La nuova Cappella di Nostra Signora di Guadalupe in Amazzonia

 

di don Gabriele Burani

La comunità cattolica di NS di Guadalupe comprende due bairros periferici della città di Santo Antonio: S. Salvador e S. Gabriel. Gli abitanti sono cattolici, evangelici e della comunità della Croce (Cruzada), una associazione religiosa locale, comunità considerata di città ma non è di ambiente urbano: è vicino al fiume e già in mezzo alla vegetazione della foresta.

Sono comunità abitate da popolazione indigena Kokama; le famiglie cattoliche non sono molte, una ventina circa.
La vecchia cappella, molto semplice nella sua struttura, costruita nel 2011, aveva bisogno di ristrutturazione; così abbiamo pensato di ricostruire alcune parti, rifare il tetto perché era danneggiato, allargare il perimetro della cappella, costruire una nuova facciata che avesse il ‘volto’ di chiesa.
Strada facendo le cose si sono fatte più complesse: scavando abbiamo visto che i muri non avevano fondamenta, ma solo appoggiati sulla terra; quindi è stato necessario costruire una nuova cappella sul luogo di quella già esistente, più ampia e con uno spazio esterno per riunioni e una sacrestia (che prima mancavano).
La comunità è povera, le famiglie vivono di pesca, qualche coltivazione, lavori saltuari: pochissimi hanno un lavoro con una assunzione regolare e uno stipendio stabile.
Così hanno lavorato come muratori e operai le persone della comunità; solo pochi muratori più esperti provengono da altre zone della città.

Il lavoro di costruzione qui è particolarmente difficile perché non arrivano i grandi mezzi per consegnare cemento, sabbia… per giungere alla cappella abbiamo un sentiero che si fa a piedi, in moto, o anche con il mezzo da trasporto a tre ruote.
Ghiaia e sabbia si potevano andare a prendere lungo il fiume, scavando e trasportando tutto a mano! La cappella è addossata ad una collinetta e intorno è stato necessario scavare e trasportare molta terra, sia per allargare la struttura che per non essere sommersi dal fango in caso di piogge abbondanti; naturalmente non potevano arrivare gru, scavatori meccanici… tutto da fare  con i badili e zappe, a mano. 
Alla fine il costo è stato abbastanza elevato per il grande impiego di mano d’opera ma il risultato è buono, e abbiamo dato lavoro per tre mesi a molte famiglie.

Criterio generale per la costruzione della cappella: tradizione viva.
Criterio generale è stato quello di mantenere i segni di una tradizione antica – nelle forme dell’edificio, negli oggetti liturgici e nelle immagini- che non ha origine in terra amazzonica ma nell’area del Mediterraneo. Di fatto il cristianesimo è giunto in Brasile e si è diffuso con le forme religiose della tradizione europea e di fatto sta continuando prevalentemente in questo modo; come incarnare il vangelo nella regione amazzonica? Abbiamo alcune linee, frutto del Sinodo sulla Amazzonia, e un percorso aperto.  Di fatto prevale ancora l’influenza europea;
qualche esempio per intenderci:
– anche qui, nel cuore della Amazzonia, lontani da tutto, in molte case si trova un’immagine dell’Ultima Cena. Un dipinto brasiliano? No, un affresco milanese, di Leonardo da Vinci! Dipinto 5 secoli fa, a migliaia di chilometri di distanza, in un contesto culturale diversissimo, eppure le uniche immagini dell’Ultima cena che ho visto sono riproduzioni del Cenacolo di Leonardo. Non ho ancora visto nulla di locale.
– la Via Crucis è diffusa anche qui; nel tempo di Quaresima si prega in quasi tutte le comunità e in molte cappelle ci sono i quadri della Via Crucis: modello europeo, periodo 1800!
– vesti liturgiche, oggetti liturgici, anche dei ministranti…  tutto stile europeo o forse romano.

