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Voci dal Madagascar

La parrocchia dello Spirito Santo a Reggio ha ospitato un testimone dell’opera di don Pietro Ganapini in Madagascar: Luciano Lanzoni, carpigiano, 30 anni di esperienza missionaria, religioso laico, membro dei Servi della Chiesa.
Luciano ha raggiunto il Madagascar 30 anni fa come collaboratore di don Giovanni Voltolini, amico caro di don Pietro, per occuparsi di lebbrosi, tubercolotici e disabili in un centro che ha curato dai 2500 ai 3000 malati all’anno. Successivamente, per 16 anni, ha lavorato con soggetti psichiatrici col metodo Diagnosi e Cura, potenziando il loro reinserimento nelle comunità. Ha scelto poi di trasferirsi sulla costa est dell’isola con un progetto sanitario di RTM volto alla responsabilizzazione delle comunità per la presa in carico di malati cronici di lebbra e tubercolosi. Ora, inviato dalla diocesi di Carpi, si occupa di disabili con piccoli centri di fisioterapia locale.

Apre l’incontro don Pietro Adani, Direttore del Centro Missionario RE .
“Don Pietro è un patriarca sia per noi che per i malgasci, un uomo di fede che sa introdurre chi lo ascolta nella conoscenza di questo popolo, grazie ad uno sguardo affettivo e coinvolto. Ha saputo creare musica rispettando la cultura malgascia e in tutta la città di Antananarivo, durante le celebrazioni eucaristiche, risuonano i suoi canti.

La sua generosità è esemplare e in questa occasione, a 92 anni, ci raggiunge con una lettera che da 10.000km di distanza profuma di impegno, fede profonda, riconoscenza calda e sincera verso tutti i donatori che hanno permesso, grazie al loro contributo, di raggiungere il numero di 108 scuole cattoliche sorte in 12 anni per abbattere l’analfabetismo della diocesi in cui opera e che raggiunge punte ancora alte. Don Pietro, attualmente ospitato alla Maison de la Caritè di Antananarivo, curato e custodito premurosamente da Suor Giacinta, ci saluta con un commosso “arrivederci a lassù” che non ci lascia certo indifferenti “.

Situazione scuole

 Nella diocesi di Anta – prosegue Lanzoni- i cristiani cattolici sono sempre stati numerosi e da 150 anni evangelizzati; nei paesi sorge la chiesa madre e 10/15 chiesette sorelle. Padre Ghi, nominato dal Vescovo locale, è il responsabile di DIDEC, Progetto di Coordinamento Didattico delle Scuole Cattoliche. 

Egli collabora con don Ganapini; hanno deciso di sospendere nuove edificazioni e di potenziare le attuali scuole valutando l’acquisto di arredi, materiali, manutenzione e l’ampliamenti delle aule, poiché, essendo il livello dell’istruzione delle scuole cattoliche e la preparazione degli insegnanti decisamente superiore a quello delle scuole pubbliche, esse sono più frequentate; le altre registrano bassissima professionalità e altissimi tassi di alunni bocciati. Attualmente edificare una scuola cattolica costa 3500 euro: la piccola comunità locale alza i muri e provvede a pagare mattoni, sabbia e il trasporto di tutti i materiali; don Ganapini invece provvede al tetto di lamiera, serramenti, vetri. Terminata la scuola, con riconoscenza si affigge all’ esterno una targa che ricorda i nomi dei benefattori ed ogni mattina in classe tutti li ricordano nella preghiera.

Vita in classe

Per poter frequentare, ogni alunno paga 1 euro al mese; si deve dotare di 2 biro e 3 quaderni. Gli alunni di 1^ e 2^ frequentano generalmente insieme, 3^ e 4^ insieme, 5^ da soli, poiché devono sostenere un esame. In prima scrivono solo alla lavagna, in seconda su qualche quaderno; dalla terza in poi, fino alla 5^ superiore, mancano i libri di testo e tutto quello scritto alla lavagna viene copiato sui loro quaderni. Le classi nella scuola pubblica sono di 50/60 alunni ed è impossibile per l’insegnante controllare quello che viene copiato. Nelle scuole cattoliche il numero è di 30/35 allievi.

Piano didattico

In tutte le scuole del Madagascar le materie sono simili alle nostre, con una grande differenza per il calcolo, molto complesso. Gli insegnanti non possono permettersi di rispettare i tempi di tutti; così chi non apprende ripeterà l’anno. Le scuole di campagna sono meno esigenti. In ogni scuola c’è un insegnante responsabile, che obbligatoriamente deve frequentare un anno di formazione pedagogica, ma è sufficiente abbia frequentato la 2^ superiore per insegnare. I maestri delle nostre scuole devono redigere frequenti rapporti e consegnarli alla Diocesi la quale verifica se i programmi sono condotti con efficienza; al termine dell’anno scolastico gli allievi sostengono l’esame e se la quota di promossi è inferiore al 70%, alla riapertura dopo la pausa estiva, i controllori diocesani eseguono verifiche per capire cosa non ha funzionato. Questo perché, se anche solo una scuola cattolica non funziona, tutte ne risentono.

Luciano prosegue la serata sottolineando l’importanza dei contributi dei donatori reggiani, sia per la manutenzione delle 108 scuole, sia per sostenere economicamente le famiglie. Infatti parte delle donazioni sono utilizzate da don Ganapini per quei malgasci che in caso di perdita del raccolto del riso non riescono a pagare la retta di frequenza scolastica e neppure a consegnare all’insegnante i 40 kg di riso richiesti. Il maestro resterebbe senza stipendio, non potrebbe vendere il riso ricavandone una quota per la sua sussistenza e cercherebbe subito un altro lavoro. Essendo scuole private cattoliche, i maestri sono pagati dai genitori.

