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In partenza per il campo estivo in Madagascar!

Eccoci qua,
anche se fisicamente non ci siamo mossi molto, se non di qualche chilometro attorno alla nostra città, il cammino in questi mesi è stato lungo e intenso.
Che bello è stato provare a conoscerci e riconoscerci un po’ in quella scintilla che lentamente, ma costantemente, ci brucia dentro!
Sento che ognuno di noi ha tanta voglia e desiderio di comunione, tanta sete di conoscenza diretta che può diventare testimonianza, che apre gli occhi e inevitabilmente ‘slarga il cuore’, come mi disse una volta Padre Danilo.
Emozioni forti e pensieri in circolo oggi in questo aeroporto che ci seguiranno dopo i 7947 chilometri che abbiamo davanti.
C’è soprattutto una frase di una canzone che mi si è attaccata addosso e ora non mi molla più: “Io sarò con te dovunque andrai.”

Ci siamo interrogati in questi mesi sul nostro ruolo durante il campo, abbiamo chiesto quale potesse essere la nostra ‘missione’ e la risposta che alla fine ci siamo dati è il non voler essere supereroi o solamente fare, ma essere umili e provare solamente a STARE. Quest’ultima parola ci ha fatto tanto ridere inizialmente, ma stare dove, come, perché? Poi anche un po’ arrabbiare e impaurire, ma saremo pronti solo a STARE? Siamo davvero preparati a saper accogliere con umiltà, senza giudizio e a cuore aperto tutto ciò che incontreremo?
In qualche importante incontro ho ricevuto parole di luce su questo: guarda negli occhi, soffermati sui particolari, tocca con mano, dài e ricevi quello che riesci, cercalo, non avere timore, contempla e apprezza quei colori così belli e intensi, mettiti in ascolto, parla con chi è stato chiamato a fare scelte forti, raccogli storie, stai, stai e ancora stai lì, nel presente di quello che vivi.
E allora ho capito quanto siano importanti gli incontri, quelli veri ed autentici.

E quindi oggi siamo qui, ci proviamo e ringraziamo per il dono grande di questo viaggio, per questo sorriso di gioia profonda che ci dipinge il viso, che ci fa commuovere e sentire uniti, carichi di aspettative, ma ormai ci siamo… forse siamo pronti ad andare.

I partenti per il campo missionario in Madagascar (09/08-02/09)

Il gruppo di Reggio Emilia in posa

Dal Rwanda – mettersi in gioco

Kabarondo 2018 – Case Amahoro Rwanda

Le prime condivisioni del gruppo che si trova in Rwanda

Due anni dopo…. è il secondo martedì davanti al Signore a Kabarondo; come diceva sempre don Gigi… per metterci in ginocchio…
Siamo in questa casa, scelta come primo passo, primo ingresso, primo rientro… per noi che siamo ancora in tre, Giorgia, Veronica, Maurizia.
Siamo già passate nelle altre Case per salutare e vi ritorneremo per fermarci alcuni giorni in ognuna, anche con gli altri che arriveranno il 3 agosto, Valentino, Giacomo, Sofia e Sonia.
Signore aprimi il cuore, ho chiesto come prima cosa atterrando all’aereoporto di Kigali!
Come sono entrata nella prima Casa, a Mukarange, ai primi abbracci, … mi si è aperto tutto, era come se non fossi mai ritornata in Italia!
L’incontro con le persone di Casa è stato come una bomba in esplosione dentro di me, … quanto è rimasta forte la vicinanza nello spirito, il senso delle nostre condivisioni, condivisioni della vita, nella preghiera, nel quotidiano, nelle relazioni con l’esterno: parrocchie, diocesi, italiani.
In questi anni hanno elaborato modalità di comunione nella preghiera, stanno rinforzandosi nella vita comunitaria e sono molto contenta di sentirmi raccontare tante cose in uno scambio fraterno, di sorellanza.     Una ventata dello Spirito che ha fatto riprendere vitalità, presenza, significato.
Pendo e gli altri giovani che vivono e vivevano(come Emanueli) nelle Case sono cresciuti e stanno facendo scelte responsabili per il loro futuro; ragazze volontarie si sono sposate e alcuni sono diventati genitori… è davvero molto bello accogliere ed essere accolti e poterci scambiare il nostro bene e le varie novità che la vita ci ha fatto incontrare.
Anche nell’incontro con le altre persone esplode la gioia della relazione condivisa, riprendono vita situazioni e legami e la relazione si allarga, prende corpo come comunione e tutto ritorna a te, Signore:

“... Viviamo in Te, o Soffio di carità,
sorgente viva nei nostri cuori, acqua che mormora incessante:
-Vieni verso il Padre che ti attende!-
Sei trasparenza di un amore che sostiene il cosmo,
in noi presenza della Pasqua del Signore,
grido che anela sempre al suo ritorno!” (CFC)

Grazie sempre al Signore e a voi tutti, un abbraccio, Mauri

“Il mio toccare la loro vita, il nostro sfiorarci e conoscerci, sono significativi: forse l’uomo esiste proprio nel momento in cui incontra l’altro”. (Alex Zanotelli)

Se dovessi racchiuedere questa prima settimana in una parola sceglierei “incontro”. Sono stati giorni ricchi di abbracci, di sguardi, di sorrisi e di comunione. Sceglierei la parola “incontro” perchè mi fa pensare al “venirsi incontro”, tu fai un passo verso l’altro, che lo fa verso di te. Conoscevo bene il mio “passo verso” e la mia voglia di tornare ad essere qui, dopo due anni. Ma è stato emozionante arrivare ed essere chiamata per nome da chi, due anni fa, ha condiviso un piccolo pezzo di strada con me. Risentirsi a casa,come se non fossi mai andata via davvero. Tornare a condividere la quotidianità nelle cose più semplici. Abbiamo ricevuto un’accoglienza speciale, di cuore, silenziosa e raccolta intorno ad un altare in preghiera, fino a diventare un’esplosione di canti e balli a ritmo di tamburo. Mi sono di nuovo sentita parte di qualcosa di grande, qui dove la vita e la gioia di esserci prendono forma.

