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Racconti malgasci

Il 24 novembre è venuto a celebrare con noi don Simone Franceschini, membro della comunità sacerdotale Familiaris Consortio in missione in Madagascar da due anni. Ne abbiamo perciò approfittato per fargli qualche domanda e conoscerlo meglio.

  1. Quando hai deciso di diventare prete e perché? Avevi mai pensato di diventare missionario?

La mia vocazione e il mio desiderio per il sacerdozio si sono accesi nell’infanzia, nell’adolescenza e nella giovinezza, quindi a più riprese. Nel periodo dell’adolescenza il desiderio della vocazione era strettamente legato a quello della missione, grazie ai racconti di qualche missionario tra i frati che conoscevo, che frequentavano casa nostra o erano amici di famiglia. Quindi in realtà non è stata proprio una novità nel mio cammino vocazionale, ma aveva una radice in quel periodo.

  1. Dopo qualche anno di missione, puoi dire che sia come te la aspettavi o è qualcosa di diverso?

Immaginavo che ci fosse una certa distanza tra l’umanità malgascia, l’umanità africana – ma malgascio è diverso da africano, malgascio è più giusto – e noi; cosa che è vera, tuttavia ho riscontrato meno distanza rispetto a quanto credevo all’inizio. Quando vedo i bambini, vedo che in fondo non sono diversi dai nostri bambini. Quando vedo i giovani e vedo come si atteggiano con gli altri giovani (adesso arrivano e si stanno diffondendo anche i cellulari), mi accorgo che i loro atteggiamenti sono veramente simili a quelli dei nostri ragazzi. Quindi, in definitiva, posso proprio dire che è tutto un altro mondo, ma che c’è davvero qualche cosa che accomuna l’uomo di ogni latitudine.

  1. Qual è la cosa che ti colpisce di più del Madagascar?

Rimanendo sul piano dell’umanità, sono molto colpito da una cosa, sia da un punto di vista positivo che negativo, ovvero dalla capacità di sopportazione dei malgasci. Capacità di sopportazione della loro situazione, di vivere, di resistere in certe condizioni davvero dure, estreme e difficili ma, dall’altra parte, in senso negativo, come un’altra faccia della medaglia, la loro incapacità di cambiare le cose, il loro accettarle comunque, non però nel senso di un’accettazione positiva.

  1. Se dovessi fare un confronto tra l’esperienza di fede qui e in Madagascar, cosa sottolineeresti?

Le fede in Madagascar, rispetto alla fede qui in Italia, è più giovane, meno radicata, a confronto con la nostra di antica tradizione. Al tempo stesso l’esperienza di fede in Madagascar è molto gioiosa e c’è un grande senso religioso in tutto il popolo, mentre da noi c’è chi crede, ma anche chi non crede o chi vive come se Dio non esistesse affatto. Il senso religioso in Madagascar è molto profondo.

  1. Qual è stato l’insegnamento più grande che hai ricevuto dall’esperienza in Madagascar?

Riporto un episodio perché può essere significativo per capire quello che è il popolo malgascio, anche se è semplicemente un episodio concreto.

Nei primi mesi dopo il nostro arrivo a Manakara abitavamo distanti dalla parrocchia, in una fattoria che è di proprietà della nostra diocesi, gestita e guidata da un volontario italiano, Luciano Lanzoni (era il posto dove aveva abitato già don Giovanni prima di noi). Per arrivare qui si fa un pezzo di strada sterrata in mezzo alla foresta. C’è un ponte basso in cemento che passa sopra a un rigagnolo, a un piccolo fiumiciattolo dove a volte ci fanno anche il bagno. Quando piove molto il ponte può venire sommerso dall’acqua.

Un giorno, in cui era veramente piovuto molto, noi ci eravamo recati in parrocchia e siamo tornati alla fattoria per dormire. Quando siamo arrivati, l’acqua sopra il ponte era molto alta, circa un metro, e non potevamo passare con la macchina: l’acqua ti arrivava alla vita. Quindi abbiamo lasciato la macchina dall’altra parte e ci siamo avvicinati per attraversarlo a guado. Prima è andato don Luca, che è più ‘piazzato’ di me e poi sono partito anch’io. Sull’altra sponda c’erano alcuni malgasci che abitano vicino a casa nostra e che ci stavano guardando; una signora ha preso un bastone lungo, è venuta in mezzo all’acqua per allungarci questo bastone … ci è venuta a prendere, in pratica! Così, dato che l’acqua era torbida e non si vedeva il fondo, seguendo i suoi passi e tenendoci stretti al bastone, non abbiamo corso il rischio di essere travolti dalla corrente, sapendo dove mettere i piedi, nonostante non si vedesse il ponte del tutto sommerso. Questo è stato davvero un grande gesto di aiuto, di carità, perché lei per entrare si è dovuta bagnare tutta, fino a oltre la vita. Noi ritornavamo a casa nostra, non avevamo problemi ad avere vestiti asciutti, ma lei, non lo so: abitava in una capanna nei paraggi e non so se fosse così semplice per lei avere vestiti di ricambio o un posto dentro casa dove poter asciugare quelli bagnati. Questo è un gesto che ho apprezzato davvero tanto e che dice molto dell’accoglienza dei malgasci nei nostri confronti.

