Le domande sulla missione, sulla necessità, sulle motivazioni e sul senso della missione in altri paesi sono frequenti e non banali, anche in rapporto alla chiesa reggiana di oggi. Perché continuare ad andare all’estero quando abbiamo grande necessità di missionari qui da noi? I preti sono fortemente diminuiti di numero e con un grande carico di impegni, perché ancora mandarli in altre terre?
Che ci sia necessità di evangelizzatori da noi è vero, come è vero che i preti sono diminuiti di numero, ma se la Chiesa è cattolica, universale, non è male per noi conoscere anche la vita delle comunità lontane con la coscienza che siamo un unico corpo. Quando ascoltiamo che, in media, le comunità cattoliche nella regione amazzonica celebrano la messa una volta l’anno ci rendiamo conto che esistono situazioni di necessità ancora maggiori della nostra. Ma non è la necessità la cosa più importante; credo che per la nostra Chiesa reggiana sia positivo ( come lo è stato nel passato, fino ad ora) uno scambio con altre Chiese, perché di questo si tratta. E’ molto chiaro che la missione non è a senso unico, è un incontro, un dialogo, uno scambio tra Chiese diverse; per noi è positivo entrare in rapporto con altri mondi. Forse potremo capire che il nostro modo di impostare la vita parrocchiale o di unità pastorale non è l’unico, forse ci sono altri modelli. Probabilmente non siamo obbligati a sentirci in ansia se ci sono meno preti in attività e potremmo scoprire altri ministeri; chissà che altre esperienze non ispirino uno spirito più semplice e essenziale….. sono possibilità.
– Ci sono, in realtà, obiezioni serie alla missione (come in genere la intendiamo) a livello generale. In secoli passati circolava una idea: fuori dalla chiesa cattolica non ci si salva. Quindi è importante annunciare il vangelo e battezzare tutti, per la loro salvezza. In alcuni periodi della storia della Chiesa non si avuto il rispetto per le altri religioni e le altre culture, e la missione cristiana aveva lo stesso volto della colonizzazione aggressiva che si imponeva con la forza.
Oggi molti ( non tutti) hanno una altra coscienza e chi rispetta le altre religioni e riconosce che Dio è presente nella coscienza di ogni uomo e che la salvezza non è ristretta alla Chiesa cattolica si pone la domanda: perché evangelizzare se Dio è presente nelle altre religioni? Bisogna lasciare ad ognuno la propria strada di salvezza. Perché imporre qualcosa che è fuori dalla tradizione di altre culture?
E’ una arroganza inopportuna il pensare di avere una fede superiore e il desiderio che altri abbandonino la propria religione per accettare la nostra. La missione come evangelizzazione verso persone che hanno altre religioni sarebbe un non riconoscere la legittimità della loro via e credersi superiori.
Ritorniamo alla domanda per noi: che senso ha andare fuori dalla nostra diocesi, presso altre culture, per annunciare il “nostro” vangelo?
Da un lato dobbiamo dire che nelle nostre missioni per la maggior parte ci incontriamo con altri cattolici e il nostro servizio è un entrare nel dinamismo della Chiesa locale per dare e ricevere, in un rapporto di scambio come avviene in tutte le esperienze.
D’altra parte non possiamo nascondere una tensione, che attualmente non è risolvibile ma che tiene insieme due necessità: una è quella di annunciare il Vangelo di Gesù, l’altra è quella di riconoscere che Dio è presente in tutte le religioni e anche nella coscienza di chi non professa religione alcuna e che una possibilità di salvezza Dio la dà a tutti. Gesù è il salvatore, misteriosamente presente in tutte le religioni, ma in modo esplicito e pieno nel cristianesimo. Rimane allora vivo il grande mandato missionario di Gesù:” Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.” ( Matteo 28,18-19)
Pur nel rispetto di tutte le religioni, l’annuncio del Vangelo per formare nuovi discepoli di Gesù è necessità della Chiesa.