Un abbraccio, Giorgia

“Colui che semina il buon seme è figlio dell’uomo”. (Mt 13, 37)

Da questa esperienza spero di lasciare il mio seme, fiduciosa che esso cresca e porti con sé legami profondi con radici forti.  Veronica

“Essere missionario per me ha significato bussare alla porta di persone in nome di Colui che sta alla porta di ogni cuore, bussa e aspetta. Entrando, vi scopre un giardino e vi cerca un tesoro. Trovatolo, lo prende, gli da la sua luce, lo presenta allo smemorato proprietario e sparisce, tra lo stupore dei vicini e il canto degli angeli…”
Don Emanuele Benatti

Arrivati in Rwanda i miei sensi hanno dovuto abituarsi subito a nuovi colori, nuovi odori e nuove  parole di una lingua sconosciuta. Le cose per me più semplici e naturali nella quotidianità, qui sono state messe in discussione e mi hanno permesso di mettermi in moto per scoprire nuovi modi di relazionarmi e di porre al centro l’ altro. In questi pochi giorni, qui in Rwanda ho imparato a mettermi in discussione per ricercare la mia essenza che mi porta inevitabilmente a uscire dai miei limiti e dalle miei sicurezze per andare incontro all’altro e alla ricerca di un QUALCOSA.

Un nuovo cielo; una nuova terra da percorrere; un nuovo sorriso un po’ ebete da donare quando non hai capito nulla di ciò che ti è stato detto; un sorriso donatomi da accogliere e custodire gelosamente.

Questo per me, sono i primi giorni di Rwanda!!

buon cammino, Sonia!

“Il pellegrino è colui che cerca, accettando l’incalcolabile rischio di trovare veramente. Perché trovare significa non essere più quello che si era prima.”
D.Gandini

L’esperienza nelle case Amahoro si è presentata fin da subito sotto forma di cammino. Un cammino all’inizio impetuoso e sorprendente ma soprattutto fuori da ogni aspettativa. I primi giorni di cammino sono sempre i più intensi, dove vengono fuori le prime difficoltà, le prime paure tutto questo però guidato da un enorme entusiasmo. Mi sono letteralmente fatta travolgere dalla vita dei Rwandesi scoprendo un popolo accogliente e sincero. E’ difficile spiegare la bellezza e le mille sensazioni che sto provando, le cose da imparare e scoprire sono ancora tante. Per ora continuo a camminare seguendo le parole di Don Luigi Guglielmi: “Guardatevi dal fare troppe cose, ma cercate di essere SEGNO.”  Sofia (nome rwandese: Fossia)

 

Sono arrivato da pochi giorni, ma le sensazioni che ho avuto sono molteplici e una diversa dall’altra, se non addirittura agli opposti: paura, tranquillità, rabbia, pace, stanchezza mentale, vitalità, amore, dubbio e certezza.
La certezza di cui parlo non è presunzione, ma è certezza che nel bene o nel male quest’esperienza mi cambierà.

Spero di fare dono di tutto: dalle esperienze negative per tramutarle in ricchezze e di quelle positive per darmi forza. Una  forza che vorrei portare in Italia, per sentirmi vivo e utile e, chissà, riportare qua per acquisirne di nuova. Qui è tutto diverso e siccome so che la diversità porta a conoscenza e la conoscenza a crescita allora dico che è arrivato il momento di mettersi in gioco e di apprendere questo “diverso”; il tutto sentendomi sempre un passo indietro per poter osservare e, in questo modo, camminare con coscienza senza arrivare mai! Giacomo

Diario dal Madagascar – Gli inizi del nostro cammino

21 giugno 2018 – San Luigi Gonzaga

“Per fare del bene alle anime, bisogna poter parlare ad esse,

e per parlare del buon Dio, e delle cose interiori,

bisogna imparare bene la lingua”

Charles de Faoucauld

 

  • “Manao ahoana ianao?” (come ti va?)
  • “Salama tsara aho! Ary ianao?” (sono in buona salute! Va tutto bene. E tu?)
  • “Tsara fa misoatra” (bene, ti ringrazio)                

Questo piccolo scambio ci aiuta a comprendere molto del modo di fare e di comportarsi dei malgasci. Si, esatto, perché queste poche battute di saluto ci permettono di capire qualcosa della mentalità del popolo del Madagascar: l’importante è essere sempre in buona salute, così come è importante salutarsi tra conoscenti e sconosciuti con rispetto e cordialità. Se poi le cose non vanno proprio così bene (situazione piuttosto frequente), non bisogna dirlo direttamente, ma occorre conservare una patina di serenità e di riconoscenza. Difficile da descrivere e da comprendere questo atteggiamento, ma credo che ci aiuti ad entrare nella logica di questo popolo, così mite, così capace di riconoscenza e di gratitudine (nonostante tutto), eppure cosi fatalista, incapace di programmazione e sospettoso dei cambiamenti. Siamo su un’isola, e seppur molto grande, è pur sempre un’isola; si conosce poco lo straniero,  il mare fa paura, e ancor di più fa paura ciò che c’è aldilà del mare.

 

Prima di partire avevo letto che a causa dell’isolamento fin da tempi antichissimi, oltre l’80% degli esseri viventi presenti in Madagascar sono endemici, cioè sono presenti solo qui! Da un certo punto di vista, credo si possa dire qualcosa di analogo anche per i malgasci, nel senso che l’originalità di questo popolo è evidente.. le tradizioni, le loro credenze, le loro abitudini, li rendono davvero unici, non sono né africani e né asiatici… sono un incontro di popoli!

Chi visita questo paese resta affascinato dai grandi paesaggi, selvaggi e rigogliosi durante tutto l’anno, dalla mitezza della popolazione, dall’accoglienza calorosa… eppure si rimane spiazzati di fronte alla grave povertà diffusa! Perché questa situazione? Perché tanta sofferenza? Perché così poche infrastrutture al servizio della gente: strade, ospedali, dispensari, scuole? Non possiamo rispondere secondo nostra abitudine, cioè cercando le cause e individuandone gli effetti.. in Africa, e credo in particolare in Madagascar, la situazione è molto complessa, non può essere certo sintetizzata o descritta con poche battute. Anch’io, dopo quasi 8 mesi di vita assieme a questo popolo, mi rendo conto del rischio di raccontare solo delle impressioni, di avere la soluzione pronta per mille problemi che affliggono questo popolo; eppure è tutto molto più complicato. Tutto ciò ha anche un aspetto affascinante: nonostante le criticità, nonostante le frequenti precarietà, questo popolo continua a guardare con rispetto al passato e con profonda riconoscenza al presente! Due elementi essenziali, due principi evangelici.. Ecco però, che manca lo sguardo al futuro! Mi sento di dire che uno dei problemi più gravi è proprio la mancanza di prospettive future, e appunto, la poca voglia e disponibilità di pensare all’avvenire.

