Blog

Auguri!

Buona Pasqua a tutti i missionari

Auguri!Carissimi missionari,

la Settimana Santa è un invito a tornare al cuore della nostra fede, della nostra vita, del nostro ministero: seguire Gesù e lasciarci santificare da Lui per essere così resi segno trasparente di un affascinante mistero di grazia, l’amore che è Dio, l’amore che solo sa donare salvezza a noi e a tutti i nostri fratelli.

Dopo gli incontri avuti con voi lungo questi mesi, desidero vivere la liturgia che in questi giorni celebreremo in angoli diversi del pianeta come un momento di comunione con ciascuno di voi e di tutti noi insieme, come il “luogo” in cui poter condividere le gioie e le preoccupazioni che portate nel cuore. Nell’Eucaristia siamo tutti uniti, ovunque ci troviamo. Accogliere, custodire e accompagnare interiormente la vita delle comunità affidate ai missionari è fonte di un’intima riconoscenza capace di allargare lo sguardo e di suscitare un rinnovato senso di responsabilità. Condivido volentieri alcuni dei motivi concreti che mi spingono a rendere grazie al Signore Dio.

Nel nostro cammino stiamo vivendo una nuova primavera in Madagascar di cui sono profondamente grato. I segni in cui essa brilla sono la nomina di mons. Gaetano a vescovo della Chiesa di Farafangana, la beatificazione di Lucien Botovasoa e la presenza di tanti giovani che si stanno “regalando” un anno per imparare a camminare con il popolo malgascio e a servirlo nel nome di Gesù, l’accoglienza dei missionari che sta permettendo ai “nostri” ragazzi di vivere quest’esperienza “facendo casa” tra le famiglie malgasce.

La mia riconoscenza abbraccia poi tutti coloro che, lungo gli ultimi cinquant’anni, hanno vissuto la loro missione nella diocesi di Ruy Barbosa. La nostra Chiesa è davvero sorella di questa Chiesa: è stata fatta una “semina” generosa che ha portato e continuerà a portare un frutto abbondante, nella nostra vita come nella loro. Ora ci è chiesto di vivere un importante momento di discernimento che focalizzerà l’attenzione sia attorno all’apertura di una nuova presenza missionaria in Amazzonia, sia attorno al futuro della Casa di Carità di Rui Barbosa. Al fine di verificare la fattibilità della prima ipotesi, il prossimo giugno visiteremo le diocesi che ci hanno invitato. Sarò accompagnato da alcuni sacerdoti che hanno dato la propria disponibilità ad aprire questa nuova missione. Lo sguardo è sospinto verso quest’affascinante orizzonte dall’invito di papa Francesco che ha indetto un Sinodo speciale per l’Amazzonia, dalle indicazioni della Conferenza Episcopale Brasiliana e dal desiderio dei nostri missionari che per anni hanno donato la vita in Brasile. Invito tutti a invocare il dono dello Spirito Santo perché la riflessione della nostra Chiesa, su entrambi i fronti, possa esser illuminata e guidata dal Signore.

Vi chiedo di ricordare nella preghiera anche la nostra missione in Albania: oggi è animata dal lavoro di suor Rita e di suor Grazia e rafforzata dalla disponibilità della famiglia Marina delle Case della Carità e dall’invio di suor Maria Angelica. Tutta la Chiesa di Reggio Emilia-Guastalla è profondamente grata di questa preziosa presenza! La testimonianza di Virginia e Federica, due missionarie da poco rientrate, ha confermato, ancora una volta, la ricchezza che scaturisce dalla nostra attività in Albania. Rafforziamo la nostra preghiera perché maturi il dono di un sacerdote e altri laici che possano continuare a “parlare di Gesù” ai nostri fratelli albanesi.

Durante il tempo di Natale ho incontrato insieme al Vescovo Massimo i nostri missionari in India. Mi ha impressionato il contrasto così forte, quasi violento, tra una miseria terribile e un’ostentata ricchezza. Santa Madre Teresa di Calcutta interceda presso Dio perché, a tutti coloro che sono impegnati in terra indiana, sia donata la grazia di perseverare nel testimoniare la gioia di amare Gesù riconosciuto e servito nelle persone che sono ai margini della vita.

Infine ricordo che quest’anno la diocesi di Kibungo, dove si trovano le Case Amahoro, compie trent’anni e nel 2019 sarà visitata dal nostro Vescovo. Uniamoci in preghiera perché il cammino iniziato dalla nostra Chiesa continui: un’opera di pace radicata nel servizio ai più piccoli.

Sono tanti gli avvenimenti che ci portano a riconoscere che davvero il Signore risorto cammina in mezzo a noi! Guardiamo a Lui, fissiamo il nostro sguardo su di Lui, è Lui la nostra forza, il solo che può far sorgere e ri-sorgere continuamente in noi il desiderio di partire, di annunciare, di condividere la nostra vita. Questa verità della nostra fede è grande, è affascinante, è splendidamente umana!

Auguro a tutti e a ciascuno di lasciarsi immergere nella vita nuova di Cristo Risorto!

don Pietro Adani

lbania e testimonia alla veglia missionari martiri 2018

La testimonianza di Federica Menozzi, rientrata dall’Albania, alla Veglia Missionari Martiri 2018

Virginia Beltrami, rientrata dall'Albania, testimonia alla veglia missionari martiri 2018

La testimonianza di Virginia Beltrami, rientrata dall’Albania, alla Veglia Missionari Martiri 2018

la strada di Ambositra, dove abito ora

Non vedo l’ora di Ampasimanjeva

21 marzo 2018
Avrei voluto iniziare questo racconto citando uno dei numerosi modi di dire o detti malgasci, ma per ora l’unico che ho imparato, ieri a lezione, è “Olombelo tsy akoho”, che letteralmente significa “l’uomo non è una gallina (che non fa la pipì)” e si usa per chiedere una pausa – bagno quando si viaggia in taxi brousse (il mezzo pubblico più popolare da queste parti), quindi non mi sembra molto adatto per il mio primo resoconto di missione…che dite?

