“Mora mora”… piano piano
Mi ritrovo a scrivere qualche riga al termine di una giornata particolare, in un periodo, quest’ultimo mese, già di suo particolare…
Perché?
Iniziamo dalla fine!
Siamo partiti ieri mattina da Ampasimanjeva con un fuoristrada carico di persone e bagagli alla volta di Anorombato, un villaggio a circa 20 km da qui, per partecipare al tradizionale pellegrinaggio mariano. Dopo un’ora e mezzo di su e giù su pista in terra rossa ben scavata dalle ruotate, tra risaie e ravinala, raggiungiamo un prato ombreggiato dove, insieme ai tanti giunti a piedi da villaggi lontani, abbiamo partecipato alla Messa della domenica.
La benedizione finale l’abbiamo ricevuta su una grande spianata un paio di chilometri più a Ovest, che abbiamo raggiunto in processione tra canti e preghiere, vivacemente animati da Scout e catechisti.
L’aria è profumata dai primi boccioli del mango, anche il caffè, sei mesi dopo il passaggio dei cicloni, torna a fiorire di bianco.
I lamba colorati e di mille fantasie cinti ai fianchi di bimbe e donne Antaimoro hanno incoraggiato anche me e Teresa a vestirci da festa secondo i costumi di questo popolo.
Arrivati ad Anorombato, conclusa la celebrazione, ci sistemiamo in una casetta di legno.
Giorgio e alcuni altri sono già lì da qualche giorno e hanno portato una quantità spropositata di materiale, tra cui un gruppo elettrogeno, delle casse audio grosse come me, pentolame vario…e sono anche già state preparate ampie tende per i pellegrini in vista della notte.
Anche attorno al nostro fuoco c’è già qualche donna che prepara da mangiare. Ogni gruppo ne ha uno…sarebbe impensabile fare da mangiare per tutte quelle centinaia, forse migliaia di persone!
Ci sistemiamo e dopo pranzo raggiungiamo in pochi minuti il posto che l’indomani ci avrebbe accolto per la Messa dell’Assunzione.
È un anfiteatro naturale, avvallamento di un piccolo corso d’acqua, che appena più a monte fa una cascatella e un piccolo bacino naturale.
Mentre qualche anima pia con doti stilistiche intreccia con cura stoffe e tessuti per decorare una formazione rocciosa che fungerà da altare, io mi siedo su una pietra a bordo del fiume e guardo curiosa la vita scorrere intorno a me.
Qualche giovane si mette in posa sotto la cascata, vestito e bagnato fradicio, per farsi immortalare dallo scatto di un amico.
Sulle rocce un po’ più in alto tanti bimbi e ragazzini passano il pomeriggio, tra una chiacchiera e l’altra, con le gambe a penzoloni nel vuoto.
Due metri più in basso, tre donne ormai mature arrivano per lavarsi e con grande naturalezza tolgono la maglietta e si aiutano nell’insaponarsi la schiena.
Nel mentre anche una bimbetta, lì dove l’acqua è appena meno profonda, si lava i denti con uno spazzolino.
Il sentimento che mi accompagna è lo stupore per la spontaneità con cui questa scena si svolge.
Passano più di due ore e chi, a differenza mia, stava lavorando, ha finito di preparare l’altare, che ora è decorato con drappi bianchi e gialli che pendono da un albero e avvolgono la roccia.
Anche la Madonnina, nella piccola grotta scavata sotto la cascata, ha ricevuto un bel mazzo di fiori, di quelli che forse in Italia non si trovano neanche dal fiorista e qui invece crescono spontanei.
Tornati al “campo base” è ora di cena.
Tra un boccone di riso e l’altro, uno dei seminaristi lancia una proposta. Dopo cena ci saranno canti, balli e scenette, ogni Villaggio o gruppo potrà inscenare qualcosa. Sarebbe molto divertente se anche voi “Vaza” cioè “stranieri”, veniste sul palco…
“Ma non abbiamo preparato niente e per di più non siamo capaci…”
“Non vi preoccupate, fate le mosse che facciamo noi!”
E così, mezz’ora dopo, con addosso un improponibile vestito bianco a fiori rosa noi ragazze e la dottoressa Hortense, camicetta scozzese gli uomini, un lamba annodato sul petto le suore e anche il parroco in borghese, siamo andati in scena con un balletto che ci ha e ha divertito tanto.
Finito il nostro show la festa è continuata ancora, ed è stato bello vedere come la danza è naturale e istintiva per i malgasci.
Noi ad una certa abbiamo preso la via del letto.
Beh insomma per modo di dire…
Ci aspettava una stuoia stesa a terra.
Confesso che è decisamente scomoda ma un’esperienza da provare, visto che c’è chi ci dorme tutte le sere.
Un po’ sul fianco sinistro, un po’ sul destro, un po’ a pancia in su, è venuta mattina e alle 6.30 e neanche troppo incriccati, eravamo fuori a preparare da mangiare.
Chi ha tirato il collo a qualche gallina, chi ha tagliato cipolle, insomma, tutti all’opera. Anche tre ragazzini del paese ci hanno aiutato a pelare le carote mentre canticchiavano.
Se il riso a pasto non mi fa più tanto effetto, il riso a colazione è qualcosa a cui non mi sono ancora abituata, ma quando si è insieme alla gente è bello condividere anche il mangiare.
Alle 8.30 il pranzo era pronto, anche perché alle 9 tutti di nuovo eleganti per la Messa di chiusura!
Pur essendo durata circa tre ore, balli e i canti l’hanno resa proprio godibile e partecipata.
Poi pranzo e a casa, noi con l’automobile ancora più piena di materiale e persone che all’andata e la gente di ritorno a piedi verso i propri villaggi. Probabilmente tanti di loro avevano ancora davanti diverse ore di cammino con bimbi sulla schiena e stuoie e bagagli caricati in testa. “Mora mora”…piano piano…
Per oggi ho già scritto troppo, farò in modo di raccontare prossimamente ciò che ha reso particolari anche le settimane scorse.
Intanto se volete qui di seguito c’è un piccolo assaggio di questi due giorni:
A presto,
Giada
Ampasimanjeva, 15 agosto 2022