  1. … e la delusione più grande che hai avuto?

In realtà è una cosa che fa sorridere, anche se subito ci sono rimasto un po’ male. Tra le varie case dei volontari ce n’è una nella città di Ambustra, sulle montagne, e qui ci vive un custode e, siccome spesso passiamo di lì, lo conosciamo bene, anche perché avevamo abitato lì all’inizio della nostra permanenza. Qui c’è un pezzo di terra che lui coltiva, terra per le esigenze nostre, così che una volta gli avevo fatto avere dei semi di zucca che mi aveva mandato mio fratello dall’Italia: zucca violino e zucca cappello di prete, entrambi i tipi, che gli ho dato da seminare. Quando è stata l’ora del raccolto, la zucca che mi ha consegnato, e che gli ho visto tagliare dalla pianta, era una zucca di tutt’altro tipo, di quelle che crescono a migliaia in Madagascar, una zucca tipicamente malgascia. Lui, però, sosteneva che fosse la zucca nata dai semi delle buste che gli avevo dato io e questo mi ha fatto un po’ sorridere, e un po’ mi ha deluso. Non ho indagato su cosa fosse successo o su come mai quei semi si fossero misteriosamente trasformati in una zucca d’altro tipo. A distanza di mesi ci rido veramente sopra, non è così importante, però anche questo dice un po’ della onestà non sempre così ‘precisa’ dei malgasci.

  1.  Raccontaci un episodio, che ti è rimasto impresso, di cui sei stato testimone o protagonista in Madagascar.

Questo è stato un episodio che mi ha dato molta gioia il giorno in cui è capitato. In parrocchia da noi c’è una signora cieca che ha tre bambini e vive con la madre. Fin dalla sua infanzia aveva problemi di vista, ma poi è diventata totalmente cieca in seguito ai colpi, alle botte ricevute dal suo uomo. Durante la sua terza gravidanza, finalmente quest’uomo è stato denunciato e non si è più rivisto, se non sbaglio. È comunque una signora sempre molto gioiosa, che non si lamenta; chiede, perché ha effettivamente bisogno, ma è sempre piuttosto allegra. Mi capita di scherzare con lei quando la incontro accompagnata per mano dai suoi due bambini più grandicelli, la bimba di quattro anni e quello più grande di circa sette o otto anni. Be’, un giorno le ho chiesto: “Juliettine – così si chiama – secondo te io come sono?”, pensando che mi avrebbe dato una descrizione fisica del mio aspetto, come se lo immaginava, perché ero curioso di saperlo. E lei mi ha risposto: “Secondo me, tu sei una persona felice.” Ecco, è stata una cosa che mi ha rallegrato molto in quel giorno, e soprattutto mi ha aiutato a prendere coscienza della reale felicità e gioia di cui godo e che il Signore mi ha donato.

  1. Cosa possiamo fare per partecipare da qui alla vostra missione?

Secondo me la cosa più bella che potete fare è pregare per sostenerci: punto primo.

Punto secondo: la vostra testimonianza di vita cristiana. Noi come missionari annunceremo il Vangelo con forza se sappiamo che il Vangelo ha cambiato e rende bella la vita delle persone. Se possiamo vedere che effettivamente il Vangelo rende bella la vita delle persone, quando siamo chiamati ad annunciarlo, lo facciamo con la consapevolezza che è una cosa che cambia la vita degli uomini. E questo ci fa trovare la forza di non smettere. Se invece vedessimo che qui tra di voi il Vangelo non ha modificato la vostra vita, è insignificante, allora anche noi perdiamo la forza nell’annunciarlo.

Poi, terza cosa: ‘per partecipare da qui….’ però magari ogni tanto sarebbe bello che veniste anche là a vedere, a conoscere, a condividere! Perché credo che non si torni a casa indifferenti.

Don Simone Franceschini 

L’articolo qui sopra è ripreso dal giornalino dell’unità pastorale Giovanni Paolo II

Diario dal Madagascar – Si parte!!!

29 aprile 2019 – Beata Vergine Maria della Ghiara

“L’amore è come una pianta di riso,
trapiantato, cresce anche altrove”
Proverbio malgascio

Carissimi,
sono passati alcuni mesi da quando ho cominciato il mio servizio pastorale come parroco qui nel distretto di Manakara Atsimo (sud). Il 4 novembre il vescovo Gaetano mi ha affidato, assieme a don Simone, la cura pastorale di questo distretto che si compone di una parrocchia grande, urbana, dedicata alla Divina Misericordia e a 8 chiese di campagna nei dintorni. Il territorio è molto vasto, ma essendo in due riusciamo a essere presenti in ognuna delle comunità almeno una volta al mese.