Sono atterrata ad Antananarivo nel cuore della notte, il 21 febbraio. Ho fatto gli ultimi gradini, un respiro profondo, ho alzato gli occhi e mi sono commossa. Era tardissimo e dopo 13 ore di aereo non ero sicura di ricordarmi neanche il mio nome, ma giuro che così tante stelle non le ho mai viste. Il cielo qui è a portata di mano, ogni volta che alzo lo sguardo, sia che ci siano nuvole cariche di pioggia, sia che ci sia la luna o un tramonto mozzafiato, resto a bocca aperta accorgendomi che potrei alzare un dito e accarezzare la volta celeste.
Un misto di emozioni che non so neanche descrivere: stanchezza, incredulità, felicità, gratitudine. Il sogno è diventato realtà.
Me ne rendo conto a sprazzi, però. Ho paura di svegliarmi un giorno di soprassalto nella mia camera a Bologna. Vivere qui, in questa casa immensa con arredi interamente di legno e pavimento di terracotta, mi sembra la cosa più naturale del mondo.

la strada di Ambositra, dove abito ora

La strada principale di Ambositra

 

Mi sento fuori posto quando cammino per strada, quello sì. Nessuno perde l’occasione di fermarsi, fissarmi, additarmi e sussurrare o in alcuni casi esclamare “vazaha” (bianco europeo). Nel caso a volte ci fosse il pericolo di dimenticarmi di che colore ho la pelle, mi basta mettere un piede fuori casa per averlo chiaro. È una sensazione che non mi piace, essere la straniera non è confortante, soprattutto ora che non so la lingua e non riesco ad integrarmi neanche volendo.

La lingua è un problema. Cioè, è un mio problema. Giulia non fa fatica, a lei basta ricopiare gli appunti per ricordarsi tutto. Io sono una capra invece: le lingue non sono mai state il mio forte, ma il malgascio è oggettivamente una lingua difficile e mi ci vuole un sacco di tempo per assimilare le nozioni.
A parte un paio di volte la carne di zebù, la nostra alimentazione non prevede né carne né pesce e ne sto risentendo. Mangiamo riso o pasta, verdura e frutta. Ho imparato a non fare storie e mangiare quello che c’è, anche cose che in Italia rifiuto a priori (riso in bianco, pomodori, parmigiano, verza cotta, cipolla etc), ma per fortuna ho anche la possibilità di mangiare un tanti succulenti frutti tropicali!
Abbiamo lezione 1 o 2 ore al giorno, quindi abbiamo un sacco di tempo libero e me lo godo tutto. Leggo libri, ascolto musica, mi riposo, cucino, vado a correre (so che nessuno ci crede, ma è la realtà: cucino e corro, non contemporaneamente certo, però è proprio vero che l’Africa cambia le persone!)

Ambositra

Abito con Giulia, don Simone e don Luca e insieme diciamo le Lodi ogni mattina alle 6.10 poi andiamo alla Casa della Carità per la Messa e concludiamo la giornata dicendo la Compieta insieme. La vita di comunità procede tranquilla e pacifica, a parte qualche divergenza riguardo l’abitazione che don Simone ha pensato per i 26 pulcini nati dalle 3 galline che ama allevare…
Questo però è un mese un po’ anomalo, di transizione. Sabato ci dirigeremo verso sud e, mentre Giulia, Diana, don Luca e don Simone proseguiranno fino a Manakara, io mi fermerò ad Ampasimanjeva, dove mi aspettano Giulia, Cristina, Giorgio, le suore della Casa della Carità e il mio progetto missionario.

 

Non vedo l’ora di vedere la mia nuova casa e conoscere i miei compagni di avventura!
Da domenica inizia il vero, inizia il bello, inizia il mio anno missionario.

Giorgia

insieme a studiare malgascio

Giulia sa di essere al posto giusto

Eccomi!
È passato esattamente un mese dal mio arrivo, ora siamo ad Ambositra, città a circa 260 km a Sud della capitale.
Ad Antananarivo, la sera dell’atterraggio, ci hanno accolte in aeroporto Enrica, Cecilia e Luciano.
I primi giorni in capitale sono stati strani, un po’ per lo stordimento dovuto al volo infinito che io e Giorgia abbiamo affrontato e un po’ per tutte le cose nuove che incontravamo e vedevamo per strada.
Dopo un paio di giorni siamo partite per Ambositra, anche quel viaggio è stata una bella e lunga avventura, però ne vale davvero la pena, si vedono dei paesaggi veramente spettacolari che variano a pochi km di distanza, sapere che ne vedrò altri mi emoziona, qui è tutto meraviglioso ai miei occhi!
Siamo partite al mattino da Tanà e la sera siamo arrivate alla casa volontari dove ci hanno accolto a braccia aperte Diana, don Luca e don Simone. Dopo pochi giorni abbiamo iniziato le lezioni di malgascio.
È una lingua impegnativa, completamente diversa dall’italiano e a parte pochissime parole, è molto diversa anche dal francese e dall’inglese che noi siamo abituati a studiare. Abbiamo due professori uno con cui facciamo la grammatica (Solohery) e uno con cui facciamo conversazione (Marcel).
Alla seconda lezione Marcel ci ha portate al mercato, io e la Giorgia ci siamo subito guardate e abbiamo detto: “Evviva! Iniziamo da subito a fare delle figuracce!!” invece ce la siamo cavata abbastanza bene, o almeno spero.
Mi è servito molto, soprattutto per spezzare un po’ l’imbarazzo iniziale e la paura di dire cose sbagliate, è stato un po’ come un trampolino di lancio. Da quel momento abbiamo iniziato ad andare al mercato al mattino a fare spesa o a fare due chiacchiere, un paio di volte sono andata da sola e in qualche modo me la sono cavata, poi
diciamocelo le domande sono poi sempre le stesse, però una piccolissima soddisfazione è arrivata.

La giornata inizia con le campane dei protestanti, che alle 6:00 ci fanno da sveglia, alle 6:10 diciamo le lodi tutti insieme e alle 6:30 ci aspettano per la messa nella Casa di Carità qui a fianco. In qualche modo cerco di comunicare un pò con gli ospiti che ti danno una grossa mano, non hanno problemi a farsi capire e ad aiutarti ad imparare, alcuni sanno anche qualche parola di italiano, mi limito ancora ai saluti e alle domande di rito (Salama – Inona ny vaovao? – Natury tsara ve ianao?) anche le suore sono di grande aiuto e soprattutto i don, ogni tanto cerco di imparare qualche parola nuova da loro, in fondo sono qui da un po’ più tempo e mi è stato detto che è giusto sfruttarli.

