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Buona Quaresima (e buona Pasqua) da Ambokala

Ciao a tutti,

vi scrivo due righe di aggiornamento sul mio ritorno ad Ambokala.

Superato lo scoglio dei topi e delle scolopendre, inquilini abusivi della mia casetta, dell’auto guasta e del caldo torrido, come mai in questi 10 anni, è bastato entrare nel cortile dell’ospedale per risentirmi a casa…è sempre così.

Per quanto riguarda la situazione politica, pare che il neo presidente, Andry eletto regolarmente in novembre 2018 (.. già artefice del colpo di stato del 2009) riscuota molto consenso tra i giovani promettendo un cambiamento generazionale della classe politica ed un’apertura verso l’estero…in termini di investimenti, collaborazioni… Per ora, alcuni personaggi famosi tra i giovani: cantanti, attori…sono stati promossi ad importanti cariche istituzionali, generando qualche imbarazzo…

In capitale, colpisce il forte dispiego di forze dell’ordine per evitare aggressioni e scippi…Qui a Manakara, e in tutto il sud-est, Andry è molto seguito e la maggior parte della gente con cui lavoro è fiduciosa. Ci sono comunque un buon numero di reazionari, che volevano invece il ritorno di Ravalomanana ( già presidente prima del 2009), che aveva creato un suo personale impero economico valorizzando molto lo sviluppo interno(industrie, strade…) Questi ultimi combattono soprattutto la fortissima ingerenza francofona, preferendo alleanze con gli Stati Uniti. Contestano l’Alliance Francaise, che con la scusa di diffondere nel mondo la francofonia opera una seconda colonizzazione: le scuole francesi sono le migliori ed è lì che viene formata tutta la classe politica…Ho parlato con gente che vorrebbe vietare ai pensionati francesi (ed europei in generale…) di venire qui a sposare giovani donne malgasce…dicono che anche questa sia una forma subdola di colonizzazione … e non hanno tutti i torti.

Enrica al piccolo ristorante di AmbokalaUn’altra novità delle ultime settimane è che sono stati vietati i pantaloncini inguinali e le gonne cortissime che spopolavano tra le liceali negli ultimi anni. In tanti casi le ragazzine cercavano clienti sul cammino di andata o di ritorno dalla scuola, anche solo per comprarsi la ricarica del telefonino.  Chi viene colta in flagrante di coscia scoperta, viene trattenuta in polizia e rilasciata solo sotto la custodia del padre, che, oltre a portare un lamba(pezzo di stoffa) per nascondere le nudità, viene sottoposto ad una multa di 40.000Ariary (… sono circa 10 giorni di lavoro)

Per quanto riguarda l’ospedale, c’è stato un avvicendamento tra le suore Trinitarie che lavorano con noi: è arrivata Sr Rachel al posto di Sr Marie Pascaline, che era stata qui con noi negli ultimi tre anni. Sr Rachel si dimostra molto contenta dell’incarico…

Abbiamo fatto alcune riunioni di coordinamento con l’equipe sanitaria e finalmente si è ottenuto che lo psichiatra (…che in mia assenza si è fatto vivo solo un paio di volte) abbia un ufficio qui da noi per essere stabilmente presente ogni lunedì. Vi assicuro che è una gran cosa… perché finora quasi tutte le diagnosi le facevano gli infermieri…

Stiamo facendo alcuni piccoli lavori di rinforzo dei tetti della cucina e dello chalet e di pulizia delle canalette di scolo dell’acqua, in attesa del periodo delle piogge, che purtroppo, però, non accenna ancora ad arrivare.

I prezzi delle medicine, già inaffrontabili per la gran parte degli ammalati, hanno subito aumenti improvvisi, in alcuni casi anche del 700% e risulta sempre più difficile per la gente accedere alle cure. La gente, con grande sacrificio, ci versa una partecipazione che raramente supera il 30% del costo effettivo ei farmaci. Comunque, grazie a Dio e al sostegno di tanti, ancora nessuno, negli ultimi 10 anni è stato mandato a casa per problemi di soldi.

Una delle questioni più spinose, in questo momento è quella delle persone con evidenti disturbi psichici che, abbandonate dalle famiglie, si aggirano per la città e qualche volta causano qualche problema al mercato…  Alcuni non fanno assolutamente nulla di male, solo sono vestiti in modo strano e fanno ragionamenti un po’ diversi dai nostri. Ma alla gente danno fastidio.
Quando ci accorgiamo che hanno bisogno urgente di cure, uno dei nostri impegni è quello di convincerli a venire all’ospedale. È difficile… occorre tanta perseveranza, ma spesso ci si riesce. La persona accetta di seguirti, vinta dal tuo interessamento verso di lei…piuttosto che dall’effettiva consapevolezza di aver bisogno di cure.
Ultimamente però la polizia si è presentata più volte ad Ambokala, pretendendo di ‘scaricare’ in cella d’isolamento il malcapitato di turno, per poi disinteressarsi completamente delle cure, dei pasti… di tutto. L’importante è che l’ammalato non si faccia vedere in giro per un po’.
L’altra settimana hanno portato una donna, Francine, già nota a tutti noi per i suoi periodici deliri. Dicono che infastidisse l’anziano prete di Manakara Be sostenendo pubblicamente di essersi sposata con lui, in chiesa, per altro. Non pretendeva di dormire in casa del sacerdote, ma si accontentava di dormire di fianco alla sala delle opere parrocchiali. Il prete ha chiamato il questore, la polizia… Questa task force, degna di una banda criminale, l’ha portata qui.
“Che sparisca”, era il messaggio implicito.
La povera e davvero innocua Francine è finita in cella d’isolamento per una settimana. Senza neanche capire il perché. E teoricamente senza medicine né cibo, la polizia non ha dato cenni di provvedere e gli infermieri non arrivavano a stabilire chi dovesse preoccuparsene. Il cibo, chiaramente, glielo abbiamo dato noi fin dal primo giorno, ma per le medicine il braccio di ferro tra polizia e infermieri è durato una settimana, finché hanno comunque chiesto a noi di provvedere.  

