Don Pietro Ganapini ci introduce al mese di maggio con la “Pastorale del Rosario” che ha iniziato in Madagascar a metà degli anni ’80. Da allora un amico prete di Reggio gli invia corone colorate per la preghiera con la gente.
«Ho iniziato questo progetto perché credo molto nell’educazione delle persone alla preghiera del Rosario. Infatti la fede riposa su Gesù Cristo, che è la pietra su cui tutto si costruisce, quindi è necessario conoscerlo: la recita del Rosario è il modo più semplice e alla portata di tutti. Ci sono naturalmente tanti modi per conoscerlo: la Messa, la lettura della Bibbia… i preti, per esempio, hanno il breviario. Perché facciamo tutto questo? Perché alla Chiesa, al popolo cristiano e ai fedeli è chiesto di santificare la giornata. Il Rosario è uno strumento, è il breviario del popolo.
Papa, Giovanni Paolo II, nell’Enciclica sul Rosario del 2003, dice che esso è una preghiera cristologica, non solo mariologica ed è alla portata del popolo. È molto importante che non sia solo recitato: è una preghiera di contemplazione dei misteri in cui è riassunto tutto il Vangelo. Il Rosario va meditato, contemplato: bisogna fissarsi con la mente su Gesù, su un avvenimento annunciato dal Vangelo e guardarlo insieme alla Madonna. In questo modo semplice, il Rosario diventa il modo per tenerci in contatto con Gesù tutti i giorni e non solo quando si va a Messa».
«In gioventù, prima di partire per la missione, mi sono innamorato della “Legione di Maria” e grazie a loro ho capito che dovevo abituare le persone ad amare il Rosario e insegnargli a meditare/contemplare i misteri. Volevo che questa meditazione diventasse non solo un’abitudine settimanale ma un impegno quotidiano della gente per santificare la giornata. Quindi ho fondato l’associazione “Rosario” perché la gente si prenda l’impegno della relazione con lui, perché lo conosca ed impari ad amarlo.»
«Sono arrivato in Madagascar il 25 novembre del 1961. Dal mio arrivo sono stato parroco di diverse parrocchie tra cui quella di Ambanidia e Tsyadana per trentadue anni. È proprio in queste parrocchie che prende vita circa dalla metà degli anni ’80 il progetto “Rosario”. Come? Per circa vent’anni, ogni giorno ho visitato i singoli quartieri delle stesse: visitavo insieme ai “capi quartiere” tutte le case, una ad una ed incontravo la gente, per fare conoscere questa proposta. Il frutto di questi incontri è stata la formazione delle prime comunità base e l’inizio di un percorso insieme a loro. Ci si riuniva mensilmente ospitati ogni volta a casa di uno dei membri della comunità; s’iniziava l’incontro con la recita del Rosario a cui seguiva una breve spiegazione dei misteri e poi successivamente una riunione sui bisogni della comunità».
«La comunità di base è sempre stato un elemento fondamentale della pastorale poiché è parte attiva nell’evangelizzazione: gli iscritti alla comunità portano molto frutto in quanto si interessano e si impegnano a visitare e coinvolgere altre famiglie in questo progetto».
«Ora da alcuni anni non sono più parroco di Ambanidia e Tsyadana perché il Vescovo mi ha consigliato di ritirarmi vista la mia età. Ma la pastorale è ancora viva, anzi si è sviluppata grazie a Padre Navone, un Gesuita, che ha educato i laici a prendersi cura delle famiglie, a prepararle ai sacramenti. Così le famiglie delle comunità si auto-educano. Ora anche altre parrocchie hanno aderito all’associazione il “Rosario”. La struttura con cui iniziare questa pastorale è partire dalla comunità di base che si organizza e convoca riunioni in cui si prega e ci si prepara alla visita di altre famiglie».
«Questa pastorale è ancora oggi attuale, ci sono circa più di 200 iscritti, più molti simpatizzanti, e si sta espandendo: i rosari che arrivano dall’Italia vengono distribuiti agli associati e alle famiglie dopo una prima preparazione di base e l’accettazione da parte loro di aderire a questo impegno quotidiano della recita, da soli o in compagnia della loro famiglia».
A cura di Chiara Bezzi, laica missionaria in Madagascar col CMD