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“Ti benedica il Signore e ti custodisca”

Oggi, a meno di un mese dal mio rientro in Italia, ripenso alle parole della prima lettura del primo giorno di quest’anno. Sono parole molto dolci ed è un augurio bellissimo, calma il cuore.. perché mi ricorda che qualsiasi cosa accadrà quest’anno, che sia faticosa o meravigliosa, sarà nell’abbraccio del Signore.

E allora anche le paure, le domande che ogni tanto saltano fuori.. sono più leggere in questo abbraccio.

E’ bello che siano proprio queste parole ad accompagnarmi in quest’anno.

Le sento molto vicine, sia per tutti i doni che ho ricevuto fino ad oggi, sia perché mi danno molta pace per il tempo che verrà.

In questi primi mesi del 2018, mi sono sentita davvero custodita, le benedizioni sono state tante e preziose.

L’arrivo di Giulia, che si fermerà per un anno (o chissà… magari due?!) ad Ampasimanjeva, con cui ho condiviso un bellissimo pezzetto di strada insieme… tra risate, giochi coi bimbi, momenti di preghiera, e tanti balli! E’ stato un dono che mi ha aiutato a fermarmi ed ascoltarla, conoscerla, ma anche ascoltarmi e dare forma a ciò che vivevo ogni giorno per poterlo condividere.

Il rientro in Italia a gennaio, una toccata e fuga di due settimane, che mi ha dato l’occasione di riabbracciare la mia famiglia e tutte le persone a cui voglio bene.

Le notti a prendersi cura della piccola Bernadette, gemellina abbandonata, che ora ha trovato l’amore di una nuova famiglia. E’ vero, ci si stanca… ma è una fatica piena di tenerezza.

La Quaresima, con la Via Crucis tra i padiglioni dell’ospedale insieme ai malati, la decorazione della cappella, il ritiro tra volontari italiani, guidato da Don Giovanni. E’ stato un bel periodo, un bel tempo per provare a cambiare.

Torneo di calcio femminile

Le partite a calcio con i bimbi, con i malati di tubercolosi e con le ragazze del villaggio, insieme alle quali abbiamo iniziato un torneo ed in palio c’è un super “omby”, una mucca con la gobba… incrociamo le dita!

La felicità delle suore nel pitturare la Casa della Carità ed abbellirla con tende e piccoli ritocchi, nel comprare pentole nuove per poter così distribuire quelle in più a chi ne aveva bisogno, e nel concludere il tutto con balli e canti di ringraziamento.

 

I nuovi banchi subito in uso nella scuoletta dell’ospedale

L’acquisto dei banchi e del bagno per il centro dei nostri bimbi, che non sarebbe stato possibile senza il pensiero e la bontà di tante persone dall’Italia che ci hanno aiutato. Un giorno, guardando l’aula colorata e piena di tante cose, mi sono proprio detta: ”Quanti cuori Signore ci sono dentro tutto questo?”. E’ bellissimo.

Per ultima, c’è stata la Pasqua.
Ed il pranzo del Sabato Santo, insieme ai malati di tubercolosi. Lì ho sentito veramente il Signore risorto in mezzo a noi. Ci siamo seduti su panche e stuoie, coi nostri piatti di riso bianco e carne. Malati e famiglie, suore, due dottori e noi volontari. Poi abbiamo cantato, ballato e giocato a tombola, che avevamo costruito insieme disegnando e colorando le figure. Mi sono commossa, semplicemente lì in mezzo a loro, di cuore.

C’è un altro bellissimo dono che ancora mi aspetta. Domani andrò ad accogliere all’ aeroporto Agnese, una mia grande amica, con cui condividerò l’ultimo pezzettino di strada, prima di rientrare in Italia. Ed insieme a lei andrò incontro ai luoghi e alle persone che sono state casa per me in quest’anno e mezzo, ringraziandoli uno ad uno per aver custodito la mia vita ed averla fatta crescere.