Poi c’è il problema delle persone, che in preda ai deliri, hanno ferito o addirittura ucciso un familiare: anche se guariti, non possono più tornare nelle loro terre o dalla loro famiglia perché è stata garantita la vendetta. E sappiamo bene che non è solo una minaccia. Poco più di un mese fa, un ragazzo con problemi psichici che conosciamo ha ferito gravemente il padre e la sorella ed è stata la famiglia stessa a provvedere a toglierlo di mezzo. Trovato morto nel cortile di casa. Nessun indagato. Tutti convinti che abbiano fatto bene.

La sfida più dura è curare la mentalità della gente, ma occorre tempo…

 Grazie per esserci sempre vicini

 Buona Quaresima

 Un abbraccio stretto

 Erri

 

a cena dei genitori di Simone Bradiani

Una serata speciale

Quando un figlio parte per svolgere servizio in missione in un luogo lontanissimo da casa, noi genitori ci poniamo mille interrogativi sul perché di tale scelta, ma non valutiamo il positivo stravolgimento che avviene nelle nostre vite.
Vi posso garantire che la scelta di Giulia (Giulia Farri – in servizio ndr) che attualmente presta servizio al Villaggio Terapeutico per malati psichiatrici di Ambokala a Manakara in Madagascar ci ha cambiati, uniti ancor più di prima ma soprattutto ci ha arricchiti.

E’ grazie alla sua scelta che abbiamo avuto l’opportunità di visitare un paese meraviglioso pieno di colori, profumi, sguardi, sorrisi, ed è proprio nel corso di quella visita che prima di Natale ad Ambokala abbiamo avuto l’onore di conoscere Mons. Gaetano Di Pierro Vescovo di Farafangana in visita ai malati ospitati nel villaggio.
Eh si perché in ospedale ci si va accompagnati dalla famiglia, per chi ce l’ha, perché c’è bisogno di tutto e la famiglia può assisterti. Capita anche che il ricoverato sia assistito dall’altro coniuge che si porta con se i bimbi anche i più piccoli. Quindi l’ospedale si trasforma in un vero e proprio villaggio.

a casa di Simone Bradiani

La cena inieme a casa di don Simone Bradiani … in Italia, anche con i parenti degli altri volontari in servizio in diocesi di Farafangana

Mons. Gaetano di origine italiana vive ormai da molti anni in Madagascar è Vescovo da 19 anni ma solo da 9 mesi è stato nominato Vescovo di Farafangana e quindi anche di Manakara. Un incontro veramente inaspettato ma graditissimo, ci ha accolto con tanto calore facendoci sentire a casa, ha elogiato i nostri ragazzi per il lavoro che svolgono e ci siamo lasciati con l’augurio di rivederci in Italia.

I genitori di Giulia Farri

Giulia a Manakara: storia, auguri, sorprese

Ciao!
È quasi finito il mio anno e vorrei “tirare un po’ le somme” di quello che è stato.
Pochi giorni fa ho riaperto e riletto le prime lettere che ho mandato: traboccavano di entusiasmo ed euforia, tutto bello, tutto meraviglioso.
Nella prima lettera del 20 Marzo ricordo di aver nominato dei profumi. In quel momento ero ad Ambostra a studiare malgascio…posso dirvi con sincerità e con meno euforia che le parole profumo e Ambostra non possono stare insieme: il pesce secco, la carne del mercato, lo smog e la sporcizia lungo le strade emanano ogni tipo d’odore ma non di certo profumo! Nonostante questo ho dei bellissimi ricordi di quel posto, fondamentalmente è stato il primo assaggio della mia vita malgascia: vivere con i don e la Giorgia, “studiare” malgascio, andare al mercato, giocare a tombola in casa di  carità, ritrovarsi alla sera tutti e 4 a guardare un film, è stato un bel mese. 

Il 23 Marzo sono arrivata a Manakara (finalmente) e la lettera successiva parlava un po’ delle case dei malgasci e di quanto noi fossimo fortunati ad avere cose che per loro erano inimmaginabili, sono convinta di aver avuto la fortuna di nascere con queste possibilità ma sono ancora più convinta di essere al 100% più fortunata per aver avuto la possibilità di conoscere questo lato del mondo e aver imparato a sorridere per ogni piccola cosa grazie a queste persone. 