Il cristianesimo è arrivato con le forme europee, con i concetti europei, con le liturgie europee perché inevitabilmente il vangelo di Gesù deve essere trasmesso con un linguaggio, una forma, una cultura. Con il tempo può prendere forme nuove, in base alla cultura del luogo e sarà un percorso delle nostre Chiese nei prossimi anni.

Dunque la scelta nel costruire la cappella è stata quella di inserirci in una tradizione che richiama la realtà di Chiesa al nostro popolo; una tradizione che non nasce qui, ma che qui è riconosciuta e trasmette identità.
Si tratta però di “tradizione viva”; la tradizione in sè non è mai qualcosa di rigido e fisso; il  passato significativo  entra nel presente e nel presente assume forme nuove e così continua a dare vita ad una tradizione che sarà trasmessa nel futuro.
Nel nostro caso, forme e immagini del passato si arricchiscono di alcuni particolari che identificano il luogo in cui stiamo vivendo la nostra fede. E lo vedremo analizzando elementi specifici della Cappella.

-Un aspetto controverso riguarda il tema  della tradizione locale indigena, di una spiritualità che è nata prima dell’arrivo del cristianesimo in queste zone e che ha formato, e continua a formare, la cultura del nostro popolo.
Su questo dato nascono i contrasti tra le diverse chiese cristiane e anche all’interno del cattolicesimo; alcuni rifiutano  la tradizione indigena perché  idolatra, errata: se Gesù è l’unico salvatore, tutte le  forme religiose non cristiane sono da rigettare ( è una tendenza, in generale, delle chiese neopentecostali in Brasile). Non è questo il nostro approccio; Gesù il Cristo è l’unico salvatore, ma se tutto è stato creato per mezzo di lui, significa che una certa presenza di Cristo è in tutte le forme religiose. Certo non in modo perfetto, certo da purificare, ma non da annullare, distruggere; le tradizioni spirituali indigene amazzoniche non potrebbero forse arricchire anche le nostre tradizioni europee?
Crediamo che la vita attuale della comunità cristiana cattolica qui in Amazzonia si nutra anche della spiritualità indigena; ci sono molti valori che possono confluire nel cristianesimo, in armonia e non in contrapposizione; abbiamo quindi cercato, nella cappella cattolica, di dare segni di accoglienza anche della tradizione culturale locale.

La chiesa-edificio e chiesa-comunità dei cristiani.
La chiesa-edificio è espressione della comunità che celebra, e nello stesso tempo è luogo che dà forma alla comunità e che indirizza verso il futuro di Dio ( luogo escatologico). Abbiamo cercato di mantenere queste tre dimensioni: la cappella esprime chi siamo (la nostra realtà di oggi), come dovremmo essere in quanto comunità che cerca di vivere il vangelo, e quello che saremo nel compimento del Regno.
Nella 1 Pietro abbiamo questa bella immagine della chiesa come edificio spirituale, che si forma a partire dalla pietra viva che è il Cristo; 1Pietro2,4-5: “ Avvicinandovi a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale”.
Una comunità al lavoro
Soprattutto nelle prime settimane, tutta la comunità si è coinvolta nel lavoro: giovani, adulti, anziani, uomini e donne; poi le persone adatte per i lavori più  specifici  di muratore, carpentiere, artigiano.
Il nostro desiderio è che la comunità senta come propria la cappella e che se ne prenda cura; ma soprattutto che il luogo di culto serva per la crescita come comunità di discepoli di Gesù.

