In prigione, in prigione…

 

Edoardo Bennato, nel suo bel LP di molti anni fa su Pinocchio (“Burattino senza fili”) cantava: “in prigione, in prigione…. e che ti serva di lezione!”.
Dopo aver letto su La Libertà le interessanti considerazioni sulla realtà del carcere di don Daniele Simonazzi ho pensato di scrivere questa lettera con la mia – seppur limitata-  esperienza del carcere nella nostra cittadina amazzonica. Visito a volte la nostra prigione in Santo Antonio do Içá e mi faccio questa domanda: la prigione serve di lezione, come cantava Bennato? Serve per imparare qualcosa di positivo?  Serve per riabilitare le persone? Così dovrebbe essere ma nella nostra attuale organizzazione temo proprio di no.
In realtà qui non abbiamo una prigione ufficiale, un luogo di detenzione organizzato, ma nella sede della Polizia Militare vengono occupate alcune stanze che sarebbero solo di passaggio, di pochi giorni, per poi passare ad una struttura maggiore. Come spesso succede le cose vanno diversamente da come sarebbero progettate e questo  spazio angusto viene trasformato in luogo di detenzione stabile. La Polizia Militare ha sede in un piccolo edificio;  entrando un tavolo con un poliziotto che riceve e scrive i dati delle eventuali denunce. Due stretti uffici per il comandante e il segretario; continuando alla fine del  corridoio, due stanze, a occhio 4m x4m, bagno compreso (ma non riesco ad avere una idea chiara delle dimensioni). La scorsa settimana erano 38 detenuti: come fanno a starci tutti? Semplice, sono distribuiti a strati: fissano la loro amaca a livelli differenti di altezza e quello é lo spazio personale; le stanze sono alte 4-5 metri, quindi per qualcuno lo spazio vitale é una amaca a 5 metri di altezza!
Nei mesi di maggior diffusione del Coronavirus le visite erano abolite, e i detenuti non uscivano dalla loro cella; chiusi, senza un momento per prendere un pò di sole e di aria pura, molti sviluppano malattie della pelle. Uno spazio sul corridoio munito di sbarre metalliche é poi la cella dei malati di coronavirus.
Quasi tutti sono giovani sui 20-30 anni e quasi tutti (o tutti) con problema di droga; in genere sono in prigione per furti, traffico di droga, o violenze in famiglia. Nella città della Bahia dove abitavo erano molti gli omicidi; tutti i mesi vari omicidi. Qui no, ci sono molti furti, liti e violenze sì, ma non molti omicidi.
Quando vado, comunico brevemente davanti alle sbarre; chiedono se li posso aiutare portando materiale di igiene ( sapone, dentifricio, shampoo, detersivi per lavare i vestiti, e per la pulizia della stanza), ultimamente mi hanno chiesto medicine per le malattie della pelle. Chiedo al comandante (ora é una donna) se viene regolarmente un medico o infermiere; a volte vengono se li chiamano, non in modo regolare, e i detenuti vanno in ospedale quando si presenta la necessità.
In una delle due celle si é rotto il ventilatore, l’unico che avevano, e da settimane sono al caldo opprimente; ne ho comprato uno e qualche giorno fa sono andato per darglielo, assieme ad una piccola griglia per scaldare i panini che si era rotta nella cella accanto ma… non ho potuto darglieli perchè sono in punizione! Qualcuno di loro, attraverso il soffitto é entrato nell’ufficio del comandante lasciando una certa confusione nella stanza; ma nessuno é riuscito a fuggire! Così ora le celle sono in punizione per un certo tempo.
Nei mesi scorsi ho regalato a tutti un vangelo; sono molto contenti quando ricevono qualcosa, anche per la lettura;  i soldi per comprare il necessario dovrebbero arrivare dallo Stato, ma… non si sa! Non sappiamo se arrivano, o più probabilmente, come qualcuno dice, i poliziotti li tengono per loro.
Molti detenuti rimangono per mesi in questa situazione, il giudice lascia marcire i poveri per lungo tempo, ma se l’avvocato lo paga, si risolve anche in pochi giorni la scarcerazione. Ed é difficile che questi ragazzi abbiano la possibilità di pagare un avvocato, sono dei poveretti.  Questa la nostra situazione, non sappiamo di quale autorità civile possiamo fidarci, sembra di vivere in un paese senza legge,  o dove vale la legge del più forte/ del più ricco. A chi fare riferimento? Non saprei.