La terza lettera, se non sbaglio, parlava di Ricot e di quanto fosse pigro; posso aggiornarvi su di lui e dirvi, con orgoglio, che adesso lavora alla Ferme di Analabe e dopo tanta fatica iniziale, adesso sta benissimo, si impegna! È stata una vera evoluzione la sua e io sono sempre felice di andare ad Analabe e vederlo stanco ma felice! 

La lettera dopo era su Cela, il ragazzino del mercato, anche per lui le cose sono cambiate, è tornato a casa e ha iniziato ad andare a scuola, con alti e bassi ovviamente. In questi mesi abbiamo imparato a conoscerlo ed è davvero un ragazzino fragile che ha bisogno di sostegno ma, sono sincera, per la maggior parte del tempo resta il ragazzino ribelle del mercato.

Le ultime lettere invece parlavano di Michel, chi se lo dimentica, nonostante le cose non siano andate proprio come avrei voluto, un po’ del mio cuore è andato via con lui! Una parte di me, ogni giorno, spera di incontrarlo per strada con quel cappellino rosso che aveva sempre, lo cerco con lo sguardo, ogni mattina controllo la macelleria dove lavorava sperando di rivederlo sorridente e felice, ma da quando è partito nessuno ha più avuto sue notizie, io voglio credere che stia bene chissà dove qui in Madagascar! Ma quel sorriso e quella risata contagiosa non me le scorderò mai e poi mai. 

giovani che lavorano in sartoria per terra a Manakara

Ci sono molte altre persone che ho conosciuto qui: Iabelen, bimbo del mercato, che hanno conosciuto anche i miei genitori, casinista e coccolone, anche nelle giornate più tristi un sorriso lui riesce a strappartelo.
François: prima il corso d’italiano, poi un monopoli, poi un mofo, poi una torta cucinata insieme fino ad arrivare ad un’amicizia, parliamo tanto, ci confrontiamo e confidiamo mescolando le nostre “capacità linguistica”: il mio scarso malgascio, il suo scarso italiano con in mezzo un po’ di francese, fra una risata e l’altra riusciamo anche a fare discorsi intelligenti!
E poi ancora Santatra: braccio destro di François, Lalatiana che a 20 anni dedica anima e corpo alla parrocchia, a partire dalla corale fino ad arrivare ai chierici e poi gli indimenticabili pazienti di Ambokala: Cela che parlava con le formiche nella sabbia, Hery gigante buono, insieme ad Ardilece, Justin e la sua fobia per i serpenti, Jibre che potrei definirlo “Michel II” , Jean Paul e i suoi cento figli immaginari e tantissimi altri, insieme hanno contribuito a rendere unico questo “quasi” anno. 

festa

Tutto questo per dirvi che dopo 10 mesi di cose viste con entusiasmo e curiosità sono pronta a guardare e vedere questo posto con occhi nuovi, non più offuscati dall’euforia dell’inizio. La curiosità farà sempre parte di me, ma voglio legarla alla criticità e alla semplicità che in questo poco tempo tutte le persone che ho incontrato mi hanno insegnato.
Insomma, inutile tirarla per le lunghe, non sono pronta a lasciare tutto questo, ho ancora voglia di scoprire e di lasciarmi scoprire.

 

Qualcuno di voi lo sa, qualcuno se lo immagina, per altri sarà una sorpresa però ho deciso di rinnovare e restare almeno un altro anno, lo dico solo ora perché il visto ormai è arrivato quindi non c’è modo di farmi cambiare idea.
Prometto però di scrivervi, più spesso degli ultimi mesi, per raccontarvi e condividere con voi gioie e dolori di questa vita.
Buon 2019 a tutti!
A prestissimo, Giulia

con i bambini di Anorambato, mani fangose e gioiose

Madagascar: le mani ed i gesti che fanno bene al cuore

“Mani, prendi queste mie mani, fanne vita fanne amore…”

 

 

In questi 25 giorni di campo missionario in Madagascar ne ho incontrate davvero tante di mani che hanno lasciato in me un segno.
Mani pronte a riabbracciare con gioia incontenibile un’amica che in questi mesi è stata luce.
Ha permesso di far nascere in me tante domande, tanti desideri e fra questi, anche quello di andare là a rincontrarla e incontrare.

Mani sapienti di Sasà, ospite della casa di carità di Tongarivo, che mi ha preso per mano e mi ha guidato a scoprire le bellezze nascoste di quell’oasi di pace, come ad esempio un piccolo camaleonte in un orto fatto con tanta cura.
Mani di Edmund, ospite invece della casa di carità di Ambositra, con gli occhi che lacrimavano e, sotto la luce del sole, luccicavano. Sono mani che mi hanno stretto con gioia e che hanno fatto sparire tutto il resto intorno: quelli che noi chiamiamo i nostri difetti, la mia ignoranza della lingua malgascia, le chiacchiere dei miei compagni e degli altri ospiti. In quel momento c’eravamo solo io e lui e le nostre anime che si incontravano in silenzio.