Che fare?
I muri della vecchia cappella poggiavano sulla terra, senza fondamenta; con il nostro progetto di ampliamento dell’edificio abbiamo previsto che senza solide fondamenta non poteva reggere. Quindi si è imposto il lavoro di costruzione di fondamenta più solide e sicure; in realtà quasi tutta la cappella era in situazione precaria; che fare?  Abbiamo pensato che era necessario non ristrutturare la vecchia cappella, ma costruirne appunto una nuova.
Non sono mancati dubbi e perplessità: è una comunità di poche famiglie cattoliche, perciò vale la pena una spesa grande per una cappella qui, ai margini della città?
Tra l’altro ci sono spesso contrasti tra loro, discordie, gelosie…. varie famiglie che in passato erano cattoliche, a motivo di contrasti (forse questioni economiche ma non saprei dire con certezza) si sono distaccate e sono in una chiesa neopentecostale. Non sappiamo come proseguirà questa comunità; comunque abbiamo deciso di andare avanti, per un edificio che possa rimanere negli anni.
Bisogna prendersi cura anche delle periferie, prendersi cura del piccolo, di chi è marginale e non solo del grande e forte.
Quindi una prima parte del lavoro è stata la demolizione delle vecchie strutture.
Distruggere e costruire, morte e risurrezione…. è la dinamica della storia.

Le fondamenta
Le fondamenta solide ci ricordano come la comunità deve essere fondata sulla Parola di Gesù; Matteo7,24: “ Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia.”
Per noi non è solo un’ immagine letteraria: la comunità è invitata tutti i venerdì pomeriggio alle 17:00 per la Lectio Divina e alla domenica per la celebrazione nel giorno del Signore ( la messa o celebrazione della Parola con il ministro); la solidità della comunità è data dall’ascolto obbediente della Parola di Dio, e l’ascolto comunitario  è particolarmente prezioso.
A partire dalla Parola di Gesù si costruisce la comunità.
Salmo 127(126): Se il Signore non costruisce la casa, invano vi affaticano i costruttori.

La campana
Abbiamo deciso di comprare diverse campane per le nostre cappelle; arrivano da lontano, dal centro del Brasile e anche questa chiesetta ha la sua campana.
Se ‘chiesa’ significa assemblea, e assemblea radunata per volontà di Dio e nello Spirito di Dio, la campana suona per convocarci; è un suono esterno a noi per richiamare il fatto che la nostra vita di fede è essenzialmente ascoltare le chiamate che vengono da Dio. Noi ci incontriamo con gli altri per molti motivi: nella comunità cristiana ci incontriamo perché Dio ci chiama.

I gradini: salire alla casa di Dio.
Nella Sacra Scrittura (come in altre religioni) la montagna ha una grande rilevanza come luogo di incontro tra Dio e gli uomini. Il cielo- alto, infinito- diventa quasi per istinto, il simbolo di Dio; il monte è luogo alto, verso il cielo, quindi luogo privilegiato di incontro con Dio. Dio si rivela a Mosè sul Monte Sinai; Gesù rivela la sua gloria ai tre apostoli sul monte Tabor; e la città    santa, Gerusalemme e sul monte-colle Sion. Per questo non si dice ‘andare a Gerusalemme’ ma sempre ‘salire a Gerusalemme’. Abbiamo anche i Salmi, che venivano pregati nella salita (ascensione) alla città santa. “È là che salgono le tribù, le tribù del Signore, secondo la legge del Signore, per lodare il nome del Signore.” (Salmo 122,4).  E il Salmo 24(23),3: “Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli, chi non giura con inganno.”
        I gradini ci impongono di salire, sono uno sforzo per andare in alto: simbolicamente si tratta di renderci consapevoli che per la nostra vita spirituale dobbiamo uscire da noi stessi per andare verso Dio; Dio viene a noi, Dio si fa presente, Dio è grazia, ma se io non vado, non cerco, non mi purifico e non mi elevo, Dio resta per me insignificante.
La fede cristiana è una relazione di amore, e non c’è amore se non nella libertà, nella reciprocità: Dio viene verso di me, io vado verso Dio e ci incontriamo.
La cappella come luogo di celebrazione del culto è celebrazione di un incontro di amore tra Dio e l’uomo; e per amare io devo uscire dal mio egoismo e salire verso la gratuità; devo muovermi dal mio orgoglio, dai miei pregiudizi, dalla mia pigrizia per salire verso Dio e gli altri fratelli.
I gradini dell’edificio sono uno dei simboli del dinamismo della vita spirituale: amare è uscire da sé, andare verso, cercare…. sapendo che in Gesù siamo amati, cercati, desiderati!