Situazione scolastica dell’altopiano, in città e in capitale … un po’ di numeri

In città le congregazioni religiose di suore con scuole private interne sono più di 100; in più tutte le confessioni religiose hanno la propria scuola e si fanno concorrenza. In capitale le università private sono una ventina e la cattolica prepara molto bene. Se parliamo delle scuole pubbliche dell’altopiano, il 75% di bambini arriva alla quinta elementare e l’8% dei giovani arriva all’università. Invece nella zona di Manakara, più arretrata, l’80% dei bimbi frequenta le scuole pubbliche; di questa quota l’80% abbandona la scuola entro la terza a causa dell’estrema povertà. Così le famiglie scelgono di iscrivere un figlio dei 4 o 5 presenti, o il maschio, o il maggiore … ; il 20% non è mai entrato a scuola. Accade così che don Ganapini provveda personalmente a pagare l’iscrizione per i bimbi di famiglie molto povere che resterebbero escluse dalle sue scuole: crescere persone che sanno leggere e scrivere è un traguardo molto importante.

 

Il futuro

Il Vescovo malgascio ha maturato l’idea di costruire un centro di formazione residenziale per insegnanti, ma lo farà con altri finanziatori, poiché don Ganapini gli ha espresso la volontà di occuparsi solo dei bambini delle sue scuole. 

Per noi donatori AMGA è possibile:

  • adottare la formula di un sostegno a distanza di un’intera classe
  • sostenere la manutenzione dell’edificio scolastico
  • provvedere ad arredi e materiali (gessi, quaderni, biro, lavagnette…)
  • contribuire allo stipendio dell’insegnante che è di 35 euro al mese 

108 scuole, 500 maestri, 15000 allievi sono numeri che ci confortano e solo grazie al vostro generoso sostegno il nostro grande don Pietro potrà continuare la sua missione, perché niente dopo di lui vada disperso.

Grazie!
CMD

 

Buon Natale da don Pietro Ganapini!!

MAISON DE LA CHARITE __ Tongarivo (Antananarivo) __ 06- 12- 2019.

“D.Pietro, siamo a Natale. Dove è la lettera che sei solito inviare?”, mi dice un caro amico del CMD, Roberto. Non l ‘ho dimenticata, ed eccomi. Ho dovuto sempre rinviarla al domani, per vari motivi che non sto qui ad elencare e che non sempre sono dipesi da me… Essendo logico un riferimento al NATALE, stralcio da una lettera di un amico, di cui parlerò: LUCIANO LANZONI, Fratello nella Congregazione “SERVI DELLA CHIESA”, fondata dal def.to Mons. DINO TORREGGIANI, che anch’io ho ben conosciuto e del quale è in corso il processo di beatificazione. Luciano dovrebbe essere colui che mi sostituirà nella gestione degli aiuti che mi inviate per le nostre piccole scuole AMGA. Ha già una trentina di anni di lavoro qui in Madagascar. Aiuta in strutture psichiatriche a Manakara (circa lontano 600 km da dove sono io; ma una volta al mese sale qui a Tananarive per vari motivi; perciò può incontrarsi col sottoscritto o col P.Guy Noel della DIDEC per il discorso “gestione degli aiuti”.

C’è però, disgraziatamente, una difficoltà, che speriamo si risolva bene e abbastanza presto. Ecco dunque quello che è successo ieri l’altro (9 dicembre), partito di qui, al primo pomeriggio e ormai abbastanza vicino alla casa del VOLONTARI di Ambositra (a circa 300 Km da Antananarivo) è stato fermato e aggredito da 4 sconosciuti briganti, che lo hanno picchiato sulla testa e sulla faccia sotto l ‘occhio, affossandogli l’osso sottostante (me lo ha detto lui al telefono) e rubandogli il computer e i soldi.

Portato a Fianarantsoa per l’analisi al cervello, hanno detto che non è grave; ma la faccenda dell’osso mandibolare la dovranno esaminare in Italia… potete immaginare quanto anche noi tutti ne siamo rattristati! Ricordiamolo tutti al Signore non c’è bisogno che ve lo dica. 

Per la questione della gestione degli aiuti, mi ha detto che aveva già pensato di inviare al CMD un breve riassunto di quello che avrebbe voluto dire all’incontro del 14 dicembre p.v. con la DIDEC e la nuova direttrice della scuola di Ambanidia , Suor FLORINE. Intanto, sperando che tutto vada a finire bene, io, naturalmente, continuerò a fare quel che posso, anche se la vecchiaia può impedirmi di fare meglio e di più. Porgo dunque il mio ringraziamento e la mia riconoscenza più profonda e sincera a tutti voi, che siete bene al corrente di quello che abbiamo fatto in questo anno 2019, soprattutto per la costruzione delle nostre piccole scuole AMGA. Il Vescovo stesso (ve ne ho parlato) ha mostrato la sua soddisfazione, sottolineando la nostra collaborazione con la DIDEC,che è la Commissione ufficiale diocesana in tale campo. Poi ha espresso il desiderio che, nei limiti delle nostre possibilità, si dia una mano, ora soprattutto agli insegnanti, dai quali dipende evidentemente l’efficacia dei nostri sforzi. Per quanto riguarda il portare a termine la famosa CASA DI FORMAZIONE, mi ha detto lui stesso (il Vescovo) che è già in relazione con alcuni Enti che gli hanno promesso aiuti effettivi e sufficienti per condurla a termine.

A noi quindi chiede soprattutto, ripeto, dare una mano per gli insegnanti, che spesso hanno veramente degli stipendi da fame. Anche le nostre AMGA dunque daranno buoni frutti, come dissi tempo fa in una lettera, se gli insegnanti saranno BEN FORMATI E BEN PAGATI.