Cercando di fare sintesi di tutte le cose capitate in questi mesi mi trovo in difficoltà a far stare tutto in una sola lettera, nel riuscire a raccontare parte di ciò che abbiamo vissuto, visto e incontrato, forse dovrei scrivere di piò, raccontare, testimoniare, anche se mi rendo conto che la cosa migliore sarebbe venirci a trovare e avere la fortuna di partecipare a qualche evento significativo… comunque, in breve, ad ottobre la Giornata nazionale della Gioventù dove ho accompagnato 50 ragazzi della nostra parrocchia, a novembre l’ingresso in parrocchia e la festa di Cristo Re, a dicembre l’Avvento e la tornée natalizia in tutte le chiese di campagna, poi la Quaresima, le Vie Crucis fino alla Settimana Santa in cui ho organizzato e partecipato a un pellegrinaggio con centinaia di cristiani verso Vohipeno per celebrare la memoria del Beato Lucien Botovasoa, un catechista francescano morto martire e beatificato nel 2018.

Partecipate e ricche di significato le celebrazioni pasquali.. pensate che la Messa nella veglia di Pasqua è stata la celebrazione più lunga che abbia mai presieduto, quasi 3h e mezza nella quale però ho donato il Battesimo a parecchi adulti. Infine la festa della parrocchia, domenica scorsa nella festa della Divina Misericordia, quando abbiamo fatto festa tutti assieme e benedetto il nuovo campanile che ci è stato donato da alcuni amici di Confartigianato e su cui abbiamo posizionato la campana donataci dalla parrocchia di San Martino in Rio. Colgo l’occasione per ringraziare le scuole cattoliche di Sant’Ilario e Sant’Antonino per l’abbondante quantità di materiale scolastico che ci hanno inviato, l’associazione Bambini Insieme di Pievepelago per gli indumenti, i vari singoli che ci hanno fatto alcune donazioni.. le cose più urgenti che ci restano da fare nel prossimo periodo sono la costruzione di alcune cappelle in campagna per ospitare i cristiani nella preghiera o nella messa della domenica, oppure la sistemazione dei locali parrocchiali e l’apertura del nuovo oratorio, infine la casa dei sacerdoti e dei volontari, un progetto ambizioso che vorremmo realizzare al più presto. Tutte queste cose riusciremo a realizzarle con il vostro aiuto e quando il Signore vorrà; per ora non possiamo che rendere grazie di tutti i mezzi che sono stati messi a nostra disposizione, attraverso i quali cerchiamo di fare del bene a questa gente, testimoniando il Vangelo, anche se mi accorgo di quante cose belle ci insegnano i parrocchiani.. un autentico arricchimento reciproco, un incontro proficuo, credo necessario, tra le nostre due Chiese che ci vede come mediatori.

Fin da subito, assieme a don Simone e al vescovo Gaetano, ci siamo chiesti cosa avremmo potuto fare per iniziare bene il nostro ministero. Ebbene..la parola d’ordine di questi primi mesi è stata “incontro”. Abbiamo dedicato molti pomeriggi, soprattutto in Avvento e in Quaresima nella visita alle famiglie, nelle benedizioni. Non abbiamo ancora finito, e presto dovremo rivolgerci anche alle campagne, dove tante famiglie non hanno ancora conosciuto Gesù, dove c’è molta povertà e ignoranza e quindi dilagano le sette e le superstizioni. Inoltre, questi primi mesi, ma penso anche questi primi anni, dovremo dedicarli a farci conoscere e farci voler bene, a guadagnare la fiducia delle persone e a maturare nella nuova vocazione che abbiamo ricevuto.un panorama del Madagascar
Volete una stima? Molto approssimativamente potrei prevedere 5 anni di conoscenza reciproca e poi altri 5 di “azione”… scusate la banalizzazione ma credo di aver bisogno di fissare degli obiettivi, sia perché vorrei fare tantissime cose e mi rendo conto che c’è bisogno di pazienza e di ascolto, sia perché mi rendo conto che per imparare bene la lingua, conoscere le tradizioni e le abitudini richiede preghiera e talvolta tanto silenzio. Ricordo come in Italia mi sforzassi per preparare catechesi con citazioni bibliche, dal magistero, per organizzare esperienze significative durante l’anno a rincorrere ragazzi perché partecipassero a campeggi o pellegrinaggi… qui, invece, tante volte occorre governare e impreziosire l’ordinarietà, la preghiera quotidiana, bisogna saper accogliere e imparare a voler bene, e come diceva don Bosco, far si che le persone si sentano accolte e amate, al di là delle parole, delle prediche..

La benedizione di una cappella a ManakaraSapete una cosa bella che mi sento di confidarvi? Voglio davvero bene a queste persone, e sono contento di essere al loro servizio come sacerdote! A volte mi sento in imbarazzo per la grande considerazione che hanno per il ministero sacerdotale, per la riconoscenza che dimostrano per la scelta che abbiamo fatto e per la disponibilità ad essere con loro durante questi anni. Non entro nei dettagli ma lo si nota nel modo con cui ascoltano ciò che hai da dire, con cui ti invitano a casa loro, per i privilegi che ti accordano, che vanno dalla pietanza migliore al giaciglio più comodo, alle domande frequenti del tipo: “mompera (don), ti porto lo zaino?”, oppure “mompera, se hai sete vado a cercare dell’acqua potabile” e ancora “mompera, tu non puoi sederti per terra come noi…eccoti una sedia!”… Questo atteggiamento da parte dei cristiani mi fa spesso vergognare ma mi aiuta inevitabilmente a interrogarmi su quanto sia preziosa la vocazione che ho ricevuto, sul fatto che occorre serietà, impegno, preghiera, per essere all’altezza delle aspettative della gente. È molto bello sentirsi voluti bene e apprezzati, ciò mi invita a non risparmiarmi troppo, a continuare nello studio della lingua malgascia che ancora mi fa tribolare, a pregare perché Dio mi doni la fede necessaria per desiderare di realizzare ciò che è suo volontà piuttosto che le mie convinzioni e le mie abitudini. Un piccolo consiglio? Vogliate bene ai sacerdoti, onorateli, anche se a volte non se lo meritano, e ricordatevi che in questo modo prima ancora di onorare un uomo specifico, onorate Dio che è dal prete rappresentato e aiutate il prete stesso a ricordarsi la sorgente e il fine di tutta la sua vita.

