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Nova Redençᾶo, Brasile. Notizie da Vanessa

Nova Redençᾶo, piccolo paese di poco più di 8000 abitanti, situato al centro della Bahia a circa 400 km di distanza da Salvador, è qui che condivido la mia scelta di vita come missionaria; non sola, ma con altre 4 persone: don Mario, originario di Rio Grande do Sul, suor Walmi e suor Marisa dello stato di Santa Catarina e il seminarista Oscar originario di una diocesi a sud della Bahia.  Il nostro è un bel gruppo, composto da persone molto diverse tra noi, ma proprio per questo ricco,  fatto di tanta collaborazione e che ci permette di poter accompagnare il più possibile la nostra comunità parrocchiale e non solo.

Dico non solo, perché è sempre più chiaro come missione non significhi solo evangelizzare, ma soprattutto mettere in pratica quello in cui crediamo.

Come gruppo giovani parrocchiale, in occasione della festa della donna, abbiamo organizzato “una chiacchierata” con una psicologa e l’assistente sociale del paese; il tema era: “Il ruolo della donna nella società e il tipo di violenza che le donne subiscono nel nostro municipio”; abbiamo invitato i giovani delle scuole superiori e chiunque fosse interessato all’argomento. È stata una bella serata, di confronto e dialogo produttivo.

Come avevo già scritto sto seguendo il gruppo di gestanti all’interno delle attività dei servizi sociali; è super gratificante accompagnare le future mamme in questo momento così importante della loro vita; durante l’ultimo incontro, l’attività proposta è stata disegnare dei volti sulle loro pance e poi fotografarle. Chiacchierando è emerso che alcune di loro non avevano ancora scattato una foto al loro corpo trasformato; una tirocinante che era lì con noi, ha raccontato che durante la sua gravidanza non aveva scattato una sola foto, fino ad arrivare ai 9 mesi, perché non riusciva ad accettare il proprio corpo in quanto non era stata una gravidanza desiderata. Molte di queste donne non avevano programmato di aver un figlio, per questo è importante accompagnarle durante questi cambiamenti, educarle alla propria accettazione, alla propria autostima per vivere più serenamente il durante, ma soprattutto il dopo.
Non sono poche le donne che soffrono di depressione post-partum.

E proprio perché sono continuamente circondata da donne incinta, come non pensare a Beauty, migrante nigeriana morta il mese scorso dopo aver dato alla luce suo figlio. A me non interessano i dettagli, anche perché dopo 3 mesi in Italia, è stato lampante come il “noi e loro” sia molto più forte in qualsiasi aspetto della società, ma questa morte non può passare inosservata. La storia si ripete e noi uomini non siamo in grado di imparare dagli errori passati. La vita umana e la sua dignità dovrebbero guidare le nostre azioni, tutto il resto non conta.

La domenica di Pasqua io e suor Walmi siamo andate in una delle comunità di campagna per celebrare; generalmente ci riuniamo in un salone comunitario, ma quel pomeriggio le donne avevano preparato tutto all’aperto. Questi sono sempre momenti che mi affascinano: eravamo sotto un albero di cajà (è un frutto), con una ventina di donne, i bambini che un po’ prestavano attenzione, un po’ giocavano e nel frattempo mangiavano i cajà maturi che cadevano dall’albero. Purtroppo non ho nessuna foto di quel pomeriggio, perché come spesso capita sono così presa dal momento, che il cellulare me lo dimentico. Questa è la chiesa che mi piace, fatta di piccole cose, di una fede vera e sentita, dove si prega per il vicino che non sta bene o per la vita di una donna della comunità che ha compiuto gli anni.

Per concludere vorrei ringraziare tutte quelle persone che dall’Italia, con piccoli o grandi gesti concreti, mi stanno permettendo di poter vivere qui in Bahia, di realizzare qualcosa di bello e importante, non solo per me, ma per tutte le persone che incrocio ogni giorno. Un sorriso può cambiare la giornata di qualcuno, ma non si può negare che sopravvivere non è vivere e che essere nati in un posto piuttosto che in un altro è un grande privilegio.
Per questo grazie, grazie di cuore a chi mi sostiene!!

Nova Redençao 05/04/18
Vanessa

Veloma Cristina! e buon rientro

Ringraziamo Giorgia che ci ha inviato queste righe sulla partenza di Cristina.

Cristina Orlandini ieri e oggi ha fatto i veloma (saluti) alla comunità di Ampasimanjeva. Ieri ha giocato a tombola, cantato e ballato con i bambini del centro “Papillon”, oggi ha salutato i tubercolotici, nel pomeriggio ha salutato tutti gli impiegati dell’ospedale e poi la sua squadra di calcio. Stasera è stato il momento dei saluti alle suore e a noi missionarie, con cena, balli, video, regali.

Foto di gruppo ad Ampa!

Ho ripetuto troppo la parola “saluto” e mi scuso, ma avreste dovuto sentire tutte le volte che qualcuno ha pronunciato “veloma” in questi giorni! Io sono, letteralmente, l’ultima arrivata nella comunità di Ampasimanjeva e non mi sento adatta a raccontare un momento così personale. Io non posso neanche immaginare cosa significhi salutare le persone con cui hai vissuto, lavorato, cantato, giocato, ballato, pregato, riso per un anno e mezzo. Credo però che non lo possa sapere neanche chi è qui da più tempo, perché i rapporti che la Cri ha stretto con tutte le persone che ha salutato sono speciali e diversi da quelli di chiunque altro per il semplice fatto che se è vero (ed è vero) che ogni persona è unica, lo sono inevitabilmente anche i legami che crea con le persone che le stanno intorno. Descrivere quindi il veloma di un’altra persona non è un compito semplice, ma da mera spettatrice posso dire che è evidente che Cristina abbia voluto bene a questa comunità e che l’affetto sia stato senza dubbio ricambiato.