Non saremo certo noi a sostituire i genitori degli alunni, che saranno sempre i primi responsabili anche dei salari convenienti e giusti degli istitutori e istitutrici della scuola; ma… quanta povertà… quanta povertà !! Lo vedo anche dalla lettera lasciatami dalla Direttrice sul resoconto delle spese per la scuola di Ambanidia… Ho cercato di vederci un po’ più chiaro su quei 32.700.000 ariary (8 .175 Euro) che restano da pagare: ma grazie, a Teresa (del CMD di Reggio) ho già messo tutto a posto. Questo però, non per giustificare me stesso, approfittando della vostra generosità: Ah, no! Il pericolo, in realtà, c’è da parte piuttosto di qualcuno dei genitori degli alunni, che pensando: “c’ è poi p.Ganapini: che con le adozioni cercherà di supplire a quello che manca”, approfittando cioè della mia supposta pazienza… non è forse quello il pericolo? In realtà, ciò può anche verificarsi, ma da parte mia, insisto spesso con la Direttrice e le sue collaboratrici, a tenere il contatto con le famiglie degli alunni; tanto più che è da poco tempo che hanno sostituito Suor Angèle, l’anziana Direttrice che da molti anni teneva in mano la Direzione della Scuole, e conosceva bene pure le singole famiglie.

Riprendendo ora il discorso sui 32.700.000 ariary del I° trimestre, ammetto che sono in realtà un po’ preoccupanti, perché poi dopo il I° trimestre verrà il II°(PASQUA) poi il III°, poi le vacanze…e allora? Assieme al caro amico LUCIANO (spériamo si possa riprendere presto), sulla base che ci darete anche coi vostri consigli e il pensiero pure della DIDEC, si vedrà il da farsi. Io avevo il desiderio di parlarne più a lungo con voi – don Adani, Roberto,Teresa… ma fino a lunedì prossimo (16 dic.) non mi sarà possibile. Dipenderà pure dal come andrà a finire la dolorosa disgrazia capitata al nostro caro LUCIANO, che dovrà venire in Italia domenica 22 dicembre p.v. Speriamo bene!

Il sottoscritto naturalmente continuerà ad occuparsi della gestione degli aiuti, come ha fatto prima. Per la nuova scuola AMGA chiesta da un amico e già segnalata qui da noi, pure compresa nel bonifico che arriverà, non ci sono problemi. Spero che p. Guy Noél abbia preparato tutto il materiale riguardante le 8 scuole AMGA già finite, con foto, ecc… ecc… da mostrare ai donatori che non li abbiamo dimenticati. L’ acronimo “AMGA” – come già spiegai – non sarà cambiato, ma la sua interpretazione sì, e diventerà, imitando S.Ignazio di Lojola fondatore dei Gesuiti, “Ad Maiorem Gloriam Altissimi”, modificando leggermente la formula gesuitica: “Ad maiorem Dei gloriam,” ma con lo stesso significato. Naturalmente non cambierà la nostra amicizia, ormai consolidata da vari anni di solidarietà nell’aiuto ai nostri cari bimbi poveri. Invito anzi voi tutti amici carissimi e indimenticabili, a continuare, seguendo l’indirizzo del Vescovo, per sostenere i nostri bravi maestri e maestre. Solo così le nostre AMGA andranno avanti e porteranno buoni frutti.

Vorrei ora concludere, prendendo il testo cui mi sono riferito all’inizio, citato nella lettera dell’amico LUCIANO, per essere in tono cogli auguri di NATALE che voglio porgere a ciascuno di voi, insieme alle vostre famiglie, ai vostri cari bimbi, e pure a nome degli altri bimbi malgasci, che, a migliaia, vorrebbero gridarvi il loro GRAZIE e dirvi in coro: “Sì, con le nostre AMGA anche il nostro NATALE è questo anno più bello, e la vostra bontà ci fa sentire più vicina, in mezzo a noi, la presenza di colui che, pure nato e posto in una mangiatoia,ebbe poi a dire: “Lasciate che i fanciulli vengano a me” Mt. 19,13-15.

Dopo aver condiviso le nostre povertà qui in terra, oh,come vorremmo che GESU’ potesse condividere qualche palpito di gioia per le nostre piccole AMGA che gli offriremo assieme a voi.

Ecco ora il testo: “Era il 25 dicembre 1223. Santo Francesco, mentre arrivava di ritorno dalla visita del Sultano d’Egitto decise di fermarsi a greggio… accadde un miracolo: nella culla di paglia arrivò GESU’ Bambino in carne e ossa in una luce splendente e bellissima per tutti gli abitanti. Gesù era sceso fra tutti i poverelli con un sorriso splendente”.

Quel GESU, che 796 anni fà si mostrò, Bambino, in carne e ossa, a Greggio (Rieti) è sempre l’Unico e Vero nostro Dio, IL FIGLIO DEL PADRE E DI MARIA, VICINO A CIASCUNO DI NOI. La sua presenza benefica accompagni tutti i nostri bimbi i loro insegnanti, e infonda coraggio per continuare il cammino iniziato.

AD MAlOREM GLORIA ALTISSIMI (AMGA) – PER LA MAGGIOR GLORIA DELL’ALTISSIMO! LA MADRE DELLA MISERICORDIA CI AIUTI TUTTI.

 

Buono, buonissimo NATALE e felice Anno nuovo 2020

Dal vostro vecchio fratello

don Pietro Ganapini

 

Don Ganapini festeggiato in una scuola

Buona Pasqua 2019 da don Ganapini

Carissimi amici, vi scrivo questa lettera di PASQUA, con la riconoscenza che vorrei esprimere a tutti voi per il sostegno morale e materiale all’opera missionaria della nostra diocesi nel campo dell’educazione dei bimbi poveri attraverso la scuola.

