“Datemi una sola ragione che mi induca a restare qui…”
Ringraziamo Giorgia che ci ha inviato queste righe sulla partenza di Cristina.
Cristina Orlandini ieri e oggi ha fatto i veloma (saluti) alla comunità di Ampasimanjeva. Ieri ha giocato a tombola, cantato e ballato con i bambini del centro “Papillon”, oggi ha salutato i tubercolotici, nel pomeriggio ha salutato tutti gli impiegati dell’ospedale e poi la sua squadra di calcio. Stasera è stato il momento dei saluti alle suore e a noi missionarie, con cena, balli, video, regali.
Foto di gruppo ad Ampa!
Ho ripetuto troppo la parola “saluto” e mi scuso, ma avreste dovuto sentire tutte le volte che qualcuno ha pronunciato “veloma” in questi giorni! Io sono, letteralmente, l’ultima arrivata nella comunità di Ampasimanjeva e non mi sento adatta a raccontare un momento così personale. Io non posso neanche immaginare cosa significhi salutare le persone con cui hai vissuto, lavorato, cantato, giocato, ballato, pregato, riso per un anno e mezzo. Credo però che non lo possa sapere neanche chi è qui da più tempo, perché i rapporti che la Cri ha stretto con tutte le persone che ha salutato sono speciali e diversi da quelli di chiunque altro per il semplice fatto che se è vero (ed è vero) che ogni persona è unica, lo sono inevitabilmente anche i legami che crea con le persone che le stanno intorno. Descrivere quindi il veloma di un’altra persona non è un compito semplice, ma da mera spettatrice posso dire che è evidente che Cristina abbia voluto bene a questa comunità e che l’affetto sia stato senza dubbio ricambiato.
La squadra di calcio femminile di Ampasimanjeva insieme a Cristina
Ogni momento di saluto ha avuto, come da tradizione, il suo kabary (discorso) e, sebbene io il malgascio lo capisca ancora poco, una delle cose che sono riuscita a cogliere è un ringraziamento particolare a Dio. Ogni volta che ha dovuto parlare Cristina ha ringraziato il Signore per l’opportunità che ha avuto di poter trascorrere qui, con queste persone, una parte della sua vita. Ha ringraziato ogni persona per il tempo vissuto insieme e ha reso grazie del dono che ha ricevuto nell’essere missionaria qui, in questa terra rossa e verde che è il Madagascar.
Poi chissà…le vie del Signore sono infinite e magari la sua strada ripasserà da Ampa, un giorno!
Giorgia Roda
11 aprile 2018
Oggi, a meno di un mese dal mio rientro in Italia, ripenso alle parole della prima lettura del primo giorno di quest’anno. Sono parole molto dolci ed è un augurio bellissimo, calma il cuore.. perché mi ricorda che qualsiasi cosa accadrà quest’anno, che sia faticosa o meravigliosa, sarà nell’abbraccio del Signore.
E allora anche le paure, le domande che ogni tanto saltano fuori.. sono più leggere in questo abbraccio.
E’ bello che siano proprio queste parole ad accompagnarmi in quest’anno.
Le sento molto vicine, sia per tutti i doni che ho ricevuto fino ad oggi, sia perché mi danno molta pace per il tempo che verrà.
In questi primi mesi del 2018, mi sono sentita davvero custodita, le benedizioni sono state tante e preziose.
L’arrivo di Giulia, che si fermerà per un anno (o chissà… magari due?!) ad Ampasimanjeva, con cui ho condiviso un bellissimo pezzetto di strada insieme… tra risate, giochi coi bimbi, momenti di preghiera, e tanti balli! E’ stato un dono che mi ha aiutato a fermarmi ed ascoltarla, conoscerla, ma anche ascoltarmi e dare forma a ciò che vivevo ogni giorno per poterlo condividere.
Il rientro in Italia a gennaio, una toccata e fuga di due settimane, che mi ha dato l’occasione di riabbracciare la mia famiglia e tutte le persone a cui voglio bene.
Le notti a prendersi cura della piccola Bernadette, gemellina abbandonata, che ora ha trovato l’amore di una nuova famiglia. E’ vero, ci si stanca… ma è una fatica piena di tenerezza.
La Quaresima, con la Via Crucis tra i padiglioni dell’ospedale insieme ai malati, la decorazione della cappella, il ritiro tra volontari italiani, guidato da Don Giovanni. E’ stato un bel periodo, un bel tempo per provare a cambiare.
Torneo di calcio femminile
Le partite a calcio con i bimbi, con i malati di tubercolosi e con le ragazze del villaggio, insieme alle quali abbiamo iniziato un torneo ed in palio c’è un super “omby”, una mucca con la gobba… incrociamo le dita!
La felicità delle suore nel pitturare la Casa della Carità ed abbellirla con tende e piccoli ritocchi, nel comprare pentole nuove per poter così distribuire quelle in più a chi ne aveva bisogno, e nel concludere il tutto con balli e canti di ringraziamento.
I nuovi banchi subito in uso nella scuoletta dell’ospedale
L’acquisto dei banchi e del bagno per il centro dei nostri bimbi, che non sarebbe stato possibile senza il pensiero e la bontà di tante persone dall’Italia che ci hanno aiutato. Un giorno, guardando l’aula colorata e piena di tante cose, mi sono proprio detta: ”Quanti cuori Signore ci sono dentro tutto questo?”. E’ bellissimo.
Per ultima, c’è stata la Pasqua.