Qui i momenti conviviali e di divertimento non mancano ma ci ritagliamo anche del tempo per la preghiera e le nostre riflessioni, ho iniziato a scrivere e ho ripreso a disegnare cosa che non facevo da molto tempo; da un paio di giorni ho iniziato una lettura spirituale, consigliata da don Luca, per potermi ritagliare un momento di silenzio e di riflessione personale da fare durante il giorno; serve tantissimo, per sentirti al sicuro e per non dimenticare che anche nei momenti di solitudine, che non sono mancati, in realtà sola non lo sei mai!
Sono gli ultimi giorni per noi qui ad Ambositra, sabato partiamo per andare ognuno nelle proprie comunità, non nego che un po’ di ansia c’è, sarà un po’ come ricominciare tutto da capo, qui iniziavo già a sentirmi un po’ a casa, ma sono sicurissima che le persone che mi aspettano mi faranno sentire in poco tempo a casa anche a Manakara,
non vedo l’ora di essere con loro!
Per me è ancora facile parlare, la vera sfida e la vera avventura inizierà presto, a Manakara; sarò in mezzo alla gente dovrò ascoltarli e sono certa che i limiti della lingua si sentiranno molto di più, però prima o poi andrà fatto e (credo) di essere pronta a fare molte figuracce!
Non potrei essere più felice, “faly be aho“ in malgascio, il sogno è diventato realtà!
Un saluto e un bacio a tutti!
Giulia

P.S. La sera del nostro mandato ho detto che non sapevo il perché avessi fatto questa scelta, ora forse questo fatidico perché sta diventando un po’ più chiaro nella mia testa: i colori, i luoghi, i profumi, le risate, le persone ed i loro sorrisi sono il mio perché.
Dopo appena un mese so di essere nel posto giusto!!

Oops...
Slider with alias Giulia Farri not found.
liturgia pasquale

Buona Pasqua da Jandira

Jandira, Pasqua 2018

Carissime amiche, carissimi amici,
quando scrivo, e scrivo solo a mano, mi vengono tanti pensieri della mia infanzia. Il pennino da intingere nel calamaio, non molto, ma nemmeno troppo poco… come ci insegnava la maestra; le macchie sulla pagina bianca, la provvidenziale carta assorbente, la gomma, i buchi sulla riga a forza di cancellare …, le sgridate, le lacrime che bagnavano il quaderno…. e i giochi pieni di grida e di vita.
Ora scrivo con la biro. Potrei dire che sono moderno. Invece no, sono ancora un semi analfabeta che non sa scrivere in digitale! Beh, pazienza, questa volta non verserò lacrime sul computer; qualche buon amico mi “tradurrà” sul digitale. Mal che vada, ve la manderò così, con le macchie e i buchi e gli scarabocchi.
Se la tecnica dello scrivere cambia e migliora, le tecniche per gestire il potere rimangono sempre le stesse: si cambia qualcosa per mantenere il potere sempre più assoluto. Dai tempi di Caligola, ai sistemi mafiosi, dalla strage degli innocenti di Betlemme al cartello appeso sulla Croce di Gesù (INRI), il potere lo si detiene eliminando i possibili concorrenti o sospetti di esserlo.

la folla Ai funerali di Marielle Franco

Ai funerali di Marielle Franco
photo credit: midianinja Ato Inter-Religioso – Rio de Janeiro – 20/03/2018(license)

Essere alternativa al potere dominante o semplicemente non essere affidabili, chi ha una proposta diversa capace di cambiare le cose, significa mettere a rischio la propria vita. Marielle Franco è stata uccisa due giorni fa perché, come consigliere comunale di Rio de Janeiro, difendeva i poveri, i neri, i favelados, ma soprattutto perché aveva denunciato la polizia di essere la “milizia della morte.”
In Europa ci sono i profughi e i nuovi poveri che, alla ricerca di una nuova vita, diventano minaccia allo status quo. Qui in Brasile abbiamo la Senzala,… il Brasile emarginato, afro discendenti, superstiti di indios, immigranti boliviani e venezuelani, il 70% della popolazione che vive al di sotto dei 250 euro al mese.

Il Brasile che comanda, la Casa Grande, è una classe di esecutivi alle dipendenze di alcune centinaia di padroni. Tutti bianchi, dai nomi stranieri: non c’è nessun “da Silva” o nero o scuro di pelle. Hanno il passaporto brasiliano, ma la patria del cuore e del portafoglio sono gli Stati Uniti d’America. Hanno in mano le banche, il cambio, la borsa, i mass media, i grandi gruppi agroindustriali… il giudiziario e una maggioranza parlamentare eletta con i loro soldi.
Sono riusciti ad applicare l’impeachment alla Dilma, eletta democraticamente per la seconda volta, accusandola di colpe che non aveva e che nemmeno sono state provate.
In Ottobre ci saranno nuove elezioni. Lula, che ha già governato il Brasile per 8 anni con un appoggio popolare tra il 70 e l’80%, anche negli ultimi sondaggi è di gran lunga al primo posto nelle preferenze popolari: è stato condannato a 12 anni di prigione per una questione di un immobile, di cui è accusato di essere il proprietario in modo illecito.
Ora… non c’è nessuna prova, accuse di “delatori” (corrotti in cerca di diminuire la propria pena) a non finire, ripetute all’infinito dai giornali e televisioni con campagne massacranti via internet.
L’accusato si difende dicendo che la proprietà non è sua, non è nel suo nome e non c’è un documento che dica che è sua, però è condannato. Ancora non è in prigione (c’è un ricorso) ma non può candidarsi alle elezioni di presidente, proprio per questa condanna.
Si affoga così, con i guanti neri della giustizia, una grande speranza della povera gente che aveva cominciato a credere in un Brasile differente: Lula, il metalmeccanico, era riuscito a provare che è possibile cambiare “le cose”.
Confesso che io ho pianto di delusione, di rabbia, di impotenza… quando ho saputo la notizia della condanna di Lula: è la speranza che viene soffocata, il giusto messo a tacere, l’ipocrisia che strangola l’utopia…così, con notizie falsamente neutre, impersonali come quando si dà la notizia che un barcone di profughi sono affogati nel mare, tentando di raggiungere il sogno di una vita migliore.
Non voglio santificare nessuno, ma è una nuova Croce che si alza sul calvario. Forse no… è la stessa Croce di Cristo che assume e incorpora tutte le croci, migliaia, come le stelle del cielo… di giusti, di profeti, di utopisti, sognatori, profughi… di senza terra, di martiri che costruiscono un regno di pace, una nuova terra e cieli nuovi.
Nello stesso tempo, per ordine del Presidente Temer, illegittimo, l’esercito ha occupato Rio de Janeiro. Carri armati, mezzi blindati e tanti soldati armati fino ai denti si esibiscono sulle strade della città “maravilhosa”, per “proteggere” la popolazione dalla violenza. Guerra contro chi? Contro i poveri, favelados, ragazzi per lo più neri, adolescenti che si guadagnano la vita al soldo del trafficante, il quale paga politici e comandanti per controllare il commercio della droga non solo all’interno del Brasile, ma anche all’estero. “Saremo un esempio per tutto il Brasile” ha dichiarato il Generale Braga Neto nell’assumere il comando di Rio de Janeiro (viva il duce!?).
E’ una lezione che sapevamo, ma che si fa presto a dimenticare: dai partiti non avrai mai cambiamenti, e se tentano di cambiare qualcosa, i signori del mondo (dei soldi, delle armi, dei politici, dei militari ecc) possono accettare piccole riforme, che non disturbino le loro strutture politico-culturali ed economico-militari. Neanche delle istituzioni, come tali, possiamo fidarci più di tanto: università, chiese, sindacati, movimenti giovanili per sopravvivere sono costrette a rimanere legate ai meccanismi del sistema economico dominante.