La squadra di calcio femminile di Ampasimanjeva insieme a Cristina

Ogni momento di saluto ha avuto, come da tradizione, il suo kabary (discorso) e, sebbene io il malgascio lo capisca ancora poco, una delle cose che sono riuscita a cogliere è un ringraziamento particolare a Dio. Ogni volta che ha dovuto parlare Cristina ha ringraziato il Signore per l’opportunità che ha avuto di poter trascorrere qui, con queste persone, una parte della sua vita. Ha ringraziato ogni persona per il tempo vissuto insieme e ha reso grazie del dono che ha ricevuto nell’essere missionaria qui, in questa terra rossa e verde che è il Madagascar.

 

Poi chissà…le vie del Signore sono infinite e magari la sua strada ripasserà da Ampa, un giorno!

                                                                                                                                                      Giorgia Roda

11 aprile 2018

il volantino dell'incontro de prossimo 6 maggio

Vola alto, metti le ali per la missione

Domenica 6 maggio a Imola si terrà una Giornata di formazione organizzata dai Centri Missionari dell’Emilia Romagna per quanti la prossima estate faranno un campo in missione. Sono tante le destinazioni, così come sono tante le realtà presenti in Regione che organizzano un campo all’estero per i giovani che desiderano conoscere da vicino le missioni. Anche il Centro Missionario di Reggio Emilia invita quanti si sono iscritti ai campi proposti per l’Estate in missione 2018 a partecipare alla Giornata di formazione a Imola, dove incontrare alcuni personaggi significativi… Per compiere questo “viaggio” è necessario stampare e compilare il “biglietto di prenotazione” e consegnarlo al proprio referente del campo.

Ti aspettiamo e… buon viaggio!!!

Anniversario della CdC di Ruy Barbosa

Domenica 8 aprile sarà l’anniversario della Casa di Carità di Ruy Barbosa.

Il tema della festa sarà:

“Casa della Carità: tutti insieme per diffondere nel mondo la civiltà dell’amore” 

Questo perché essere discepoli di Cristo è assumere l’impegno del Battesimo in tutte le vocazioni.

Venerdì mattina dopo la Messa inizieremo le 40 ore di Adorazione, a cui a turno sono invitate le comunità e i vari gruppi e movimenti della nostra parrocchia.

Venerdì sera vivremo una celebrazione guidata dalla Pastorale del Battesimo,che avrà come tema: “Vivere il nostro Battesimo essendo discepoli e missionari”, e sabato una veglia eucaristica : ” Prendersi cura gli uni degli altri è promuovere una cultura di pace e di fraternità”, in continuità con la campagna della Fraternità che ci ha invitato a riflettere e cercare modalità di pace per vincere la tanta violenza che ci circonda.

Domenica alle 10 celebreremo la s. Messa solenne di ringraziamento per i 22 anni di questa Casa, e  il nostro Francisco, il più piccolo di Casa, riceverà il dono dello Spirito Santo nel Sacramento della Cresima.

Siete tutti invitati alla festa, ma se non riuscite a venire, pregate per noi!

La CdC di Ruy Barbosa

Ultimi auguri di Pasqua…

Un caro augurio di buona Pasqua a tutti!!

Sono già trascorsi cinque messi dal rientro in Brasile e sono stati mesi intensi. Ciò che più lascia una traccia nel cuore è l’incontro con l’umanità, nella quale sei chiamato a scoprire e incontrare il Cristo vivo, in tutte le situazione anche di contraddizione o di morte.

Acqua, sangue della terra: semi di speranza e gioia in una terra drammaticamente segnata dalla siccità e dalla desertificazione.

Il rientro in Brasile è stato segnato dall’incontro con una realtà drammatica come quella della mancanza di acqua e di pioggia, che avevo lasciato in occasione del rientro in Italia e che ho ritrovato peggiorata. Quasi tutti i bacini e le riserve d’acqua erano completamente secchi,  molte cisterne delle case vuote, l’acqua razionata, il terreno bruciato per la mancanza di acqua e il bestiame venduto a prezzi stracciati, come non accadeva da quasi più di vent’anni. Tante carcasse di animali morti a completare il quadro desolante che accompagnava i miei viaggi per le comunità. Questa sofferenza non ha piegato la lotta di un popolo chiamato ad adattarsi a vivere in queste condizioni di siccità prolungata. Finalmente oggi la situazione si è capovolta. Nelle settimane scorse è piovuto moltissimo in tutta la regione e si sono rivisti i fiumi. Per la prima volta da quando sono in Pintadas, non sono riuscito a raggiungere alcune comunità per la presenza di molta acqua nei fiumi, solitamente secchi, la quale impediva il passaggio dei mezzi di trasporto e tagliava in due la parrocchia, lasciando varie parti isolate. Per la prima volta ho visto le dighe piene di acqua come non accadeva da anni. Sia benedetto il Signore, perché l’acqua è il sangue della terra, come dice il popolo del Sertão, abituato a vivere nella sofferenza e nella siccità.

Il rientro è stato segnato da diverse feste di prima eucaristia in diverse comunità, coinvolgendo circa un centinaio di bimbi e ragazzi, altrettanti battesimi e due feste del Patrono, tra cui quella della “Igreja Matriz”. La siccità prolungata e la sofferenza ad essa legata non tolgono la speranza e il desiderio di fare festa.