Mani sporche e segnate ma instancabili degli artigiani di Ravinala che ho incontrato lungo la strada. Grazie alla loro creatività lavorano materiali grezzi per dare vita a gioielli in alluminio, a piccole pochette di rafia, a statuette intagliate di legno, a macchinine in latta.
Mani volenterose dei volontari di RTM ad Antananarivo e a Manakara, che progettano e si impegnano con anima e corpo per lottare contro problemi sociali importanti come la lebbra.

Mani stanche, arrabbiate, tristi, rassegnate, ma anche resistenti degli uomini carcerati di Ambositra e degli ospiti del villaggio terapeutico di Ambokala, che si sono rianimate giocando insieme a noi a pallavolo e a calcio.
Mani calde e fangose di tutti i bambini che ho incontrato, che mi hanno schizzato con l’acqua della cascata di Anorombato, che hanno giocato con me alla Ludoteca Papillon, che mi hanno accompagnato a conoscere il villaggio di Ampasimanjeva.
Mani contente di piccolini che mi hanno imitato nei gesti dei bans al campo estivo alla ferme di Analabe, che hanno acchiappato forte i giochi portati nel cortile di Suor Luigina ad Ambositra, che sono così abituati ad essere autonomi da rifiutare il mio aiuto per spostarsi da una passerella all’altra ad Anatihazo.
Mani di bambine che hanno una cicatrice che assomiglia tanto alla mia o che si sono tenute forti al mio braccio mentre nella schiena avevano dietro una piccola sorellina e ancora l’altro pollice in bocca.
Mani di tutti i ragazzini che ci hanno salutato alla fine con gratitudine e senza lamentarsi, sapendo forse loro, fin dall’inizio, che tutto ha una fine?

Mani perseveranti di chi ha deciso di restare, di dedicare la sua vita a quel pezzetto di terra perché “è davvero tutto regno di Dio”.
Quindi eccole le mani ancora forti e tenaci di Don Pietro Ganapini, che mi hanno donato un libretto sul suo progetto della DIDEC, fatto stampare apposta per noi.
Ma anche mani umili, pazienti e materne di Suor Giacinta, di Suor Luigina e di tutte le altre masere che mi hanno accolto, che lavorano nell’ombra e sono così semplicemente madri e sorelle di tutti.
Mani laboriose dei monpera orionini di Anatihazo, che con la loro scuola professionale di falegnameria, fondata da Don Luciano Mariani, provano a dare speranza ai giovani che nascono in uno dei quartieri più poveri della capitale.
Mani sagge dei monpera e dei capi villaggio del gruppo degli Zafimaniry, che resistono nelle foreste e che provano a costruire qualcosa grazie alla solidarietà e alla provvidenza. Sono le loro mani grate, che ci hanno ringraziato così tanto per essere andati fino a là, in quel posto sperduto, solo per incontrarli.
Mani umili di Don Giovanni Ruozi, che hanno saputo indicare i pezzettini di quella chiesa, non solo fisica, di Manakara costruita con tanta fatica e passione.

Mani pronte ad accogliere, dei volontari, che mi hanno mostrato ancora con stupore i loro progetti e il punto in cui sono arrivati nella loro faticosa ricerca quotidiana.
Mani uniche dei miei compagni di viaggio, che hanno saputo tutte esserci, sostenere, accarezzare, coccolare, abbracciare, scherzare, condividere, sfiorare il cuore, per portare un po’ i pesi insieme.
Le loro mani a cui ho potuto affidarmi fiduciosa nei momenti di difficoltà e che mi hanno stretto tanto forte prima di lasciarmi alla fine andare.
Mani speranzose di tutti noi insieme che, durante le messe, nel momento della pace, si sono strette forti e si sono alzate in alto per poterle offrire tutte a Lui.

Ringrazio il Signore per avermi donato occhi e cuore per vedere il bello in ogni piccolo gesto di amore durante questo viaggio e per percepire la sua presenza dietro ad ognuna di queste mani.
E alla fine, ho capito che aveva ragione Suor Roberta della casa di carità di San Giuseppe: “Cercalo, non smettere mai di cercarlo, è faticoso, ma è l’unica cosa per cui vale la pena vivere!”.