Ed ora che faremo? Nel mese di maggio, la recita del rosario, la visita di don Luca e don Pietro nel mese di luglio, il campo missionario con 18 ragazzi nel mese di agosto. Proprio nel mese di Agosto abbiamo proposto a tutti i catechisti e ai cristiani del nostro distretto di fare un grande pellegrinaggio per pregare assieme in occasione della festa dell’Assunzione, che i malgasci sentono particolarmente. L’anno scorso abbiamo partecipato al pellegrinaggio del distretto di Ampasimanjeva, introdotto dal missionario reggiano don Ruggerini negli anni ’80; una grande partecipazione e entusiasmo che vorremmo portate come tradizione anche qui a Manakara. Vorrei portare in processione Maria per le strade (diciamo sentieri sconquassati) del nostro distretto e riunire i cristiani tutti per testimoniare la gioia della fede che abbiamo ricevuto. Un progetto ambizioso che finora ha incontrato la disponibilità di tutti… speriamo… vi chiedo una preghiera!

E poi? Ci vedremo personalmente in settembre quando passerò da casa per un periodo di riposo. A fine agosto parteciperò agli esercizi del Movimento Familiaris Consortio dove offrirò un contributo spirituale come l’anno scorso e poi sarò disponibile per incontri e celebrazioni. Farò il possibile per incontrare tanti e per riposarmi. Dopo di me, in ottobre e novembre sarà a casa anche don Simone Franceschini. Stiamo organizzando per la fine dell’anno una proposta di pellegrinaggio qui in Madagascar che accompagnaremo personalmente. Appena possibile vi farò sapere i dettagli.. costi, periodo, preparazione…
Bene, buona Pasqua, un saluto ad ognuno di voi, e se avete idee per sentirci più vicini reciprocamente, fatemelo sapere!
don Luca

Gli auguri di Natale del direttore

Carissimi missionari,

recentemente il Madagascar ha salutato don Giovanni Ruozi per gli anni di servizio condiviso con i missionari e con il popolo malgascio; gli confermiamo il nostro affetto e la nostra riconoscenza per la sua presenza davvero significativa nell’isola. Sarà un compito importante, per noi qui a Reggio, condividere, riflettere e saper trasferire in concretezza la ricchezza umana e spirituale che don Giovanni ha maturato nell’esperienza missionaria.
Il 17 novembre scorso ero presente al suo ingresso nell’unità pastorale di Castelnovo ne’ Monti, insieme al suo vicario parrocchiale don Marco Lucenti, che ha trascorso quasi due mesi di servizio in Albania presso la Casa di Carità.
Ho percepito una bella e calda accoglienza verso i nostri due sacerdoti e don Giovanni ha saputo, con la sua intelligente cordialità, parlare con il cuore e manifestare con piccoli gesti preziosi la sua generosità ad entrare nella nuova comunità a lui affidata.

In terra malgascia, a Manakara, all’inizio del mese di novembre, è avvenuto l’ingresso in parrocchia di don Luca Fornaciari (CSFC), come nuovo parroco e di don Simone Franceschini (CSFC) come responsabile della missione diocesana in Madagascar. Questi sacerdoti, presenti da un anno a Manakara, iniziano una nuova fase della loro vita missionaria, in continuità con l’opera iniziata e condotta da don Giovanni. La responsabilità di don Simone consisterà non solo nell’accompagnare e condividere con tutti i missionari i progetti attivi sulla missione, ma anche nel discernere, insieme ai missionari e al CMD, i nuovi progetti e percorsi che si riterrà di avviare a servizio della comunità malgascia. Don Simone formerà una piccola équipe per accompagnare i giovani missionari nel loro cammino di servizio e di formazione personale. 

