“Ti benedica il Signore e ti custodisca”
Oggi, a meno di un mese dal mio rientro in Italia, ripenso alle parole della prima lettura del primo giorno di quest’anno. Sono parole molto dolci ed è un augurio bellissimo, calma il cuore.. perché mi ricorda che qualsiasi cosa accadrà quest’anno, che sia faticosa o meravigliosa, sarà nell’abbraccio del Signore.
E allora anche le paure, le domande che ogni tanto saltano fuori.. sono più leggere in questo abbraccio.
E’ bello che siano proprio queste parole ad accompagnarmi in quest’anno.
Le sento molto vicine, sia per tutti i doni che ho ricevuto fino ad oggi, sia perché mi danno molta pace per il tempo che verrà.
In questi primi mesi del 2018, mi sono sentita davvero custodita, le benedizioni sono state tante e preziose.
L’arrivo di Giulia, che si fermerà per un anno (o chissà… magari due?!) ad Ampasimanjeva, con cui ho condiviso un bellissimo pezzetto di strada insieme… tra risate, giochi coi bimbi, momenti di preghiera, e tanti balli! E’ stato un dono che mi ha aiutato a fermarmi ed ascoltarla, conoscerla, ma anche ascoltarmi e dare forma a ciò che vivevo ogni giorno per poterlo condividere.
Il rientro in Italia a gennaio, una toccata e fuga di due settimane, che mi ha dato l’occasione di riabbracciare la mia famiglia e tutte le persone a cui voglio bene.
Le notti a prendersi cura della piccola Bernadette, gemellina abbandonata, che ora ha trovato l’amore di una nuova famiglia. E’ vero, ci si stanca… ma è una fatica piena di tenerezza.
La Quaresima, con la Via Crucis tra i padiglioni dell’ospedale insieme ai malati, la decorazione della cappella, il ritiro tra volontari italiani, guidato da Don Giovanni. E’ stato un bel periodo, un bel tempo per provare a cambiare.

Torneo di calcio femminile
Le partite a calcio con i bimbi, con i malati di tubercolosi e con le ragazze del villaggio, insieme alle quali abbiamo iniziato un torneo ed in palio c’è un super “omby”, una mucca con la gobba… incrociamo le dita!
La felicità delle suore nel pitturare la Casa della Carità ed abbellirla con tende e piccoli ritocchi, nel comprare pentole nuove per poter così distribuire quelle in più a chi ne aveva bisogno, e nel concludere il tutto con balli e canti di ringraziamento.

I nuovi banchi subito in uso nella scuoletta dell’ospedale
L’acquisto dei banchi e del bagno per il centro dei nostri bimbi, che non sarebbe stato possibile senza il pensiero e la bontà di tante persone dall’Italia che ci hanno aiutato. Un giorno, guardando l’aula colorata e piena di tante cose, mi sono proprio detta: ”Quanti cuori Signore ci sono dentro tutto questo?”. E’ bellissimo.
Per ultima, c’è stata la Pasqua.
Ed il pranzo del Sabato Santo, insieme ai malati di tubercolosi. Lì ho sentito veramente il Signore risorto in mezzo a noi. Ci siamo seduti su panche e stuoie, coi nostri piatti di riso bianco e carne. Malati e famiglie, suore, due dottori e noi volontari. Poi abbiamo cantato, ballato e giocato a tombola, che avevamo costruito insieme disegnando e colorando le figure. Mi sono commossa, semplicemente lì in mezzo a loro, di cuore.
C’è un altro bellissimo dono che ancora mi aspetta. Domani andrò ad accogliere all’ aeroporto Agnese, una mia grande amica, con cui condividerò l’ultimo pezzettino di strada, prima di rientrare in Italia. Ed insieme a lei andrò incontro ai luoghi e alle persone che sono state casa per me in quest’anno e mezzo, ringraziandoli uno ad uno per aver custodito la mia vita ed averla fatta crescere.
Cristina Orlandini

Poi “strade” (se si possono definire così) dove incrociamo taxi-brousse (pulmini stipati di persone e merci e animali fino all’inverosimile), carretti trainati da zebù, bambini, bambini, bambini… Un proverbio malgascio (ce ne sono tantissimi colmi di sapienza popolare) dice che “la vita è miele (quindi dolcissima) e aloe (quindi amarissima)” e rende veramente l’idea dei contrasti e delle contraddizioni di questa terra malgascia: da una parte le bellezze dell’Isola, forse la più bella del mondo: i primi navigatori che approdarono sulla costa del Nord a Nosy-be pensavano di essersi trovati in Paradiso, dall’esplosione della natura, uno scrigno rimasto intatto per 160 milioni di anni daquando si staccò dal Gondwana, con una flora e una fauna uniche al mondo, poi la bellezza degli abitanti nella pratica dell’ospitalità, dell’accoglienza, della dolcezza, gli sguardi, le strette di mano, i gesti di benevolenza, i volti, i sorrisi di tutti, in particolare dei bambini (credo che fra le decine di viaggi che ho fatto per il mondo, questi siano i sorrisi più radiosi, splendenti, contagiosi che abbia mai visto).
E noi occidentali troppo abituati alle comodità, ai comfort, al benessere, restiamo destabilizzati davanti ai mille inconvenienti del viaggio, e percorrendo la strada RN7, l’unica asfaltata (si fa per dire!) del paese, naturalmente non possiamo evitare alluvioni in questa stagione delle piogge che distruggono ponti, creano voragini e costringono a deviazioni, così se in un posto manca l’acqua si è costretti a fare la doccia con il secchio, oppure viene meno la luce o si resta a piedi con il pulmino, tutte cose che ci sono successe.
Ad inizio settembre abbiamo trasferito la piccola classe dell’ospedale in uno spazio più grande, un’ex struttura in legno utilizzata per progetti di RTM, ed è stata una grande gioia. E’ proprio bello che i bimbi finalmente abbiano ognuno il proprio posto a sedere, che nessuno sia rimandato a casa per mancanza di spazio, che aprendo le finestre tutto sia illuminato dai raggi del sole, che ci sia un ampio cortile dove poter correre e giocare liberamente. Mi sento fortunata ogni volta che entro in classe ed i bimbi salutano urlando: “Akory Cristinà!”, mi sento fortunata ancora prima di sapere cosa imparerò in quelle ore.
Anche il tempo con le suore è molto prezioso. Mi insegnano come ogni giorno sia buono per donarsi agli altri, che siano i malati, i bimbi abbandonati, noi italiani, qualcuno che chiede un po’ di riso, un po’ di legna. E lo fanno davvero in totale umiltà, senza lamentarsi. Sono fortunata ad averle accanto.








