La vita spirituale delle comunità è una priorità

 

Santo Antônio do Içà – Amazonas 10/08/2020

Lettera n.2 di don Gabriele Burani

Vogliamo rendervi partecipi del cammino della nostra diocesi reggiana in terra amazzonica. In questa lettera cerco di comunicare qualcosa riguardo la vita di Chiesa e le sfide che abbiamo. La parrocchia di Santo Antônio do Içà ha una città e le comunità lungo il fiume Içà e Solimões/Rio delle Amazzoni, come ho scritto nella prima lettera.

In città abbiamo 6 comunità con una cappella in ogni comunità, compresa la Chiesa centrale, più 2 comunità in via di formazione: dovremo costruire una chiesetta con un centro di ritrovo e soprattutto dare una struttura alla comunità di persone.
La prima impressione delle comunità cattoliche è che sono comunità piccole, con poche persone che partecipano; prevale una fede di tipo devozionale: si ritrovano per la novena delle “mani insanguinate di Gesù” in una cappella, per le orazioni di Nostra Signora del “Perpetuo Socorro” in una altra, il Rosario degli uomini in un’altra ancora e altre devozioni simili e questa sembra la principale attività settimanale delle comunità, assieme alle messe. Ci sono solo 8 comunità, quindi, con la possibilità di celebrare l’Eucaristia frequentemente in città; mentre per le comunità sul fiume abbiamo avuto la possibilità di un viaggio con frate Gino e la sua barca in dicembre, prima dell’effettivo trasferimento della comunità cappuccina.

Poi, per mancanza di una barca e per la pandemia non è stato possibile fare visite alle comunità sul fiume. Nella Chiesa centrale il giovedì sera l’adorazione eucaristica è senza il classico silenzio ma solo canti, preghiere e alla fine, dopo la benedizione, il momento più atteso: si va in processione verso l’altare per toccare l’ostensorio!

Ci ha colpiti anche la presenza di ministranti – in questo contesto sociale povero, dove tutti andiamo con ciabatte e vestiti semplici – con talare rossa e cotta bianca, a mani giunte, abituati a fare mille inchini…  e anche la partecipazione della gente è rigida e formale.  Abbiamo introdotto qualche piccolo cambiamento (come la comunione anche al calice, un leggio all’entrata della Chiesa con il lezionario… evito di far toccare l’ostensorio… invito alla preghiera silenziosa…) suscitando una reazione negativa esplicita da parte di alcuni, che seguono pedissequamente il Diritto Canonico  e le rubriche liturgiche; non è male seguire il Diritto e le rubriche, ma quando manca lo studio sulle motivazioni e la consapevolezza dei valori in gioco, si cade in un formalismo rigido e sterile, poco evangelico. Probabilmente anche la maggioranza delle persone, che non si esprime davanti a noi, non ha accettato di buon grado il cambiamento… dai frati cappuccini ai missionari italiani diocesani.
Abbiamo trovato un contesto molto litigioso: nel gruppo liturgico che si era formato da pochi mesi vi erano tensioni e infine la maggior parte delle persone se ne è andata, soprattutto quelli che non accettavano le (poche) novità che noi preti italiani abbiamo introdotto. Mi hanno invitato a partecipare al gruppo liturgico e i primi due incontri sono stati quasi solo una accusa al nostro modo di celebrare su questioni di poca importanza. Poi il gruppo si è dissolto! Sto tentando di ricominciare, con i pochi disponibili, con incontri di formazione liturgica e organizzazione delle liturgie il lunedì sera.

Abbiamo imparato che il momento più importante della Pastorale è la festa del Patrono della comunità; novenario o tredici giorni per Santo Antonio, di festa, con la messa alla sera, cene, giochi, musica… ogni giorno. I frati celebravano la messa ogni giorno del novenario della comunità, sospendendo la attività nelle altre, invitando a partecipare tutti alla festa del santo. Ma ho constatato che questo non avveniva ovvero: di notte si spostavano le poche persone della comunità che erano presenti assiduamente, quelli che possono avere una auto o moto per spostarsi di notte in altri quartieri della città. E la maggioranza più povera, economicamente e spiritualmente rimane sempre esclusa perché non viene offerta una reale possibilità per loro.
Nel nostro pensiero questa abitudine ha un grosso limite: la vita della comunità si riduce quasi solo alla festa del patrono e si perde di vista il percorso ordinario. Ci si ferma ai ricordi nostalgici: il giorno della festa di san Francesco la piazza era piena! Certo, una volta l’anno! 
Ma la domenica, di solito, quando si celebra la messa, la cappella e semi-vuota.  Battesimi, matrimoni…  Tutto si fa nella occasione della festa del patrono. Poi per il resto dell’anno, quasi zero. È un ricordo della prima attività missionaria, quando il prete arrivava (e in alcune zone è ancora così) una volta l’anno per la festa del patrono e quindi si celebravano battesimi, cresime, matrimoni…  tutto il ‘religioso’ possibile.

Nella pratica della città sono rimasti questi ricordi, ma la realtà è ben diversa. Sto cercando di insistere per avere una vita ordinaria attiva nelle comunità e non ridursi ad una festa una volta l’anno.

E ho proposto di continuare le normali celebrazioni nelle comunità anche quando ci sono i novenari o trezenari dei patroni di qualche comunità, perché sarebbe interrompere sempre il ritmo di celebrazione e formazione delle comunità (nella loro impostazione sarebbero quasi cento giorni ogni anno senza una vita ordinaria dei fedeli). E visto che siamo due preti e uno di noi sarà molte volte in viaggio sul fiume, non si potrà avere la messa tutti i giorni nella novena del patrono, visto che continua il servizio alle altre comunità. E anche per educare a varie forme di celebrazione, ho proposto di fare una sera la Liturgia penitenziale, una sera l’adorazione eucaristica, la Liturgia della Parola… insomma altre forme di Liturgia oltre alla Messa. Naturalmente erano tutti contrari ( o quasi tutti) e non accettavano queste proposte, che poi sono state imposte: non sempre il parroco deve seguire il volere della maggioranza. 
Questi piccoli attriti iniziali ci hanno creato qualche difficoltà ma abbiamo agito pensando al bene delle persone, e pensando al futuro e non solo alle abitudini devozionali del presente. Per noi era anche difficile prendere decisioni per vari motivi: difficilmente le persone dicono in faccia quello che pensano, ma le opinioni ed eventuali dissensi arrivano indirettamente e non immediatamente.   
Non c’era un Consiglio Pastorale Parrocchiale, non c’era un Consiglio Pastorale della comunità centrale di Santo Antônio, non c’era il Consiglio per gli Affari Economici; non sapevamo con chi confrontarci per eventuali decisioni. Quindi si prova, a volte si sbaglia perché il contesto culturale e ecclesiale è diverso e si ritenta.
Per dare una stabilità, abbiamo deciso di celebrare l’Eucaristia festiva nelle comunità e di togliere quella che facevano durante la settimana, per fare una formazione biblica settimanale in ogni comunità. Dopo qualche incontro in generale sulla Bibbia, ora stiamo lavorando sulle letture domenicali, con il metodo – grosso modo – della Lectio Divina.
Lo scatenarsi della pandemia del Covid19 ha interrotto i nostri intenti; ora stiamo lentamente riprendendo i nostri incontri, anche se la diffusione del Coronavirus continua, anzi, sembra stia peggiorando negli ultimi giorni.
Sono poche le persone che partecipano alle liturgie e agli incontri di formazione, ma credo importante impostare la vita delle comunità perseverando nella proposta spirituale.  Seminare!!!