Sono aperte le iscrizioni per il percorso di Spiritualità Missionaria promosso dal Centro Missionario Diocesano, rivolto ai giovani dai 18 ai 35 anni e ai missionari rientrati.
Le 5 tappe del corso vogliono favorire il cammino personale di ciascun partecipante.
Gli incontri si svolgeranno presso la Casa comunitaria “Il sicomoro”, Strada Santa Maria n.11, Santa Maria della Fossa, Novellara (RE).
La giornata inizierà alle ore 9.00 e si concluderà alle ore 17.00 ed è richiesta una quota di 40€ per il percorso completo oppure di 10€ per la singola giornata.
Per una bella riuscita del cammino si consiglia la partecipazione costante, questo favorirà il confronto con le tematiche missionarie e i lavori di gruppo.
Contempl-Attivi perché?
Secondo me questo gesto significa due cose: se non ci alziamo da tavola, se non ci alziamo da quella tavola, ogni nostro servizio è superfluo, inutile, non serve a niente. […]
Solo se partiamo dall’eucaristia, da quella tavola, allora ciò che faremo avrà davvero il marchio di origine controllata, come dire, avrà la firma d’autore del Signore. Attenzione: non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose.
Dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione. La contemplattività, con due t, la dobbiamo recuperare all’interno del nostro armamentario spirituale. Allora comprendete bene: si alzò da tavola vuol dire la necessità della preghiera, la necessità dell’abbandono in Dio, la necessità di una fiducia straordinaria, di coltivare l’amicizia del Signore, di poter dare del tu a Gesù Cristo, di poter essere suoi intimi.
[…] Qualche volta a Dio noi ci aggrappiamo, ma non ci abbandoniamo. Aggrapparsi è una cosa, abbandonarsi un’altra. […]
Ma alzarsi da tavola come ha fatto Gesù significa anche un’altra cosa. Significa che da quella tavola ci dobbiamo alzare: significa che non si può star lì a fare la siesta; che non è giusto consumare il tempo in certi narcisismi spirituali che qualche volta ci attanagliano anche nelle nostre assemblee.
La fede la consumiamo nel perimetro delle nostre chiese e lì dentro siamo anche bravi; ma poi non ci alziamo da tavola, rimaniamo seduti lì, ci piace il linguaggio delle pantofole, delle vestaglie, del caminetto; non affrontiamo il pericolo della strada. Bisogna uscire nella strada in modo o nell’altro: c’è uscito anche Giuda, «ed era notte» (Gv. 13,30).
Dobbiamo alzarci da tavola. Il Signore Gesù vuole strapparci dal nostro sacro rifugio, da quell’intimismo, ovattato dove le percussioni dei mondo giungono attutite dai nostri muri, dove non penetra l’ordine del giorno che il mondo ci impone.
Ecco, carissimi confratelli, questo è il primo verbo che dovremmo meditare moltissimo…
Don Tonino Bello “Cirenei della gioia”