Violenza e traffico di droga, una piaga profondissima che sta inarrestabilmente distruggendo la vita. La Chiesa reagisce.

L’inizio del nuovo anno è stato segnato dalla violenza, con due giovani di 16 e 18 anni uccisi contemporaneamente a causa del loro coinvolgimento nel traffico di droga. L’“Igreja Matriz” è stato il luogo utilizzato come camera mortuaria per accogliere le salme dei due giovani e celebrare il funerale. Sono momenti che non si dimenticano, nei quali sperimenti in profondità il dolore di un’intera città e l’impotenza di fronte a una macchina della morte inarrestabile come quella legata al traffico della droga. Sono però anche momenti importanti per riflettere, annunciare la speranza cristiana e cercare di riattivare le energie per non rimanere con le braccia incrociate, impauriti e disanimati. Il traffico della droga sta sempre più coinvolgendo, in modo pianificato e sistematico, ragazzini tra i 9 e i 13 anni, entrando nelle scuole. Questi ragazzini saranno i drogati del futuro. Potranno, inoltre, essere facilmente manipolati, usati come fattorini ed uccisi altrettanto facilmente prima di raggiungere la maggiore età, perché testimoni scomodi. Quello che più spaventa nel Brasile è la forte percezione, anche se spesso non dimostrabile, di un coinvolgimento dei militari in questo traffico e in questa mattanza che ogni anno fa circa 70 mila vittime, la maggior parte dei quali “negri” e tra i 14 e i 29 anni. La Chiesa Brasiliana ha deciso profeticamente di orientare il cammino delle comunità cristiane sul tema della violenza: fratellanza è superare la violenza.

Ci sono alcune tendenze preoccupanti a livello nazionale. Il prossimo ottobre ci saranno le elezioni politiche del presidente del Brasile. Uno dei candidati è Bolsonaro, che proclama la volontà di “fare fuori le mele marce”, per riportare la giustizia e lo stato di diritto. La tentazione del giustizialismo è fortissima, coinvolge vari settori della società, principalmente i più giovani, e porta alla convinzione che con la “pistola dello sceriffo” si possano risolvere tutti i problemi. Peccato che queste “mele marce” siano per la maggior parte vittime, spesso appartenenti alle classi più povere ed emarginate e per lo più negri, ultimi ingranaggi di un sistema che coinvolge istituzioni politiche, forze economiche e militari. La Chiesa ha un ruolo fondamentale nel formare le coscienze. Con i giovani della parrocchia e le famiglie abbiamo cercato di lavorare su questi temi, organizzando incontri e momenti di preghiera nel salone parrocchiale e nelle scuole.

Un altro fatto legato alla violenza ha segnato la vita del paese in questi giorni. Il presidente del Brasile ha deciso di usare l’esercito per reprimere la violenza in diverse favelas di Rio de Janeiro. La chiesa ha condannato questa misura estrema, che ha creato ancora più violenza, affermando che è necessario prevenire più che reprimere, denunciando anche la mancanza di investimenti pubblici in educazione, salute e previdenza sociale. Una conseguenza di questa misura repressiva è stata l’esecuzione, lo scorso 15 marzo, da parte di un comando armato delle forze militari di una consigliera comunale di Rio Janeiro, Marielle Franco, che da anni denunciava la violenza delle forze militari e lottava per difendere la dignità delle donne. Questa esecuzione ha avuto una ripercussione di condanna a livello mondiale. Stiamo vivendo immersi in un vero e proprio stato di guerra.

Un’altra violenza, che si tocca con mano tutti i giorni e che ha cifre altrettanto spaventose, è quella verso le donne. Tante sono le donne, ferite da vari tipi di violenza, che incontro ogni giorno.

Non manca poi la violenza nelle istituzioni politiche, che coinvolge anche i municipi più piccoli. In tantissimi comuni il municipio è il grande datore di lavoro e la vittoria alle elezioni apre lo spazio per persecuzioni politiche sul luogo del lavoro, che possono portare alla perdita stessa del lavoro, a danno di coloro che hanno perso le elezioni. Tutto ciò genera meccanismi di vendetta che si radicano nel tempo e diventano vere e proprie strutture di peccato.

Dov’è il Regno di Dio? Abbiamo una speranza che non può essere soffocata: la settimana santa ci orienta.

