Andriamanitra: “Signore profumato” è il nome di Dio

 

Ampasimanjeva
23-1-2022

Lasciamo la strada asfaltata, unico asse che collega città e villaggi della costa Sud-Est del Madagascar. Ci aspettano 12 km di strada in terra rossa, oggi battuta, ma fino a pochi mesi fa difficilmente percorribile, perchè solcata da fuoristrada come il nostro e carri trainati dai buoi.
In una mezz’ora, attraversando diversi villaggi e guadando un corso d’acqua, in questa stagione ancora attraversabile, arriviamo ad Ampasimanjeva.
La povere sollevata dal passaggio dei mezzi o dal vento forte dei cicloni, sfuma ogni superficie di un rosso mattone: le pareti delle capanne di legno, i piedi scalzi, i vestiti sgualciti dei bimbi.
A questa monocromia fa contrasto il verde vivo delle risaie, che giovano del quotidiano alternarsi di pioggia e sole.
Lasciandoci il vasto letto del fiume Faraony sulla destra, oltrepassiamo una sbarra: “Fondation Médicale Ampasimanjeva”.

Il posto che mi ospiterà per i prossimi mesi si svela pian piano, un padiglione alla volta. Mi sembra che si sviluppi tutto sulla parte sinistra di questa collina…Subito il triage del Pronto Soccorso e la degenza degli adulti, poi la maternità, poco più avanti la pediatria. Intanto, abbassando un po’ lo sguardo, noto che l’ospedale e tutto ciò che gli ruota attorno, si estende anche alla mia destra. Alle case in ravinala dei dipendenti e delle loro famiglie, si alternano ad altre strutture: una Cappella anch’essa in legno, sobria e accogliente; un caseggiato che ospita temporaneamente famiglie con malati tubercolotici; uffici, officine e magazzini ogni genere.

In fondo ai 200 metri di strada, attorno ai quali questo brulicare di vita si affaccia, lo sguardo si posa sulla sala operatoria e la casa delle suore.

“Fondation Médicale Ampasimanjeva”
Sono appena arrivata e ogni giorno che passa scopro qualche ingranaggio in più di questo ospedale, organismo complesso del quale ancora capisco poco, ma di cui gusto un senso di crescente armonia.
E’ un sistema articolato, fatto di tante persone, servizi e relazioni, il tutto però volto ad un stesso obbiettivo: servire la popolazione, per lo più povera, della zona limitrofa.
E’ una melodia a più voci, tanti volti e storie si intrecciano quotidianamente in questa piccola parte di mondo.
Una mamma, accovacciata sotto al portico in attesa della visita medica, allatta il suo bimbo.
Un figlio veglia il padre, ricoverato per una forma di tubercolosi grave.
Intanto suona la campana, il personale si affaccia dagli ambulatori sul giardino e si viene a formare un grande cerchio insieme ai pazienti e alle loro famiglie. E’ occasione per iniziare la settimana insieme, nella preghiera cantata e ascoltando il medico fornire qualche informazione sanitaria.
Poi ognuno torna al suo lavoro: si aprono le porte della cassa e della farmacia, che garantiscono comunque a tutti le cure, chiedendo, quando possibile, una piccola partecipazione.
Gli infermieri iniziano le medicazioni e i medici le visite.
Le famiglie dei malati, fanno ritorno ad un’unica grande stanza comune, le stuoie a terra per la notte e tanti focolari dove sta già cuocendo il riso da portare ai degenti.
Dall’ officina il rumore della pialla dei carpentieri che lavorano il legno, nel magazzino si stanno contando i sacchi di fagioli rimasti per distribuzione ai ricoverati, ai tubercolotici e alle famiglie povere del villaggio.
La stufa a legna della cucina delle suore inizia a sfornare il pane caldo, mentre una neonata abbandonata è cullata mentre prende il latte.
La piccola Nirina, accolta dalla comunità insieme alla sua mamma e ad Aubin, abbandona momentaneamente il piatto per rincorrere divertita le galline che fanno loro compagnia durante il pasto, su una stuoia di rafia intrecciata, davanti all’ingresso di Casa.
Un bimbo deve essersi arrampicato su un’alta palma, perché piovono cocchi e tra le foglie lassù si sente una voce vispa.
Più in basso, tra i fiori colorati e profumati, altri suoi coetanei giocano e schiamazzano.
Mentre in Cappella inizia il canto del Vespro, acceso il generatore, si attiva il personale di sala operatoria per un cesareo d’urgenza.
Quando rientriamo in Casa, insieme al dottor Martin, la tavola è apparecchiata e la cena servita. Per chi vuole la giornata si conclude con la visione di un film oppure una partita a carte.

Il tempo sorre veloce ed è subito sera, e prima di addormentarmi penso…

Una quotidianità così è un vortice di vita che emana un profumo particolare, dolce e fresco: si respira un senso di alleanza nel e per il bene, una comunione d’Amore, che è l’essenza di Dio: “Andriamanitra”, “il Signore profumato”.

Buona domenica!
Giada Tirelli

giada Madagascar 2