C’è un immobilismo di fondo da sempre, che paralizza la creatività di chiunque, un po’ su tutti i piani, dall’economia alla cultura.. eppure l’impressione è che ultimamente le cose stiano lentamente cambiando, a partire da fattori negativi ma anche positivi: la popolazione aumenta sempre di più e il cibo scarseggia, i governi costantemente corrotti cominciano a stancare, molti malgasci iniziano a prendersi grosse responsabilità e a non dipendere più soltanto dagli europei (nella Chiesa questo è evidente e molto consolante), e in particolare, la diffusione, sempre più capillare, di internet, che permette ai giovani di capire ciò che avviene aldilà del mare, che le cose si possono fare diversamente da come si sono sempre fatte e da come vengono tramandate da generazioni.

Credo che noi missionari, in nome di Cristo, abbiamo più di altri una grande responsabilità: aiutare la gente a prendere coscienza del proprio futuro, e in particolare nei prossimi tempi aiutarla a governare in modo positivo e sostenibile il possibile e auspicabile cambiamento. Allo stesso tempo, apprendere i punti forti della cultura malgascia: questa giovinezza, questa freschezza, questa incrollabile riconoscenza verso Dio, verso gli antenati e la propria famiglia, per testimoniarli nelle nostre comunità cristiane in Europa, che nonostante i doni di grazia, sembrano sempre più stanche.

Per quanto ci riguarda più direttamente, assieme a don Simone, stiamo vivendo l’ultima settimana di studio della lingua qui ad Ambositra, in montagna (e il fresco comincia farsi sentire). Infatti, già dalla settimana prossima scenderemo a Manakara per restarci definitivamente! Come siamo messi con la lingua? Per quanto mi riguarda, c’è ancora molto da fare e da imparare, nel senso che dopo tanto studio c’è bisogno di mettere in pratica.. questo è evidente dal momento che riesco a farmi capire, ma capisco pochissimo ciò gli altri mi dicono! I malgasci sono molto incoraggianti, ogni volta che abbozzo una frase in malgascio, puntualmente mi rispondono: “efa mahay tsara ianao!”, cioè: “sai già bene!” Ma entrambi sappiamo che la strada è ancora lunga!!

Sono quasi increduli e si mettono a ridere quando si accorgono che il “bianco” prova a parlare in malgascio! Ci hanno sempre visti come dominatori, e i francesi non si sono quasi mai preoccupati di imparare il malgascio (anche perché la pronuncia è quasi incompatibile)! A questo proposito è stato curioso rendersi conto che il malgascio (di campagna soprattutto) non capisce che differenza c’è tra un italiano e un francese! Nel senso che secondo loro, la nazione di riferimento, ricca, che domina, oltre il mare, è la Francia! Noi, come tutti gli altri popoli bianchi, non siamo altro che una tribù francese che usa un dialetto diverso! Un pò come avviene per loro e le loro 22 tribù… Perciò per loro è inconcepibile che un bianco non sappia il francese! Così, quando un italiano non sa il francese, potrebbe significare “poca intelligenza”. Unica eccezione è “Roma”, la capitale del mondo, dove c’è il papa…

Lo studio fiacca, demoralizza, eppure ci rendiamo conto di quanto sia importante per il futuro del nostro servizio! Attraverso l’apprendimento di parole, di modi di dire, entriamo in punta di piedi nella storia e nella cultura di quest’isola. In questi mesi abbiamo comunque avuto la possibilità di viaggiare parecchio soprattutto durante i fine settimana: siamo stati nel profondo sud con tutti i volontari italiani, abbiamo partecipato agli esercizi (predicati da don Giovanni) e fatto un po’ di turismo! Ci siamo affiatati e abbiamo condiviso tanto! È stato molto bello… in questi mesi ho anche avuto la possibilità di celebrare il primo matrimonio e di presiedere le prime comunioni in montagna, ai bordi della foresta! Di quest’ultima occasione vorrei raccontare qualche dettaglio in più: sei ore di strada, tre di moto e tre a piedi, per giungere alla valle di Vohidahy, ad est, al margine della foresta pluviale (o quello che purtroppo ne rimane!). Un paesaggio meraviglioso, a tratti incontaminato, un’accoglienza inaspettata e immeritata… non capita spesso di vedere un sacerdote bianco, cosi alla fine della messa, tutti in fila per fare la foto assieme a me!! Almeno 200 foto singolarmente o a gruppi, e a cui, nonostante l’imbarazzo, non potevo sottrarmi, in quanto mi correvano dietro! Ci hanno portato da mangiare, le anatre in regalo, ci hanno accompagnato nella salita verso casa, ci hanno strappato la promessa di tornare presto a trovarli!  Grazie o Signore perché mi hai aiutato a comprendere ancora di più la preziosità della vocazione che mi hai donato!

Appena qualche settimana prima, per Pentecoste, siamo stati invitati dalla parte opposta, ad ovest! Ho presieduto la messa in una comunità piuttosto numerosa in campagna. Sono rimasto un pò spaesato quando un gruppetto di ragazzi, vedendoci arrivare, sono letteralmente scappati urlando.. non avevano mai visto uomini bianchi! Poco dopo, durante l’omelia, ho accennato alla parola “mare” ma dalle loro facce ho capito che non era un concetto familiare; a fine messa, in tanti mi hanno detto che non si sono mai spostati dal loro villaggio e quindi non sanno che sia il mare, e men che meno sanno che cosa sia un’isola!

Bene! Comunque, assieme a don Simone, siamo pronti per la discesa “mistica” e concreta verso Manakara, la nostra parrocchia, il centro del distretto che ci è stato affidato! Come vi ho già scritto qualche tempo fa la nostra diocesi di Farafangana è ancora in festa: è arrivato il nuovo vescovo Gaetano, che ha già cominciato a visitare le parrocchie e a farsi conoscere da tanti, inoltre appena un paio di mesi fa c’è stata la bellissima e partecipata celebrazione per la beatificazione del martire Lucien Botovasoa! due momenti molto preziosi…

Da queste poche righe capite che cominciamo a prendere consapevolezza della responsabilità che il Signore e la Chiesa ci hanno accordato! Una responsabilità diretta nei confronti delle tante persone che vivono nel nostro distretto, ma anche una responsabilità di testimonianza e di sostegno nei confronti di una vasta diocesi, con sacerdoti e laici, e di un intero popolo…

A proposito, a fine settembre ci sarà l’ingresso in parrocchia di noi nuovi sacerdoti! Grazie a don Giovanni Ruozi che ha lavorato con umiltà fino ad ora e che ci lascia una preziosa eredità. Sarà fortunato chi se lo ritroverà come parroco in Italia il prossimo anno! Grazie mille anche a Diana e Cecilia che dopo anni di servizio ci lasciano e tornano a casa; entrambe con la loro disponibilità ci hanno insegnato tanto. Inoltre… restate connessi… perché per l’ottobre missionario saranno riproposti i videocommenti del Vangelo!!!