Abbiamo voluto sottolineare questo aspetto col piccolo opuscoletto “Amici di D. Ganapini”, dandovi la possibilità di constatare con le immagini e le cifre il frutto della vostra generosità e dell’amore ai prediletti di Gesù. Dato che il sottoscritto ha già compiuto 91 anni, ho pensato che, pur lasciando l’acronimo AMGA tale quale, si potrebbe interpretarlo, secondo la divisa  di S.Ignazio di Lojola e del suo Istituto dei Gesuiti (“Ad Maiorem Dei Gloriam – “Per la maggior Gloria di Dio”) in questo modo “Ad Maiorem Gloriam Altissimi” (A.M.G.A.) che, in latino può andare e il significato è il medesimo di quello dei Gesuiti. Se poi AMGA vi dice ancora qualcosa di questo povero vecchio e ormai proprio “buon da niente” (lo dico con sincerità, e i malgasci direbbero “badolàhy”) mi direte qualche “Requiem aeternam” per accorciarmi un pò il purgatorio…

C’è poi già chi mi dà una mano, il carissimo fratello LUCIANO LANZONI dei Servi della Chiesa di Carpi, con alle spalle 28 anni di lavoro in Missione. Sa benissimo il malgascio ed ha svolto il suo ministero con esemplare dedizione, soprattutto per i più piccoli e tra quelli che non hanno voce, nella zona sud-est (Manakara, ecc.) del Madagascar. Fin che son vivo continuerò ad occuparmi ancora delle scuole.

Don Ganapini con i suoi parenti a TanaOra finisco. Siccome voglio fare gli auguri di Pasqua, questo anno voglio farli in musica, come ho fatto poco tempo fa col mio caro nipote P: Filippo, ora in Italia, dopo 10 anni come missionario in CIAD. Sarà ora responsabile della rivista “Nigrizia” dei Comboniani di Verona. E’ stato qui  circa due settimane, 20 giorni fa, con un gruppo di 8 miei familiari, perché hanno detto : D. Pietro non tornerà più in Italia… andiamo noi a fargli una visita ..” Alloggiati qui, alla bene e meglio, dove sono anch’io… Ah, miei cari ! quale e quanta gioia, che non so esprimervi! Sia per loro che per il sottoscritto, e per tutti gli altri!! Vorrei ora, con la stessa melodia che composi 70 anni fa – ero studente di Teologia ad Albinea – un breve ritornello a S. Filippo (glielo abbiamo cantato alla festa dell’addio l’8 marzo scorso, assieme agli stornelli che ho dedicato a tutto il gruppo). Ecco dunque:

(in malgascio) Ry havanay malala ò, hitondra anareo anie i JESOA, mba hanely hatraiza hatraiza ny HANI-TSARA AVY A—MINY

traduco: Carissimi amici, che Gesù vi porti a spargere il suo buon profumo ovunque vi troviate (2 Cor.,2-14)

Questo è il mio augurio speciale per voi, amici del CMD, mentre chiedo un particolare ricordo anche per me presso Gesù e la nostra Buona Maria Madre della misericordia!  A tutti indistintamente BUONA PASQUA!! Da “QUESTA MIA CASA CHE ABITA” (dal nostro Vescovo Massimo Camisasca

       Vostro affettuosissimo D. Pietro

Casa della Carità – Tongarivo (Antananarivo) 11 aprile 2019

BUONA PASQUA A TUTTI!

Don Ganapini festeggiato in una scuola

Il Buon Natale di don Ganapini

MAISON DE LA CHARITE, Tongarivo (Madagasikara), 21 novembre 2018

Carissimi amici tutti, familiari, CMD, AMGA, La Libertà, RTM, Servi della Chiesa, Rotary Club Parma Est, benefattori, ect…

Siamo già vicini al Natale, vicini pure alla fine dell’anno in corso e all’inizio del prossimo 2019.
Non dimentico la solita lettera di ringraziamento; riconoscenza doverosa a chi mi ha sostenuto, in vari modi: sostegno morale dell’amicizia e della simpatia, soprattutto se rafforzata dalla preghiera e anche dall’aiuto pure finanziario (mi perdonerete!… ne sapete i motivi…). Senza questo insieme di solidarietà fattiva, generosa verso i più poveri e spesso dimenticati, specialmente i bimbi della campagna, cosa avrei potuto fare da solo?
Niente! O… molto poco.

Sono migliaia ormai i nostri cari bimbi che, in coro, vorrebbero farvi giungere un GRAZIE così forte che sorpassasse l’oceano ed arrivasse al vostro orecchio! Sì, certo! Ma c’è pure un’altra persona, vicinissima a noi e a loro, che un giorno, 2000 anni fa circa, disse parole di altissimo significato e che nessuno potrà mai cancellare, perché parole di DIO FATTO UOMO, GESU’! Erano accorsi numerosi quei bimbi, sentendo che passava Gesù – forse lo Spirito glielo aveva ispirato – , mentre i grandi vicino a Gesù non li volevano tra i piedi, e Lui invece, indignato (Mc 10,14) ne prese le difese e disse: “LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME… e prendendoli tra le braccia li benediceva…” (Mc 10, 14-16). Poi ancora: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi fratelli più piccoli l’avete a me” (Mt 25, 40). E infine: “Venite benedetti dal padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo…” (Mt 25,34).

Sono specialmente per voi dunque, carissimi, quelle parole: “venite benedetti dal Padre mio…”, perché avete loro dato il pane dell’istruzione, ect… Sì, credo che il giorno del Giudizio finale (e quel Vangelo indicato sopra che ce lo dice) saranno proprio loro, a migliaia, i nostri difensori migliori.

Dato che questa è la lettera di fine anno, vorrei aggiungere solo poche parole, perché è sempre un po’ imbarazzante parlare di sé. Ma sarò breve.