Elisa Carpanoni

Il panorama dell'oceano e delle sue spiagge disabitate

Quel benedetto sorriso

“Tutto iniziò così. Quel sorriso, quel maledetto sorriso”. È l’incipit di una celebre serie tv americana,
“13 reasons why”.
Ma non è questo ciò di cui parlerò.
Ho scelto questa frase perché è perfetta per Giulia. Così è nata la sua amicizia con Michel, con un semplice
sorriso, innocente e irrazionale, fatto da dietro le quattro sbarre metalliche della cella di isolamento in cui
era stato rinchiuso al suo arrivo qui ad Ambokala. Come con molti altri pazienti, la diffidenza iniziale nei suoi
confronti è svanita rapidamente, spazzata via da quel candido sorriso che ha aperto in lei le porte del cuore,
ora pronto ad ascoltare, capire e avvicinarsi.
Per più di una settimana Michel ha vissuto in cella, dispensando allegria durante i pasti grazie ai suoi canti, ai
balli improvvisati e a infantili giochi che ci divertivamo a fare assieme (il famoso cucù di cui parla Giulia).
E basta poco, un piccolo assaggio della sua genuinità, per rendere contagioso quel sorriso, forse solo frutto
della sua malattia o dei farmaci somministratigli, o causato dalla droga e dall’alcool di cui spesso ha abusato,
o forse, ancora, frutto di uno spiraglio di lucidità.
Ma poco importa l’origine di tale gioia, specialmente a Giulia, la quale, superate le paure di rimanere sola a
gestire un ospedale psichiatrico e i suoi pazienti, è riuscita nell’impresa più difficile di tutte: sentirsi a casa e
accolta. E non perché è “matta” come molte delle persone che la circondano ogni giorno, ma perché invece
di compatirle pietosamente, le considera uguali a sé, trattandole di conseguenza, scherzandoci liberamente,
eliminando i pregiudizi, senza però cadere nel buonismo o nel bigottismo che troppo spesso annebbiano
l’opinione delle persone, chiudendo le loro menti e i loro cuori e rendendole stagne alla scoperta e alla
crescita.

Lei è rimasta critica, in grado di divertirsi con i pazienti, ma anche di rimproverarli quando necessario.
Qualche giorno fa hanno scoperto Michel mentre beveva alcolici e fumava erba, il tutto trascurando la
propria terapia farmacologica. Giulia non ci ha pensato due volte a sgridarlo, ad arrabbiarsi e a mostrargli la
propria delusione, palesemente visibile sul suo volto per alcuni giorni. E proprio questo comportamento, il
porsi al pari degli altri, ha fatto sì che Michel capisse i propri errori e riprendesse a seguire diligentemente la
terapia, mostrando segni di miglioramento, almeno per ora.
E chissà, che magari, alla fine, la miglior cura per certi casi di malattia mentale non sia altro che la presenza
di un amico, con cui condividere la quotidianità e la follia e che ti faccia dire “Ciao amica mia, […] sono felice
che tu sia qui”.
Enrico Cerio, RTM
Mankara, il 04/09/2018.

Da Giulia: i mesi sono volati via…

Sono “già” a metà (visto il ritardo, un po’ più di metà).
Perché “già” e non “ancora”?!
Perché questi mesi sono volati via. Sono stati mesi pienissimi, tante esperienze e tante sensazioni.
Sono stati mesi di felicità assoluta, ma anche di tristezza, perché in fondo un pezzo di cuore è lì da voi e con voi!

Sono stati mesi pieni di volti nuovi, diversi, che all’inizio pensi di non riuscire mai a distinguere, ma che piano piano diventano la tua nuova famiglia.
Ambokala ne è un esempio lampante. L’impatto è stato forte all’inizio, ma adesso vorrei essere là, in ogni momento, anche adesso che sono sul letto in casa a scrivere, io vorrei essere là.
A fine luglio Enrica è tornata in Italia e ad inizio agosto se ne sono andate anche la Suora, Diana e Berthine. PANICO!
Ad Ambokala siamo rimaste l’assistente sociale ed io. Tantissime le paure: temere di non riuscire a far nulla, affrontare una nuova sfida, combinare guai, ma prima fra tutte la paura di non riuscire a dire una parola!
In realtà, agosto è volato via e i timori con esso! Ho iniziato a parlare e sto trovando il mio modo di stare con i pazienti, spesso non capendo nulla di quello che tentiamo di dirci, il momento migliore per ridere tutti insieme!

Tutti insieme ad Ambokala

TUTTI INSIEME: pazienti, cuoche, bambini, noi volontari, nessuno escluso!
Una cosa che credo di aver imparato in questi mesi è che spesso siamo portati a guardare queste persone con pietà, quasi come se provassimo compassione per loro. Non credo sia giusto. Loro hanno bisogno di essere trattati come tutte le altre persone, che siano poveri o ricchi, puliti o sporchi, bambini o adulti, sani o pazienti dentro alle celle d’isolamento!
Si, ad Ambokala ci sono le celle di isolamento!!!
TUTTI hanno bisogno di essere trattati allo stesso modo!
Un esempio? Michel!
Appena arrivato è stato messo nella cella di isolamento. Parlava di continuo, sembrava una radio. Alternava momenti in cui era arrabbiatissimo con il mondo e momenti in cui bastava guardarlo e diventava un bambino indifeso.
Avete presente quei bambini con quel visino che guardi e non puoi far a meno di sorridere?!
Così è stato con Michel!
Michel è quello che da dietro le sbarre della cella di isolamento fa “cucù” per farti ridere; è quello che ti sorride ogni giorno appena ti vede, dicendoti: “Ciao amica mia, è da tanto che non ci vediamo, sono felice che tu sia qui!” e magari ci siamo visti il giorno prima; Michel è quello che canta per tutti, se solo glielo chiedi; è quello che va al mercato con la mamma e riesce a farsi voler bene anche da un cane randagio; Michel è questo e tantissimo altro e mai mi permetterei di prenderlo in giro o di guardarlo con compassione, anche perché non ne avrei motivo!
Michel è unico e forse ce ne vorrebbero un po’ di più di Michel al mondo!!
Un abbraccio,
Giuli
P.S.
Quasi dimenticavo la cosa più importante! Il giorno dopo che ho inviato la lettera il mese scorso, Celà, il ragazzino di cui vi ho scritto, si è presentato a casa nostra con la sua mamma ed i suoi fratellini minori. Insomma, è tornato a casa!!!
Vive con la mamma e il suo nuovo marito, che per il momento sembra volerlo in casa e lo porta anche a lavorare con sé!
Prossimo obiettivo?! Ad Ottobre inizia la scuola, chissà, magari ha voglia di cambiare ancora di più il suo futuro!