liturgia pasquale

liturgia

Allora gettiamo la spugna? Tiriamo i remi in barca? C’è la scelta delle Tre Marie con il giovane Giovanni, ai piedi della Croce (le donne e i giovani) di fronte al Crocifisso che ha sete… non di acqua né di aceto, ma di vita per tutti, ha sete di un mondo fatto di servizio, di giustizia, di pace, è il mondo delle minoranze “abramiche”, come diceva Monsignor Elder Camara, perché Abramo ha creduto nella speranza contro tutte le speranze.

In questa Pasqua vi auguro di vivere questa sete del Crocifisso, assieme agli oppressi di questo sistema economico-militare, assieme ai profughi, ai senza terra, ai senza patria… assieme a tutti gli uomini di buona volontà , perché l’Acqua Viva c’è, la Resurrezione c’è, e il mondo che sogniamo c’è, nella nostra sempre più forte sete di Utopia.
E a tutti i martiri che hanno dato la vita per questa Utopia diciamo “anche se sono morti, vivono nei nostri cuori”. La Croce è il cammino della Resurrezione.

 

Un abbraccio grande a tutti e Buona Pasqua,
Vostro fratello, Gianchi

NB. Le notizie dei nostri progetti (sempre assetati!) ve le dirò a voce in maggio quando vi verrò a trovare!

riunione di gruppo all'ospedale di Ambokala

Non è facile trovare le parole

Non è mai facile per me trovare le parole o anche solo il modo di raccontare cosa significhi trascorrere un pezzetto di vita in questa esperienza.  Ma c’è un gioco che ultimamente propongo durante le cene o i momenti di svago insieme ai volontari italiani CMD e RTM di Manakara, consiste nel quantificare: dare un numero o una quantità a domande piuttosto improbabili… Es Quanti maglioni di lana si possono realizzare con la tosatura di una pecora??

Bene, visto che mi riesce piuttosto bene, ho pensato di dare un po’ i numeri:

riunione di gruppo all'ospedale di AmbokalaSono una decina le attività che si susseguono ad Ambokala, il villaggio terapeutico per riabilitazione mentale, e sono 20 più o meno i malati a cui propongo la ginnastica mattutina il lunedì (al netto di qualche audace pigrone che si riesce ad imboscare e a saltarla). Chi di noi maschietti non ha mai pensato almeno una volta alle superiori di intraprendere la carriera di Professore di ginnastica, beh ragazzi, io ci sono arrivato… ho anche il fischietto!!

Poco distante da Manakara lasciata la strada principale e dopo un paio di km di strada di terra battuta tra le colline troverete Analabe. È prima di tutto una rigogliosa azienda agricola dove trovano lavoro 40 uomini e donne con un passato difficile in cerca di riscatto. Proprio l’altra sera in una “conference call” con alcuni amici d’infanzia mi è stato chiesto quali fossero i mezzi agricoli a disposizione della fattoria… la risposta è stata 80 braccia forti e 2 Zebu (torelli) da tiro. Ma è sbalorditivo cosa possano fare. Capita spesso che sia io l’unico viso pallido in circolazione, ma non immaginatemi passeggiare con il panama e i pantaloni bianchi per le piantagioni di pepe rosa!! Sono fondamentalmente l’ultimo arrivato e come tale al servizio della Farm, mi inserisco dove vi è necessità. Le redini della Farm sono salde nelle sapienti mani di Luciano Lanzoni e dei Servi della Chiesa.
Ora, io non ho ancora capito se Luciano sia un visionario luminare o un folle furioso… fatto sta che diversi saranno i milioni d’Ariari che la Farm perderà in bilancio dopo che mi è stato assegnato il compito di badare alla contabilità.

I due taglialegna malgasci a Manakara

Qui Joseph e Bapasy fare coppia nel taglio della legna. Che c’è di strano in questo duo?? Nulla a parte che Bapasy è un taglialegna completamente ceco e il suo aiutante Joseph un ex malato di Ambokala con interessantissime ipotesi di come si sia formato l’universo. Dovreste vederli lavorare insieme!!

 

6 sono i lavoratori volenterosi che a fine giornata desiderano imparare l’italiano e a cui sto insegnando, prossime allo 0 le possibilità di riuscita.

Una (sporca) dozzina in aumento sono invece i bimbi che frequentano il nuovissimo centro ragazzi nato per dare un riferimento a quei bambini che non ne hanno nessuno come quelli per esempio che vivono al mercato. Il progetto comincia a funzionare e il secondo passo sarà dare una possibilità a questi bimbi, magari reindirizzandoli a scuola. I pomeriggi al centro ragazzi passano veloci, almeno 15 saranno le partite di memory fatte negli ultimi pomeriggi… solo 1 di queste mi ha visto vincitore. In compenso sto diventando un campione di domino!!

Avete una calcolatrice a portata di mano?? Allora prendete il vostro peso (71 Kg il mio) e dividetelo per la vostra altezza (1.75 m) una prima volta, poi una seconda es:   71 : 1,75 : 1,175 = 23,2

Secondo il criterio della Croce Rossa che opera nei carceri in Madagascar se il tuo coefficiente è inferiore di 18,5 sei denutrito, se è al di sotto di 16 sei fortemente denutrito. Io non lo sono affatto, e scommetto anche voi.

