Intervista al dottor Martin

Martin Randriatiana è il primario, chirurgo e direttore sanitario dell’FMA (Fondation Medicale d’Ampasimanjeva). Ha studiato medicina ad Antananarivo, si è specializzato in chirurgia, ha seguito un corso di medicina tropicale a Brescia e un master in ginecologia e anestesia a Scandiano (provincia di Reggio Emilia), mentre faceva uno stage all’ospedale di Sassuolo. Oltre a tutti questi titoli, il dott. Martin è un uomo estremamente gentile e paziente per cui, nonostante le tante cose che ha da fare tutti i giorni è riuscito a trovare il tempo per rispondere a qualche domanda.

 

Quando sei arrivato ad Ampasimanjeva e come mai proprio in questo ospedale?
Sono arrivato nel febbraio 1986, subito dopo aver finito gli studi. Durante il terzo anno di università mi sono sposato e prima della laurea io e mia moglie avevamo già due figli [adesso ne hanno quattro, di cui due vivono e lavorano in Italia, ndr]. Facciamo parte di un’associazione di medici cristiani e il responsabile, dopo averci chiesto se eravamo disposti a lavorare in uno degli ospedali di campagna con cui era in contatto, ci ha proposto di venire ad Ampasimanjeva. Abbiamo accettato e da quel momento non me ne sono più andato.

Perché hai deciso di rimanere a lavorare qui?
Nel corso degli anni ho ricevuto diverse offerte di lavoro, alcune anche molto prestigiose e ben retribuite, ma le ho rifiutate tutte. Qui mi sento davvero un medico, posso studiare e continuare ad imparare e ho la possibilità di fare trattamenti e cure secondo le tecniche che ci sono in Italia o in America. Negli altri ospedali si applicano solo protocolli standard, che non danno spazio all’evoluzione e all’innovazione; qua invece posso studiare una tecnica usata in un altro Paese e applicarla.
Mi sono innamorato di Ampasimanjeva e voglio rimanerci.

una visione panoramica della gente che attende fuori dall'ospedale di Ampa

Quali sono i cambiamenti più evidenti che ci sono stati in questi anni?
Quando sono arrivato facevamo i vaccini ai bambini nei villaggi, ogni giovedì. Capitava spesso, però, che una volta arrivati nessuno era pronto perché non avevano sparso la voce o non avevano ricevuto l’invito quindi era una perdita di tempo e di risorse. Adesso i vaccini si fanno in ospedale e ci sono più di 100 bambini ogni settimana.
L’altra grande differenza è che all’inizio era tutto gratuito, le persone non pagavano né la consultazione né le medicine e arrivavano ogni giorno 200 persone per farsi visitare; quando ci siamo accorti che spesso le persone buttavano via le medicine (se non era di loro gradimento il colore o il gusto) è stata inserita una quota di partecipazione minima in modo da non avere un così grande dispendio di farmaci e risorse [la quota che si chiede è comunque molto inferiore rispetto a qualsiasi altro ospedale del Madagascar, per esempio qui una scatola di paracetamolo che costa 3000 Ar, la pagano 300 Ar].
Il più grande cambiamento, però, è stata la sala operatoria. Dal 1997 ha iniziato ad essere in funzione e all’inizio si facevano solo parti cesarei, poi si è iniziata a fare formazione per operare le idroceli e poi si è iniziato ad essere operativi per tutti gli interventi addominali d’emergenza. Dal 2014 l’FMA è il punto di riferimento per gli interventi di fistole. È una pratica che inizia adesso ad essere presente nella formazione universitaria, ma per il momento sono uno dei pochissimi chirurghi che esegue questa operazione.
Abbiamo la possibilità di imparare da tutti i medici che passano di qua, a partire dai medici belgi che fanno servizio un mese all’anno come dentisti, ma anche chi si ferma di più: con l’arrivo e la permanenza della dottoressa Anna Maria Zuarini, per esempio, la cardiologia ha fatto un grande passo in avanti.

Quale senti essere la priorità dell’ospedale in questo momento?
Per migliorare avremmo bisogno di macchinari per il laboratorio. Al momento si riescono a fare solo esami che prevedono l’uso del microscopio, ma non sono esaustivi e così non è possibile individuare diverse patologia che invece sarebbe possibile vedere facilmente con altri tipi di esami e macchine apposta.

 

 

Quali sono i punti di forza dell’FMA?
Credo ci siano diversi aspetti; il primo è l’essere un ospedale di stampo cristiano. Qui tutti, i medici, gli infermieri, gli operai, lavorano con il cuore, non solo per il salario, ma per il bene delle persone che aiutano e con cui lavorano.
Il blocco operatorio è un’altra cosa che funziona bene, riusciamo ad eseguire interventi e far guarire il paziente nella quasi totalità dei casi, si verificano pochissime infezioni post-operatorie e la degenza dopo è di massimo 8 giorni, un risultato invidiabile. Anche essere un punto di riferimento per gli interventi di idrocele e fistole è senz’altro un punto di forza, ma è un luogo importante anche per le donne incinta che qui possono ricevere cure e operazioni raramente eseguite in qualunque altro ospedale.

visione esterna dell'ospedaleCosa ti auguri per il futuro della Fondation Medicale?
Vorrei che, migliorando alcuni aspetti, si potesse continuare a lavorare così. L’aiuto dell’Italia è prezioso e ci permette di fare molte cose che altrimenti non potremmo fare.
Se cambia il governo [ci sono le elezioni a novembre] cambierà anche l’attuale legge che vieta l’introduzione di farmaci provenienti da Paesi stranieri e si potrà ricominciare a ricevere medicine dall’Italia. I farmaci che abbiamo a disposizione in Madagascar adesso sono limitati e molto costosi, per cui se cambiasse quella legge sarebbe una svolta molto positiva per tutto il Paese.
Parlando di futuro… io prima o poi andrò in pensione, quindi spero che ci sarà qualcuno pronto a prendere il mio posto, ma finchè ci sarò io mi impegnerò per lavorare al meglio, migliorando io in prima persona come medico, studiando per mettere a disposizione delle persone quello che imparo

Intervista a cura di Giorgia Roda