D’accordo con il centro missionario tornerò in Italia fra la fine di agosto e la prima parte di settembre. Parteciperò agli esercizi spirituali del Movimento Familiaris Consortio a Sacrofano di Roma, cercherò di riposarmi un po’ in montagna assieme alla mia famiglia e poi, nei giorni settembre sarò a disposizione di chi mi vorrà incontrare, per una serata, una messa a casa o in parrocchia, una passeggiata… Spero di poter rivedere molti vi voi, anche solo per un saluto o una scambio di battute.. anche questa è una grazia che ci è concessa, un incontro potenzialmente fecondo per entrambi!!

Buona estate, un saluto a tutti di cuore! Continuiamo a restare vicini nella preghiera, a servire il popolo di Dio con gratitudine ed entusiasmo, perché si possa realizzare nella nostra vita quella libertà e fecondità che Dio ci ha promesso. Il Signore è buono, non ci abbandona, ci conduce verso una pienezza di vita che può comprendere solo chi vive la logica del dono, solo chi sa rischiare, chi desidera cambiare il mondo a partire da ciò che ci insegna Gesù!

don Luca Fornaciari

Oggi vi presento Ricot!

Lo so… sono in ritardo!!
Ma stranamente questo mese, grazie all’aiuto delle veterane, avevo già deciso cosa scrivere, dovevo solo trovare il tempo per concentrarmi e raccontarvi una storia, a tratti anche molto divertente!
Oggi vi voglio presentare Ricot!

Ricot ha 30 anni ed è arrivato al VTA (Villaggio Terapeutico di Ambokala) a fine marzo, controllando, negli scorsi giorni, ho anche scoperto che è arrivato ad Ambokala lo stesso giorno in cui io sono arrivata a Manakara, coincidenze!?
Per chi non lo sapesse il VTA si occupa della riabilitazione e del reinserimento sociale dei malati psichiatrici.

Ricot è epilettico e prima di entrare in ospedale viveva e dormiva al mercato insieme alla sua mamma, non sappiamo che danni abbia provocato la mancata cura dell’epilessia ma crediamo che Ricot abbia un piccolo ritardo.
Perché non ne siamo convinte? Perché Ricot è intelligentissimo, o furbissimo mettiamola come vogliamo, così furbo da riuscire a simulare uno dei suoi attacchi alla perfezione senza che nessuno sospetti di nulla!

E non contento è un gran pigrone!!! In tre mesi, ha sempre trovato la scusa più o men o perfetta per saltare tutte le attività organizzate per i ricoverati, dallo sport del lunedì all’orto del venerdì!

Una cosa gli interessa più di tutte… le medicine!!!
E voi direte: meno male che gli interessano, sarebbe peggio se non le prendesse!!
Giusta osservazione, se questo non portasse a trovarselo in magazzino/ufficio almeno una volta al giorno!
La prima volta che mi ha visto mi ha detto: “Vazaha! Marary ny tratra aho!”
Vazaha vuol dire straniero (quindi non sapeva neanche il mio nome!!) però sapeva che avrei potuto procurargli delle medicine…un fenomeno!!!

Ricot è fortissimo, ogni volta che lo vediamo arrivare abbiamo “paura” della scenata che ci potrebbe fare davanti, la moda del momento è inginocchiarsi ai piedi dell’Enrica ripetendo “Pardonnez-moi, pardonnez-moi!” per poi rifilarci una scusa perfetta per non partecipare a qualunque cosa stia per iniziare, la risposta classica dell’Enrica è: “ Ricot! Ma alzati da lì, non sei un cane da doverti inginocchiare per terra!” allora lui si alza e tutti scoppiamo a ridere!
Un paio di settimane fa, mentre ci raccontava la sua storia abbiamo scoperto che è stato in carcere quattro anni qui a Manakara, accusato di aver rubato molti di soldi ad un vasaha, peccato che vedendolo ora dubitiamo fortemente sia stato proprio lui a rubarli! Sua madre ci raccontava che non è mai riuscita ad andarlo a trovare in carcere perché è stata per quattro anni a letto senza riuscire a muoversi dopo essere stata picchiata, Ricot è stato quattro anni da solo senza neanche una visita! Allora la domanda sorge spontanea: “Ricot ma come stavi in carcere?” e lui a differenza di tutti quelli che escono ci ha risposto: “Io sono stato bene, mi davano da mangiare, quando volevo una sigaretta me la davano, non c’era bisogno di lavorare e stavo bene!” Credo di non aver mai conosciuto una persona pigra come lui, basta che abbia il cibo e un posto dove dormire e lui è contento ahahah!

Non so se sono riuscita a rendere giustizia alla storia di Ricot ma è veramente una persona divertente, pigra e che non farebbe nulla dalla mattina alla sera!

“Ricot! Ma cosa ti piace fare?”
“Dormire ovviamente, io dormirei tutto il giorno!”
La sua prospettiva di vita? Trovare una donna ricca e vivere da mantenuto, quando ce lo diceva rideva anche lui! In realtà vorrebbe davvero una famiglia e dei figli, abbiamo provato a spiegargli che sarà difficile avere tutto questo se non trova un lavoretto, sicuramente dormendo tutto il giorno farà fatica ad avverare il suo sogno!

In qualche modo ha funzionato, ha iniziato a fare alcune delle attività che gli vengono proposte, solo quelle da vero uomo ovviamente: al lunedì ha iniziato a fare sport, ogni tanto cerca di defilarsi ma lo beccano, l’orto non se ne parla è ancora troppo faticoso forse, però va al corso di falegnameria, si siede e guarda gli altri lavorare perché lui è già capace di fare tutto ovviamente, però dai ragazzi, sono progressi anche questi!!
In tutto questo, due settimane fa mi sono accorta di avere una pulce penetran te in un piede (evito la descrizione, nulla di grave, è già la seconda! Fa solo parecchio schifo!!) dovevo farmela togliere da qualcuno, l’Enrica era impegnata e allora chi meglio di Ricot il supereroe poteva togliermela!!!?

