Albania 2022 – Accogliere e lasciarsi scompaginare

 

Leggendo i pensieri che sono raccolti qui di seguito avrete modo di maneggiare dei veri e propri pezzi di un tesoro. Infatti tutte le parole scritte rispettano quelli che potremmo chiamare i due pilastri della nostra esperienza: l’accoglienza e il lasciarsi scompaginare. Per quanto riguarda il primo, abbiamo avuto modo di provare inaspettatamente sulla nostra pelle l’arte dell’accoglienza esercitata anche da chi sembrava non averne gli strumenti.
Il secondo pilastro, invece, tocca uno dei punti deboli della nostra quotidianità. Sì, perché lasciarsi scompaginare può voler dire dover ripensare l’organizzazione delle nostre giornate, come anche rimodulare i propri valori e le proprie priorità. Pensando a queste ultime righe capirete, quindi, quanto sia importante “maneggiare con cura” quello che vi apprestate a leggere, perché vi accorgerete come questi pensieri non riguardino solo chi li ha scritti, ma anche voi che li leggerete.

Vi auguriamo una buona “sprogrammazione”!

 

Quando ho accettato di fare questa esperienza non ero consapevole di quello che mi aspettava, in realtà non è che mi aspettassi tanto in generale. Ok, sapevo di andare in un paese sconosciuto e di dovermi mettere al servizio degli altri, ma più di questo non avevo idee. E partire senza sapere cosa ti aspetta è sempre un po’ spaventoso.
Quando siamo arrivati là, la sorpresa è stata grande. A esperienza finita posso dire che di sicuro non era quello che mi aspettavo, sia per le attività, sia per le persone, sia per le situazioni a cui abbiamo assistito. Credo che in tanti siamo stati colpiti dalle condizioni di povertà diffusa, una povertà talmente grave da non riuscire neanche a immaginarla, soprattutto per chi non ha mai visto una realtà simile.

E nonostante questo le persone sono state accoglienti: ci hanno offerto da bere, da mangiare, si sono fermate a chiacchierare con noi.

È stato un forte shock fare esperienza di quella povertà, sapere di essere così fortunati. Penso sia stata un’esperienza molto importante e sono molto contenta di aver partecipato. La missione ti cambia la vita.

(Grazia)


All’inizio non volevo partire perché avevo il terrore non avendo mai fatto un’esperienza del genere; poi i mesi passavano e man mano che la partenza si avvicinava, la paura continuava a crescere. Quando è arrivato il momento di partire con me ho portato anche questa ingombrante valigia riempita di paura, ansia, pregiudizi che ho accantonato in un angolino della stanza una volta arrivati perché l’accoglienza del popolo albanese è stata così calda e sincera che subito mi sono sentita a mio agio.
In questi dieci giorni abbiamo avuto modo di vedere diverse sfumature dell’Albania, un Paese che non conoscevo per niente e mi ha lasciato senza parole per i suoi paesaggi meravigliosi che abbiamo potuto osservare anche al mattino, durante gli spostamenti in pulmino per raggiungere i luoghi dei diversi incontri che erano stati organizzati per noi. Durante questi incontri ho potuto ascoltare molte testimonianze a proposito della storia del popolo albanese durante il regime comunista; ascoltare queste storie e vedere la prigione di Scutari è stato straziante. Prima di partire non sapevo assolutamente niente riguardo il passato dell’Albania e mi chiedo come sia possibile parlare così poco di un passato così doloroso e che ha segnato profondamente il Paese.
Abbiamo anche incontrato persone che ci hanno raccontato del loro lavoro e di quello che stanno facendo per permettere ai giovani di trovare uno spazio e di far avere loro un futuro nella loro terra; abbiamo incontrato persone che quotidianamente mettono il cuore in quello che fanno, cercando di fare quello che riescono per aiutare le persone e le famiglie più in difficoltà e che non hanno davvero niente. L’incontro con queste ultime mi ha colpito molto perché mi ha fatto capire quanto siamo fortunati e spesso non ne siamo abbastanza consapevoli, siamo abituati a dare per scontato qualsiasi cosa, quando ci sono ragazzi che non sanno neanche se potranno continuare ad andare a scuola e proseguire gli studi. Penso che prendere coscienza di queste realtà sia veramente utile per farci capire che non c’è solo il mondo che conosciamo noi, ma che ci sono situazioni completamente diverse e di cui noi non sappiamo niente; credo sia importante farle conoscere alle persone, poiché importante può essere l’aiuto che possono dare.