In alcune lettere ho già manifestato il mio desiderio, pienamente condiviso dai Superiori (Vescovi Socche, Gilberto, Paolo, Adriano, Massimo), riguardante il luogo in cui seppellirmi, quando sarà ora. Soprattutto per i Malgasci è molto sentito il desiderio di aver vicino anche nella tomba chi è stato loro vicino nella vita.
E’ notissimo il detto: VELONA, IRAY TRANO: MATY, IRAY FASANA (chi è stato vicino nella stessa casa, lo sarà pure nella stessa tomba). Dopo 57 anni da che ho condiviso con amore la vita dei miei poveri e cari Malgasci, come potrei separarmi da loro nella tomba? Tanto più che oltre il cimitero del clero malgascio (Ambohipò) c’è pure un angolino nel cimitero delle Suore delle Case della Carità (Ambohipànja), presso cui sono ricoverato da 12 anni, cioè da quando, dopo l’operazione alla colonna vertebrale a Parma, dovetti, per ubbidienza al Vescovo della diocesi di Tananarive, Mons. Odon, lasciare l’ultima parrocchia, di cui mi occupavo da 32 anni. Dovetti piangere. Ma era la volontà del Signore, che sempre infinitamente misericordioso con questo suo povero prete, poco tempo dopo da che ero stato accolto con tanta bontà in questa Casa della Carità, mi mandò un’ispirazione: “mi occuperò dei numerosi bimbi poveri della campagna che non sanno altro che condurre al pascolo le mucche, procurando loro un po’ di istruzione e di educazione cristiana… perché sono ancora missionario, e lo sarò, per la misericordia di Dio, sino alla fine”.

Così, oltre le adozioni dei bimbi poveri già accettati nella scuola, ma che non arrivavano a coprire la tassa scolastica necessaria per avere poi di che pagare i maestri, decisi pure di cominciare a costruire piccole scuole nelle zone in cui mancavano. Le buone persone, dal cuore generoso – CHE SIETE VOI – non mi lasciarono solo, e gli euro cominciarono ad arrivare… “Amici di don Ganapini” AMGA”…

Ed ecco le 94 piccole scuole (sono ora 96), le cui facciate potete vedere su un piccolo opuscolo che abbiamo preparato proprio per voi e che potete richiedere al Centro Missionario.

Vorrei inviare come saluto un ringraziamento e un augurio di un
BUONO, BUONISSIMO NATALE E ANNO NUOVO 2019

una melodia semplice, ispiratami dal testo di una breve poesia di quella Santa, per me grandissima, che è Teresa del Bambino Gesù. Ve lo racconto: si era a pochi mesi dalla mia ordinazione sacerdotale (13 agosto 1950). Stavo facendo due passi col rosario in mano, credo nel cortile vicino alla cappella dell’ex seminario di Albinea. Passò di lì, per caso, il Vescovo Mons. Beniamino Socche, che si fermò e mi disse: “Prendi, don Pietro. È una piccola poesia di S.ta Teresa del Bambino Gesù. Se ti interessa…”, e mi allungò il foglio. Lo ringraziai e me la lessi subito. Ne fui arcicontento e, gustando immensamente quel testo, con la stessa immediatezza ne buttai giù le note della melodia che si svolgeva nella mia testa, semplice e spontanea. Vi trascrivo le due strofe, che rivelano la profonda spiritualità della Santa di Lisieux: l’abbandono totale del bimbo che si sa seguito e custodito dalla Mamma e che trova in ciò la via per accedere alle insondabili ricchezze del Cuore di Gesù: sentimento di un cuore innamorato, ma non vano e superficiale sentimentalismo:

Rit.      DOLCE REGINA DI GIOVINEZZA,

CI SVEGLI ALL’ALBA TUA CAREZZA!

DURANTE IL GIORNO VEGLIA SU NOI

POI CI ADDORMENTA CO’ BACI TUOI!

  1. COM’E’ DOLCE APRIR LE LUCI

AL SORRISO TUO, MARIA!

COM’E’ DOLCE, O MADRE MIA

SUL TUO CUORE RIPOSAR!

  1. COM’E’ DOLCE OGNI TRAVAGLIO

A TE OFFRIRE COME UN FIORE

COM’E’ DOLCE NEL DOLORE

TRA LE BRACCIA TUE CADER!

Santa Teresa del Bambin Gesù, proclamata “Patrona delle Missioni” e Dottore della Chiesa

BUON NATALE e ANNO NUOVO 2019 dal vostro aff.mo e vecchio don Pietro Ganapini

con i bambini di Anorambato, mani fangose e gioiose

Madagascar: le mani ed i gesti che fanno bene al cuore

“Mani, prendi queste mie mani, fanne vita fanne amore…”

 

 

In questi 25 giorni di campo missionario in Madagascar ne ho incontrate davvero tante di mani che hanno lasciato in me un segno.
Mani pronte a riabbracciare con gioia incontenibile un’amica che in questi mesi è stata luce.
Ha permesso di far nascere in me tante domande, tanti desideri e fra questi, anche quello di andare là a rincontrarla e incontrare.

Mani sapienti di Sasà, ospite della casa di carità di Tongarivo, che mi ha preso per mano e mi ha guidato a scoprire le bellezze nascoste di quell’oasi di pace, come ad esempio un piccolo camaleonte in un orto fatto con tanta cura.
Mani di Edmund, ospite invece della casa di carità di Ambositra, con gli occhi che lacrimavano e, sotto la luce del sole, luccicavano. Sono mani che mi hanno stretto con gioia e che hanno fatto sparire tutto il resto intorno: quelli che noi chiamiamo i nostri difetti, la mia ignoranza della lingua malgascia, le chiacchiere dei miei compagni e degli altri ospiti. In quel momento c’eravamo solo io e lui e le nostre anime che si incontravano in silenzio.