La Chiesa si fonda sulla parola di Dio, nasce e vive di essa”, ha ricordato Papa Benedetto XVI[1]. “La migliore motivazione per decidersi a comunicare il Vangelo è contemplarlo con amore, è sostare sulle pagine e leggerlo con il cuore”, scrive papa Francesco[2]. Ascoltare la Parola per diventare realmente “parola” di Dio per il mondo: “Voglia il cielo che tu possa riconoscere qual’è quella parola, quel messaggio di Gesù che Dio desidera dire al mondo con la tua vita”[3]. “La persona fedele a Dio e che vive della sua Parola raggiunge, nel dono di sé, la vera beatitudine”[4]

Sono molto grato a ciascuno di voi, amici missionari, per il dono della vostra vita e vi invito a rinnovare il comune impegno, nostro e vostro, dell’essere in missione ad evangelizzare come equipe e non a titolo personale.
La comunità che vuole evangelizzare comincia con l’evangelizzare sé stessa”[5] Il camminare insieme richiede tempo e tempi differenti, ma sicuramente la comunione del nostro camminare insieme è la prima e fondamentale testimonianza di questo annuncio. La pazienza che richiede la comunione non è tempo perso, bensì tempo prezioso per camminare nello stile di Dio. L’opera dello Spirito suscita tante idee e ciascuno desidera contribuire con un piccolo segno nel fare qualcosa. Queste idee sono belle, ma chiedono di essere condivise insieme, guardando al bene ed al bisogno più urgente, lasciando cadere le proprie letture a favore di un discernimento comune che garantisca di rimanere in un cammino di autentico ascolto e servizio verso le persone a cui siamo inviati. Oggi è fondamentale mantenere attive le opere già avviate, soprattutto quelle rivolte all’ attenzione verso le persone. Capisco i giovani i quali, vedendo tanta povertà, avvertono il desiderio di sistemare concretamente qualcosa. Rimane per noi l’urgenza di sostenere l’esistente; la raccolta di fondi a favore dei missionari riesce a mantenere ordinariamente le opere a servizio delle persone, ad aiutare anche il CMD che con generosità sta da anni lavorando, da Reggio, per permettere a tutti i missionari di vivere il dono di essere presenti nella missione loro assegnata. Così come don Giovanni testimoniava nella messa a san Girolamo“la chiamata a partire per la missione è una grazia per chi la riceve”. Vi ricordo che da più di cinquant’anni a san Girolamo si prega per ciascuno di voi, per sostenervi e mantenere vivo qui a Reggio l’anelito missionario. Le vostre lettere, i vostri racconti sono per noi importanti per vivere una preghiera ancora più incarnata e feconda.

Preghiamo insieme per continuare ad essere una Chiesa “in stato di missione”, soprattutto quest’anno in cui riceviamo un dono: il Signore ci affida la responsabilità di servire la diocesi di Alto Solimões in Brasile- Amazzonia. Preghiamo per questo nuovo progetto che la nostra chiesa sta iniziando a vivere: don Paolo Cugini, don Gabriele Carlotti e don Gabriele Burani si recheranno in gennaio a Manaus, al corso di preparazione in vista di una loro permanenza in Amazzonia. Il 31 marzo 2019 avremo il piacere di ospitare al Convegno Missionario Diocesano il vescovo della diocesi dell’Alto Solimões, don Adolfo Zon Pereira. Sarà con noi anche il nostro vescovo Massimo. Ci metteremo in ascolto del vescovo Adolfo che ci aiuterà a conoscere la sua chiesa. Rendiamo grazie al Signore e riconosciamo che questo incontro confermerà il nostro cammino che prosegue e si allarga nella chiesa brasiliana. 

Don Luca Grassi terminerà a giugno il suo servizio nella diocesi di Ruy Barbosa e desidero ringraziarlo tanto per la passione generosa con cui ha vissuto il suo tempo in terra brasiliana. Per noi, riaccoglierlo avrà la duplice valenza di dono e di compito importante: prima di tutto ci metteremo in ascolto del dono di grazia cresciuto in lui durante questi anni. Come diocesi possiamo lasciarci evangelizzare dall’esperienza maturata dai nostri missionari; è una grande opportunità e solo così cresce la chiesa: in uno scambio reale tra le comunità cristiane di tutto il mondo.

Prima di don Luca, proprio nel mese di dicembre, rientrerà Don Riccardo Mioni, presente da tanti anni in Bahia in un umile e fedele servizio come fratello della Carità: un servizio obbediente e sereno, nel quale ha accolto ogni giorno la chiamata di Dio a compiere la Sua volontà, qualunque essa fosse.

Grazie don Riccardo, poiché dopo la missione in Madagascar ti sei arricchito dell’esperienza feconda della missione in Bahia.

 Credo sarà molto interessante riflettere con lui sui cambiamenti in atto o imminenti nella chiesa italiana e nella nostra diocesi, per ascoltare il suo punto di vista e le sue considerazioni.

Esprimo ancora tanta riconoscenza per sr Grazia rientrata dall’Albania, dopo questi anni vissuti con umiltà. Il segno è stato chiaro: ha manifestato nella semplicità il suo amore quotidiano per i piccoli ed i poveri con la forza della sua gioia. Sr Maria Angelica continua oggi ad abitare in casa con sr Rita; la loro presenza ci ricorda il legame con questo popolo giovane e allo stesso tempo adulto nella fede. Dono per noi tutti è stata la disponibilità di don Marco Lucenti, novello sacerdote, verso la nostra missione in Albania; la sua presenza, insieme al seminarista Paolo Lusvardi, nella diocesi di Sapa, è stata un prezioso segno di prossimità verso questa nostra chiesa sorella.

