In ricordo di Antonina Neri
Ciao Antoni,
“vai com Deus e Nossa Senhora passe na frente“! Se avessi potuto scegliere, certamente non saresti rimasta tanto tempo in rianimazione, dipendendo da altri in tutto e per tutto. Non era il tuo stile, avresti preferito andartene in silenzio, senza scomodare nessuno. Ma il Signore é misericordioso e, visto che non possiamo entrare nel regno dei cieli se non ci lasciamo lavare i piedi, allora ti ha un po‘ anestetizzata per poterti servire, nella presenza costante di tanti che ti hanno accompagnata. “Obrigado ir. Gabriel, você foi o nosso anjo da guarda“. Sei stata una donna decisa, tutta di un pezzo, o almeno cosí ti presentavi. Nonostante le fatiche di una vita bella e dura nello stesso tempo. Per questo ripetevi spesso: “A vida é dura… pra quem é mole“! Sei partita giovane, come laica missionaria, non amavi molto le congregazioni religiose, troppo strette per la tua libertá e per la loro “strana” obbedienza. Sei partita nonostante l‘incomprensione della tua famiglia, e le parole di tua madre hanno sempre pesato nei tuoi ricordi. Fino a quando hai scoperto che lei, cosí dura nei tuoi confronti, ti pagava le marchette perché un giorno tu potessi godere della pensione. “Il bene lo si fa senza dirlo“, anche questa era una delle tue massime. Sei partita con un ideale di missione e di comunitá, troppe volte frustrato nella tua esperienza di vita, fino a rinchiuderti in una caparbia solitudine perché non volevi piú soffrire tanto: ospitavi tutti con gioia e disponibilitá al servizio, ad una condizione, dicevi sorridendo, che avessero in tasca il biglietto aereo di ritorno. E cosí ti sei abituata a vivere sola, cercando di non far trapelare la fatica e la disillusione di chi aveva scommesso sulla vita fraterna. Ma non sei mai rimasta sola, con molti hai condiviso e tanti hai aiutato…tutti ti cercavano! Con Bezinha di Andaraí e Dora di Irecê avevate “fondato” una nuova congregazione, senza l‘obbligo di convivenza e lasciando a ognuna il proprio campo di azione; tu, naturalmente, ne eri la madre superiora!E cosí il tempo é passato. Dal sertão di Irecê a Salvador, cittá che hai visto crescere e che hai amato profondamente, urna vivente delle tue spoglie mortali. Dall‘orfanotrofio alle “figlie di mamma Lucia“, e alla Caritas diocesana a cui hai dedicato il tuo lavoro aiutando tante mamme, spose di pescatori, a crescere i propri figli con la dignitá del lavoro delle proprie mani. Ed eri pignola, fino alla perfezione nel tombolo che, alla notte, cucivi sulle molte tovaglie che facevano concorrenza ai pizzi e merletti di ponte vecchio a Firenze. Proprio a Firenze e a Milano alcuni dei tuoi bambini sono stati adottati e oggi ti ricordano riconoscenti.Il tuo spirito libero si era poi concretizzato nella tua casetta di Fazenda Grande do Retiro. Hai scelto un quartiere povero per mettere le tue radici, una parrocchia della missione fiorentina a cui ti sei donata. Tanti giovani hanno potuto studiare e formarsi all‘universitá perché la tua pensione ti bastava per vivere e il di piú era donato a chi voleva e si impegnava per uscire dalla miseria. Cosí non solo hai “dato il pesce“, ma hai “insegnato a pescare“. Anche qui tante volte delusa, ma tenace nel credere nelle possibilitá di ogni persona.
Alla fine il Signore ti ha riportato a casa. Dopo il tuo ultimo viaggio, e ti piaceva viaggiare e conoscere luoghi e persone, culture e umanitá diverse. Lo dicevi sempre: “i soldi spesi meglio sono quelli per viaggiare e conoscere“. E cosí hai fatto senza perdere occasione di accompagnare chi ti offriva il viaggio in cambio della tua compagnia.Avevi finalmente deciso a chi lasciare la tua casa, “tua” perché il tuo vescovo Gilberto te l‘aveva regalata sbattendoti in faccia il tuo orgoglio: “Non hai una casa perché non l‘hai mai chiesta“. Quella casa dove tante volte ci hai ospitato e ti sei presa cura di noi offrendoci la tua esperienza di missionaria vissuta e anche papaia al limone, spaghetti aglio, olio e peperoncino e l‘immancabile caipirinha, perché “se la vita di da un limone… fatti una caipirinha“!Ma ora sentivi le forze venir meno e la solitudine ti spaventava un po‘, cosí da buona amministratice, hai voluto lasciare tutto in ordine. “La dono alla casa di riposo ‘Abrigo são Gabriel‘, perché li prendono proprio gli ultimi, quelli che sono per la strada e non hanno nessuno. E se non vorranno prendermi quando saró vecchia… allora mi andró a sedere sul marciapiede, vero lasciapassare per l‘accoglienza“. E cosí hai fatto. In novembre mi hai accompagnato nella nuova missione diocesana a Santo Antonio do Içá, sul rio delle amazzoni, diocesi di Alto Solimões. Forse non é un caso il nome della nostra missione, quasi un passare il testimone dalla tua amata Bahia alla ‘Querida Amazonas‘. Poi al tuo ritorno hai deciso e ti sei trasferita nell‘ Abrigo São Gabriel, a Boa Viagem, nella cittá bassa dove tutto, un giorno, era iniziato.Il Signore ti ha riportato a casa, in comunitá, dove si poteva e si doveva condividere tutto… e tu sai bene quanto é bello e faticoso, perché “Comunitá é una bella parola“! Far comunitá con i piú poveri, nel segno della gratuitá di un amore libero che si dona, é il segno del regno di Dio giá presente in mezzo a noi. Anche li eri pronta ad aiutare e certamente non ti saresti tirata indietro nel mettere le tue competenze a servizio del bene comune. Ma era giunto il momento, ora toccava a te, come un giorno a Pietro, il Signore voleva lavarti i piedi e sapeva che sarebbe stata una impresa ardua. Alla fine hai accettato, forse chiedendoti il perché e, guardandoti, certamente non eri soddisfatta, ma hai accettato… fino all‘incontro col tuo Signore, in un ospedale pubblico, come tanta gente che hai amato.
Grazie!
don Gabriele Carlotti