domenica delle palme in una comunità rurale di Pintadas

In queste condizioni di frequenti ed estreme frustrazioni, di fronte a tante contraddizioni non risolvibili e a situazioni di morte permanenti, la fede viene posta a seria prova: è vero che Cristo ha inaugurato il Regno dei Cieli? Dov’è questo Regno? Sono domande vere e profonde, che sorgono spontanee di fronte a una mamma che piange, straziata dal dolore per la morte del figlio ucciso, o quando entri in case poverissime dove sembra che come società ci siamo dimenticati di che cosa voglia dire difendere e promuovere la dignità dell’uomo. Questi sono i “luoghi teologici” in cui siamo chiamati a credere alla realizzazione delle grandi promesse di Dio, ricordando le parole di Simeone che dice che il Regno di Dio è contraddetto in questo mondo, o quelle di Gesù che afferma che questo Regno è nascosto e soffre violenza nella nostra storia. Abbiamo però la testimonianza di fede di una miriade di testimoni, come dice la lettera agli Ebrei (Eb 11), e tra questi testimoni non ci sono solo i tantissimi personaggi biblici, ma tanti poveri che con perseveranza continuano ad avere fede. In particolare abbiamo la testimonianza di fede del nostro campione ed eroe, Gesù, che ha creduto fermamente nella realizzazione delle promesse di Dio e che, di fronte alla gioia che gli era posta dinnanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore. Pensiamo attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non ci stanchiamo perdendoci d’animo, Eb 12,2-3. In Gesù, nella sua vicenda culminata nella morte in croce e nella sua intronizzazione alla destra di Dio, abbiamo la certezza che Dio realizzerà il suo regno di amore, misericordia, consolazione, in cui vedremo Dio faccia a faccia e lo stesso Dio asciugherà le nostre lacrime. In Gesù abbiamo la certezza che ogni gesto di amore vero non si perderà e che collaborerà a quel Regno che sarà Dio stesso a realizzare. Siamo una primizia, un “primo frutto”, chiamato a testimoniare questa grande speranza per tutta l’umanità e per questo abbiamo ricevuto il sigillo dello Spirito: invochiamo senza stancarci la venuta del Regno di Dio e convertiamo continuamente la nostra vita e i nostri stili di vita. È così possibile scoprire e trattenere nel cuore tanti piccoli semi di questo Regno, come ad esempio la decisione di alcune famiglie della parrocchia di ricostruire la casa di una famiglia povera, collocando a disposizione il proprio lavoro, il denaro necessario e chiedendo donazioni di materiali ad amici, conoscenti o persone di buona volontà. Parte delle vostre offerte entra anche in questo tipo di iniziative.

Abbiamo la grazia di vivere la settimana santa. Abbiamo da poco terminato la Via Crucis per le vie della città, animata da varie persone della comunità nelle riflessioni delle varie stazioni e che ha avuto come filo conduttore il tema proposto dalla Chiesa Brasiliana: amare è superare la violenza. Ci ha preceduto nel cammino una grande croce alta diversi metri, portata dalla gente e che ricorda le lotte del passato, che la comunità aveva vissuto e vinto, perché continui a sperare e non si faccia vincere dalla paura o dal “comodismo” (parola portoghese che indica un atteggiamento di rilassamento spirituale che possiamo paragonare alla mondanità spirituale di cui parla papa Francesco). È stato un momento davvero toccante che si è concluso con la proclamazione del canto del servo sofferente e il bacio della croce. Ieri ci siamo riuniti per vivere la missa in coena domini, perché il gesto di servizio della lavanda dei piedi plasmi la nostra comunità e l’eucaristia sia la nostra vera speranza, proclamando la morte di Cristo e annunciando la sua resurrezione. In questi momenti avevo nel cuore le decine di comunità che celebrano senza la presenza del prete e che realmente sono luoghi in cui il Regno di Dio è invocato e si fa presente.

Ci attende il canto dell’alleluia del Sabato Santo!

“Domingo dos Ramos”: che inizio della settimana santa!

Abbiamo iniziato la settima santa con la celebrazione di “Domingo dos Ramos”. La domenica dei rami per noi preti inizia al sabato pomeriggio, in modo da poter celebrare in diverse comunità della zona rurale, che altrimenti non potrebbero riunirsi la notte. Ho celebrato nella comunità di Boa Vista, una delle più povere della parrocchia.

le buche per le strade…

Domenica la giornata è iniziata alle 6 del mattino per terminare alla 22.30 della notte. È accaduto di tutto. Decine di chilometri percorsi a piedi, acqua a catinelle, attraversamento molto pericoloso di fiumi, strade piene di fango e buche profondissime, più di cento chilometri in auto in questo tipo di strade, a volte con nove persone nell’auto e diversi tratti accompagnati da persone ubriache. Per poco non sono rimasto bloccato tra due fiumi, che avevano esondato con violenza, mentre stavo passando. Due gomme forate e più di cinquanta chilometri fatti gonfiando ripetutamente un pneumatico con una pompa di bicicletta. Siamo stati assistiti dalla provvidenza, perché, quando siamo rimasti con lo pneumatico di scorta a terra, avendone già forato uno, dopo un pò di tempo è passato un uomo in moto che è andato a cercare una pompa da bicicletta. Ho cavalcato per ben due volte un giumento per la processione dei rami, abbiamo visitato lungo il percorso diversi anziani, persone con handicap, ammalati e una mamma che da poco aveva partorito. Più di mille persone nelle diverse celebrazioni a cui ho partecipato: alla fine sono rimasto quasi senza voce. Il territorio di alcune comunità è di circa 20 Km2, di altre è di circa 50 km2: riuscire ad incontrarsi con i fiumi esondati e senza il segnale dei cellulari è stato un vero miracolo, date le condizioni avverse e molto difficili e i tanti chilometri da percorrere a piedi da parte di tutti. Un giovane ammazzato ed una mamma da consolare: quando sono arrivato al mattino nelle comunità di Laranjeira e Caldeirão Coberto, due comunità povere, ho capito che sarebbe stata una domenica di passione. La mamma era giunta da poco nel “povoado” (villaggio) di Caldeirão Coberto, dopo avere fatto alcuni chilometri a piedi per partecipare alla processione e alla messa, e, dopo essere entrata nella casa di un’amica per cambiarsi i vestiti, ha ricevuto la notizia che il figlio era stato da poco ammazzato. Tutta la comunità lo sapeva, tranne lei che stava camminando a piedi e il segnale del cellulare non era disponibile. Dopo essersi ristorata, la comunità le ha dato la triste notizia. “Padre che facciamo? Chi dà la notizia alla nostra sorella? Facciamo la celebrazione e la processione?”, queste le domanda che la gente mi rivolgeva. “Mi consulto con i leader della comunità”, è stata la mia risposta immediata. Così sono andato nella casa del signor Bellarmino, leader storico della comunità, distante un chilometro dal “povoado” e lì siamo stati raggiunti da Izita, leader della comunità di Laranjeira, distante 7 chilometri, che aveva saputo della notizia della morte del giovane ed era venuta per vedere cosa fare. Abbiamo deciso che una parte della comunità sarebbe stata con la mamma per consolarla e che il restante della comunità avrebbe fatto la processione di sette chilometri a piedi per raggiungere la comunità di Laranjeira, celebrando là la messa, e che questo sarebbe stato il modo più bello per stare vicini alla mamma e al figlio morto. Al ritorno dalla celebrazione ci siamo poi tutti stretti intorno alla mamma in una lunga preghiera. La mamma mi ha abbracciato per lungo tempo dicendomi: “padre, perdere un figlio è straziante, ma sapere che è morto ucciso è inconsolabile”. Abbiamo cercato consolazione nelle parole del Vangelo e della Scrittura.