 

Nelle foto sull’India di don Davide Castagnetti e attraverso alcune telefonate abbiamo seguito i momenti drammatici vissuti dalla popolazione durante l’alluvione in Kerala; i danni sono ingenti e molte famiglie hanno perso la casa. Su iniziativa del vescovo Massimo la nostra chiesa ha indetto si mettono in salvo le barcheuna colletta alcune settimane fa per la chiesa del Kerala, al fine di sostenere concretamente l’aiuto alle famiglie nelle più urgenti necessità. Nella vita si intrecciano sempre sacrificio e frutto, morte e vita, smarrimento, angoscia e gioia. Così anche in India ci sono quattro ragazze in noviziato e due sorelle faranno la professione perpetua in Nagaland domenica 9 dicembre.  Ringraziamo insieme il Signore e uniamoci nella preghiera per questi doni alla Chiesa. Sr Annamaria sta maturando i saluti per prepararsi a rientrare in Italia; passaggi delicati proprio per i legami che nel tempo si creano. Sono passati vent’anni dalla sua partenza verso la missione in India; quando sono stato in visita presso la Casa, il dono della sua presenza tra gli ospiti, le sorelle e la comunità parrocchiale si coglieva con grande evidenza. 

Durante il tempo di Natale, insieme al vescovo Massimo, visiteremo il Rwanda; ci stiamo preparando insieme al gruppo “Amahoro” ed al gruppo “Padre Tiziano”. Domenica 9 dicembre incontreremo, insieme, il nostro vescovo per offrirgli uno sguardo storico e aggiornato sulla missione in Rwanda. Proprio in questi giorni il vescovo di Kibungo S.E. Mons. Antoine è stato nominato arcivescovo di Kigali. A lui rivolgeremo le nostre felicitazioni e lo ringrazieremo per questi anni vissuti insieme. Iniziamo a pregare per la nomina prossima del nuovo vescovo di Kibungo.

la foto di tutti noi dello staffInfine, come avrete saputo dal web, il nostro ufficio del CMD si è trasferito in curia insieme agli altri uffici pastorali e alla Caritas. I lavori di ristrutturazione hanno creato un ambiente di lavoro piacevole e dinamico; ora ci troviamo nell’opportunità di condividere i nostri progetti con gli altri uffici, di scambiarci sia idee che risorse.

Confido che lavorare vicini generi una fucina di proposte atta a far crescere la comunione tra noi operatori e in tutta la nostra chiesa. Maggior attenzione sarà rivolta alle unità pastorali ed alle missioni. Il nuovo assetto degli uffici di Curia, nell’ottica dell’integrazione, chiede tempo e pazienza a tutti. La mia speranza è che porti una rinnovata motivazione in tutti i direttori e collaboratori. Vorrei ringraziare il team dei collaboratori, in particolare i nostri del CMD: lasciando un luogo storico e confortevole quale era la vecchia sede, a loro è chiesto un sacrificio maggiore; in questi mesi la loro crescente disponibilità è stata per me edificante. Mi dispiace se in questo periodo nel quale stiamo riorganizzando il lavoro degli uffici voi, amici missionari, avete vissuto di riflesso con maggiore fatica le vostre giornate. Confido che questi disagi si riducano e tutto diventi snello, armonico e produttivo. Accompagnateci con la vostra preghiera.   

Concludo con parte del discorso di papa Francesco alla Pontificia Opere Missionarie avvenuto nel 2016 che ritengo significativo per noi e per voi.

 “Dobbiamo crescere in passione evangelizzatrice. Io ho paura – ve lo confesso – che la vostra opera rimanga molto organizzativa, perfettamente organizzativa, ma senza passione. Questo lo può fare anche una ONG, ma voi non siete una ONG! La vostra Unione senza passione non serve; senza “mistica” non serve. E se dobbiamo sacrificare qualcosa, sacrifichiamo l’organizzazione, andiamo avanti con la mistica dei Santi. Oggi, la vostra Unione missionaria ha bisogno di questo: mistica dei Santi e dei Martiri. E questo è il generoso lavoro di formazione permanente alla missione che dovete fare; che non è soltanto un corso intellettuale, ma inserito in questa ondata di passione missionaria, di testimonianza martiriale. Le Chiese di recente fondazione, aiutate da voi per la loro formazione missionaria permanente, potranno trasmettere alle Chiese di antica fondazione, a volte appesantite dalla loro storia e un po’ stanche, l’ardore della fede giovane, la testimonianza della speranza cristiana, sostenuta dal coraggio ammirabile del martirio. Vi incoraggio a servire con grande amore le Chiese che, grazie ai martiri, ci testimoniano come il Vangelo ci renda partecipi della vita di Dio, e lo fanno per attrazione e non per proselitismo”.

ll tempo di Avvento orienti la nostra azione missionaria. Sì, attendiamo Lui, Gesù Cristo Salvatore. Quest’attesa animi il nostro desiderio di non farci catturare dall’attivismo, ma ci porti al silenzio personale dentro il quale comprendiamo il senso del nostro essere qui dove siamo e di come “stare”, mettendoci in ascolto della Sua Parola. Nel silenzio personale meditiamo gli avvenimenti che ci accadono, portiamoli nell’orazione silenziosa, per comprenderli, per cogliere significati, per purificarli.