È stato bravissimo, il giorno dopo voleva un regalo in cambio ma su questo sorvoliamo! Da quel fatidico momento però, ho fatto un salto di qualità sono passata da “VAZAHA” a “MA CHERIE MALALAKO” e ne sono al quanto onorata!!
Fine.

Questa è una piccola parte della storia di Ricot ed è una piccola parte anche della mia vita qui, quindi d’ora in avanti mi piacerebbe ogni mese raccontarvi la storia di una delle migliaia di persone fantastiche che incontro qui!
Un abbraccio forte,
Giulia

P.S. questo mese ho ricevuto una mail inaspettata che mi ha resa felicissima e mi ha portato a sentire un paio di persone e a parlare con loro per ore al telefono di qualsiasi cosa!

È stato bello scoprire di essere dentro il loro cuore anche solo un pochino, non me lo aspettavo assolutamente!

Sono ancora felice?! Certo che si!!!

Quasi un testamento spirituale da don Ganapini

Una commovente lettera di don Ganapini (su cui riflettere) da Tana:

Carissimi amici dell’Amga, del Cmd, di Rtm, di La Libertà, dei Servi della Chiesa, del Rotary club di Parma Est
e tutti voi che in qualche modo date una mano a questo vostro fratello ormai vecchio, ma sempre missionario “jusqu’au bout”, diciamo con Filippo quando ci salutiamo, “fino alla fine”… approfitto della venuta in Italia di Mauro (Rtm) per inviarvi un saluto in Cristo risorto, siamo ancora nel tempo di Pasqua. Un saluto che vuole essere pure un ringraziamento per quello che avete fatto e continuate a fare, specialmente per le nostre piccole scuole dei bimbi poveri della campagna, diocesi di Tananarive. Sì, la riconoscenza l’ho già espressa anche nella lettera del resoconto del 2017, inviata al Cmd. Se qualcuno di voi vuole informarsi meglio e in dettaglio per le varie spese, può rivolgersi al Cmd.

Mi perdonerete se parlo un po’ del sottoscritto. Ma quello che voglio dire non è tanto parlare di me, che sono quel che sono; ma pensare un attimo al futuro della nostra Amga, come ha fatto il caro don Giovanni Voltolini che ci ha lasciato 9 anni fa. I suoi amici infatti hanno voluto che continuasse l’opera di aiuto alle scuole dei poveri chiamandole le “scuole del Dongio”, dico bene?

Venendo allora a noi, dato che da poco ho compiuto i 90 anni, non è per fare il tragico e tanto meno voler prevenire quella che potrà essere la volontà del Signore, però non sarebbe bene pensare alla nostra Amga senza cambiare la parola, ma traducendola così, A=alla, M=memoria, GA=di don Ganapini?

Non è perché questo vecchio bacucco desideri essere ricordato, sia ben chiaro! Ma è per l’amore ai bimbi poveri che desidero ci sia continuazione di un sostegno! Sì, se volete quel “Am”, “Alla memoria”, potrebbe anche essere il ricordo di una amicizia sincera che non si spegne colla morte… ma poi c’è anche un altro motivo, di interesse spirituale; se con quel “Am” ci fosse pure un “requiem aeternam” per quel povero don Pietro, che attenderà certo di essere purificato da tutte quelle incrostazioni di amor proprio, incrostazioni di avarizia, incrostazioni di pigrizia, incrostazioni di ogni genere che debbono essere tolte perché impediscono quella piena comunione di vita con Gesù, che sarà poi il Paradiso… ma che intanto debbono essere bruciate dall’Amore, da quel fuoco dell’Amore che è lo Spirito Santo… allora mi spiego il perché e la convinzione del cosiddetto Purgatorio, che significa purificazione, il cui luogo non può che essere Gesù stesso, e il fuoco l’Amore che è lo Spirito Santo… Certo, quell’Amore brucia mentre purifica. Diceva il compianto monsignor Gilberto Baroni prima di morire: “Pregate per me, così mi abbrevierete un po’ il purgatorio!”. Così anch’io dico a voi, carissimi amici. Naturalmente metto tutto nelle mani del Signore e della nostra Mamma Maria: sia fatta la sua volontà! Tanto più che le anime del Purgatorio non possono più pregare per sé – così c’insegna la Chiesa – ma noi ancora qui in terra possiamo pregare per loro; e quante grazie possiamo ottenere attraverso la loro intercessione! Noi qui in terra possiamo alleviare la loro sofferenza, perché, pur nella speranza di raggiungere presto il Paradiso, essa (la sofferenza) è grande. E voi allora (lasciando sempre il come e il quando nelle mani di Dio) ricorderete questo vostro fratello quando sarà in quel fuoco purificatore dell’Amore, e lui ricorderà voi e ve ne sarà tanto riconoscente…

Mi perdonerete questa digressione sul Purgatorio… non è che io pensi, nell’ansia, di morire domani, no! “Io resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua Madre…” dice il salmo 131.
Ah, la nostra cara Mamma, Madre della Misericordia! Tutto in Lei,

 vostro affezionatissimo

don Pietro

Volontari in Madagascar: due nuovi giovani

Due giovani volontari si stanno preparando a partire per il Madagascar quest’estate. Sarà il Vescovo Massimo Camisasca a conferire loro il mandato missionario il prossimo giovedì 31 maggio in occasione della Festa del Corpus Domini che si celebrerà a Reggio Emilia.  Appuntamento quindi in Cattedrale alle ore 19 per la celebrazione della S. Messa, cui seguirà la processione sino in Ghiara.

Ilaria Squicciarini, 19 anni, catechista ed educatrice della parrocchia di Montecavolo, maturanda in Scienze umane al liceo Matilde di Canossa, andrà ad Ampasimanjeva. Per un anno si occuperà dei bambini seguiti dalla Fondation Médicale attraverso la Scuola “Papillon”, che effettua attività ludiche e scolastiche.

Damiano Galavotti, 21 anni, di Carpi, educatore ACR della parrocchia di Sant’Agata della sua diocesi. Ha già toccato la terra malgascia in occasione di due campi di lavoro e ora vi ritornerà per restarci un anno, svolgendo servizio a Manakara, presso la Fattoria Agricola “Saint Francois d’Assis” di Analabè.