Ed il pranzo del Sabato Santo, insieme ai malati di tubercolosi. Lì ho sentito veramente il Signore risorto in mezzo a noi. Ci siamo seduti su panche e stuoie, coi nostri piatti di riso bianco e carne. Malati e famiglie, suore, due dottori e noi volontari. Poi abbiamo cantato, ballato e giocato a tombola, che avevamo costruito insieme disegnando e colorando le figure. Mi sono commossa, semplicemente lì in mezzo a loro, di cuore.
C’è un altro bellissimo dono che ancora mi aspetta. Domani andrò ad accogliere all’ aeroporto Agnese, una mia grande amica, con cui condividerò l’ultimo pezzettino di strada, prima di rientrare in Italia. Ed insieme a lei andrò incontro ai luoghi e alle persone che sono state casa per me in quest’anno e mezzo, ringraziandoli uno ad uno per aver custodito la mia vita ed averla fatta crescere.
Cristina Orlandini
Ampasimanjeva, 21 ottobre 2017
E’ ormai passato quasi un anno da quando mi hanno regalato queste parole su un bigliettino, poco prima della mia partenza.
Un anno, tanto o poco tempo, dipende un po’ dai punti di vista (chiedetelo a mia mamma!). Ma tempo in cui davvero mi sono divertita, meravigliata, sentita viva. In cui ho riso, pianto, a volte corso un po’ troppo (non solo sul campo da calcio!), camminato scalza, cantato, accolto mani tra le mie. Tempo in cui ho amato, con le mie fragilità, le mie fatiche, aprendo il mio cuore sempre troppo piccolo.
E mi sento tanto fortunata, non lo dico perchè voglio farvi credere che sia tutto rosa, lo sento davvero. Anche nei giorni in cui qualcosa non va, fuori o dentro di me, in cui sono più stanca o triste, c’è SEMPRE un momento, una situazione, un gesto in cui il mio cuore trova pace ed è grato di essere amato, nella semplicità di quello che è. Ogni giorno.
A volte è qualcosa di inaspettato, che stupisce.
Richard, un ragazzino ricoverato per due mesi all’ospedale a causa della
tubercolosi, che tornando per il controllo mensile mi porta un bellissimo braccialetto con sopra ricamato il mio nome, fatto da lui.
La Claire che smette di piangere e si calma guardando il vento che accarezza le foglie.
Bertrand che ti sorride a 32 gengive.
Piccole mani che si infilano tra le mie durante i bans.
Un uomo in taxi-brousse (una specie di pulmino per lunghe tratte) che mi mostra il suo villaggio sorridendo, felice di di poter rientrare a casa.
Un viaggio in moto, attraversando tanti villaggi, immersa tra il verde abbondante e vivo della natura, il rosso della terra, l’azzurro del cielo. Ogni cosa illuminata dalla calda e morbida luce del sole che ne risaltava i contorni.
Altre volte, invece, sono momenti che hanno richiesto tempo per essere preparati.
Ad inizio settembre abbiamo trasferito la piccola classe dell’ospedale in uno spazio più grande, un’ex struttura in legno utilizzata per progetti di RTM, ed è stata una grande gioia. E’ proprio bello che i bimbi finalmente abbiano ognuno il proprio posto a sedere, che nessuno sia rimandato a casa per mancanza di spazio, che aprendo le finestre tutto sia illuminato dai raggi del sole, che ci sia un ampio cortile dove poter correre e giocare liberamente. Mi sento fortunata ogni volta che entro in classe ed i bimbi salutano urlando: “Akory Cristinà!”, mi sento fortunata ancora prima di sapere cosa imparerò in quelle ore.
E mi sento fortunata per l’incontro con i ragazzi del Campo estivo ad Agosto, per aver camminato assieme a loro, scoprendo passo dopo passo nuove sfumature del Madagascar e dei loro cuori.
E per il dono dell’Anna, che in quest’anno è stata una compagna di viaggio speciale e indispensabile.
Anche il tempo con le suore è molto prezioso. Mi insegnano come ogni giorno sia buono per donarsi agli altri, che siano i malati, i bimbi abbandonati, noi italiani, qualcuno che chiede un po’ di riso, un po’ di legna. E lo fanno davvero in totale umiltà, senza lamentarsi. Sono fortunata ad averle accanto.
Ed è bello vedere come questa famiglia della Casa della Carità si allarga sempre di più: il 14 ottobre a Tanà quattro ragazze giovanissime hanno preso i primi voti. E’ stata una grande emozione vederle indossare l’abito e il velo, felicissime, circondate dalla gioia contagiosa delle altre suore, degli ospiti, dei propri parenti venuti da villaggi lontani. Mi auguro davvero che questa gioia contagiosa le accompagni ogni giorno.
E auguro anche a voi di avere tempo per sentirvi fortunati. Nella semplicità delle piccole cose.
Vi auguro di fermarvi di fronte ad un arcobaleno, durante una passeggiata di lunedì pomeriggio, e sentire qualcuno che sussurra “Dio crea veramente cose belle”.
Un abbraccio forte,
Cris
Salve a tutti!
Scusate se è passato un po’ di tempo, ma fermarsi a scrivere è sempre un’impresa 😅
Sono ormai trascorsi 6 mesi dall’arrivo in Madagascar (o come mi ha detto qualcuno “a metà percorso”) e questo pensiero provoca in me tanti sentimenti… gratitudine, gioia, tristezza e anche un po’ di incertezza. Un bel miscuglio!
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