Cristina Orlandini

insieme a studiare malgascio

Giulia sa di essere al posto giusto

Eccomi!
È passato esattamente un mese dal mio arrivo, ora siamo ad Ambositra, città a circa 260 km a Sud della capitale.
Ad Antananarivo, la sera dell’atterraggio, ci hanno accolte in aeroporto Enrica, Cecilia e Luciano.
I primi giorni in capitale sono stati strani, un po’ per lo stordimento dovuto al volo infinito che io e Giorgia abbiamo affrontato e un po’ per tutte le cose nuove che incontravamo e vedevamo per strada.
Dopo un paio di giorni siamo partite per Ambositra, anche quel viaggio è stata una bella e lunga avventura, però ne vale davvero la pena, si vedono dei paesaggi veramente spettacolari che variano a pochi km di distanza, sapere che ne vedrò altri mi emoziona, qui è tutto meraviglioso ai miei occhi!
Siamo partite al mattino da Tanà e la sera siamo arrivate alla casa volontari dove ci hanno accolto a braccia aperte Diana, don Luca e don Simone. Dopo pochi giorni abbiamo iniziato le lezioni di malgascio.
È una lingua impegnativa, completamente diversa dall’italiano e a parte pochissime parole, è molto diversa anche dal francese e dall’inglese che noi siamo abituati a studiare. Abbiamo due professori uno con cui facciamo la grammatica (Solohery) e uno con cui facciamo conversazione (Marcel).
Alla seconda lezione Marcel ci ha portate al mercato, io e la Giorgia ci siamo subito guardate e abbiamo detto: “Evviva! Iniziamo da subito a fare delle figuracce!!” invece ce la siamo cavata abbastanza bene, o almeno spero.
Mi è servito molto, soprattutto per spezzare un po’ l’imbarazzo iniziale e la paura di dire cose sbagliate, è stato un po’ come un trampolino di lancio. Da quel momento abbiamo iniziato ad andare al mercato al mattino a fare spesa o a fare due chiacchiere, un paio di volte sono andata da sola e in qualche modo me la sono cavata, poi
diciamocelo le domande sono poi sempre le stesse, però una piccolissima soddisfazione è arrivata.

La giornata inizia con le campane dei protestanti, che alle 6:00 ci fanno da sveglia, alle 6:10 diciamo le lodi tutti insieme e alle 6:30 ci aspettano per la messa nella Casa di Carità qui a fianco. In qualche modo cerco di comunicare un pò con gli ospiti che ti danno una grossa mano, non hanno problemi a farsi capire e ad aiutarti ad imparare, alcuni sanno anche qualche parola di italiano, mi limito ancora ai saluti e alle domande di rito (Salama – Inona ny vaovao? – Natury tsara ve ianao?) anche le suore sono di grande aiuto e soprattutto i don, ogni tanto cerco di imparare qualche parola nuova da loro, in fondo sono qui da un po’ più tempo e mi è stato detto che è giusto sfruttarli.

Qui i momenti conviviali e di divertimento non mancano ma ci ritagliamo anche del tempo per la preghiera e le nostre riflessioni, ho iniziato a scrivere e ho ripreso a disegnare cosa che non facevo da molto tempo; da un paio di giorni ho iniziato una lettura spirituale, consigliata da don Luca, per potermi ritagliare un momento di silenzio e di riflessione personale da fare durante il giorno; serve tantissimo, per sentirti al sicuro e per non dimenticare che anche nei momenti di solitudine, che non sono mancati, in realtà sola non lo sei mai!
Sono gli ultimi giorni per noi qui ad Ambositra, sabato partiamo per andare ognuno nelle proprie comunità, non nego che un po’ di ansia c’è, sarà un po’ come ricominciare tutto da capo, qui iniziavo già a sentirmi un po’ a casa, ma sono sicurissima che le persone che mi aspettano mi faranno sentire in poco tempo a casa anche a Manakara,
non vedo l’ora di essere con loro!
Per me è ancora facile parlare, la vera sfida e la vera avventura inizierà presto, a Manakara; sarò in mezzo alla gente dovrò ascoltarli e sono certa che i limiti della lingua si sentiranno molto di più, però prima o poi andrà fatto e (credo) di essere pronta a fare molte figuracce!
Non potrei essere più felice, “faly be aho“ in malgascio, il sogno è diventato realtà!
Un saluto e un bacio a tutti!
Giulia

P.S. La sera del nostro mandato ho detto che non sapevo il perché avessi fatto questa scelta, ora forse questo fatidico perché sta diventando un po’ più chiaro nella mia testa: i colori, i luoghi, i profumi, le risate, le persone ed i loro sorrisi sono il mio perché.
Dopo appena un mese so di essere nel posto giusto!!