Il carcere di Manakara conta ad oggi 673 detenuti, 147 sono i denutriti di questi 16 gravi. Il venerdì mattina posso quindi aiutare le suore Nazzarene di Manakara a distribuire i pasti (finanziati dalla croce rossa) ai detenuti denutriti. Non è un servizio facile, ma devo ammettere che lo apprezzo sempre di più… aiutare in questa distribuzione è anche un pretesto per poter entrare e rendersi conto di alcune situazioni. Non ho intenzione di togliere il sorriso a nessuno per ciò non racconterò cosa ho visto dentro quelle mura e delle situazioni semplicemente indigeribili. A qualche d’ una mi piacerebbe porre rimedio, è stato lampante per esempio accorgersi della quasi totale assenza di acqua a disposizione dei  carcerati. Fortunatamente ho ricevuto i permessi e a breve potremo procedere con la costruzione di un pozzo a disposizione dei detenuti.

Poi c’è Stararano un centro per bambini con ritardi mentali, è una struttura anche in questo caso gestita dai Servi della Chiesa e per quanto sia un bel posto immerso nel verde con dormitorio scuola e tanto spazio per fare attività come l’ allevamento e la coltivazione è situato in un posto piuttosto isolato. I 19 bimbi amano quindi molto ricevere visite, e il venerdì pomeriggio sono felice di trascorrerlo con loro.

La nostra passione è fare i puzzle (anche se non é tutto cosí rapido come si puὸ pensare), e il preferito indiscusso è uno di Biancaneve di 44 pezzi.

E ora un pό di numeri sparsi:

  • 3 i membri volontari (razza Homo sapiens) di cui è composta la mia comunità me incluso, presto perὸ il numero salirà a
  • 46 Orario della mia sveglia.
  • 00 Orario della messa (tranquilli, ce la faccio quasi sempre).
  • 4 almeno sono i secchi d’acqua che ogni mattina vanno attinti al pozzo, purtroppo spesso l’acquedotto infatti chiude i rubinetti.
  • 4 le ruote forate e sostituite… fortunatamente 2  erano della bicicletta.
  • 2 i cicloni tropicali per ora passati, fortunatamente solo di striscio, per Manakara.
  • 1 è il serpente visto ad Analabe e che mi ha terrorizzato.
  • 4 i mesi dal mio ritorno in Madagascar dopo l’anno di servizio civile svolto per RTM.

Non so se sono riuscito a convincervi, ma posso garantirvi che questo è un bel momento di vita, e ringrazio il regista lassù per questo.

P.S.:se a qualcuno fosse venuto in mente che questo “dare i numeri” avesse qualche legame con qualche mia affinità alla matematica si sbaglia… la mia media in questa materia  ai tempi era di poco maggiore al numero dei mesi del mio ritorno.

Lorenzo.

la porta di entrata della Casa della Carità

Non credo nella casualità: tutto è stato un regalo

Eccomi qui, poco pronta a scrivere e parlare di me, ma se non altro motivata dalla bellezza dei giorni che ho trascorso alla Casa della Carità di Ruy Barbosa, una cittadina dell’entroterra dello stato della Bahia, in Brasile.

Attraverso amiche suore mi è arrivata inaspettata, ma tanto desiderata da tempo, l’offerta di andare a stare un po’ alla Casa della Carità per sopperire almeno in parte all’assenza di una loro consorella malgascia, che doveva tornare in Madagascar per tre mesi di riposo. Pur non essendo più così giovane, ho deciso di concedermi un periodo prolungato di “vacanza alternativa”e grazie all’aiuto del CMD di Reggio -e al sostegno di quello di Modena!- ho potuto rispondere sì all’invito e sono partita.

Il clima non si prospettava a mio favore, in quanto sono un’amante del freddo e della neve, ma si è rivelato lo stesso molto accogliente: caldo intervallato da benedetti giorni di pioggia rinfrescante e tutte le sere soffiava una brezza che permetteva di dormire.

Appena arrivata sono stata messa al corrente di alcune abitudini di vita un po’ differenti, ma soprattutto mi è stato consigliato di cercare di cogliere ogni sguardo, di riempirmi dei sorrisi…niente di più giusto: ho cercato di vivere in pieno ogni giorno e sono stati gli sguardi, eloquenti o misteriosi, e i sorrisi -oltre alla farofa e al pão doce..- che hanno reso questi giorni così indimenticabili.

Ero partita consapevole che sarebbe stato un periodo in cui davo la mia disponibilità a stare in casa, quindi non mi aspettavo gran riposo o escursioni. Sul fatto del riposo un po’ ci ho preso, ma suore, ospiti, fratelli e volontarie si sono prodigati per non farmi mancare nulla: grazie a don Riccardo e a don Gigio ho potuto vedere la Chapada diamantina, Salvador e l’oceano, i cieli infiniti della Bahia, ogni mattina non sono mai mancati il saluto di Valter e una risata di Elza e di Luana, ir. Lory cercava di capire e carpire tutti i miei punti deboli in golosità, e ir Manu, ir Alle e Gleide volevano che non mi mancassero momenti di riposo, di svago, e si sono prese cura anche del mio abbigliamento. Le stesse attenzioni le ho ricevute anche da tante persone che sono passate dalla casa o che partecipano alla vita di famiglia più o meno assiduamente. Mi hanno aiutata ad avvicinarmi soprattutto agli ospiti, facendomi conoscere tanti loro aspetti e dandomi qualche spunto per iniziare a comunicare anche senza poter usare le parole: un cammino quotidiano che in tre mesi era cominciato appena, ma mettersi all’ascolto dei gesti e degli sguardi è così importante anche nella vita di ogni giorno.

Devo dire che la mia conoscenza della lingua era molto limitata: la casa, nel bene e nel male, è molto italiana quindi non mi sono mai trovata in grande difficoltà a capire, ma sono tornata senza essere ancora in grado di esprimermi e sostenere una conversazione. Inoltre non sono mancate a volte le incomprensioni, qualche reazione da contenere -quanti pizzicotti sulle braccia che dà Gea, la nonnina che crede di avere cinque anni!-, momenti di stanchezza -non capirò mai perché nelle Case ci si sveglia così presto!-, ma tre mesi sono passati in un soffio e ho avuto pochissimo tempo anche solo per sentire nostalgia di casa.

Purtroppo il numero dei volontari è piuttosto esiguo e si fatica a distribuire un po’ le mansioni, anche per avere più tempo per altro: i più assidui erano tre/quattro bambini dai 6 agli 11 anni, un bell’esempio per tanti giovani pigri italiani! Per compensare questa carenza di aiuto, per la pulizia dei locali da anni è stato messo in piedi il progetto Arcoiris in cui, settimanalmente, alcune donne si alternano nel venire a lavorare e in cambio vengono loro dati dei buoni spesa: da una parte è un aiuto per la Casa, dall’altra il progetto viene a sostenere almeno un poco tante situazioni di famiglie monoparentali, con giovani mamme che da sole, o con l’aiuto di una nonna, e in una situazione di generale carenza di lavoro, devono spesso crescere diversi figli.