Gli abbiamo chiesto di raccontarsi, per conoscerli più da vicino.

una sorridente Ilaria

“Mi chiamo Ilaria, abito in un paesino che per me rappresenta il centro del mondo, Montecavolo. Le mie giornate si dividono tra stalla (dove mi occupo prevalentemente di mucche) e Case della Carità, che frequento in gran parte del mio tempo libero. So che non è proprio da tutte le ragazze della mia età avere queste aspirazioni, ma uno dei miei sogni più grandi è quello di gestire un’azienda agricola oltre ad avere una famiglia numerosa. Tra i grandi progetti che ho nel cuore, c’è anche quello di iscrivermi all’Università e studiare per crearmi un futuro che si basa sul sociale e sui bambini.

La possibilità di andare in missione è sempre stata nella mia testa, fin da quando ero bambina, poi è cresciuta frequentando le Case, infine si è fatta più chiara e seria parlando con una persona a me cara che mi ha incoraggiata e spronata a vedere oltre i limiti che mi creavo. In realtà, non ho deciso io di partire per il Madagascar, le mie idee erano ben altre. Inizialmente ero molto attratta dal Brasile ed era quasi diventata una fissazione; però poi la vita è imprevedibile ed il Signore ci sottopone a delle scelte e a delle occasioni che vanno prese così come sono, senza farsi domande, perché Lui le ha progettate giusto per noi. Quindi, sì, andrò in Madagascar per un anno intero svolgendo il servizio che mi è stato chiesto. Non so cosa aspettarmi da questa esperienza. Ho molte preoccupazioni, so che non mancheranno difficoltà e complicazioni da affrontare, sarò però pronta a trovare tutte le risposte di cui ho bisogno. Mi lascerò stupire da ogni minima cosa, mettendomi a disposizione di ciò che avrò davanti. In fondo, in missione si fa quello di cui c’è bisogno, ed io sono pronta a farlo.

Le motivazioni della partenza nel corso del tempo crescono e cambiano. In certi momenti la motivazione è così grande che mi fa mettere in discussione tutto ciò che mi circonda.  Dato che la partenza si avvicina, ai miei amici vorrei solo dire: grazie. Grazie per avermi capito e per non avermi giudicata, perché so che al giorno d’oggi non è proprio una scelta facile da prendere. Mi auguro di ritrovarli al mio fianco tra un anno, perché certi legami sfidano il tempo e la distanza”.

Ilaria Squicciarini

 

Un sorridente Damiano

“Mi chiamo Damiano, abito nella campagna carpigiana con la mia famiglia e mi sono diplomato presso l’ITIS di Carpi in “Elettronica ed Elettrotecnica”. Spero un giorno di trovarmi un lavoro che mi soddisfi e sogno per il futuro di crearmi una famiglia tutta mia.

L’esperienza di mio padre, che è stato in missione per diversi anni e in diversi Paesi, e quella dei miei zii che lavorano per Reggio Terzo Mondo, mi ha aiutato ad avvicinarmi al mondo missionario e a maturare la scelta di partire. Era il 1982 quando mio padre partì la prima volta per il Madagascar come obiettore di coscienza (con RTM) in alternativa al servizio militare. Io ci sono andato due volte, per periodi brevi: sia nel 2016, accompagnando mio zio per svolgere lavori di manutenzione nella capitale, Antananarive, e nel 2017 a Manakara, una cittadina a Sud-Est del Madagascar che si affaccia sull’Oceano Indiano. E, come si suol dire, non c’è due senza tre… A parte gli scherzi, penso che il fatto di tornare una terza volta e fare un periodo più lungo sia un modo per vivere a pieno la missione. Vedo questa opportunità come un modo di mettermi alla prova. E da questa esperienza mi aspetto di tornare cambiato, più responsabile, più consapevole dei miei limiti e delle mie qualità.

Penso che queste esperienze di servizio possano fare solo un gran bene, perché t’insegnano a vivere con l’essenziale. Auguro quindi a chiunque ne avesse la possibilità… di non avere paura di osare”.

Damiano Galavotti

La pastorale familiare a Ipirà in Brasile

Cari amici, buon tempo Pasquale!

Mi preoccupa molto, nei nostri paesi, la cultura di violenza, la diffusione della corruzione che è una violenza contro i cittadini, è il rischio di una indifferenza morale, è la morte della speranza per molti giovani che non vedono prospettive di lavoro onesto. Che fare?
Siamo coscienti dei nostri limiti, e non possiamo risolvere tutto, ma possiamo agire con alcune scelte significative.

Tutta la attività parrocchiale è costruire una cultura di pace.
In particolare vorrei scrivere qualcosa sul tema della famiglia.
Abbiamo tante famiglie fragili, senza struttura: manca uno dei genitori o entrambi, molti bambini crescono con i nonni, zii, o altri… in alcuni quartieri la conflittualità dentro la famiglia è forte, in altri abbiamo situazioni di povertà ( ad esempio madri sole con molti figli e senza lavoro). L’impulsività e l’emotività dei brasiliani influisce nella facilità nel creare relazioni affettive ma anche nel distruggere le relazioni iniziate con grande coinvolgimento. La tendenza oggi è quella di pochi matrimoni, i giovani in genere vanno a convivere e la maggioranza dei matrimoni che celebriamo sono di coppie che convivono da anni e ad un certo punto decidono di sposarsi.
Credo sia centrale, qui in Brasile come in Italia, una pastorale rivolta alle famiglie.
Pensiamo che sia molto importante annunciare il Vangelo alle famiglie e lavorare per favorire la formazione di famiglie cristiane. Solo in questo modo si purifica e si rinnova la società e si dà consistenza e continuità alla comunità cristiana.
Nella nostra parrocchia di Ipirà abbiamo la bellissima esperienza chiamata ECC ( Incontro delle coppie con Cristo) simile a Incontro Matrimoniale. Si inizia con una proposta di tre giorni di incontro, nei quali si fa una forte esperienza di fraternità e studio sui temi della famiglia. Poi si formano gruppi di coppie di sposi ( in media di 8 coppie) che si incontrano meditando i temi fondamentali della vita cristiana. Una esperienza molto bella, che sta donando ottimi frutti alla nostra parrocchia. In settembre avremo un nuovo gruppo che farà l’esperienza dei tre giorni, per poi ( speriamo) continuare nella formazione.
Ma…. ci sono dei limiti. ECC è per le coppie cattoliche, regolarmente sposate con rito cattolico, e perseveranti: non sono ammessi separati, seconde unioni ecc… ovvero: una minoranza dei nostri parrocchiani.
La maggioranza delle famiglie sono formate da coppie non sposate, o separati e divorziati con nuove unioni, o famiglie con un genitore solo e figli. Tutte persone che non possono far parte dell’Incontro di Coppie con Cristo. Abbiamo allora pensato di iniziare una Pastorale Familiare, che possa accogliere e accompagnare le varie situazioni di famiglia.
Le linee-guida per dare vita alla PASTORALE FAMILIARE le troviamo nella FAMILIARIS CONSORTIO di papa Giovanni Paolo II.
E la Chiesa del Brasile si muove in questa direzione, con 3 settori: Preparazione al matrimonio, settore che segue le famiglie sposate, e Casi Speciali (divorziati risposati, vedovanza, coppie conviventi e non sposate, famiglie con un solo genitore….).
Abbiamo fatto le prime riunioni generali nel 2014 (appena arrivato in Brasile) con la proposta della Pastorale Familiare con la sua struttura. Una partecipazione limitata come numero di persone ma abbiamo continuato nel lavoro. La mia idea era non di proporre qualche evento grande e spettacolare (questa é la tendenza, in genere) che poi si conclude nell’ evento stesso, ma di creare strutture che possano essere stabili nel tempo. E quindi anche dare tempo per individuare persone affidabili e motivate per questo servizio.
Grazie a Dio ho incontrato alcune coppie con una forte motivazione a dare vita alla Pastorale Familiare e, negli anni seguenti, abbiamo iniziato ( con calma…. siamo in Bahia!) a dare forma alla nostra Pastorale Familiare. Due coppie come responsabili generali e una coppia responsabile per ogni settore. E cosí sta continuando il nostro lavoro.
Una preoccupazione per me urgente era strutturare una preparazione dei fidanzati al matrimonio (una coppia di sposi giá lavorava per questo, incontrando i futuri sposi nella settimana prima del matrimonio, ma avevamo bisogno di qualcosa di piú); dal 2017 abbiamo iniziato con un’equipe di sposi che fa alcuni incontri per i fidanzati preparando il matrimonio e che é presente alla celebrazione del matrimonio per animare la liturgia e come segno della Chiesa che accoglie la nuova famiglia. Sono molto contento di questi passi che abbiamo fatto, e della disponibilitá di queste coppie (una decina).