Il “cocar” copricapo degli indios.
Il motivo colorato sul tetto, vicino alla campana è il richiamo al ‘cocar’, il copricapo degli indigeni. Un ornamento delle popolazioni indigene con una ricchezza simbolica; i colori intensi e brillanti rappresentano la forza che contrasta le influenze degli spiriti del male che vogliono deviare l’uomo giusto dal retto cammino.  Il copricapo è aperto per indicare l’apertura alle realtà positive della vita ed è cucito come pezzo unico aderendo alla testa, segno della necessità di unificare i pensieri e la volontà per procedere nella vita con scopi buoni.
Questa prospettiva di unificare la vita, proteggersi contro le influenze malvage, camminare sempre sulla via del bene e della verità mi richiama il Salmo1:
“Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi,
non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti,
ma nella legge del Signore trova la sua gioia,
la sua legge medita giorno e notte.”

La porta
La porta del santuario è il punto di contatto tra il luogo sacro e il mondo profano; in realtà il cristianesimo abolisce la distinzione tra sacro e profano; tutto il mondo è sacro, ma nello stesso tempo anche le realtà più nobili possono essere profanate dal peccato.
La chiesa-edificio è simbolo non tanto di realtà geografiche ma esistenziali; il luogo sacro sono tutte le realtà vissute in comunione con Dio (realtà di vita) e luogo profano sono tutte le realtà vissute contro Dio ( realtà di distruzione, morte); in ogni luogo è sempre possibile una vita di comunione ma è anche sempre possibile una vita di male, di odio, di distruzione. Anche per chi è caduto in situazioni di peccato grave, per chi è schiavo dei vizi più distruttivi, per chi si è chiuso all’amore… è possibile passare la porta, è possibile entrare. La porta è un grande segno di speranza: la chiesa non è comunità chiusa, ha porte e finestre.
Ma la porta non è solo un asse di legno: è il simbolo di Cristo.  Nel vangelo di Giovanni Gesù si autodefinisce proprio come ‘porta’; GV10,7-9: “ Io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.”
Grazie a Gesù noi siamo salvati, è Gesù il mediatore che ci permette la comunione con il Padre; entrando in chiesa, passando la porta, sono invitato a porre la mia fiducia in Gesù.

Il pesce

Al di sopra della porta vedete il pesce. Un antico simbolo cristiano; in greco la parola ‘pesce’ (Ichthus) genera un acrostico (ogni lettera diventa iniziale di una parola) che suona così: ‘Gesù Cristo Figlio di Dio, Salvatore”.  Nella logica di unire tradizione antica alla tradizione viva, abbiamo rappresentato il pesce con la scritta in greco che ci riporta alle origini della chiesa; e il pesce, per la nostra gente che vive  presso le rive del Rio delle Amazzoni è sinonimo di vita, il pesce è una delle poche risorse che abbiamo. Il pesce, simbolo di Cristo dalla antichità, è simbolo di vita per noi oggi. Tempi e culture diverse in qualche modo si incontrano in una immagine che comunica vita.

ALTARE E AMBONE

Altare, ambone e sede del presidente sono dello stesso materiale, il legno, per indicare che nei poli principali della liturgia eucaristica è il Cristo presente; lo stesso Cristo Gesù del pane e vino eucaristici è presente nella Sacra Scrittura e nel ruolo di presidenza della celebrazione.
Per la sede del presidente abbiamo recuperato ciò che la comunità già utilizzava; per altare e ambone è nata un’idea: usare tronchi degli alberi della nostra rigogliosa foresta amazzonica. Un gruppo di uomini si è recato in una zona della foresta con alberi che offrono legname di qualità buona, resistenti e belli. Così hanno tagliato e trasportato questi due tronchi massicci, pronti ad essere lavorati per diventare altare e ambone.