Manakara, una missione comune

Qui a Manakara abbiamo frequentato la lezione di sport del lunedì con gli ospiti dell’ospedale psichiatrico di Ambokala.

Ginnastica con gli ospiti dell’ospedale di Ambokala

Lorenzo ci ha saputo accompagnare con leggerezza di cuore e ironia facendoci muovere i muscoli, non solo fisici, in sintonia.

 

 

 

 

 

Insieme a Giulia e Chiara abbiamo costruito ponti e strade di speranza, abbiamo respirato il profumo dell’Oceano Indiano, ricevendo così il grande regalo di poter fermarci a contemplare la bellezza dell’infinito e della creazione.

 

Panorama dell'Oceano Indiano a Manakara

 

La Confiserie di Manakara

Abbiamo assaggiato le marmellate vendute nel negozietto della diocesi di Reggio a Manakara, dove si commerciano caffè, saponi, olii essenziali, miele e tanti altri prodotti, frutto del lavoro di donne, altrimenti disoccupate.

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo visitato l’ufficio e il centro culturale di RTM. Ora ci lavorano Enrico e Tania che ci hanno parlato delle difficoltà che incontrano nel provare a cambiare le cose in profondità e nel ricevere finanziamenti per continuare a lavorare con le autorità malgasce su temi di grande importanza.

Abbiamo avuto la possibilità di accompagnare i volontari di RTM a fare una sensibilizzazione sulla cura della malattia della lebbra in un villaggio qualche chilometro più in là, dove ci siamo fatti prendere dai sorrisi e dalla gioia contagiosa dei bambini incontrati.

Giochi con i bambini nel villaggio

Abbiamo conosciuto Luciano che ci ha parlato dei suoi progetti e della sua vocazione, che ci ha trasmesso il senso dell’esserci sempre per gli altri, con umiltà, in silenzio e nell’ombra.

Abbiamo visitato quell’oasi di pace della Ferme di Analabe‚ un posto dove ognuno può dare il proprio contributo, dove può ritrovare il contatto con la bellezza della natura e dove c’è spazio di recupero, di progettazione e di incontro.
Proprio qui, una volta all’anno viene organizzato un campeggio di tre giorni con i ragazzi dei vari distretti della parrocchia di Manakara che‚ finalmente‚ possono stare insieme ed essere bambini, imparando attraverso il gioco. E’ stato un privilegio aver condiviso, anche solo per un giorno, questo momento.

La chiesa costruita da don Giovanni Ruozi con l’aiuto della diocesi di Reggio

Abbiamo visto la luce del Signore nella chiesa nuova di Gesù Misericordioso costruita con tanto amore per volere di Don Giovanni. Nonostante la grandezza della chiesa, ci racconta che alla domenica si può far fatica a trovare un posticino per stare insieme alla comunità e al Signore.
Mentre ci parlava, potevamo sentire la sua gioia, il suo averci messo anima e corpo, la sua umiltà e obbedienza per la preparazione del suo ritorno in Italia.

Presto, anche Damiano avrà la possibilità di iniziare il suo percorso lì. Gli mandiamo un forte e caloroso abbraccio, ringraziandolo per il suo essere sempre pronto a fare e per aver condiviso con noi momenti del campo molto forti che ricorderemo con il sorriso sulle labbra.

Infine, pensavamo che…
forse le persone che abbiamo incontrato qui hanno un filo rosso che le collega, una missione comune: camminare mano nella mano con il Signore, facendo rifiorire persone, piante, animali, ridando la vita, essendo sempre alla ricerca, provando a crescere e maturare, tentando poi di accompagnare anche gli altri in questo cammino.
Ringraziamo il Signore per averci dato la possibilità di fare questi incontri che ci interrogano, ci smuovono e ci lasciano tanta speranza.

In partenza per il campo estivo in Madagascar!

Eccoci qua,
anche se fisicamente non ci siamo mossi molto, se non di qualche chilometro attorno alla nostra città, il cammino in questi mesi è stato lungo e intenso.
Che bello è stato provare a conoscerci e riconoscerci un po’ in quella scintilla che lentamente, ma costantemente, ci brucia dentro!
Sento che ognuno di noi ha tanta voglia e desiderio di comunione, tanta sete di conoscenza diretta che può diventare testimonianza, che apre gli occhi e inevitabilmente ‘slarga il cuore’, come mi disse una volta Padre Danilo.
Emozioni forti e pensieri in circolo oggi in questo aeroporto che ci seguiranno dopo i 7947 chilometri che abbiamo davanti.
C’è soprattutto una frase di una canzone che mi si è attaccata addosso e ora non mi molla più: “Io sarò con te dovunque andrai.”