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madagascar, le tipiche risaie in campagna

Tra lemuri, orchidee, solidarietà e 50 anni di missione

Ho avuto la fortuna, l’onore e la gioia di far parte della Delegazione diocesana in visita al Madagascar per il 50° della Missione della Diocesi di Reggio Emilia.
Donata Frigerio ha già abbondantemente relazionato sulla Libertà circa le solenni e partecipate celebrazioni nelle varie città dove siamo presenti dal 1967 quando la prima equipe con don Mario Prandi, don Pietro Ganapini, Suor Bernadette, Suor Margherita, e qualche laico sbarcò nell’Isola Rossa.

Raccontare il Madagascar è come leggere un libro di storie, ogni luogo ha i suoi colori caratteristici, le sue tribù con storie e tradizioni millenarie che ancora sopravvivono, la sua natura peculiare e i suoi animali unici ed indimenticabili. Volevo in questa occasione fare un raffronto tra il viaggio che feci quasi 30 anni fa e quello dei giorni scorsi Ma già scendendo all’aeroporto di Ivato con il super traffico di Tananarive, inizio subito a capire che nulla è cambiato nelle condizioni di vita dei malgasci: tutti ancora per strada, bancarelle improvvisate, gente ammassata che aspetta taxi-be, signore che lavano panni nel fiume. Incontro, esattamente come la volta scorsa, tanta gente a piedi, tutti camminano, spesso senza scarpe, tanti bimbi che giocano, le donne, nei loro abiti colorati, in testa portano di tutto, taxi-brousse stracarichi di gente e merce.

Nel 50 anniversario gli zebu tirano ancora i carrettiPoi “strade” (se si possono definire così) dove incrociamo taxi-brousse (pulmini stipati di persone e merci e animali fino all’inverosimile), carretti trainati da zebù, bambini, bambini, bambini… Un proverbio malgascio (ce ne sono tantissimi colmi di sapienza popolare) dice che “la vita è miele (quindi dolcissima) e aloe (quindi amarissima)” e rende veramente l’idea dei contrasti e delle contraddizioni di questa terra malgascia: da una parte le bellezze dell’Isola, forse la più bella del mondo: i primi navigatori che approdarono sulla costa del Nord a Nosy-be pensavano di essersi trovati in Paradiso, dall’esplosione della natura, uno scrigno rimasto intatto per 160 milioni di anni daquando si staccò dal Gondwana, con una flora e una fauna uniche al mondo, poi la bellezza degli abitanti nella pratica dell’ospitalità, dell’accoglienza, della dolcezza, gli sguardi, le strette di mano, i gesti di benevolenza, i volti, i sorrisi di tutti, in particolare dei bambini (credo che fra le decine di viaggi che ho fatto per il mondo, questi siano i sorrisi più radiosi, splendenti, contagiosi che abbia mai visto).

D’altro canto credo che sia anche un Paese tra i più poveri del mondo, con il reddito pro-capite più basso in assoluto, e quindi si avverte subito la durezza, la fatica, la pesantezza del vivere quotidiano che non ha avuto nessun progresso significativo in questi ultimi 30 anni. Tutti i “nostri” progetti reggiani di RTM, del Centro Diocesano Missionario, della Ravinala, delle Case della Carità, dei Servi della Chiesa, sono invece altrettante eccellenze nel Paese, da Bevalala, alle Scuole di don Ganapini e di RTM, a Ambatolampy con la lavorazione dell’alluminio, a MarosoKatra nell’Azienda Agricola con l’inossidabile Giorgio Predieri, ormai malgascio da oltre 40 anni, le scuole di Zanantsika, poi a Manakara la confiturerie, e tutti i progetti seguiti da Luciano Lanzoni pure lui ormai figura storica da oltre 30 anni in Madagascar, l’Ospedale di Ampasimanjeva con il Dott. Martin. Le nostre sono veramente delle “oasi” fortunate, delle opportunità straordinarie, potremmo dire con il Salmista “Venite e vedete le Opere di Dio, Egli ha fatto prodigi sulla terra” rispetto invece al resto del Paese che non decolla, per le vicende politiche, sociali ed economiche che si trascinano fin dall’indipendenza dai francesi nel 1960, per la corruzione, per l’incapacità dei Governi di formulare piani di investimenti per il lavoro, per l’educazione, igiene, scolarizzazione, di trovare soluzioni ai problemi che attanagliano il popolo, per cui il Paese resta un’Isola alla deriva, addirittura dimenticata oltre che dallo Stato, dagli Organismi internazionali, dalla Comunità Europea ecc.