Mani sporche e segnate ma instancabili degli artigiani di Ravinala che ho incontrato lungo la strada. Grazie alla loro creatività lavorano materiali grezzi per dare vita a gioielli in alluminio, a piccole pochette di rafia, a statuette intagliate di legno, a macchinine in latta.
Mani volenterose dei volontari di RTM ad Antananarivo e a Manakara, che progettano e si impegnano con anima e corpo per lottare contro problemi sociali importanti come la lebbra.

Mani stanche, arrabbiate, tristi, rassegnate, ma anche resistenti degli uomini carcerati di Ambositra e degli ospiti del villaggio terapeutico di Ambokala, che si sono rianimate giocando insieme a noi a pallavolo e a calcio.
Mani calde e fangose di tutti i bambini che ho incontrato, che mi hanno schizzato con l’acqua della cascata di Anorombato, che hanno giocato con me alla Ludoteca Papillon, che mi hanno accompagnato a conoscere il villaggio di Ampasimanjeva.
Mani contente di piccolini che mi hanno imitato nei gesti dei bans al campo estivo alla ferme di Analabe, che hanno acchiappato forte i giochi portati nel cortile di Suor Luigina ad Ambositra, che sono così abituati ad essere autonomi da rifiutare il mio aiuto per spostarsi da una passerella all’altra ad Anatihazo.
Mani di bambine che hanno una cicatrice che assomiglia tanto alla mia o che si sono tenute forti al mio braccio mentre nella schiena avevano dietro una piccola sorellina e ancora l’altro pollice in bocca.
Mani di tutti i ragazzini che ci hanno salutato alla fine con gratitudine e senza lamentarsi, sapendo forse loro, fin dall’inizio, che tutto ha una fine?

Mani perseveranti di chi ha deciso di restare, di dedicare la sua vita a quel pezzetto di terra perché “è davvero tutto regno di Dio”.
Quindi eccole le mani ancora forti e tenaci di Don Pietro Ganapini, che mi hanno donato un libretto sul suo progetto della DIDEC, fatto stampare apposta per noi.
Ma anche mani umili, pazienti e materne di Suor Giacinta, di Suor Luigina e di tutte le altre masere che mi hanno accolto, che lavorano nell’ombra e sono così semplicemente madri e sorelle di tutti.
Mani laboriose dei monpera orionini di Anatihazo, che con la loro scuola professionale di falegnameria, fondata da Don Luciano Mariani, provano a dare speranza ai giovani che nascono in uno dei quartieri più poveri della capitale.
Mani sagge dei monpera e dei capi villaggio del gruppo degli Zafimaniry, che resistono nelle foreste e che provano a costruire qualcosa grazie alla solidarietà e alla provvidenza. Sono le loro mani grate, che ci hanno ringraziato così tanto per essere andati fino a là, in quel posto sperduto, solo per incontrarli.
Mani umili di Don Giovanni Ruozi, che hanno saputo indicare i pezzettini di quella chiesa, non solo fisica, di Manakara costruita con tanta fatica e passione.

Mani pronte ad accogliere, dei volontari, che mi hanno mostrato ancora con stupore i loro progetti e il punto in cui sono arrivati nella loro faticosa ricerca quotidiana.
Mani uniche dei miei compagni di viaggio, che hanno saputo tutte esserci, sostenere, accarezzare, coccolare, abbracciare, scherzare, condividere, sfiorare il cuore, per portare un po’ i pesi insieme.
Le loro mani a cui ho potuto affidarmi fiduciosa nei momenti di difficoltà e che mi hanno stretto tanto forte prima di lasciarmi alla fine andare.
Mani speranzose di tutti noi insieme che, durante le messe, nel momento della pace, si sono strette forti e si sono alzate in alto per poterle offrire tutte a Lui.

Ringrazio il Signore per avermi donato occhi e cuore per vedere il bello in ogni piccolo gesto di amore durante questo viaggio e per percepire la sua presenza dietro ad ognuna di queste mani.
E alla fine, ho capito che aveva ragione Suor Roberta della casa di carità di San Giuseppe: “Cercalo, non smettere mai di cercarlo, è faticoso, ma è l’unica cosa per cui vale la pena vivere!”.

Elisa Carpanoni

Quasi un testamento spirituale da don Ganapini

Una commovente lettera di don Ganapini (su cui riflettere) da Tana:

Carissimi amici dell’Amga, del Cmd, di Rtm, di La Libertà, dei Servi della Chiesa, del Rotary club di Parma Est
e tutti voi che in qualche modo date una mano a questo vostro fratello ormai vecchio, ma sempre missionario “jusqu’au bout”, diciamo con Filippo quando ci salutiamo, “fino alla fine”… approfitto della venuta in Italia di Mauro (Rtm) per inviarvi un saluto in Cristo risorto, siamo ancora nel tempo di Pasqua. Un saluto che vuole essere pure un ringraziamento per quello che avete fatto e continuate a fare, specialmente per le nostre piccole scuole dei bimbi poveri della campagna, diocesi di Tananarive. Sì, la riconoscenza l’ho già espressa anche nella lettera del resoconto del 2017, inviata al Cmd. Se qualcuno di voi vuole informarsi meglio e in dettaglio per le varie spese, può rivolgersi al Cmd.

Mi perdonerete se parlo un po’ del sottoscritto. Ma quello che voglio dire non è tanto parlare di me, che sono quel che sono; ma pensare un attimo al futuro della nostra Amga, come ha fatto il caro don Giovanni Voltolini che ci ha lasciato 9 anni fa. I suoi amici infatti hanno voluto che continuasse l’opera di aiuto alle scuole dei poveri chiamandole le “scuole del Dongio”, dico bene?