Maria, Madre della Chiesa, ci aiuti a custodire il dono della nostra vocazione, a comprendere ogni giorno il dono di essere stati chiamati da Gesù.

 Il nostro incontro con Lui urge in noi il desiderio di portare il profumo dell’amore di Cristo. L’incontro con Lui illumina di uno stupore nuovo ogni giorno della nostra vita e della vita di chi incontriamo, aiutandoci a riconoscere che l’azione dello Spirito Santo ci precede nelle persone e nelle culture che incontriamo. La contemplazione del Creato ci doni di riconoscere il Creatore sempre presente in ogni circostanza della vita: per questo preghiamo di avere occhi per riconoscere la bellezza della Sua presenza.

Assicuro a voi tutti il ricordo nella celebrazione dell’Eucaristia.

don Pietro Adani                                                                    

   Direttore del CMD di Reggio Emilia-Guastalla

                

[1] Benedetto XVI, Verbum Domini, esortazione apostolica, 30 settembre 2010, n. 3.

[2] Francesco, Evangelii Gaudium, esortazione apostolica, 24 novembre 2013, n. 264.

[3] Francesco, Gaudete et Exultate, esortazione apostolica, 19 marzo 2018, n. 24.

[4] Ibidem, n. 64.

[5] Vademecum CMD, n. 33 citato in Evangelii Nuntiandi, 15.

madagascar, le tipiche risaie in campagna

Tra lemuri, orchidee, solidarietà e 50 anni di missione

Ho avuto la fortuna, l’onore e la gioia di far parte della Delegazione diocesana in visita al Madagascar per il 50° della Missione della Diocesi di Reggio Emilia.
Donata Frigerio ha già abbondantemente relazionato sulla Libertà circa le solenni e partecipate celebrazioni nelle varie città dove siamo presenti dal 1967 quando la prima equipe con don Mario Prandi, don Pietro Ganapini, Suor Bernadette, Suor Margherita, e qualche laico sbarcò nell’Isola Rossa.

Raccontare il Madagascar è come leggere un libro di storie, ogni luogo ha i suoi colori caratteristici, le sue tribù con storie e tradizioni millenarie che ancora sopravvivono, la sua natura peculiare e i suoi animali unici ed indimenticabili. Volevo in questa occasione fare un raffronto tra il viaggio che feci quasi 30 anni fa e quello dei giorni scorsi Ma già scendendo all’aeroporto di Ivato con il super traffico di Tananarive, inizio subito a capire che nulla è cambiato nelle condizioni di vita dei malgasci: tutti ancora per strada, bancarelle improvvisate, gente ammassata che aspetta taxi-be, signore che lavano panni nel fiume. Incontro, esattamente come la volta scorsa, tanta gente a piedi, tutti camminano, spesso senza scarpe, tanti bimbi che giocano, le donne, nei loro abiti colorati, in testa portano di tutto, taxi-brousse stracarichi di gente e merce.

Nel 50 anniversario gli zebu tirano ancora i carrettiPoi “strade” (se si possono definire così) dove incrociamo taxi-brousse (pulmini stipati di persone e merci e animali fino all’inverosimile), carretti trainati da zebù, bambini, bambini, bambini… Un proverbio malgascio (ce ne sono tantissimi colmi di sapienza popolare) dice che “la vita è miele (quindi dolcissima) e aloe (quindi amarissima)” e rende veramente l’idea dei contrasti e delle contraddizioni di questa terra malgascia: da una parte le bellezze dell’Isola, forse la più bella del mondo: i primi navigatori che approdarono sulla costa del Nord a Nosy-be pensavano di essersi trovati in Paradiso, dall’esplosione della natura, uno scrigno rimasto intatto per 160 milioni di anni daquando si staccò dal Gondwana, con una flora e una fauna uniche al mondo, poi la bellezza degli abitanti nella pratica dell’ospitalità, dell’accoglienza, della dolcezza, gli sguardi, le strette di mano, i gesti di benevolenza, i volti, i sorrisi di tutti, in particolare dei bambini (credo che fra le decine di viaggi che ho fatto per il mondo, questi siano i sorrisi più radiosi, splendenti, contagiosi che abbia mai visto).

D’altro canto credo che sia anche un Paese tra i più poveri del mondo, con il reddito pro-capite più basso in assoluto, e quindi si avverte subito la durezza, la fatica, la pesantezza del vivere quotidiano che non ha avuto nessun progresso significativo in questi ultimi 30 anni. Tutti i “nostri” progetti reggiani di RTM, del Centro Diocesano Missionario, della Ravinala, delle Case della Carità, dei Servi della Chiesa, sono invece altrettante eccellenze nel Paese, da Bevalala, alle Scuole di don Ganapini e di RTM, a Ambatolampy con la lavorazione dell’alluminio, a MarosoKatra nell’Azienda Agricola con l’inossidabile Giorgio Predieri, ormai malgascio da oltre 40 anni, le scuole di Zanantsika, poi a Manakara la confiturerie, e tutti i progetti seguiti da Luciano Lanzoni pure lui ormai figura storica da oltre 30 anni in Madagascar, l’Ospedale di Ampasimanjeva con il Dott. Martin. Le nostre sono veramente delle “oasi” fortunate, delle opportunità straordinarie, potremmo dire con il Salmista “Venite e vedete le Opere di Dio, Egli ha fatto prodigi sulla terra” rispetto invece al resto del Paese che non decolla, per le vicende politiche, sociali ed economiche che si trascinano fin dall’indipendenza dai francesi nel 1960, per la corruzione, per l’incapacità dei Governi di formulare piani di investimenti per il lavoro, per l’educazione, igiene, scolarizzazione, di trovare soluzioni ai problemi che attanagliano il popolo, per cui il Paese resta un’Isola alla deriva, addirittura dimenticata oltre che dallo Stato, dagli Organismi internazionali, dalla Comunità Europea ecc.