Posso assicurarvi che è stato tutto davvero un grande regalo. Ho sperimentato tanta pazienza nell’aspettarmi coi miei tempi e ho imparato a mettere un po’ da parte la paura di essere sempre troppo imbranata e lenta: con Francisco, il “piccolo” tredicenne di casa, quanto timore-terrore avevo le prime due settimane anche solo di toccarlo e prenderlo in braccio nella sua fragilità, e invece gli ultimi tre giorni passati praticamente sempre con lui perché il resto della banda si era beccato l’influenza e noi due eravamo stati messi “in quarantena”, avrei voluto non passassero più, a dispetto delle prese in giro spassosissime di don Luigi. Ognuno in casa viene accettato con le proprie caratteristiche.

E poi la fortuna di essere andata nello stesso periodo in cui erano là Luca e Bendetta, due fratelli di Scandiano,coi quali potevo avere qualche momento di confronto, e che proprio negli stessi giorni fosse arrivata per stare un po’in casa anche Gleide, una volontaria brasiliana che parla benissimo italiano e che spesso mi aiutava a guardare a quello che succedeva sotto punti di vista differenti.

Sono tornata a Modena con la “saudade” per tutti questi volti e suoni -le occhiate di MariaInes, le fossettine sulle guance di Gueu, gli occhioni di Roger, le strette di Lia, i monologhi di Agdo, gli “aaaaqui” di Thais, le risatine maliziose di Nailton quando combina guai- ma li sento anche nel cuore che mi sostengono nel quotidiano: sguardi profondi, sorridenti o anche seri, come quelli di Cedinha e di Maurina, ma che -mi hanno insegnato- possono parlare più delle parole che non sempre possono essere espresse a voce, perché la bellezza del creato a volte è un po’ nascosta, ma più la scopri, più ti sorprende e la ami. E per i momenti di scoraggiamento, conservo nel cuore un messaggio scritto da un amico: “Mi sa che il Signore si diverte a regalarti occasioni per fidarti di più di lui” e anche questo è stato un regalo…

Auguro a tutti di incontrare sui nostri cammini -poco importa dove- se già non sta succedendo, persone che ci ricordino che da soli non possiamo nulla, che vivendo solo di sé non ci si può arricchire e che per vivere bene abbiamo bisogno degli altri.

Muito obrigada.

Alessandra Gibertini – Modena

Oops...
Slider with alias le foto di Alessandra Gibertini not found.
Grande tavolata per cena ad Ambositra

Giulia, ad Ampasimanjeva da 4 mesi

Ciao a tutti!!
Sono passati ormai quattro mesi da quando sono arrivata in Madagascar e mi rendo conto che ancora è difficile metabolizzare e descrivere quello che sto vivendo.
Sono arrivata con la delegazione reggiana per celebrare i 50 anni di missione qui in Madagascar. Ho potuto conoscere tante realtà diverse di volontariato, i progetti del Centro Missionario e di RTM, le Case di Carità e le suore (è incredibile come in qualunque parte del mondo siano sempre super accoglienti, allegre e disponibili!),e gli altri volontari, ormai preziosi compagni di viaggio.

Una fila di prodotti del Madagascar in vendita

Il mercato malgascio e i suoi mille colori

In questo primo mese ho osservato tanto, con curiosità, cercando di cogliere tutte le sfumature di questo paese per me completamente nuovo. I volti delle persone, i mercati affollati, con i loro profumi (non sempre piacevoli) e i loro mille colori, la frutta mai vista prima, i vari paesaggi incontrati, i chilometri e chilometri di risaie che si attraversano andando verso sud, seguiti da chilometri e chilometri di distese di ravinale, di palme, di banani… Strade infinite dove poche sono le macchine, tanti i taxi brousse (tipo i nostri pullmini che qui sono il mezzo di trasporto pubblico più utilizzato) ma ancora di più sono le persone ai lati di queste strade che portano qualunque cosa (cibo, vestiti, oggetti vari) rigorosamente in equilibrio sulla testa. E poi tanti sono anche i progetti che abbiamo visitato da vicino. Vedere quante persone si spendono per dare una casa, del cibo, un’educazione scolastica, o anche “solo” una speranza ai più piccoli e ai più poveri ti permette di aprire gli occhi e vedere quanto bello c’è intorno a noi. E allo stesso tempo è contagioso, ti fa pensare a quante altre cose si potrebbero fare, sia qui che in Italia, e allora ti chiedi dove sia il tuo posto, con chi e soprattutto a fare cosa. Insomma, dopo questo primo mese avevo tante domande per la testa. Poi sono andata ad Ambositra a studiare un po’ la lingua.

una tavolata in amicizia

Cena con compagni di studi e professori!

E così i punti interrogativi sono aumentati. Il malgascio è una lingua difficile, non c’è una parola che sia vagamente intuibile, la struttura della frase è diversa dalla nostra, insomma….un casino! Per fortuna la casa dei volontari è di fianco alla Casa di Carità! In Casa di Carità gli ospiti non si aspettano che tu faccia chissà che discorsi, e non ti fanno domande troppo complicate. A loro basta che tu sia presente, che preghi con loro, che gli fai compagnia anche solo con un sorriso (anche se di solito ne approfittavo per ripassare quello che avevo studiato al mattino…una scena piuttosto ridicola insomma!)
E poi per Natale sono arrivata ad Ampasimanjeva (Ampa per gli amici). La prima cosa che impari è il saluto tipico di qui: “akory aby!” “tsara be, akory!” “tsara be!” (durante il giorno si ripete almeno venti volte, e così intanto sei certo di non fare mai scena muta!), il problema nasce quando poi la gente inizia a farti domande, parlando super veloce e utilizzando spesso anche il dialetto. Il fatto che non riuscissi a capirli però non ha minimamente ostacolato la loro calorosa accoglienza.