Venendo allora a noi, dato che da poco ho compiuto i 90 anni, non è per fare il tragico e tanto meno voler prevenire quella che potrà essere la volontà del Signore, però non sarebbe bene pensare alla nostra Amga senza cambiare la parola, ma traducendola così, A=alla, M=memoria, GA=di don Ganapini?

Non è perché questo vecchio bacucco desideri essere ricordato, sia ben chiaro! Ma è per l’amore ai bimbi poveri che desidero ci sia continuazione di un sostegno! Sì, se volete quel “Am”, “Alla memoria”, potrebbe anche essere il ricordo di una amicizia sincera che non si spegne colla morte… ma poi c’è anche un altro motivo, di interesse spirituale; se con quel “Am” ci fosse pure un “requiem aeternam” per quel povero don Pietro, che attenderà certo di essere purificato da tutte quelle incrostazioni di amor proprio, incrostazioni di avarizia, incrostazioni di pigrizia, incrostazioni di ogni genere che debbono essere tolte perché impediscono quella piena comunione di vita con Gesù, che sarà poi il Paradiso… ma che intanto debbono essere bruciate dall’Amore, da quel fuoco dell’Amore che è lo Spirito Santo… allora mi spiego il perché e la convinzione del cosiddetto Purgatorio, che significa purificazione, il cui luogo non può che essere Gesù stesso, e il fuoco l’Amore che è lo Spirito Santo… Certo, quell’Amore brucia mentre purifica. Diceva il compianto monsignor Gilberto Baroni prima di morire: “Pregate per me, così mi abbrevierete un po’ il purgatorio!”. Così anch’io dico a voi, carissimi amici. Naturalmente metto tutto nelle mani del Signore e della nostra Mamma Maria: sia fatta la sua volontà! Tanto più che le anime del Purgatorio non possono più pregare per sé – così c’insegna la Chiesa – ma noi ancora qui in terra possiamo pregare per loro; e quante grazie possiamo ottenere attraverso la loro intercessione! Noi qui in terra possiamo alleviare la loro sofferenza, perché, pur nella speranza di raggiungere presto il Paradiso, essa (la sofferenza) è grande. E voi allora (lasciando sempre il come e il quando nelle mani di Dio) ricorderete questo vostro fratello quando sarà in quel fuoco purificatore dell’Amore, e lui ricorderà voi e ve ne sarà tanto riconoscente…

Mi perdonerete questa digressione sul Purgatorio… non è che io pensi, nell’ansia, di morire domani, no! “Io resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua Madre…” dice il salmo 131.
Ah, la nostra cara Mamma, Madre della Misericordia! Tutto in Lei,

 vostro affezionatissimo

don Pietro

madagascar, le tipiche risaie in campagna

Tra lemuri, orchidee, solidarietà e 50 anni di missione

Ho avuto la fortuna, l’onore e la gioia di far parte della Delegazione diocesana in visita al Madagascar per il 50° della Missione della Diocesi di Reggio Emilia.
Donata Frigerio ha già abbondantemente relazionato sulla Libertà circa le solenni e partecipate celebrazioni nelle varie città dove siamo presenti dal 1967 quando la prima equipe con don Mario Prandi, don Pietro Ganapini, Suor Bernadette, Suor Margherita, e qualche laico sbarcò nell’Isola Rossa.

Raccontare il Madagascar è come leggere un libro di storie, ogni luogo ha i suoi colori caratteristici, le sue tribù con storie e tradizioni millenarie che ancora sopravvivono, la sua natura peculiare e i suoi animali unici ed indimenticabili. Volevo in questa occasione fare un raffronto tra il viaggio che feci quasi 30 anni fa e quello dei giorni scorsi Ma già scendendo all’aeroporto di Ivato con il super traffico di Tananarive, inizio subito a capire che nulla è cambiato nelle condizioni di vita dei malgasci: tutti ancora per strada, bancarelle improvvisate, gente ammassata che aspetta taxi-be, signore che lavano panni nel fiume. Incontro, esattamente come la volta scorsa, tanta gente a piedi, tutti camminano, spesso senza scarpe, tanti bimbi che giocano, le donne, nei loro abiti colorati, in testa portano di tutto, taxi-brousse stracarichi di gente e merce.

Nel 50 anniversario gli zebu tirano ancora i carrettiPoi “strade” (se si possono definire così) dove incrociamo taxi-brousse (pulmini stipati di persone e merci e animali fino all’inverosimile), carretti trainati da zebù, bambini, bambini, bambini… Un proverbio malgascio (ce ne sono tantissimi colmi di sapienza popolare) dice che “la vita è miele (quindi dolcissima) e aloe (quindi amarissima)” e rende veramente l’idea dei contrasti e delle contraddizioni di questa terra malgascia: da una parte le bellezze dell’Isola, forse la più bella del mondo: i primi navigatori che approdarono sulla costa del Nord a Nosy-be pensavano di essersi trovati in Paradiso, dall’esplosione della natura, uno scrigno rimasto intatto per 160 milioni di anni daquando si staccò dal Gondwana, con una flora e una fauna uniche al mondo, poi la bellezza degli abitanti nella pratica dell’ospitalità, dell’accoglienza, della dolcezza, gli sguardi, le strette di mano, i gesti di benevolenza, i volti, i sorrisi di tutti, in particolare dei bambini (credo che fra le decine di viaggi che ho fatto per il mondo, questi siano i sorrisi più radiosi, splendenti, contagiosi che abbia mai visto).