Altare= mensa/tavolo
Usiamo ancora il termine ‘altare’ ma per noi cristiani l’oggetto altare e la sua funzione (come era nella storia di Israele e in tutte le religioni) sono stati aboliti. Non si fanno più sacrifici agli dei, e celebrare l’eucaristia vuol dire per noi essere partecipi dell’ultima cena di Gesù e quindi, del mistero pasquale.  
L’eucaristia nella sua origine è un pasto di famiglia e, anche se le nostre assemblee sono maggiori, il tavolo richiama la commensalità: una famiglia allargata che si riunisce per celebrare in obbedienza alle parole del Signore: ‘fate questo in mia memoria”.
Altare-mensa di legno, come l’ambone e la sede, con la base fatta di un pezzo di tronco d’albero della nostra foresta.  L’effetto è molto bello: il legno è massiccio, di buona qualità, pesante, nobile; ci richiama la forza maestosa degli alberi. Nella nostra zona abbiamo ancora grandi estensioni di foresta intatta; una zona scomoda per il trasporto e quindi non ancora toccata dalla grande deforestazione come in altre zone della Amazzonia. In genere si utilizza l legname per le necessità della famiglia: costruire la casa in primo luogo.
Comunque abbiamo tagliato un albero, abbiamo ucciso un albero, abbiamo sacrificato un albero per l’altare e un albero per l’ambone: siamo costantemente richiamati alla logica pasquale di morte e risurrezione. Celebriamo la Pasqua di Cristo nella Eucaristia e la mensa, il tavolo su cui celebriamo, ci riporta alla logica pasquale di morte e risurrezione: viene ucciso un albero per celebrare e dare vita alla comunità.

Ambone
La logica pasquale è naturalmente presente anche nell’ambone, accanto al quale abbiamo posto il cero pasquale (preparato artigianalmente da don Fortunato Monelli già per la vecchia cappella). Il contenuto principale della Scrittura è la Pasqua di Cristo, il mistero di morte e vita, la forza della risurrezione che anima chi ascolta con fede la Bibbia. L’ambone si erge nella sua essenziale bellezza, ben visibile e solido, punto di riferimento sicuro, luogo di annuncio della Parola di Dio. Scrive San Paolo a Timoteo: “Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” ( 2Tim3,16-17).
La comunità cristiana  viene costruita, purificata e costantemente rinnovata  nell’ascolto della Parola del Signore; per questo l’ambone deve essere evidente nell’edifico-chiesa. Il tronco dà un’idea di saldezza, la saldezza della Parola che rende saldo chi ascolta: “ Tu rimani saldo in quello che hai imparato” raccomanda Paolo a Timoteo ( 2Tim3,16). Il libro della Sacra Scrittura è appoggiato sul tronco di albero, che ha mantenuto la sua forma originaria: natura e storia si uniscono, la Parola di Dio della storia della salvezza proclamata con la Scrittura, ma anche la Parola di Dio presente nel creato, negli alberi e in tutto ciò che esiste.
È grazie al creato (il tronco di albero) che viene offerto l’annuncio di Gesù nel libro delle Scritture; amare Cristo, la Chiesa e i sacramenti significa anche amare e rispettare tutto il creato. Chi pensa di rapinare il creato senza limiti si pone in contrapposizione a Dio, in una logica di autodistruzione.

Ai piedi dell’ambone 4 canoe, simbolo dei 4 evangelisti, simbolo della nostra missione di evangelizzatori; qui il vangelo si muove lungo i fiumi. Dall’ambone, luogo di annuncio della Scrittura, alle nostre famiglie e comunità, trasportano con le canoe la Parola.

LA CROCE
Vicino all’altare la croce, che ha costruito- sempre con il legno locale- un artigiano di Santo Antonio. Il corpo di Gesù e disegnato dentro la croce, il corpo di Gesù è un vuoto, perché Gesù si è svuotato di se stesso sino alla morte di Croce.

Filippesi 2,5-8:
“ Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò sé stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso facendosi obbediente sino alla morte,
e a una morte di croce.”