eucaristia.

don Pietro Adani                                                                    

   Direttore del CMD di Reggio Emilia-Guastalla

                

[1] Benedetto XVI, Verbum Domini, esortazione apostolica, 30 settembre 2010, n. 3.

[2] Francesco, Evangelii Gaudium, esortazione apostolica, 24 novembre 2013, n. 264.

[3] Francesco, Gaudete et Exultate, esortazione apostolica, 19 marzo 2018, n. 24.

[4] Ibidem, n. 64.

[5] Vademecum CMD, n. 33 citato in Evangelii Nuntiandi, 15.

con i bambini di Anorambato, mani fangose e gioiose

Madagascar: le mani ed i gesti che fanno bene al cuore

“Mani, prendi queste mie mani, fanne vita fanne amore…”

 

 

In questi 25 giorni di campo missionario in Madagascar ne ho incontrate davvero tante di mani che hanno lasciato in me un segno.
Mani pronte a riabbracciare con gioia incontenibile un’amica che in questi mesi è stata luce.
Ha permesso di far nascere in me tante domande, tanti desideri e fra questi, anche quello di andare là a rincontrarla e incontrare.

Mani sapienti di Sasà, ospite della casa di carità di Tongarivo, che mi ha preso per mano e mi ha guidato a scoprire le bellezze nascoste di quell’oasi di pace, come ad esempio un piccolo camaleonte in un orto fatto con tanta cura.
Mani di Edmund, ospite invece della casa di carità di Ambositra, con gli occhi che lacrimavano e, sotto la luce del sole, luccicavano. Sono mani che mi hanno stretto con gioia e che hanno fatto sparire tutto il resto intorno: quelli che noi chiamiamo i nostri difetti, la mia ignoranza della lingua malgascia, le chiacchiere dei miei compagni e degli altri ospiti. In quel momento c’eravamo solo io e lui e le nostre anime che si incontravano in silenzio.

Mani sporche e segnate ma instancabili degli artigiani di Ravinala che ho incontrato lungo la strada. Grazie alla loro creatività lavorano materiali grezzi per dare vita a gioielli in alluminio, a piccole pochette di rafia, a statuette intagliate di legno, a macchinine in latta.
Mani volenterose dei volontari di RTM ad Antananarivo e a Manakara, che progettano e si impegnano con anima e corpo per lottare contro problemi sociali importanti come la lebbra.

Mani stanche, arrabbiate, tristi, rassegnate, ma anche resistenti degli uomini carcerati di Ambositra e degli ospiti del villaggio terapeutico di Ambokala, che si sono rianimate giocando insieme a noi a pallavolo e a calcio.
Mani calde e fangose di tutti i bambini che ho incontrato, che mi hanno schizzato con l’acqua della cascata di Anorombato, che hanno giocato con me alla Ludoteca Papillon, che mi hanno accompagnato a conoscere il villaggio di Ampasimanjeva.
Mani contente di piccolini che mi hanno imitato nei gesti dei bans al campo estivo alla ferme di Analabe, che hanno acchiappato forte i giochi portati nel cortile di Suor Luigina ad Ambositra, che sono così abituati ad essere autonomi da rifiutare il mio aiuto per spostarsi da una passerella all’altra ad Anatihazo.
Mani di bambine che hanno una cicatrice che assomiglia tanto alla mia o che si sono tenute forti al mio braccio mentre nella schiena avevano dietro una piccola sorellina e ancora l’altro pollice in bocca.
Mani di tutti i ragazzini che ci hanno salutato alla fine con gratitudine e senza lamentarsi, sapendo forse loro, fin dall’inizio, che tutto ha una fine?

Mani perseveranti di chi ha deciso di restare, di dedicare la sua vita a quel pezzetto di terra perché “è davvero tutto regno di Dio”.
Quindi eccole le mani ancora forti e tenaci di Don Pietro Ganapini, che mi hanno donato un libretto sul suo progetto della DIDEC, fatto stampare apposta per noi.
Ma anche mani umili, pazienti e materne di Suor Giacinta, di Suor Luigina e di tutte le altre masere che mi hanno accolto, che lavorano nell’ombra e sono così semplicemente madri e sorelle di tutti.
Mani laboriose dei monpera orionini di Anatihazo, che con la loro scuola professionale di falegnameria, fondata da Don Luciano Mariani, provano a dare speranza ai giovani che nascono in uno dei quartieri più poveri della capitale.
Mani sagge dei monpera e dei capi villaggio del gruppo degli Zafimaniry, che resistono nelle foreste e che provano a costruire qualcosa grazie alla solidarietà e alla provvidenza. Sono le loro mani grate, che ci hanno ringraziato così tanto per essere andati fino a là, in quel posto sperduto, solo per incontrarli.
Mani umili di Don Giovanni Ruozi, che hanno saputo indicare i pezzettini di quella chiesa, non solo fisica, di Manakara costruita con tanta fatica e passione.