In prigione amazzonia 2La prigione così fatta serve di lezione? Purtroppo no; la maggioranza di loro, pochi giorni dopo la scarcerazione entra di nuovo in prigione, perché riprende subito a rubare. Un ragazzo é uscito al mattino e alla sera era di nuovo incarcerato!
Un altro giovane ben conosciuto (per droga, furti ecc…) veniva ogni tanto a chiedere cibo, e varie volte gli abbiamo dato il pranzo; é entrato anche nelle sale parrocchiali per tentare di rubare qualcosa…forse é lui che mi ha rubato i cellulari…comunque quando vado a fare visita mi saluta sorridente; in pochi giorni di libertà aveva collezionato più di 20 denunce di furto.  Giorni e giorni ammassati in una cella stretta, senza fare nulla, senza attività, senza un lavoretto che li occupi, senza una lezione per imparare qualcosa…Certo, hanno infranto la legge, hanno commesso crimini, ed é giusto che ci sia una forma di sanzione, ma si dovrebbe anche tentare una alternativa alla identità criminosa che si sono fatti.
Il caldo é spesso opprimente, l’aria viziata, e ovviamente sono stesi sulle amache senza vestiti, solo con i pantaloncini corti.  Mi colpisce che quando vado e li invito a fare una preghiera, si alzano in piedi e tutti si mettono una maglietta in senso di rispetto; non l’ho chiesto io ma loro lo fanno spontaneamente; un loro ‘paramento liturgico’, più sensato di tanti panni inutili che sono nelle nostre chiese.  E mi colpisce che pregano il Padre Nostro a voce ben alta quasi gridando per manifestare la loro fede; mi fa pensare a come a volte le nostre comunità italiane  sono così timide nel manifestare la loro fede, così paurose, o forse pigre.
Poco tempo dopo il nostro arrivo abbiamo ospitato nella casa parrocchiale un giovane uscito dalla prigione; era stato ‘beccato’ con una discreta quantità di cocaina pura, proveniente dalla Colombia (noi qui siamo al confine Brasile- Colombia-Perù) e che passando attraverso il Brasile sarebbe arrivata chissà dove. Lui era solo un corriere, pagato per il trasporto fino a Manaus ma è stato individuato qui a Santo Antonio e quindi messo qui in carcere. Ha avuto la scarcerazione ma deve rimanere in città fino alla conclusione del processo; lui non è del paese, la sua famiglia abita molto lontano e comunque non ha possibilità di aiutarlo; il padre, coinvolto in varie attività criminose è morto poco tempo fa. Lo abbiamo accolto, è entrato a far parte della nostra famiglia, lavora come guardia notturna per alcuni negozi della piazza centrale dove abitiamo. Riceve un compenso dai commercianti, ma non ha mai soldi, non sa gestirsi. Qualcuno ci critica  per questa accoglienza, anche perché oltre a essere ex carcerato per traffico di droga, è anche un omossessuale dichiarato; comunque  ci aiuta in molti lavori della casa parrocchiale e manifesta gratitudine. Il giudice non lo ha mai chiamato finora per concludere la sua vicenda giuridica; abbiamo pensato di pagare un avvocato perché si arrivi al processo e si possa risolvere, in qualche modo, la sua posizione. Ci sembra giusto aiutarlo, abbiamo fiducia che, pur con le contraddizioni del suo carattere, possa essere rispettoso della legge e dei valori della società.

Di fronte a qualche crimine tutti gridano: in prigione, in prigione! Ma chi si preoccupa che ‘serva da lezione’?  che ci sia un tempo e un ambiente non solo per punire ma per riabilitare?

Don Gabriele Burani, santo Antonio do Içá, Amazonas, 29-09-2021