Ci siamo interrogati in questi mesi sul nostro ruolo durante il campo, abbiamo chiesto quale potesse essere la nostra ‘missione’ e la risposta che alla fine ci siamo dati è il non voler essere supereroi o solamente fare, ma essere umili e provare solamente a STARE. Quest’ultima parola ci ha fatto tanto ridere inizialmente, ma stare dove, come, perché? Poi anche un po’ arrabbiare e impaurire, ma saremo pronti solo a STARE? Siamo davvero preparati a saper accogliere con umiltà, senza giudizio e a cuore aperto tutto ciò che incontreremo?
In qualche importante incontro ho ricevuto parole di luce su questo: guarda negli occhi, soffermati sui particolari, tocca con mano, dài e ricevi quello che riesci, cercalo, non avere timore, contempla e apprezza quei colori così belli e intensi, mettiti in ascolto, parla con chi è stato chiamato a fare scelte forti, raccogli storie, stai, stai e ancora stai lì, nel presente di quello che vivi.
E allora ho capito quanto siano importanti gli incontri, quelli veri ed autentici.

E quindi oggi siamo qui, ci proviamo e ringraziamo per il dono grande di questo viaggio, per questo sorriso di gioia profonda che ci dipinge il viso, che ci fa commuovere e sentire uniti, carichi di aspettative, ma ormai ci siamo… forse siamo pronti ad andare.

I partenti per il campo missionario in Madagascar (09/08-02/09)

Oggi vi presento Ricot!

Lo so… sono in ritardo!!
Ma stranamente questo mese, grazie all’aiuto delle veterane, avevo già deciso cosa scrivere, dovevo solo trovare il tempo per concentrarmi e raccontarvi una storia, a tratti anche molto divertente!
Oggi vi voglio presentare Ricot!

Ricot ha 30 anni ed è arrivato al VTA (Villaggio Terapeutico di Ambokala) a fine marzo, controllando, negli scorsi giorni, ho anche scoperto che è arrivato ad Ambokala lo stesso giorno in cui io sono arrivata a Manakara, coincidenze!?
Per chi non lo sapesse il VTA si occupa della riabilitazione e del reinserimento sociale dei malati psichiatrici.

Ricot è epilettico e prima di entrare in ospedale viveva e dormiva al mercato insieme alla sua mamma, non sappiamo che danni abbia provocato la mancata cura dell’epilessia ma crediamo che Ricot abbia un piccolo ritardo.
Perché non ne siamo convinte? Perché Ricot è intelligentissimo, o furbissimo mettiamola come vogliamo, così furbo da riuscire a simulare uno dei suoi attacchi alla perfezione senza che nessuno sospetti di nulla!

E non contento è un gran pigrone!!! In tre mesi, ha sempre trovato la scusa più o men o perfetta per saltare tutte le attività organizzate per i ricoverati, dallo sport del lunedì all’orto del venerdì!

Una cosa gli interessa più di tutte… le medicine!!!
E voi direte: meno male che gli interessano, sarebbe peggio se non le prendesse!!
Giusta osservazione, se questo non portasse a trovarselo in magazzino/ufficio almeno una volta al giorno!
La prima volta che mi ha visto mi ha detto: “Vazaha! Marary ny tratra aho!”
Vazaha vuol dire straniero (quindi non sapeva neanche il mio nome!!) però sapeva che avrei potuto procurargli delle medicine…un fenomeno!!!

Ricot è fortissimo, ogni volta che lo vediamo arrivare abbiamo “paura” della scenata che ci potrebbe fare davanti, la moda del momento è inginocchiarsi ai piedi dell’Enrica ripetendo “Pardonnez-moi, pardonnez-moi!” per poi rifilarci una scusa perfetta per non partecipare a qualunque cosa stia per iniziare, la risposta classica dell’Enrica è: “ Ricot! Ma alzati da lì, non sei un cane da doverti inginocchiare per terra!” allora lui si alza e tutti scoppiamo a ridere!
Un paio di settimane fa, mentre ci raccontava la sua storia abbiamo scoperto che è stato in carcere quattro anni qui a Manakara, accusato di aver rubato molti di soldi ad un vasaha, peccato che vedendolo ora dubitiamo fortemente sia stato proprio lui a rubarli! Sua madre ci raccontava che non è mai riuscita ad andarlo a trovare in carcere perché è stata per quattro anni a letto senza riuscire a muoversi dopo essere stata picchiata, Ricot è stato quattro anni da solo senza neanche una visita! Allora la domanda sorge spontanea: “Ricot ma come stavi in carcere?” e lui a differenza di tutti quelli che escono ci ha risposto: “Io sono stato bene, mi davano da mangiare, quando volevo una sigaretta me la davano, non c’era bisogno di lavorare e stavo bene!” Credo di non aver mai conosciuto una persona pigra come lui, basta che abbia il cibo e un posto dove dormire e lui è contento ahahah!