La giornata è continuata. Mi hanno colpito le parole di una donna incontrata in un’altra comunità povera nel pomeriggio. Aveva fatto 8 chilometri a piedi con ciabattine “hawaiane”, in mezzo al fango e alla pioggia in strade sterrate e disastrate – queste sono le scarpe della maggior parte delle persone – per venire a partecipare alla messa e avrebbe dovuto farsi altrettanti chilometri al buio per il ritorno. Mi ha chiesto: “padre abbiamo ricevuto il perdono dei peccati, dopo questa pellegrinaggio e la messa dei rami, non è vero?”  Mi è venuto in mente che nella storia della Chiesa il pellegrinaggio è stato uno dei modi per ricevere il perdono dei peccati. Questi fedeli sono in stato permanente di pellegrinaggio per partecipare alle celebrazioni della comunità. Le ho sorriso, le ho messo la mano con la stola sulla testa, le ho fatto il segno della croce e dopo un momento di silenzio le ho detto di sì. Era radiante e felicissima. In alcune comunità, dove possibile, ho collocato momenti per le confessioni e celebrazione della penitenza durante la quaresima.

Celebrazione della domenica delle Palme

In tanti hanno partecipato alle celebrazioni della domenica dei rami, nonostante le condizioni avverse. Si è vissuto grande gioia, perché è da più di dieci anni che non cadeva questa pioggia. Tanta umanità incontrata povera, emarginata e ferita, ma piena di fede; tanta accoglienza in tante case.

Tutto questo è stato la domenica dei rami, con il Vangelo, proclamato nelle celebrazioni, che prendeva vita nei tanti avvenimenti e incontri fatti.

La nuova auto, un segno della provvidenza divina. Un grazie a tutti di cuore!!

Vi ringrazio di cuore, perché con le tante offerte ricevute siamo riusciti a comprare una Fiat Uno adatta per i percorsi sterrati. Come avete avuto modo di vedere questo è essenziale. Dopo la domenica dei Rami sono dovuto andare a Feira di Santana, distante 150 chilometri, per fare un giorno di revisione generale all’auto. L’auto è robusta, molto comoda da guidare e adatta ad affrontare le varie difficoltà che sempre si presentano. Ho già fatto 20 mila chilometri in questi 5 mesi, molti dei quali in percorsi sterrati.

Vi chiedo anche preghiere. Da diverso tempo sto ricevendo regali speciali: teste di cane o di vacca tagliate, bruciate e confezionate in una rete annodata molto stretta con dentro diversi oggetti, fiori collocati in sacchetti pieni di sterco, pezzi di carne bruciati con ossi o monete conficcati nel mezzo e tanti altri “simpaticissimi” regali. Si tratta di minacce e fatture a morte che mi trovo davanti alla porta di casa o al salone parrocchiale, sopra o sotto l’auto, appesi al crocefisso della chiesa. Non vi nascondo che la nuova auto e la precedente sono state oggetto di questi regali. Io scherzo sempre dicendo che quando il padre guida, l’auto è benedetta, ma non bisogna approfittare. Quando sono tornato in Brasile sono sbiancato e il cuore ha fermato di battere per alcuni secondi, vedendo come era ridotta l’auto precedente, completamente disintegrata. Apprendendo la dinamica dell’incidente, vedendo il luogo in cui è avvenuto con una scarpata di oltre tre metri, in cui l’auto, lanciata a quasi cento chilometri orari, è caduta per cercare di evitare un ragazzino di tredici anni, senza patente su una moto di notte senza luce e senza casco, ho capito che si è trattato di un vero miracolo che il giovane autista dell’auto parrocchiale e il ragazzino investito siano rimasti illesi, senza nulla di rotto. Sia lodato il Signore! Invochiamo la protezione di Maria e san Giuseppe. Conto nella vostra preghiera perseverante.

Mi scuso se sono stato prolisso e se non vi ho dato notizie per mesi. Avrei ancora altre cose da condividere, ma per queste vi raggiungerò con un’altra lettera.

Grazie ancora di tutto, per le tante offerte e le tante preghiere.

Una felice Pasqua a tutti!!

Pintadas, Venerdì Santo 2018 – Don Luca Grassi

“Ti benedica il Signore e ti custodisca”

Oggi, a meno di un mese dal mio rientro in Italia, ripenso alle parole della prima lettura del primo giorno di quest’anno. Sono parole molto dolci ed è un augurio bellissimo, calma il cuore.. perché mi ricorda che qualsiasi cosa accadrà quest’anno, che sia faticosa o meravigliosa, sarà nell’abbraccio del Signore.