don Gabriele con una coppia di sposi e la loro famiglia

Ho lavorato, in questi ultimi mesi con loro, sulla celebrazione del matrimonio. La tendenza qui é di fare un matrimonio-show: una schiera di testimoni con vestiti super-eleganti noleggiati, varie entrate solenni in chiesa con infinite foto di familiari, testimoni… lo stile é quello di una celebrazione-film, anche nei canti e musiche.
Ho cominciato a porre alcune regole, limiti e indicazioni sui valori, per uno stile che sia cristiano cattolico (oggettivamente), piú sobrio, e naturalmente incontro resistenze, opposizioni e malumori perché – per alcuni – sto contrastando la cultura del luogo; su questo mi interrogo onestamente e so che non devo imporre la mia cultura e accettare quella che incontro, ma nello stesso tempo sento il dovere di purificare certe cose e aiutare le persone a conoscere e vivere nello spirito della liturgia cattolica.
Anche con gli altri settori (accompagnamento degli sposi e casi speciali) abbiamo iniziato a lavorare, e sono contento perché ho trovato alcune coppie (non moltissime, ma alcune ci sono) motivate e con entusiasmo, e cosí la nostra Pastorale Familiare sta continuando. La mia speranza é di diffondere l’attivitá con fidanzati e sposi non solo nel centro cittá, ma anche nelle varie comunitá sparse sul grande territorio della parrocchia; una proposta é formare gruppi di sposi, nelle comunitá piú grandi, che si incontrino regolarmente alla luce della Parola di Dio e possano confrontarsi sul loro vissuto matrimoniale, sulla appartenenza ecclesiale e su altri temi per loro importanti.
– Il lavoro piú difficile é con quelli chiamati “casi speciali” ( l’espressione non mi piace molto, ma serve per capirci); un gruppetto di sposi sta visitando famiglie di una comunitá tra le piú povere e problematiche, con molte famiglie disintegrate, povere, disorientate…. un piccolo segno. Siamo in un ambito molto difficile da affrontare, per ora non abbiamo molte forze e capacità per accompagnare queste famiglie, ma é importante perseverare con piccoli segni.

Ministri Una novità di quest’anno è che abbiamo ottenuto dagli uffici responsabili di Roma l’autorizzazione per tre persone di poter presiedere la celebrazione del Matrimonio, come assistenti autorizzati, quando manca il prete. Due donne e un uomo, sposati. In verità non sono accolti da tutti, nel senso che diversi fidanzati chiedono espressamente il prete e non vorrebbero laici a presiedere la liturgia del matrimonio; per altri non ci sono problemi. Mi sembra anche questo passo significativo, certamente non per contrapporre preti e ministri laici, ma per crescere sempre più nella collaborazione e nella fiducia reciproca.

Un caro saluto a tutti voi.
Don Gabriele Burani

Mons Kambanda con lo staff del CMD

Case Amahoro e missione in Rwanda

«Anche se passa le sue giornate altrove, Dio ritorna ogni notte in Rwanda» cita un antico proverbio ruandese per dire la bellezza dei luoghi e la vicinanza dei ruandesi a Dio…

In questi giorni abbiamo accolto con gioia la visita di Mons. Antoine Kambanda, Vescovo di Kibungo, sede della nostra Chiesa sorella in Rwanda dal 1995. Ne abbiamo approfittato per chiedere aggiornamenti sulla vita della diocesi e delle Case Amahoro, la cui storia si lega alla nostra.

Nella diocesi di Kibungo ci sono infatti tre “Case Amahoro”. Tre case in cui vivono alcuni tra i più poveri, emarginati, malati della zona. Le Case, che hanno sede in località Bare, Kabarondo e Mukarange, sullo stile delle Case della Carità della nostra diocesi, vivono la stessa spiritualità e vita semplice ed accogliente. Sono gestite da volontarie permanenti, donne che hanno di fatto consacrato la loro vita (la più anziana abita nelle Case dalla loro apertura, nel lontano 1995) al servizio dei bisognosi. Attorno ad ogni Casa, che ospita circa 20 persone in stato di necessità e che è situata accanto alla parrocchia di riferimento, gravitano molti parrocchiani, soprattutto donne, che offrono a rotazione una o più settimane di permanenza gratuita in Casa. Gli uomini, di solito, si impegnano gratuitamente a coltivare i campi ed allevare gli animali di proprietà della casa di Bare, l’unica situata in ambito rurale. Arrivano a volte anche volontari da altre diocesi del paese, attratti dall’esperienza pastorale che concretizza il Vangelo della Carità.