50 anni di madagascar vediamo lavori faticosiE noi occidentali troppo abituati alle comodità, ai comfort, al benessere, restiamo destabilizzati davanti ai mille inconvenienti del viaggio, e percorrendo la strada RN7, l’unica asfaltata (si fa per dire!) del paese, naturalmente non possiamo evitare alluvioni in questa stagione delle piogge che distruggono ponti, creano voragini e costringono a deviazioni, così se in un posto manca l’acqua si è costretti a fare la doccia con il secchio, oppure viene meno la luce o si resta a piedi con il pulmino, tutte cose che ci sono successe.

 

Ci sarebbe proprio da imparare la grande lezione di questo popolo: la pazienza!! Per rivedere i nostri pregiudizi… per rispondere a domande, o magari, farsene altre, interrogativi inquietanti sul nostro stile di vita, sull’individualismo, menefreghismo e indifferenza così diffusi nei nostri paesi Europei e per restituire nome e valore alle cose essenziali e a quanto di superfluo e di inutile ci siamo dati in questa nostra società edonistica e consumistica. Devo dire che i 24 componenti la Delegazione Diocesana, tutti coinvolti in qualche modo nell’ambito Missionario (preti e suore comprese), hanno capito esattamente il senso e l’obiettivo di questo viaggio responsabile e si sono adattati alle condizioni di disagio senza le litanie di lamentele come avviene di solito a casa o nei viaggi ordinari. Visita al Parco Nazionale di Ranomafana. Bellissima ed intricata foresta pluviale a 800 metri di altitudine che ci permette di incontrare i lemuri dorati, i sifaka neri ed una minuscola specie di camaleonti di pochi centimetri. Istituito nel 1991 grazie alla scoperta, qualche anno prima, del lemure dorato del bambù (Hapalemur aureus, una specie a forte rischio di estinzione), il Parco Nazionale di Ranomafana si estende su una superficie di circa 40.000 ettari distribuiti tra colline di media altitudine (800-1200 m) ricoperte da foreste e attraversate da piccoli corsi d’acqua che si gettano nel fiume Namorona. Oltre al lemure del bambù, il parco di Ranomafana è habitat di altre 11 specie di lemuri, tra cui alcuni molto rari e con gravi minacce di estinzione, come il lemure dal naso grigio (Prolemur simus), il maki lanoso (Avahi laniger), il sifaka di Milne-Edwards (Propithecus edwardsi), il lemure dal ventre rosso (Eulemur rubriventer) e l’aye-aye. C’è infine una cosa che mi ha fatto riflettere e lo farà ancor più nei giorni seguenti, in questo panorama di luce e ombre, di ricchezza e di povertà, di miseria e di dignità: quel piccolo seme gettato il 23 Novembre dl 1967 in quella terra benedetta ha germogliato e fruttificato: 15 Case della Carità , 63 Suore, 7 Novizie, 7 novizi fratelli, un centinaio di Servi della Chiesa, e tutti i progetti RTM-CDM-Ravinala che hanno impegnato centinaia di volontari laici: sembra proprio che Dio voglia provocare la nostra Chiesa Reggiana, dove avviene il fenomeno inverso, calo di vocazioni, chiusura di Case della Carità, Messe e Sacramenti disertati .. e c’è da ringraziare il Vescovo Massimo per aver deciso di inviare due Sacerdoti giovani – Don Simone e Don Luca – nonostante le difficoltà che si creano in Diocesi per la cronica mancanza di preti: ma la ricchezza straordinaria che viene dallo scambio con Chiese sorelle chiede che si continui in questa avventura sicuri che Dio non mancherà di benedire, di colmare di grazie e di abbondantissimi frutti, gli sforzi di chi spende qualche anno o tutta la vita al servizio della Missione. Ricordiamo perciò, pieni di gratitudine, chi ci ha preceduto ed ha tracciato la strada di questo cammino meraviglioso che vede ancora oggi comunione e unità di azione tra sacerdoti, religiosi e laici. Si tratta di una formula e un modello esemplare che sarebbe prezioso da applicare anche alle nostre Unità Pastorali, che spesso non cercano di unire risorse, energie, opportunità ma continuano nella resistenza della propria individualità parrocchiale campanilistica invece di avere uno sguardo più lontano e lungimirante.
Grazie Roberto Soncini del CDM per averci guidato con tanta pazienza (davvero malgascia!!) sapienza e competenza nel nostro Pellegrinaggio.