E allora anche le paure, le domande che ogni tanto saltano fuori.. sono più leggere in questo abbraccio.

E’ bello che siano proprio queste parole ad accompagnarmi in quest’anno.

Le sento molto vicine, sia per tutti i doni che ho ricevuto fino ad oggi, sia perché mi danno molta pace per il tempo che verrà.

In questi primi mesi del 2018, mi sono sentita davvero custodita, le benedizioni sono state tante e preziose.

L’arrivo di Giulia, che si fermerà per un anno (o chissà… magari due?!) ad Ampasimanjeva, con cui ho condiviso un bellissimo pezzetto di strada insieme… tra risate, giochi coi bimbi, momenti di preghiera, e tanti balli! E’ stato un dono che mi ha aiutato a fermarmi ed ascoltarla, conoscerla, ma anche ascoltarmi e dare forma a ciò che vivevo ogni giorno per poterlo condividere.

Il rientro in Italia a gennaio, una toccata e fuga di due settimane, che mi ha dato l’occasione di riabbracciare la mia famiglia e tutte le persone a cui voglio bene.

Le notti a prendersi cura della piccola Bernadette, gemellina abbandonata, che ora ha trovato l’amore di una nuova famiglia. E’ vero, ci si stanca… ma è una fatica piena di tenerezza.

La Quaresima, con la Via Crucis tra i padiglioni dell’ospedale insieme ai malati, la decorazione della cappella, il ritiro tra volontari italiani, guidato da Don Giovanni. E’ stato un bel periodo, un bel tempo per provare a cambiare.

Torneo di calcio femminile

Le partite a calcio con i bimbi, con i malati di tubercolosi e con le ragazze del villaggio, insieme alle quali abbiamo iniziato un torneo ed in palio c’è un super “omby”, una mucca con la gobba… incrociamo le dita!

La felicità delle suore nel pitturare la Casa della Carità ed abbellirla con tende e piccoli ritocchi, nel comprare pentole nuove per poter così distribuire quelle in più a chi ne aveva bisogno, e nel concludere il tutto con balli e canti di ringraziamento.

 

I nuovi banchi subito in uso nella scuoletta dell’ospedale

L’acquisto dei banchi e del bagno per il centro dei nostri bimbi, che non sarebbe stato possibile senza il pensiero e la bontà di tante persone dall’Italia che ci hanno aiutato. Un giorno, guardando l’aula colorata e piena di tante cose, mi sono proprio detta: ”Quanti cuori Signore ci sono dentro tutto questo?”. E’ bellissimo.

Per ultima, c’è stata la Pasqua.
Ed il pranzo del Sabato Santo, insieme ai malati di tubercolosi. Lì ho sentito veramente il Signore risorto in mezzo a noi. Ci siamo seduti su panche e stuoie, coi nostri piatti di riso bianco e carne. Malati e famiglie, suore, due dottori e noi volontari. Poi abbiamo cantato, ballato e giocato a tombola, che avevamo costruito insieme disegnando e colorando le figure. Mi sono commossa, semplicemente lì in mezzo a loro, di cuore.

C’è un altro bellissimo dono che ancora mi aspetta. Domani andrò ad accogliere all’ aeroporto Agnese, una mia grande amica, con cui condividerò l’ultimo pezzettino di strada, prima di rientrare in Italia. Ed insieme a lei andrò incontro ai luoghi e alle persone che sono state casa per me in quest’anno e mezzo, ringraziandoli uno ad uno per aver custodito la mia vita ed averla fatta crescere.

Cristina Orlandini

Una bella foto del gruppo parrocchiale

Pe Luis e la quaresima del Brasile

“Chi uccide un GIUSTO perché è contrario alle sue opere, feconda il BENE che non può sopportare” .
Questo è un pensiero di d. Mazzolari che mi è venuto in mente in questo tempo di quaresima, perché come Chiesa brasiliana abbiamo fatto una Campagna di Fraternità in cui si è pregato e riflettuto del superamento della violenza. La Fraternità “siamo tutti fratelli”, fermentare nell’umanità l’amore fraterno: si è detto e cantato che vince sulla violenza.

Qui in Brasile questo mese ha fatto notizia, e si è diffusa per il mondo intero, l’assassinio di Marielle Franco, una consigliera comunale di Rio de Janeiro, uccisa assieme all’autista. Una giovane donna negra che ha lottato per diritti umani della sua gente, di una favela di Rio Maré; dove è riuscita a formarsi e laurearsi in amministrazione pubblica. Proprio in questo inizio d’anno, il presidente del Brasile ha deciso di dare un mandato speciale all’esercito per garantire la sicurezza in Rio de Janeiro. Molte manifestazioni di protesta, che hanno chiesto giustizia; certamente l’uccisione di Mariella ha scatenato un sussulto di indignazione tra la gente, speriamo che possa portare frutti buoni, risvegliare questa democrazia così fragile.

Nella quaresima abbiamo avuto la visita di don Filippo, è venuto con Maria Pia e ha portato anche una sorella nuova per la Casa di Carità di Ruy Barbosa, Ir. Josiane. La sua visita è stata importante per riguardare il cammino della Casa di Carità nella diocesi di Ruy Barbosa. La nostra diocesi di Reggio, dopo 52 anni di cooperazione come “Chiesa sorella”, ha deciso di iniziare una nuova missione, sempre qui in Brasile ma andando verso le Chiese dell’Amazzonia. Così la Casa deve sempre più essere non tanto un’opera nostra delle suore, come spesso è ancora vista, ma essere più assunta dalla Chiesa di Ruy Barbosa. Abbiamo fatto diversi incontri, col vescovo, coi sacerdoti giovani e anche con la gente comune; si è concordato alcune prospettive che speriamo possano crescere.