50 anni di madagascar vediamo lavori faticosiE noi occidentali troppo abituati alle comodità, ai comfort, al benessere, restiamo destabilizzati davanti ai mille inconvenienti del viaggio, e percorrendo la strada RN7, l’unica asfaltata (si fa per dire!) del paese, naturalmente non possiamo evitare alluvioni in questa stagione delle piogge che distruggono ponti, creano voragini e costringono a deviazioni, così se in un posto manca l’acqua si è costretti a fare la doccia con il secchio, oppure viene meno la luce o si resta a piedi con il pulmino, tutte cose che ci sono successe.

 

Ci sarebbe proprio da imparare la grande lezione di questo popolo: la pazienza!! Per rivedere i nostri pregiudizi… per rispondere a domande, o magari, farsene altre, interrogativi inquietanti sul nostro stile di vita, sull’individualismo, menefreghismo e indifferenza così diffusi nei nostri paesi Europei e per restituire nome e valore alle cose essenziali e a quanto di superfluo e di inutile ci siamo dati in questa nostra società edonistica e consumistica. Devo dire che i 24 componenti la Delegazione Diocesana, tutti coinvolti in qualche modo nell’ambito Missionario (preti e suore comprese), hanno capito esattamente il senso e l’obiettivo di questo viaggio responsabile e si sono adattati alle condizioni di disagio senza le litanie di lamentele come avviene di solito a casa o nei viaggi ordinari. Visita al Parco Nazionale di Ranomafana. Bellissima ed intricata foresta pluviale a 800 metri di altitudine che ci permette di incontrare i lemuri dorati, i sifaka neri ed una minuscola specie di camaleonti di pochi centimetri. Istituito nel 1991 grazie alla scoperta, qualche anno prima, del lemure dorato del bambù (Hapalemur aureus, una specie a forte rischio di estinzione), il Parco Nazionale di Ranomafana si estende su una superficie di circa 40.000 ettari distribuiti tra colline di media altitudine (800-1200 m) ricoperte da foreste e attraversate da piccoli corsi d’acqua che si gettano nel fiume Namorona. Oltre al lemure del bambù, il parco di Ranomafana è habitat di altre 11 specie di lemuri, tra cui alcuni molto rari e con gravi minacce di estinzione, come il lemure dal naso grigio (Prolemur simus), il maki lanoso (Avahi laniger), il sifaka di Milne-Edwards (Propithecus edwardsi), il lemure dal ventre rosso (Eulemur rubriventer) e l’aye-aye. C’è infine una cosa che mi ha fatto riflettere e lo farà ancor più nei giorni seguenti, in questo panorama di luce e ombre, di ricchezza e di povertà, di miseria e di dignità: quel piccolo seme gettato il 23 Novembre dl 1967 in quella terra benedetta ha germogliato e fruttificato: 15 Case della Carità , 63 Suore, 7 Novizie, 7 novizi fratelli, un centinaio di Servi della Chiesa, e tutti i progetti RTM-CDM-Ravinala che hanno impegnato centinaia di volontari laici: sembra proprio che Dio voglia provocare la nostra Chiesa Reggiana, dove avviene il fenomeno inverso, calo di vocazioni, chiusura di Case della Carità, Messe e Sacramenti disertati .. e c’è da ringraziare il Vescovo Massimo per aver deciso di inviare due Sacerdoti giovani – Don Simone e Don Luca – nonostante le difficoltà che si creano in Diocesi per la cronica mancanza di preti: ma la ricchezza straordinaria che viene dallo scambio con Chiese sorelle chiede che si continui in questa avventura sicuri che Dio non mancherà di benedire, di colmare di grazie e di abbondantissimi frutti, gli sforzi di chi spende qualche anno o tutta la vita al servizio della Missione. Ricordiamo perciò, pieni di gratitudine, chi ci ha preceduto ed ha tracciato la strada di questo cammino meraviglioso che vede ancora oggi comunione e unità di azione tra sacerdoti, religiosi e laici. Si tratta di una formula e un modello esemplare che sarebbe prezioso da applicare anche alle nostre Unità Pastorali, che spesso non cercano di unire risorse, energie, opportunità ma continuano nella resistenza della propria individualità parrocchiale campanilistica invece di avere uno sguardo più lontano e lungimirante.
Grazie Roberto Soncini del CDM per averci guidato con tanta pazienza (davvero malgascia!!) sapienza e competenza nel nostro Pellegrinaggio.

Correggio, 3 Dicembre 2017 1° Domenica di Avvento

Enos Rota