Una parte importante di questa missione è stato il campo estivo al pomeriggio. Il primo giorno è stato un pochino difficile perché non sapevamo bene come comunicare e come entrare in relazione con gli educatori albanesi e con i bambini, ma già dal secondo le cose hanno iniziato ad essere molto più facili; con gli educatori parlavamo in inglese, con alcuni anche in italiano, mentre con i bambini più grandi potevamo farci capire tramite qualche parola di inglese e con i gesti; con i bambini più piccoli, invece, bastava allungare la mano e sorridere loro che subito ricambiavano il gesto.
Con il passare dei giorni la confidenza cresceva e cresceva anche il rapporto tra noi e gli educatori albanesi. In particolare mi rimarranno nel cuore due ragazze con le quali ho legato di più; ogni volta che mi vedevano, mi venivano ad abbracciare e questa cosa mi faceva molto piacere perché sentivo che nonostante la “difficoltà” della lingua, stavamo costruendo un’amicizia.
Credo che questa esperienza non sarebbe stata la stessa se il gruppo con il quale sono partita fosse stato diverso. Conoscevo poche persone e per una super timida come me era un problema perché solitamente faccio molta fatica a lasciarmi andare e ad aprirmi con gli altri, invece mi sono trovata subito bene, mi hanno fatto tutti sentire a mio agio e nel giro di qualche giorno mi sono lasciata completamente andare e ho potuto conoscere meglio chi già conoscevo, ma soprattutto ho creato un bellissimo rapporto con chi non conoscevo per niente, come ad esempio le ragazze che erano in camera con me; con loro mi sono trovata veramente bene e sentivo che potevo parlare di tutto senza vergogna o senza essere giudicata e così è stato.
Sono molto contenta di essere partita per questa esperienza. La rifarei altre mille volte perché mi ha dato veramente tanto, mi ha fatto capire che vorrei prendere parte ad altre missioni, mi ha fatto capire che i pregiudizi che si hanno non corrispondono per niente alla realtà.
In dieci giorni sono cambiata, ho cambiato modo di vedere le cose, ho cambiato modo di rapportarmi con le persone. È stata un’esperienza che consiglio a tutti perché queste cose ti riempiono il cuore, ti arricchiscono, ti aiutano a crescere ed è questo che mi porto a casa.

(Arianna)


Se baskhu. (=Insieme)

Questa è stata la parola chiave del nostro cammino.
Siamo partiti come entità singole, ognuna con una propria storia e con un obiettivo più o meno chiaro, ma fin da subito abbiamo deciso di iniziare a camminare insieme, nel rispetto delle nostre diversità e dell’arricchimento reciproco.
Abbiamo vissuto un grande turbinio di emozioni nei giorni trascorsi in Albania.
Siamo rimasti positivamente colpiti dall’accoglienza calorosa del popolo albanese: dalla cucina della nostra cuoca Lisa che ogni giorno ci ha coccolati con amore e con le sue strabilianti doti culinarie alla pronta gentilezza con cui ogni persona ci ha aperto le porte di casa propria, offrendoci un bicchiere generoso di Raki o di coca cola, un piatto di fichi, uva e anguria, dei cioccolatini o delle ciambelline all’albicocca.
Abbiamo sofferto insieme alla suora, compagna della martire Maria Tuci durante la sua testimonianza, ci siamo arrabbiati di fronte alla povertà nuda e crudele che abbiamo visto a pochi km da casa nostra, ci siamo sentiti impotenti di fronte a certe situazioni, luoghi, dinamiche.
Ma abbiamo anche riso di gusto: nei nostri momenti conviviali, nei viaggi in pulmino, durante i balli e i giochi del coloratissimo campo estivo a cui abbiamo partecipato.

(Giulia)


Sabato mattina, Vau- Dejës, Casa della Carità.

Una famiglia accogliente ci apre le porte per l’inizio del nostro cammino. Ad aspettarci Pashk e Fabian, insieme a suor Maria, Eleonora (una ragazza missionaria proveniente da Modena) e Rejina. Subito ci stupisce il senso di accoglienza e amore che pervade tutta la casa, e non solo: chiunque incontriamo è disposto ad aprirci la propria casa e offrirci qualsiasi cosa per farci sentire considerati. Poi don Mark ci presenta gli educatori che ci accompagneranno nel corso del campo estivo e subito ci ritroviamo catapultati su un altro pianeta, nel doverci confrontare con bambini, ragazzi e ragazze che parlano un’altra lingua.
I giorni successivi ripercorriamo tutti i luoghi che sono stati centrali per il servizio missionario in terra albanese, a partire da Gomsiqe, per poi finire in una piccola parrocchia sperduta tra le colline brulle. Nel corso della settimana ascoltiamo testimonianze riguardo i martiri il cui sangue ha bagnato il suolo albanese non invano; la loro memoria diventa motivo per noi di riflessione e condivisione, in particolare ricordiamo la vita della martire Maria Tuci, che ci viene illustrata da una motra (suora) sua coetanea che ha condiviso con lei parte della sua adolescenza in convento.
E poi ancora i giochi al pomeriggio con i bambini, i bans nel cortile della casa e le risate insieme agli animatori.
Martedì e mercoledì mattina andiamo alla scoperta di Scutari, città dalle mille culture, centro di convivenza e culto di tante religioni ed edifici religiosi.
Incontriamo successivamente le Clarisse che ancora una volta ci danno testimonianza della loro vita durante il regime e le repressioni del partito comunista.
Incontriamo infine Laura, missionaria della Papa Giovanni XXIII che ci illustra tutti i problemi ai quali il Paese deve fare fronte, dalle vendette di sangue, alla violenza domestica, per non parlare poi della deplorevole condizione sociale di donne e persone con disabilità.
Ho deciso di parlare al presente, perché è oggi che abbiamo vissuto questa esperienza ed è oggi che dobbiamo farne memoria e condividere quanto abbiamo potuto apprendere; è in questo momento che dobbiamo far sentire la voce dei giovani albanesi che decidono di andarsene per cercare opportunità altrove, delle donne vittime di violenza e di un sistema ancora purtroppo patriarcale e dei missionari che, in completa gratuità, offrono il loro tempo per poter lasciare il segno.
Questa esperienza deve farci riflettere sul nostro presente, su ciò che noi possiamo cambiare affinché il futuro possa essere migliore. Dobbiamo scegliere di cambiare oggi.
Ringrazio tutti i compagni di viaggio con i quali ho potuto condividere questa meravigliosa esperienza.

(Margherita)