Le tre Case Amahoro (che significa “pace”) vivono della condivisione dei beni dei parrocchiani e delle persone sensibili. Chi ha braccia si mette al servizio di chi non ne ha, condividendo il proprio lavoro o il proprio raccolto con chi non è in grado di coltivare e non riuscirebbe a mantenersi…

I frutti spirituali e quelli dati dalla comunione dei beni in queste realtà sono molti e preziosi.
Il Centro Missionario sostiene le Case con una regolare donazione a copertura delle spese per le medicine e il trasporto dei malati per visite e ricoveri ospedalieri (che in Rwanda non sono gratuiti).
Il Vescovo sta lavorando perché le Case riescano ad avere entrate proprie attraverso un piccolo progetto agricolo, la gestione di un bar e l’allevamento del bestiame.

La diocesi di Kibungo è stata fondata nel 1968 e festeggia i 50 anni; questo è un anno giubilare, un momento storico di grande ricchezza spirituale e non abbiamo che da ringraziare Dio, ci racconta Mons. Kambanda. La diocesi ha avuto inizio con 7 parrocchie e chiuderà il 50esimo anno con 20 parrocchie, una 90ina di preti diocesani (di cui una ventina svolgono servizio a livello interdiocesano e scolastico) e diversi religiosi e religiose. Sul territorio diocesano è presente anche un campo di rifugiati dal Burundi; si tratta di circa 57mila persone, la cui cura pastorale è delegata ad un padre lazarista e ad alcune suore della stessa congregazione.

in seminario

Mons Kambanda incontra i seminaristi

Mons. Kambanda ha individuato nella “Famiglia base della nuova evangelizzazione” il tema giubilare di riflessione, preghiera ed azione. Nella lettera pastorale scritta per il giubileo ha tracciato un cammino di fede in 4 tappe:

  • La famiglia come base dell’educazione cristiana, l’attenzione ed il servizio alla famiglia.
  • La famiglia che gioca un fondamentale ruolo nell’evangelizzazione dei fratelli, con particolare attenzione ai bimbi che evangelizzano i genitori e ai giovani che evangelizzano (chi meglio di loro, che parlano lo stesso linguaggio “moderno”) i loro coetanei.
  • La famiglia come scuola di vocazione alla santità, vocazione a cui tutti siamo chiamati.
  • La famiglia testimone di amore di Dio nel mondo, anche attraverso la diaconia nelle Case Amahoro.

L’obiettivo finale del cammino, la festa di chiusura del 50esimo sarà il 22 settembre prossimo, è arrivare, a Dio piacendo, alla costituzione delle piccole chiese domestiche, le comunità familiari. In Rwanda la sete di Dio, di conoscenza della Sua Parola, di vita cristiana, è grande. Molti giovani hanno sete di Dio e della Parola, stanno nascendo nuove congregazioni. Auguriamo alla nostra diocesi sorella ed al suo Vescovo un Giubileo ricco di grazie ed una vita piena alla sequela del Cristo.

cambio data e luogo della serata con don Gianchi

Cambio programma incontro con don Gianchi in visita in Italia

Don Giancarlo Pacchin, missionario fidei donum in Brasile è in visita in Italia in questi giorni e sarà possibile incontrarlo in diverse occasioni.

Tra le altre segnaliamo la celebrazione della S Messa :
* nella chiesa di Vallisnera sabato 12 maggio, alle ore 15
* a Salvaterra alle ore 19 sempre sabato 12 maggio
* a Montecavolo alle ore 19  celebrazione della

Vi invitiamo anche alla Cena e seguente incontro giovedì 17 maggio alla Parrocchia di Montecavolo  in via Papa Giovanni XXIII n. 36/1 Montecavolo 

tel 0522.436840 email teresa@cmdre.it 

le case antiche di legno e frasche e quelle più moderne con il tetto di lamiera

Siamo fortunati! Giulia Farri è giunta a destinazione

Questo mese sono arrivata a Manakara, ho conosciuto la mia nuova comunità e ho iniziato il mio servizio al Villaggio Terapeutico di Ambokala, servizio che prevede di uscire con l’assistente sociale per andare a visitare le famiglie dei malati che si curano a casa e di quelli che sono stati dimessi, questo comporta entrare nelle loro case ed entrare un po’ anche nelle loro vite.
Quando ero in Italia mi era stato detto che sarebbe stato un privilegio poter fare queste visite ed ora, anche se è stato per due volte soltanto, ho capito molto bene il perché.
Qui hanno sempre un sorriso dolce e gentile da donarti, molte persone vivono in case di legno magari anche in 5/6 con una sola stanza che fa da cucina, sala da pranzo e camera da letto, però hanno sempre qualcosa da offrirti anche chi, magari, una casa nemmeno ce l’ha.
Quindi io ve lo voglio dire.
Siamo fortunati!
Siamo fortunati perché abbiamo una casa in cui tornare,
siamo fortunati perché abbiamo un tetto per ripararci dalla pioggia,
siamo fortunati perché abbiamo la possibilità di curarci,
siamo fortunati perché abbiamo un letto in cui dormire,
siamo fortunati perché abbiamo tutti i giorni qualcosa da mangiare,
siamo fortunati perché abbiamo un bagno,
siamo fortunati perché abbiamo una doccia, anche se ha solo acqua fredda,
perché qualcuno non ha neanche quella!
Siamo fortunati perché abbiamo una famiglia da cui tornare,
siamo fortunati perché anche se facciamo degli errori questa famiglia ci accoglie sempre a braccia aperte,
siamo fortunati perché anche se qualcuno una famiglia non ce l’ha, ha degli amici su cui fare affidamento,
siamo fortunati perché tutti al mondo abbiamo almeno una persona che ci ama con i nostri pregi e i nostri difetti,
siamo fortunati perché la maggior parte di noi, nella vita, ha incontrato persone che l’hanno aiutata a crescere,
siamo fortunati perché anche chi non c’è più nel nostro cuore resterà sempre!
Quindi c’è poco da fare, siamo fortunati!
Impariamo a sorridere e a gioire di quello che abbiamo, e se ci sembra di avere poco
ricordiamoci che nel mondo ci sono tantissime persone che hanno meno di noi
ma sanno donarsi completamente!
E infine siamo fortunati perché qualcuno ci ha donato questa vita,
e non ce l’ha data per noi stessi ma per donarla agli altri!
Dobbiamo essere grati perché diciamocelo: la vita è meravigliosa!

Giulia Farri

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