Correggio, 3 Dicembre 2017 1° Domenica di Avvento

Enos Rota

i bambini fanno i compiti ad Ampasimanjeva

Ti auguro tempo

Ampasimanjeva, 21 ottobre 2017

“Ti auguro tempo.
Ti auguro tempo per divertirti e ridere.
Ti auguro tempo non per affrettarti e correre.
Ti auguro tempo per meravigliarti,per stupirti,per avere fiducia.
Ti auguro tempo per sperare ed amare.
Ti auguro tempo per sentirti fortunato ogni giorno”.

E’ ormai passato quasi un anno da quando mi hanno regalato queste parole su un bigliettino, poco prima della mia partenza.
Un anno, tanto o poco tempo, dipende un po’ dai punti di vista (chiedetelo a mia mamma!). Ma tempo in cui davvero mi sono divertita, meravigliata, sentita viva. In cui ho riso, pianto, a volte corso un po’ troppo (non solo sul campo da calcio!), camminato scalza, cantato, accolto mani tra le mie. Tempo in cui ho amato, con le mie fragilità, le mie fatiche, aprendo il mio cuore sempre troppo piccolo.
E mi sento tanto fortunata, non lo dico perchè voglio farvi credere che sia tutto rosa, lo sento davvero. Anche nei giorni in cui qualcosa non va, fuori o dentro di me, in cui sono più stanca o triste, c’è SEMPRE un momento, una situazione, un gesto in cui il mio cuore trova pace ed è grato di essere amato, nella semplicità di quello che è. Ogni giorno.

i bambini fanno i compiti ad Ampasimanjeva

A volte è qualcosa di inaspettato, che stupisce.
Richard, un ragazzino ricoverato per due mesi all’ospedale a causa della
tubercolosi, che tornando per il controllo mensile mi porta un bellissimo braccialetto con sopra ricamato il mio nome, fatto da lui.
La Claire che smette di piangere e si calma guardando il vento che accarezza le foglie.
Bertrand che ti sorride a 32 gengive.
Piccole mani che si infilano tra le mie durante i bans.
Un uomo in taxi-brousse (una specie di pulmino per lunghe tratte) che mi mostra il suo villaggio sorridendo, felice di di poter rientrare a casa.
Un viaggio in moto, attraversando tanti villaggi, immersa tra il verde abbondante e vivo della natura, il rosso della terra, l’azzurro del cielo. Ogni cosa illuminata dalla calda e morbida luce del sole che ne risaltava i contorni.

Altre volte, invece, sono momenti che hanno richiesto tempo per essere preparati.

La nuova aula dei bambini dell'ospedale di Ampasimanjeva Ad inizio settembre abbiamo trasferito la piccola classe dell’ospedale in uno spazio più grande, un’ex struttura in legno utilizzata per progetti di RTM, ed è stata una grande gioia. E’ proprio bello che i bimbi finalmente abbiano ognuno il proprio posto a sedere, che nessuno sia rimandato a casa per mancanza di spazio, che aprendo le finestre tutto sia illuminato dai raggi del sole, che ci sia un ampio cortile dove poter correre e giocare liberamente.  Mi sento fortunata ogni volta che entro in classe ed i bimbi salutano urlando: “Akory Cristinà!”, mi sento fortunata ancora prima di sapere cosa imparerò in quelle ore.
E mi sento fortunata per l’incontro con i ragazzi del Campo estivo ad Agosto, per aver camminato assieme a loro, scoprendo passo dopo passo nuove sfumature del Madagascar e dei loro cuori.
E per il dono dell’Anna, che in quest’anno è stata una compagna di viaggio speciale e indispensabile.

le suore della Carità ad AmpasimanjevaAnche il tempo con le suore è molto prezioso. Mi insegnano come ogni giorno sia buono per donarsi agli altri, che siano i malati, i bimbi abbandonati, noi italiani, qualcuno che chiede un po’ di riso, un po’ di legna. E lo fanno davvero in totale umiltà, senza lamentarsi. Sono fortunata ad averle accanto.
Ed è bello vedere come questa famiglia della Casa della Carità si allarga sempre di più: il 14 ottobre a Tanà quattro ragazze giovanissime hanno preso i primi voti. E’ stata una grande emozione vederle indossare l’abito e il velo, felicissime, circondate dalla gioia contagiosa delle altre suore, degli ospiti, dei propri parenti venuti da villaggi lontani. Mi auguro davvero che questa gioia contagiosa le accompagni ogni giorno.