Non so se sono riuscita a rendere giustizia alla storia di Ricot ma è veramente una persona divertente, pigra e che non farebbe nulla dalla mattina alla sera!

“Ricot! Ma cosa ti piace fare?”
“Dormire ovviamente, io dormirei tutto il giorno!”
La sua prospettiva di vita? Trovare una donna ricca e vivere da mantenuto, quando ce lo diceva rideva anche lui! In realtà vorrebbe davvero una famiglia e dei figli, abbiamo provato a spiegargli che sarà difficile avere tutto questo se non trova un lavoretto, sicuramente dormendo tutto il giorno farà fatica ad avverare il suo sogno!

In qualche modo ha funzionato, ha iniziato a fare alcune delle attività che gli vengono proposte, solo quelle da vero uomo ovviamente: al lunedì ha iniziato a fare sport, ogni tanto cerca di defilarsi ma lo beccano, l’orto non se ne parla è ancora troppo faticoso forse, però va al corso di falegnameria, si siede e guarda gli altri lavorare perché lui è già capace di fare tutto ovviamente, però dai ragazzi, sono progressi anche questi!!
In tutto questo, due settimane fa mi sono accorta di avere una pulce penetran te in un piede (evito la descrizione, nulla di grave, è già la seconda! Fa solo parecchio schifo!!) dovevo farmela togliere da qualcuno, l’Enrica era impegnata e allora chi meglio di Ricot il supereroe poteva togliermela!!!?

È stato bravissimo, il giorno dopo voleva un regalo in cambio ma su questo sorvoliamo! Da quel fatidico momento però, ho fatto un salto di qualità sono passata da “VAZAHA” a “MA CHERIE MALALAKO” e ne sono al quanto onorata!!
Fine.

Questa è una piccola parte della storia di Ricot ed è una piccola parte anche della mia vita qui, quindi d’ora in avanti mi piacerebbe ogni mese raccontarvi la storia di una delle migliaia di persone fantastiche che incontro qui!
Un abbraccio forte,
Giulia

P.S. questo mese ho ricevuto una mail inaspettata che mi ha resa felicissima e mi ha portato a sentire un paio di persone e a parlare con loro per ore al telefono di qualsiasi cosa!

È stato bello scoprire di essere dentro il loro cuore anche solo un pochino, non me lo aspettavo assolutamente!

Sono ancora felice?! Certo che si!!!

le case antiche di legno e frasche e quelle più moderne con il tetto di lamiera

Siamo fortunati! Giulia Farri è giunta a destinazione

Questo mese sono arrivata a Manakara, ho conosciuto la mia nuova comunità e ho iniziato il mio servizio al Villaggio Terapeutico di Ambokala, servizio che prevede di uscire con l’assistente sociale per andare a visitare le famiglie dei malati che si curano a casa e di quelli che sono stati dimessi, questo comporta entrare nelle loro case ed entrare un po’ anche nelle loro vite.
Quando ero in Italia mi era stato detto che sarebbe stato un privilegio poter fare queste visite ed ora, anche se è stato per due volte soltanto, ho capito molto bene il perché.
Qui hanno sempre un sorriso dolce e gentile da donarti, molte persone vivono in case di legno magari anche in 5/6 con una sola stanza che fa da cucina, sala da pranzo e camera da letto, però hanno sempre qualcosa da offrirti anche chi, magari, una casa nemmeno ce l’ha.
Quindi io ve lo voglio dire.
Siamo fortunati!
Siamo fortunati perché abbiamo una casa in cui tornare,
siamo fortunati perché abbiamo un tetto per ripararci dalla pioggia,
siamo fortunati perché abbiamo la possibilità di curarci,
siamo fortunati perché abbiamo un letto in cui dormire,
siamo fortunati perché abbiamo tutti i giorni qualcosa da mangiare,
siamo fortunati perché abbiamo un bagno,
siamo fortunati perché abbiamo una doccia, anche se ha solo acqua fredda,
perché qualcuno non ha neanche quella!
Siamo fortunati perché abbiamo una famiglia da cui tornare,
siamo fortunati perché anche se facciamo degli errori questa famiglia ci accoglie sempre a braccia aperte,
siamo fortunati perché anche se qualcuno una famiglia non ce l’ha, ha degli amici su cui fare affidamento,
siamo fortunati perché tutti al mondo abbiamo almeno una persona che ci ama con i nostri pregi e i nostri difetti,
siamo fortunati perché la maggior parte di noi, nella vita, ha incontrato persone che l’hanno aiutata a crescere,
siamo fortunati perché anche chi non c’è più nel nostro cuore resterà sempre!
Quindi c’è poco da fare, siamo fortunati!
Impariamo a sorridere e a gioire di quello che abbiamo, e se ci sembra di avere poco
ricordiamoci che nel mondo ci sono tantissime persone che hanno meno di noi
ma sanno donarsi completamente!
E infine siamo fortunati perché qualcuno ci ha donato questa vita,
e non ce l’ha data per noi stessi ma per donarla agli altri!
Dobbiamo essere grati perché diciamocelo: la vita è meravigliosa!

Giulia Farri

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