i bambini di Ampasimanjeva, Madagascar

Bambini ad Ampa

Mi avevano detto che mi sarei sentita sola, e in realtà mi sono ritrovata sempre circondata da persone: le suore (che mi stanno aiutando tanto, sanno l’italiano e sono il punto di riferimento per qualunque tipo di bisogno), i bambini della scuola dove aiuto la Madame, bambini che in realtà vedo poi ovunque perché sono sempre qua in giro (non è che abbiano proprio tanto da fare), i dipendenti dell’ospedale che ogni tanto passano dal nostro bureau, e i malati che vengono qui per curarsi. In modo particolare i malati di tubercolosi, che devono vivere qui per i primi due mesi della terapia, e da cui andiamo tutte le mattine per provargli la febbre e distribuire loro le medicine. Non hanno davvero nulla da fare qui, ed è bello, nel tempo libero, poter andare da loro, giocare a calcio (anche se a dire il vero di solito io guardo), giocare a UNO (mettere in premio dei biscotti attira sempre molti giocatori!) e fare due risate (per fortuna la risata è contagiosa e non c’è bisogno di capire cosa stanno dicendo!). Anche a loro poco importa che uno parli perfettamente malgascio, a loro interessa solo stare in compagnia, dimenticare per un po’ che sono malati e che sono obbligati a stare qui, e per questo non c’è bisogno di parole.
Come avrete potuto intuire l’ostacolo della lingua per me è stato molto forte. Il primo mese qui ad Ampasimanjeva non vi nascondo che non è stato proprio una passeggiata. Essere accolta così serenamente, con semplicità, con gratitudine e con tanta gioia per il mio arrivo e sentirsi incapaci di ricambiare è faticoso. È faticoso imparare ad ascoltare, anche senza capire; è faticoso cambiare completamente i ritmi della giornata; è faticoso imparare ad aspettare, ad avere pazienza, a vivere la giornata senza fare troppi programmi; è faticoso ammettere le proprie difficoltà e soprattutto è faticoso chiedere aiuto. Ecco, all’inizio Ampa è stata tutto questo. Poi piano piano ho imparato a sfruttare i momenti di preghiera per affidare al Signore le mie fatiche, ho imparato a stare in mezzo agli altri, ho imparato a ricambiare la loro accoglienza con piccoli gesti, tanti sorrisi e ogni tanto anche qualche figuraccia. Condividere i miei pensieri con la Cristina (l’altra volontaria che è qui da più di un anno) mi sta aiutando a prendere coraggio, a sentirmi più sicura. E piano piano (mora mora come direbbero qui) sto scoprendo la bellezza di Ampa, la bellezza dell’essenzialità e della semplicità con cui si affrontano tutti i giorni, senza tante distrazioni inutili, la bellezza di avere tempo per scoprirsi, tempo per pregare, tempo per fermarsi, e tempo per divertirsi. Sono contenta. Questi primi mesi sono stati più un cammino di crescita personale che forse avevo bisogno di fare prima di iniziare a sentirmi un po’ a casa anche qui, nel posto giusto al momento giusto.
Detto questo concludo con il saluto malgascio:
Misaotra betsaka! Veloma! Mandrampioana!
(Per quelli che ancora non sanno il malgascio: Grazie mille! Arrivederci! A presto!)
Tanti saluti da Ampa!
Giulia

Vanessa festeggia il suo rientro con alcuni amici

Cos’è l’amore? gli amici … – da Vanessa

Cos’è l’amore? È una donna di ottant’anni che alle undici di sera viene a prenderti in aeroporto e arrivati a casa sua con grande gioia ti dice: “Ti ho preparato un po’ di macedonia di papaia per rinfrescarti un po’ in questo caldo bahiano.”. Sono gli amici che dopo il lavoro e quasi due ore di strada vengono a prenderti per non aspettare il giorno dopo per vederti; sono sempre loro che nei giorni prima che arrivassi, la sera si sono riuniti per pulirti casa, pitturarla e sistemare tutto quello che non andava. È una mamma che dopo esserci abbracciate, mi mostra la foto mia e di suo figlio nella parte esterna di una custodia di un DVD usata come porta foto: “E’ per non farla strappare!”; sono i grandi abbracci, i grandi sorrisi, la gioia di sapere che sono ritornata!

Benvenuto! Boas Vindas

Benvenuta!

Febbraio è ancora un mese di vacanze, ma è stato importante tornare per fare il riepilogo della situazione, capire da dove ripartire e in realtà anche festeggiare il compleanno di alcuni amici.

Le attività in parrocchia non si fermano mai: il gruppo giovani è ripartito, quest’anno con un coordinatore in meno perché si è trasferito a Salvador per studiare (buona fortuna Fran), ma pieni di nuove forze e voglia di fare; inoltre quest’anno oltre ad accompagnare il gruppo della mia parrocchia mi è stato chiesto di farlo anche in una parrocchia vicina (per arrivare in macchina 45 minuti di strada di terra =D) .

La Pastorale con i bambini continua, ho già rivisto tutte le famiglie e i bambini che accompagno, a febbraio ci siamo riuniti per celebrare la vita, pesare i bambini e passare un pomeriggio insieme; ed è sempre una grande gioia farlo!!

Grande novità di questo mio ritorno: mi è stato chiesto di coordinare il gruppo delle gestanti del paese. E’ un’attività organizzata dai servizi sociali del comune, una volta a settimana ci riuniremo per stare insieme, chiacchierare, svolgere delle attività insieme anche a specialisti (infermiere, medico, psicologo) per accompagrare le donne in questo momento così importante che è la gravidanza. Inoltre una volta a settimana andrò a visitarle in casa per un accompagnamento più da vicino e più specifico in base alle esigenze di ognuna di loro.

E oltre a tutto questo c’è sempre il tempo di continuare a visitare tutte quelle famiglie con cui ho stretto un legame in questi due anni passati, stare insieme agli amici, dare una mano in parrocchia, andare a far visita alle famiglie che vivono nella campagne.

Come ho detto in una testimonianza nel mio paese prima di ripartire pe la Bahia: le cose da fare sono tante, le giornate passano e non ce ne si rende neanche conto, ma la cosa più importante di tutte è STARE!!

Venerdì sera dopo una settimana piena, ho invitato qualche amico a casa per mangiare qualcosa insieme; suor Marisa mi ha chiesto cosa stavamo commemorando. L’amicizia, la gioia di poter stare insieme dopo una settimana in cui tutti, chi in un modo chi in un altro, ci siamo impegnati per rendere la città in cui viviamo, un posto più bello!!

Vanessa festeggia il suo rientro con alcuni amici

Giornata missionaria diocesana a Fontanaluccia

Una giornata missionaria “fuori”

S’incontrano sorprese leggendo il diario di una giornata missionaria, come quella vissuta domenica 4 marzo da tante persone che si sono messe in viaggio, lasciando la propria Comunità per incontrarne altre e condividere esperienze pastorali. Le prime immagini arrivate già raccontano come la missione sia sinonimo di “festa”!
Festa dell’incontro, festa dell’annuncio, festa di vita nuova che nasce nel segno dell’amicizia.