D’altro canto credo che sia anche un Paese tra i più poveri del mondo, con il reddito pro-capite più basso in assoluto, e quindi si avverte subito la durezza, la fatica, la pesantezza del vivere quotidiano che non ha avuto nessun progresso significativo in questi ultimi 30 anni. Tutti i “nostri” progetti reggiani di RTM, del Centro Diocesano Missionario, della Ravinala, delle Case della Carità, dei Servi della Chiesa, sono invece altrettante eccellenze nel Paese, da Bevalala, alle Scuole di don Ganapini e di RTM, a Ambatolampy con la lavorazione dell’alluminio, a MarosoKatra nell’Azienda Agricola con l’inossidabile Giorgio Predieri, ormai malgascio da oltre 40 anni, le scuole di Zanantsika, poi a Manakara la confiturerie, e tutti i progetti seguiti da Luciano Lanzoni pure lui ormai figura storica da oltre 30 anni in Madagascar, l’Ospedale di Ampasimanjeva con il Dott. Martin. Le nostre sono veramente delle “oasi” fortunate, delle opportunità straordinarie, potremmo dire con il Salmista “Venite e vedete le Opere di Dio, Egli ha fatto prodigi sulla terra” rispetto invece al resto del Paese che non decolla, per le vicende politiche, sociali ed economiche che si trascinano fin dall’indipendenza dai francesi nel 1960, per la corruzione, per l’incapacità dei Governi di formulare piani di investimenti per il lavoro, per l’educazione, igiene, scolarizzazione, di trovare soluzioni ai problemi che attanagliano il popolo, per cui il Paese resta un’Isola alla deriva, addirittura dimenticata oltre che dallo Stato, dagli Organismi internazionali, dalla Comunità Europea ecc.

50 anni di madagascar vediamo lavori faticosiE noi occidentali troppo abituati alle comodità, ai comfort, al benessere, restiamo destabilizzati davanti ai mille inconvenienti del viaggio, e percorrendo la strada RN7, l’unica asfaltata (si fa per dire!) del paese, naturalmente non possiamo evitare alluvioni in questa stagione delle piogge che distruggono ponti, creano voragini e costringono a deviazioni, così se in un posto manca l’acqua si è costretti a fare la doccia con il secchio, oppure viene meno la luce o si resta a piedi con il pulmino, tutte cose che ci sono successe.

 

Ci sarebbe proprio da imparare la grande lezione di questo popolo: la pazienza!! Per rivedere i nostri pregiudizi… per rispondere a domande, o magari, farsene altre, interrogativi inquietanti sul nostro stile di vita, sull’individualismo, menefreghismo e indifferenza così diffusi nei nostri paesi Europei e per restituire nome e valore alle cose essenziali e a quanto di superfluo e di inutile ci siamo dati in questa nostra società edonistica e consumistica. Devo dire che i 24 componenti la Delegazione Diocesana, tutti coinvolti in qualche modo nell’ambito Missionario (preti e suore comprese), hanno capito esattamente il senso e l’obiettivo di questo viaggio responsabile e si sono adattati alle condizioni di disagio senza le litanie di lamentele come avviene di solito a casa o nei viaggi ordinari. Visita al Parco Nazionale di Ranomafana. Bellissima ed intricata foresta pluviale a 800 metri di altitudine che ci permette di incontrare i lemuri dorati, i sifaka neri ed una minuscola specie di camaleonti di pochi centimetri. Istituito nel 1991 grazie alla scoperta, qualche anno prima, del lemure dorato del bambù (Hapalemur aureus, una specie a forte rischio di estinzione), il Parco Nazionale di Ranomafana si estende su una superficie di circa 40.000 ettari distribuiti tra colline di media altitudine (800-1200 m) ricoperte da foreste e attraversate da piccoli corsi d’acqua che si gettano nel fiume Namorona. Oltre al lemure del bambù, il parco di Ranomafana è habitat di altre 11 specie di lemuri, tra cui alcuni molto rari e con gravi minacce di estinzione, come il lemure dal naso grigio (Prolemur simus), il maki lanoso (Avahi laniger), il sifaka di Milne-Edwards (Propithecus edwardsi), il lemure dal ventre rosso (Eulemur rubriventer) e l’aye-aye. C’è infine una cosa che mi ha fatto riflettere e lo farà ancor più nei giorni seguenti, in questo panorama di luce e ombre, di ricchezza e di povertà, di miseria e di dignità: quel piccolo seme gettato il 23 Novembre dl 1967 in quella terra benedetta ha germogliato e fruttificato: 15 Case della Carità , 63 Suore, 7 Novizie, 7 novizi fratelli, un centinaio di Servi della Chiesa, e tutti i progetti RTM-CDM-Ravinala che hanno impegnato centinaia di volontari laici: sembra proprio che Dio voglia provocare la nostra Chiesa Reggiana, dove avviene il fenomeno inverso, calo di vocazioni, chiusura di Case della Carità, Messe e Sacramenti disertati .. e c’è da ringraziare il Vescovo Massimo per aver deciso di inviare due Sacerdoti giovani – Don Simone e Don Luca – nonostante le difficoltà che si creano in Diocesi per la cronica mancanza di preti: ma la ricchezza straordinaria che viene dallo scambio con Chiese sorelle chiede che si continui in questa avventura sicuri che Dio non mancherà di benedire, di colmare di grazie e di abbondantissimi frutti, gli sforzi di chi spende qualche anno o tutta la vita al servizio della Missione. Ricordiamo perciò, pieni di gratitudine, chi ci ha preceduto ed ha tracciato la strada di questo cammino meraviglioso che vede ancora oggi comunione e unità di azione tra sacerdoti, religiosi e laici. Si tratta di una formula e un modello esemplare che sarebbe prezioso da applicare anche alle nostre Unità Pastorali, che spesso non cercano di unire risorse, energie, opportunità ma continuano nella resistenza della propria individualità parrocchiale campanilistica invece di avere uno sguardo più lontano e lungimirante.
Grazie Roberto Soncini del CDM per averci guidato con tanta pazienza (davvero malgascia!!) sapienza e competenza nel nostro Pellegrinaggio.

Correggio, 3 Dicembre 2017 1° Domenica di Avvento

Enos Rota