Intervista a Damiano Galavotti

 

Damiano  Galavotti di Carpi, 23 anni, rientrato dal Madagascar dopo 18 mesi di servizio, ci racconta la sua esperienza.

Quali spinte e curiosità ti hanno portato a decidere di partire?

In realtà mio padre fin da piccolo mi ha sempre parlato del Madagascar e di Ampasimanjeva. Prima di partire per un periodo un po’ più lungo avevo già vissuto due esperienze come volontario in missione, ciascuna di un mese: la prima nel 2016 in capitale e la seconda nel 2017 a Manakara e Ampa. Proprio in questa occasione ho maturato la scelta di tornare. “E’ un posto bello, mi piace “.

Cosa ti ha affascinato in questo pensiero di tornare? 

“La natura, il desiderio di conoscere l’ambiente, lo stare insieme ai volontari là e il vedere che era veramente necessario aiutare, in ogni ambito; anche se non parlavo la lingua sono sempre stato accolto col sorriso. Quando sono rientrato dal secondo mese di esperienza, nell’Ottobre del ‘17, dopo appena 3 giorni mi sono presentato al Centro Missionario di Reggio Emilia, nonostante avessi ricevuto un’offerta di lavoro; ma volevo avvicinarmi al mondo delle missioni per poi decidere se partire. Per mettermi avanti, ho frequentato il corso di Villa Borettini. Poi, un poco combattuto se lavorare o partire, ho deciso per la seconda opzione, dicendomi < se non la faccio ora questa esperienza non la faccio più>. Ho trascorso un mese in Casa di Carità a Novellara nel 2018 per imparare a vivere in comunità e poi sono partito per il Madagascar. Mi sono fermato prima un mese in capitale per studiare la lingua e poi ad Ambositra dove, con elettricisti italiani, abbiamo rifatto tutto l’impianto elettrico in Casa di Carità; dopo finalmente sono sceso a Manakara dove ho iniziato la mia attività.

Parlaci di questa città

Manakara è una città di 30.000 persone, si attraversa in bici in 20 minuti, bella e tranquilla, casette a 2 piani, qualche albergo in costruzione; il mercato quotidiano si tiene sotto un’unica tettoia con tante bancarelle di frutta e verdura. Nei pressi c’è la stazione del treno e degli autobus. Intorno al mercato ci sono bancarelle: ferramenta, barbiere, bar; ognuno, dove trova posto, vende i suoi prodotti.

L’inizio è stato un po’ difficile: oltre ad andare alla fattoria agricola (Ferme) messa in piedi da Luciano Lanzoni,  ho iniziato a seguire il Centro ragazzi con bambini che vivono per strada, soprattutto al mercato; per 2 pomeriggi alla settimana li portavo in una saletta per fare attività o guardare un film, oppure al mare. Comunicare coi bimbi all’inizio non è stato semplice poiché parlano un dialetto locale, ma a gesti e sorrisi ci si intendeva bene.  Pian piano dopo 5 mesi ho iniziato a interagire con le persone alla Ferme, fattoria in cui i malgasci che lì lavorano ricevono un salario. La cosa interessante è la formula che alla Ferme viene concordata col lavoratore: egli lascia in deposito una piccola quota dello stipendio ogni settimana e per tutta la durata del suo contratto; viene stabilito coi responsabili un obiettivo d’acquisto (ad es. una mucca) e al lavoratore viene poi restituita la somma in modo che lui riesca ad effettuare l’acquisto. Questo perché la gente non è abituata a risparmiare.


Hai tentato di educare i bimbi a te affidati o li hai semplicemente accolti nella loro totale libertà?

La decina di bimbi a me affidati di 8 o 15 anni vivono e dormono al mercato, non hanno famiglia, mendicano per la strada. Hanno i genitori ma non vogliono vivere con loro, perché li obbligherebbero a frequentare la scuola o a lavorare a casa.

 

Soddisfazioni, momenti belli vissuti

Sono riuscito a godermi questa esperienza e il tempo è volato soprattutto negli ultimi 10 mesi. Lasciato il centro ragazzi a Chiara e Lorenzo ho aumentato i giorni alla Ferme, e sono andato con una suora a distribuire i pasti di riso e fagioli in carcere ai più denutriti, offerti dalla Croce Rossa internazionale. Ho poi prestato opera a Tsararano, in un centro per

ragazzi ritardati. Fanno lezione la mattina a scuola e nel pomeriggio imparano a coltivare e ad allevare. Io stavo lì per farli giocare e svagare. Ho imparato a fare i formaggi alla Ferme, in agosto ho accompagnato i campisti, sono andato con don Stefano Torelli nella costa ovest per vedere i famosi baobab, poi un mese ad Ampa per avviare un impianto di Rete all’ospedale.

 

Dimmi qualcosa del carcere

Già dire che in un carcere da 200 posti ci stanno in 700 è già un dato emblematico. Ma come fanno? Sono al buio, in stanzoni; all’ interno del carcere c’è gente che baratta le proprie povere cose perché essendo garantito 1 pasto al giorno a base di manioca, il cibo proviene da casa per chi è più fortunato. Per questo motivo barattano, ad esempio verdure con sigarette.


Per quali crimini si viene arrestati?

In luglio e agosto principalmente per avere rubato vaniglia. È un bell’introito se riesci a venderla. C’è gente che ha rubato, ucciso, ma lì è molto facile essere incarcerati: basta che tu faccia uno sgarro a qualcuno, questo va dalla polizia, magari con un testimone “comprato” che ti accusa; sei incarcerato e prima del processo passano mesi, magari anche anni. Il sistema giudiziario è un problema. Il carcere è strutturato in tre reparti: uomini, donne e minori. La situazione igienica è terribile. Ora hanno cementato tutto il cortiletto interno, che prima era di sabbia nera da quanto è sporca. 


Qualche frammento di vita

Mi ritengo una persona molto semplice e mi ha colpito la semplicità della vita, la sua non programmazione. Qua da noi si pensa sempre a mettere in fila le cose da fare. Là no. Andavo alla Ferme, stavo là la giornata, poi ritornavo a casa. La vita non è complicata. La gente sorride sempre.
Il no
stro mondo non lo conoscono; lo sentono più che altro alla radio. Molti hanno il telefono ma nn usano internet … non tutti sono informati. Alcuni ti parlano in francese, ma quando sentono che rispondi in malgascio sorridono e sono allo stesso tempo stupiti.

Mi ha molto colpito la natura, il cielo, le stelle veramente sono una cosa incredibile. Quando ti metti fuori a guardarle qualcosa ti si muove dentro, inizi a riflettere, a fare un po’ di discernimento, è bello.

Momenti di paura non ne ho mai vissuti. Solo alla sera mette un po’ soggezione quando si deve andare a casa in bici perché non c’è illuminazione stradale. Momenti gioiosi ne ho avuti; per esempio io ero contento quando arrivavo a casa stanco morto fisicamente, perché sapevo di avere dato tutto, oppure quando vedevo le persone felici di vedermi. Là sei felice quando stai bene con te stesso, quando sai che stai facendo la cosa giusta, appagato soprattutto quando facevo della manutenzione. Nessuno è indispensabile però fa piacere essere cercati. Io poi riesco ad andare d’accordo bene o male con tutti. Ricordo anche belli i nostri momenti di preghiera e di lettura del Vangelo con la condivisione.


Progetti futuri?

Ora sono dell’idea di rimanere un po’ qua, di guardarmi intorno, poi si vedrà. Vediamo cosa dice il Signore.