Non credo nella casualità: tutto è stato un regalo
Eccomi qui, poco pronta a scrivere e parlare di me, ma se non altro motivata dalla bellezza dei giorni che ho trascorso alla Casa della Carità di Ruy Barbosa, una cittadina dell’entroterra dello stato della Bahia, in Brasile.
Attraverso amiche suore mi è arrivata inaspettata, ma tanto desiderata da tempo, l’offerta di andare a stare un po’ alla Casa della Carità per sopperire almeno in parte all’assenza di una loro consorella malgascia, che doveva tornare in Madagascar per tre mesi di riposo. Pur non essendo più così giovane, ho deciso di concedermi un periodo prolungato di “vacanza alternativa”e grazie all’aiuto del CMD di Reggio -e al sostegno di quello di Modena!- ho potuto rispondere sì all’invito e sono partita.
Il clima non si prospettava a mio favore, in quanto sono un’amante del freddo e della neve, ma si è rivelato lo stesso molto accogliente: caldo intervallato da benedetti giorni di pioggia rinfrescante e tutte le sere soffiava una brezza che permetteva di dormire.
Appena arrivata sono stata messa al corrente di alcune abitudini di vita un po’ differenti, ma soprattutto mi è stato consigliato di cercare di cogliere ogni sguardo, di riempirmi dei sorrisi…niente di più giusto: ho cercato di vivere in pieno ogni giorno e sono stati gli sguardi, eloquenti o misteriosi, e i sorrisi -oltre alla farofa e al pão doce..- che hanno reso questi giorni così indimenticabili.
Ero partita consapevole che sarebbe stato un periodo in cui davo la mia disponibilità a stare in casa, quindi non mi aspettavo gran riposo o escursioni. Sul fatto del riposo un po’ ci ho preso, ma suore, ospiti, fratelli e volontarie si sono prodigati per non farmi mancare nulla: grazie a don Riccardo e a don Gigio ho potuto vedere la Chapada diamantina, Salvador e l’oceano, i cieli infiniti della Bahia, ogni mattina non sono mai mancati il saluto di Valter e una risata di Elza e di Luana, ir. Lory cercava di capire e carpire tutti i miei punti deboli in golosità, e ir Manu, ir Alle e Gleide volevano che non mi mancassero momenti di riposo, di svago, e si sono prese cura anche del mio abbigliamento. Le stesse attenzioni le ho ricevute anche da tante persone che sono passate dalla casa o che partecipano alla vita di famiglia più o meno assiduamente. Mi hanno aiutata ad avvicinarmi soprattutto agli ospiti, facendomi conoscere tanti loro aspetti e dandomi qualche spunto per iniziare a comunicare anche senza poter usare le parole: un cammino quotidiano che in tre mesi era cominciato appena, ma mettersi all’ascolto dei gesti e degli sguardi è così importante anche nella vita di ogni giorno.
Devo dire che la mia conoscenza della lingua era molto limitata: la casa, nel bene e nel male, è molto italiana quindi non mi sono mai trovata in grande difficoltà a capire, ma sono tornata senza essere ancora in grado di esprimermi e sostenere una conversazione. Inoltre non sono mancate a volte le incomprensioni, qualche reazione da contenere -quanti pizzicotti sulle braccia che dà Gea, la nonnina che crede di avere cinque anni!-, momenti di stanchezza -non capirò mai perché nelle Case ci si sveglia così presto!-, ma tre mesi sono passati in un soffio e ho avuto pochissimo tempo anche solo per sentire nostalgia di casa.
Purtroppo il numero dei volontari è piuttosto esiguo e si fatica a distribuire un po’ le mansioni, anche per avere più tempo per altro: i più assidui erano tre/quattro bambini dai 6 agli 11 anni, un bell’esempio per tanti giovani pigri italiani! Per compensare questa carenza di aiuto, per la pulizia dei locali da anni è stato messo in piedi il progetto Arcoiris in cui, settimanalmente, alcune donne si alternano nel venire a lavorare e in cambio vengono loro dati dei buoni spesa: da una parte è un aiuto per la Casa, dall’altra il progetto viene a sostenere almeno un poco tante situazioni di famiglie monoparentali, con giovani mamme che da sole, o con l’aiuto di una nonna, e in una situazione di generale carenza di lavoro, devono spesso crescere diversi figli.
Posso assicurarvi che è stato tutto davvero un grande regalo. Ho sperimentato tanta pazienza nell’aspettarmi coi miei tempi e ho imparato a mettere un po’ da parte la paura di essere sempre troppo imbranata e lenta: con Francisco, il “piccolo” tredicenne di casa, quanto timore-terrore avevo le prime due settimane anche solo di toccarlo e prenderlo in braccio nella sua fragilità, e invece gli ultimi tre giorni passati praticamente sempre con lui perché il resto della banda si era beccato l’influenza e noi due eravamo stati messi “in quarantena”, avrei voluto non passassero più, a dispetto delle prese in giro spassosissime di don Luigi. Ognuno in casa viene accettato con le proprie caratteristiche.
E poi la fortuna di essere andata nello stesso periodo in cui erano là Luca e Bendetta, due fratelli di Scandiano,coi quali potevo avere qualche momento di confronto, e che proprio negli stessi giorni fosse arrivata per stare un po’in casa anche Gleide, una volontaria brasiliana che parla benissimo italiano e che spesso mi aiutava a guardare a quello che succedeva sotto punti di vista differenti.
Sono tornata a Modena con la “saudade” per tutti questi volti e suoni -le occhiate di MariaInes, le fossettine sulle guance di Gueu, gli occhioni di Roger, le strette di Lia, i monologhi di Agdo, gli “aaaaqui” di Thais, le risatine maliziose di Nailton quando combina guai- ma li sento anche nel cuore che mi sostengono nel quotidiano: sguardi profondi, sorridenti o anche seri, come quelli di Cedinha e di Maurina, ma che -mi hanno insegnato- possono parlare più delle parole che non sempre possono essere espresse a voce, perché la bellezza del creato a volte è un po’ nascosta, ma più la scopri, più ti sorprende e la ami. E per i momenti di scoraggiamento, conservo nel cuore un messaggio scritto da un amico: “Mi sa che il Signore si diverte a regalarti occasioni per fidarti di più di lui” e anche questo è stato un regalo…
Auguro a tutti di incontrare sui nostri cammini -poco importa dove- se già non sta succedendo, persone che ci ricordino che da soli non possiamo nulla, che vivendo solo di sé non ci si può arricchire e che per vivere bene abbiamo bisogno degli altri.
Muito obrigada.
Alessandra Gibertini – Modena