Per il resto bello per noi confrontarci con don Filippo anche sul cammino della famiglia in Italia. Nelle parrocchie si è ripreso il cammino pastorale, con assemblee e consigli delle comunità. La priorità di quest’anno è sempre la
catechesi con ispirazione catecumenale; bello un ritiro, una buona partecipazione una quarantina di catechisti, sulla “Samaritana” che ha fatto vedere i passi dell’iniziazione cristiana: come l’incontro con Gesù apre al dialogo, alla conoscenza e alla rivelazione, e porta all’annuncio e testimonianza.

In questo tempo sono riuscito a visitare alcuni anziani e ammalati; è sempre bello farlo anche con gli animatori delle comunità, sperimentare come la visita sia sempre più un ricevere che dare.
Scoprire la dignità di tanti che portano la croce come il cireneo con molta dignità e serenità. Ma anche scoprire le fatiche e il contesto di vita di famiglie, alle volte disastrate e alcune con germi di violenza che vanno pacificati.
Così ci avviciniamo alla Pasqua, ci saranno alcuni giovani, qui in Utinga, che ricevono il battesimo e l’eucaristia; tra loro ci sono Bernardo e Paulo, che hanno iniziato a venire alla messa perché sono animatori dei canti con chitarra e batteria; questo li ha portati a conoscere Gesù e fare un cammino di catecumenato.

La stagione estiva che sta terminando, è stata caratterizzata da caldo forte e temporali che per fortuna hanno consentito agli agricoltori di piantare e sperare il raccolto. Il 22 marzo si è ricordata la giornata mondiale dell’acqua; il Brasile detiene il 13% delle riserve di acqua dolce del pianeta. Ma non per questo siamo messi bene. Noi ad esempio stiamo bevendo solo acqua minerale naturale comprata, non ci si fida dell’acqua pubblica, quasi sempre di bassa qualità. Lo stesso fiume, che passa nella nostra regione, il Rio Utinga, é contaminato dai prodotti che vengono usati, veleni e fertilizzanti per proteggere in particolare le coltivazioni di banana, papaia, e varie frutta e verdura.

Siamo nella settimana santa, ci prepariamo al triduo pasquale, che culmina nella Vigilia Pasquale: il cantico dell’Exultet ci parla della notte felice che sola conosce l’ora in cui il Cristo è Risorto, notte che dissipa l’odio, lava tutti i crimini e libera dalle catene della colpa, riempie di luce e pace i cuori.
Questo è anche L’augurio di questa Pasqua

um Abraço
Pe. Luis – 28/3/2018

Domenica delle Palme a Pintadas – Boa Vista

Siamo in una comunità povera di Pintadas, Boa Vista

Di seguito processione in due delle comunità più povere della parrocchia di Pintadas, Laranjeira e Caldeirão Coberto. 7 km di processione con la messa finale.

Domenica di passione. Una mamma era venuta facendo alcuni chilometri a piedi per partecipare alla processione e a alla messa. Giunta nella casa di una amica per cambiarsi è arrivata la notizia che il figlio di 28 anni era appena stato ammazzato. Una parte della comunità di Caldeirão Coberto è rimasta con lei e una parte ha partecipato alla celebrazione. Al ritorno abbiamo tutti pregato insieme alla mamma Joelice. Buona domenica delle palme a tutti voi

Vi porto nel cuore. Oggi sono uscito alle 6.30 del mattino e mi riposo un attimo ora. E’ accaduto di tutto. Decine di chilometri a piedi, acqua a catinelle, attraversamento molto pericoloso di fiumi, strade piene di fango e buche profondissime, quasi cento chilometri di auto in questo tipo di strade, a volte con 9 persone nell’auto. Due gomme forate e decine di chilometri fatti gonfiando un pneumatico varie volte con una pompa da bicicletta.

Un giovane ammazzato e una madre da consolare. Per poco non sono rimasto bloccato tra due fiumi.
Siamo stati assistiti dalla provvidenza perché quando siamo rimasti con un pneumatico a terra e senza quello di scorta dopo un po’ è passato un uomo in moto che è andato a cercare una pompa da bicicletta. Ho montato per ben due volte un giumento. Abbiamo visitato anziani, persone con handicap e una mamma che aveva da poco partorito. In due viaggi ci hanno accompagnato anche persone ubriache.

Più di mille persone nelle diverse celebrazioni a cui ho partecipato: sono rimasto quasi senza voce. In alcuni luoghi in cui sono stato il territorio è di circa 20/30 km2 e per riuscire a incontrarsi è stato un miracolo, viste le condizioni molto difficili e i tanti chilometri da percorrere a piedi da parte di tutti. In tanti hanno partecipato nonostante le condizioni avverse. Per il resto grande gioia, perché è da dieci anni che non veniva questa pioggia. Tanta umanità incontrata povera, emarginata e ferita, ma piena di fede. Tanta accoglienza in tante case.

Una buona settimana santa a tutti.