Mani pronte ad accogliere, dei volontari, che mi hanno mostrato ancora con stupore i loro progetti e il punto in cui sono arrivati nella loro faticosa ricerca quotidiana.
Mani uniche dei miei compagni di viaggio, che hanno saputo tutte esserci, sostenere, accarezzare, coccolare, abbracciare, scherzare, condividere, sfiorare il cuore, per portare un po’ i pesi insieme.
Le loro mani a cui ho potuto affidarmi fiduciosa nei momenti di difficoltà e che mi hanno stretto tanto forte prima di lasciarmi alla fine andare.
Mani speranzose di tutti noi insieme che, durante le messe, nel momento della pace, si sono strette forti e si sono alzate in alto per poterle offrire tutte a Lui.

Ringrazio il Signore per avermi donato occhi e cuore per vedere il bello in ogni piccolo gesto di amore durante questo viaggio e per percepire la sua presenza dietro ad ognuna di queste mani.
E alla fine, ho capito che aveva ragione Suor Roberta della casa di carità di San Giuseppe: “Cercalo, non smettere mai di cercarlo, è faticoso, ma è l’unica cosa per cui vale la pena vivere!”.

Elisa Carpanoni

Il panorama dell'oceano e delle sue spiagge disabitate

Quel benedetto sorriso

“Tutto iniziò così. Quel sorriso, quel maledetto sorriso”. È l’incipit di una celebre serie tv americana,
“13 reasons why”.
Ma non è questo ciò di cui parlerò.
Ho scelto questa frase perché è perfetta per Giulia. Così è nata la sua amicizia con Michel, con un semplice
sorriso, innocente e irrazionale, fatto da dietro le quattro sbarre metalliche della cella di isolamento in cui
era stato rinchiuso al suo arrivo qui ad Ambokala. Come con molti altri pazienti, la diffidenza iniziale nei suoi
confronti è svanita rapidamente, spazzata via da quel candido sorriso che ha aperto in lei le porte del cuore,
ora pronto ad ascoltare, capire e avvicinarsi.
Per più di una settimana Michel ha vissuto in cella, dispensando allegria durante i pasti grazie ai suoi canti, ai
balli improvvisati e a infantili giochi che ci divertivamo a fare assieme (il famoso cucù di cui parla Giulia).
E basta poco, un piccolo assaggio della sua genuinità, per rendere contagioso quel sorriso, forse solo frutto
della sua malattia o dei farmaci somministratigli, o causato dalla droga e dall’alcool di cui spesso ha abusato,
o forse, ancora, frutto di uno spiraglio di lucidità.
Ma poco importa l’origine di tale gioia, specialmente a Giulia, la quale, superate le paure di rimanere sola a
gestire un ospedale psichiatrico e i suoi pazienti, è riuscita nell’impresa più difficile di tutte: sentirsi a casa e
accolta. E non perché è “matta” come molte delle persone che la circondano ogni giorno, ma perché invece
di compatirle pietosamente, le considera uguali a sé, trattandole di conseguenza, scherzandoci liberamente,
eliminando i pregiudizi, senza però cadere nel buonismo o nel bigottismo che troppo spesso annebbiano
l’opinione delle persone, chiudendo le loro menti e i loro cuori e rendendole stagne alla scoperta e alla
crescita.

Lei è rimasta critica, in grado di divertirsi con i pazienti, ma anche di rimproverarli quando necessario.
Qualche giorno fa hanno scoperto Michel mentre beveva alcolici e fumava erba, il tutto trascurando la
propria terapia farmacologica. Giulia non ci ha pensato due volte a sgridarlo, ad arrabbiarsi e a mostrargli la
propria delusione, palesemente visibile sul suo volto per alcuni giorni. E proprio questo comportamento, il
porsi al pari degli altri, ha fatto sì che Michel capisse i propri errori e riprendesse a seguire diligentemente la
terapia, mostrando segni di miglioramento, almeno per ora.
E chissà, che magari, alla fine, la miglior cura per certi casi di malattia mentale non sia altro che la presenza
di un amico, con cui condividere la quotidianità e la follia e che ti faccia dire “Ciao amica mia, […] sono felice
che tu sia qui”.
Enrico Cerio, RTM
Mankara, il 04/09/2018.