E auguro anche a voi di avere tempo per sentirvi fortunati. Nella semplicità delle piccole cose.
Vi auguro di fermarvi di fronte ad un arcobaleno, durante una passeggiata di lunedì pomeriggio, e sentire qualcuno che sussurra “Dio crea veramente cose belle”.

Un abbraccio forte,
Cris

Akory aby a tutti!! (ciao, come state???)

Ecco la frase più pronunciata dal malgascio medio ( con una frequenza di circa 400 volte al minuto ). In realtà questo saluto è utilizzato soprattutto nella regione della Vatovavy, dove ci troviamo noi. Esiste infatti un fenomeno, non ancora spiegato scientificamente, per il quale a un certo punto, superata una sottile linea invisibile circa a livello di Fianarantsoa, il saluto principale diventa “Salama”, ma nessuno sa bene dove si trova. Bisogna salire sull’altopiano per osservare questo evento. Per non parlare di quando ci si avvicina troppo alla capitale (Antananarivo, per gli amici “Tanà”) dove si passa al difficile “manaohana”.

Ma iniziamo per gradi.

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Giugno in-ballata

C’era una volta una piccola comunità di missionari
un parroco e 3 fanciulle, tutti volontari.
In Albania decisero di mettersi a servizio
Per non perdersi nell’ozio, un brutto vizio.

Dopo sei mesi davvero emozionanti,
anche a giugno gli eventi sono tanti!
Ma partiamo con calma, andiamo in fila
se vogliamo arrivare alla fine della rima.

Sebbene i quattro abitino stabilmente a Gomsiqe,
spesso hanno pronte in macchina le valigie.
Non di vestiti, ma piene di tanti bei libri
che offrono nei villaggi a tutti i bimbi.

Anche a Vau-Dejes la biblioteca ha viaggiato
e diversi ragazzi al sabato ha avvicinato.
Ma vuoi il caldo e diversi altri fattori,
è andata in ferie, ma è rimasta nei cuori!

Celebrazioni ne hanno avute un quintale:
cresime, comunioni e un annuncio episcopale!
Tanti cari auguri a Don Simon, ormai Monsignore
e a Suor Denada, eternamente consacrata al Signore.

Di attività ne sono pieni a sufficienza,
ma per quei quattro non è mai abbastanza:
siam sicuri che non han perso tempo
facendo il campo coi gabel, i figli del vento.

La comunità di Gomsiqe non è mai sola:
gente che bussa, le donne, Gjon Kola.
E anche se le Dile non bussano più,
stan beate e serene lì a Barbollush.

Vuoi un po’ di pace, vuoi tranquillità?
Probabilmente la trovi se vai in vacanza a Berat.
Là hanno incontrato comunità accoglienti,
con cui hanno passato tanti bei momenti.

E pur di reincontrare le loro adorate figlie
hanno viaggiato pure le famiglie;
chi aggiustava e chi cucinava con amore,
grazie a loro Gomsiqe è tornata uno splendore.

Di Gomsiqe se ne parla così tanto
che in molti voglion venire a fare un salto:
con due famiglie di Modena e di Villa Aiola,
la piccola comunità si è sentita meno sola.

Sicuramente Sant’Antonio li ha aiutati,
a farli sentire sempre più amati.
Il santo Protettore, che dei poveri è il difensore,
Li aiuti ogni giorno ad avere più cuore.

Più cuore per chiunque voglia passare,
o anche solo per chi li voglia incontrare.
E grazie anche voi che fino a qui avete letto,
Vuol dire che per noi almeno un po’ provate affetto.

 

Don Stefano, Fede, Franci, Virgi.

 

6 mesi in Madagascar

Giugno  2017, Ampasimanjeva

Salve a tutti!
Scusate se è passato un po’ di tempo, ma fermarsi a scrivere è sempre un’impresa 😅
Sono ormai trascorsi 6 mesi dall’arrivo in Madagascar (o come mi ha detto qualcuno “a metà percorso”) e questo pensiero provoca in me tanti sentimenti… gratitudine, gioia, tristezza e anche un po’ di incertezza. Un bel miscuglio!

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