 

 

 

Giornata missionaria diocesana a Fontanaluccia

Chiesa di Fontanaluccia con la delegazione dell’UP Giovanni Paolo II

C’è chi partendo presto dalla città ha sfidato ghiaccio e neve per raggiungere la montagna, come alcuni giovani dell’UP Giovanni Paolo II che con il parroco, don Pietro Adani, sono andati a Fontanaluccia scambiando esperienze di vita con due famiglie residenti nella zona, insieme a don Giuseppe Gobetti, i fratelli e le suore delle Case della Carità. Viceversa, a scendere dalla montagna per poi trovare altra neve a Reggio (scherzi che riserva l’inverno quest’anno) sono state due famiglie e un ospite della Macchiaccia che hanno accompagnato il loro parroco, don Luigi Gibellini (UP 60) per raccontare come sia diversa la vita missionaria “ad alta quota”. Ne ha fatto esperienza anche la delegazione che da Vezzano sul Crostolo è giunta a Villa Minozzo, sperimentando come le situazioni cambino a soli 30 km di distanza. “E’ stata un’esperienza positiva – ha detto don Pietro Pattacini – abbiamo imparato a conoscerci e per il futuro si potrebbe organizzare qualcosa insieme”.

Una carovana missionaria ha fatto tappa nella Bassa, a Castelnovo Sotto, grazie allo scambio con l’UP Padre Misericordioso: ad essere accolta calorosamente è stata una delegazione che rappresentava i differenti ruoli ministeriali presenti in una Comunità (il parroco, don Davide Poletti, una consacrata, un diacono, una coppia di sposi e altri laici). Un clima di festa si è visto anche nella gremita parrocchia del Sacro Cuore, dove i fedeli hanno ascoltato la testimonianza di don Gabriele Carlotti e di un giovane castelnovese ritornato dalla missione in Albania, Alessandro Raso, per poi ritrovarsi a condividere un “aperitivo missionario” insieme al gruppo dell’UP Santa Maria degli Angeli che ha accompagnato don Paolo Cugini in visita alle Comunità di Rivalta e Preziosissimo Sangue.

C’è chi ha conosciuto esperienze liturgiche diverse, come il gruppo capitanato da don Antonio Romano (UP 7) approdato a Regina Pacis, dove ogni domenica l’altare si tinge di bianco per la presenza di tante bambine e bambini che svolgono servizio da chierichetti, portando il segno della pace a tutta l’assemblea durante la Messa.

Giornata Missionaria Diocesana 2018

Le delegazioni di Rio Saliceto e UP Maria regina della famiglia

 

È stata gran festa anche a Rio Saliceto dove, al termine delle celebrazioni vissute nel segno della missione, le persone venute dall’UP Maria Regina della famiglia si sono ritrovate insieme alla delegazione gemellata per condividere il pranzo.
“È stato davvero un bel momento di Comunione ecclesiale – ha detto don Carlo Castellini – . Dopo pranzo abbiamo parlato per un’ora, per conoscerci meglio e abbiamo scoperto di quanti talenti, di quante belle iniziative e soprattutto di quante persone lo Spirito Santo ha dotato la Chiesa. Una buona idea, da ripetere. Ringrazio per la bella opportunità offerta!”.

Giornata Missionaria Diocesana 2018

Ingresso alla messa celebrata a Cadelbosco Sopra con la delegazione di Bagnolo

Non è mancata all’appello la zona sassolese, l’UP Madonna del Carmelo, che ha risposto all’invito visitando Albinea e Montecavolo, la zona di Bagnolo con quella di Cadelbosco, Pieve Modolena con Arceto, Guastalla con Poviglio e altre Unità Pastorali che hanno accettato di uscire come Comunità (inviateci pure altre foto e testimonianze per raccontare la vostra giornata missionaria!).

Poi si ritorna a casa, dopo aver fatto il “pieno” di gioia per aver conosciuto fratelli e sorelle che in luoghi e modalità diverse vivono la missione sul territorio, incontrando sorprese e forse qualche difficoltà, come accade anche ai missionari che partono per terre lontane, raccontando ad amici e parenti le bellezze scoperte e poter dire: “io c’ero!”. E la storia continua, riparte la missione…

Giornata Missionaria Diocesana 2018

Scambio conviviale a Ospizio con la delegazione di Fontanaluccia

Giornata Missionaria Diocesana 2018

I giovani dell’UP Giovanni Paolo II che hanno preparato il pranzo

il 4 marzo 2018 giornata missionaria diocesana

Aperitivo missionario al Sacro Cuore

Padre Gianni Criveller

Padre Gianni Criveller, missionario del PIME e tra i maggiori esperti sul cristianesimo in Cina, nel tradurre in cinese alcuni testi di don Lorenzo Milani si è imbattuto in una sua lettera “che parla dei missionari cinesi che verranno in Italia per ‘rievangelizzare’ l’Italia che avrà perso la fede… Negli anni ’50 sembrava una fantasia – ha detto p. Criveller al Convegno – , ma oggi questa intuizione profetica si sta realizzando, se guardiamo alla presenza di alcuni missionari cinesi in terra italiana”.

Attraverso una ricca esposizione di fotografie, tra reperti storici (il più antico risale al 635 d. C., la stele di Xian) e opere artistiche, p. Gianni ha ripercorso l’opera dei missionari e il cammino cristiano in terra cinese, segnato a più riprese dal martirio per le varie repressioni avute in Cina nel corso della storia, ma anche impreziosito dalla commistione con altre religioni, come testimonia ad esempio l’icona mariana che richiama la Dea della Misericordia, divinità buddista che nasce dall’incontro con il cristianesimo. Sono tanti i missionari giunti in Cina da più parti, a cominciare dalla Persia (l’odierna Baghdad), appartenenti a diverse famiglie come quella francescana (arrivata in Cina prima di Marco Polo), quella gesuita, cui apparteneva Matteo Ricci, che ha percorso la via del dialogo e dell’amicizia per comunicare il Vangelo. Tante le persone che hanno lasciato il segno, come il Cardinal Celso Costantini che nel Novecento diede una svolta storica al processo d’inculturazione e volle i primi vescovi cinesi, superando lo stigma di colonialismo di Chiesa straniera in Cina e avviando scuole che esprimessero il cristianesimo in stile cinese.