Don Luca Grassi

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Virginia Beltrami, rientrata dall'Albania, testimonia alla veglia missionari martiri 2018

La testimonianza di Virginia

Un anno di missione mi ha dato tanto.
Sono tornata a casa e mi sono resa conto che in Albania ho imparato a sapere.
Non tanto perchè conosco parole difficili o ASTRUSE tipo “ODEPORICO”, “PRECONIZZARE”, “ALGIDO” o “PROCRASTINARE”. Non serve conoscere paroloni per essere missionari.
Dicevo, in Albania ho imparato a sapere, ovvero ad avere sapore. È la prima cosa che noti in un altro Paese: ci sono sapori e odori a cui non eri abituato. Cambia persino l’odore dell’aria!
La prima volta in una casa albanese, per esempio, ero nauseata dall’odore della stufa, un aroma che poi mi ha accompagnato costantemente fino alla fine e a cui mi sono abituata.
Ma agli inizi è faticoso sopportare il cambiamento: la missione è un mondo così diverso dal tuo che il primo impatto è veramente difficile da digerire.
Ma dalle difficoltà iniziali puoi o rifiutare tutto oppure avvicinarti ogni giorno un po’ di più, assaggiandone la cultura, gli usi, facendo famiglia coi più poveri e lasciandoti guidare dalle persone.

Ed è stato mettendo da parte il mio orgoglio da supereroe occidentale che ho potuto gustare e rimanere estasiata dai tanti e contrastanti sapori dell’Albania.
La dolcezza delle donne, così premurose e accoglienti combinata con l’asprezza della vita famigliare che conducono; la pienezza della vita comunitaria; l’amarezza di una società così corrotta combinata con il gusto semplice dei bambini e dei ragazzi; e soprattutto la delicatezza della Provvidenza.
Ogni giorno bisognava radicarsi sempre di più in questi gusti, in questi sapori, in questi odori per poter avvicinarsi di più alle persone. È stato uno sforzo continuo che non sarei mai riuscita a fare senza il sostegno della comunità.

Assaporare e prendere il gusto del popolo albanese è quello che don Gigi Guglielmi definiva: “incarnarsi”, un verbo che come lui augurava nel ’95 ai partenti per l’Albania, si è nuovamente realizzato quest’anno.
“Non è su di loro che dovete intervenire per cambiare la loro vita, ma su voi stessi per cambiare la vostra”, diceva don Gigi: questa è stata la base di tante relazioni vere che ho instaurato in Albania, senza l’obiettivo di modificare l’altro, ma rimodellando me stessa per accoglierlo.

Questo spogliarsi e prendere il gusto della cultura albanese mi ha reso veramente una DONNA LIBERA, tanto che adesso nella fase del ritorno non resto con l’amaro in bocca, ma anzi sono profondamente grata di aver gustato e visto la bellezza del donarsi all’altro.

lbania e testimonia alla veglia missionari martiri 2018

La testimonianza di Federica

La prima cosa che ho imparato in Albania è stato condividere. Questo perché non sono andata lì a titolo personale, ma sono stata inviata dalla Chiesa. E non da sola: come Gesù inviava i suoi discepoli a due a due, così anche io ho avuto due compagne con cui condividere il cammino. Insieme al don, ecco allora una piccola comunità che fin da subito ha condiviso la Parola, l’Eucarestia e, ovviamente, la quotidianità.

Dividere la mia giornata con altri, all’inizio, non è stato facile, ma quando ho visto che ciò che condividevo acquistava più senso e valore, allora ho capito che condividere, cioè dividere con, non è un diminuire, ma un moltiplicare. Quando si presentava un problema, tra di noi ne discutevamo, ma soprattutto avevamo imparato a condividerlo con coloro che camminavano con noi. Ed ecco ancora il ripetersi del miracolo: forse noi non potevamo risolvere direttamente quel problema, ma qualcun altro si o perlomeno ci poteva aiutare.
La magia della condivisione, o meglio, la sua potenza.
Adesso ho compreso meglio cosa significhi spezzare il pane e distribuirlo.

Dare tempo e concedersi tempo è un’altra cosa che la missione mi ha insegnato. Nella mia quotidianità il tempo non era mai abbastanza e ne mancava sempre per me e per le persone a me care, ma non era il tempo ad essere poco, ero io a non sapergli dare il giusto peso, soprattutto nelle relazioni. E allora grazie a quegli imprevisti che hanno fatto rallentare la mia corsa occidentale verso il raggiungimento di alti livelli di produzione. Grazie a tutte le persone che mi hanno insegnato a stare seduta su un divano a bere caffè turco e a chiacciherare di cuore senza farmi avere la sensazione di star perdendo tempo, ma anzi regalandomi l’emozione di aver vissuto il meraviglioso incontro con il Signore, perché non dimentichiamoci che Gesù ha evangelizzato non solo camminando, ma anche stando a tavola.

E infine la Provvidenza.
Il Signore interviene lì dove c’è bisogno, quando c’è bisogno. L’unica cosa che ho dovuto imparare a fare è stato fidarmi del suo intervento. Quante cose e quante persone sono state provvidenziali!
La Provvidenza ho potuto vederla solo perché ho deciso che da sola la missione non potevo farla, non potevo viverla, ma avevo bisogno di essere presa per mano e guidata. Il mio orgoglio, a fatica, non lo nego, è stato messo da parte, perché avevo bisogno di affidarmi a qualcuno che poteva accompagnarmi e quel qualcuno si è incarnato nelle tante persone, davvero tante, che ho incontrato sul mio cammino o che semplicemente ho riscoperto e che per me sono state luce.

In questo ritorno, mi auguro di continuare ad essere illuminata dalle tante luci, vecchie e nuove, della mia strada. Mi auguro di incontrarne di altre e soprattutto di poter continuare a far risplendere la luce forte e calda che la missione ha acceso in me.