Turchia 2022 – Missione come incontro

 

di Elisa Giardina

Mi chiedevo in che senso quello in Turchia sarebbe stato un campo missione: non c’era nessuna attività a favore di altri, nessuna necessità primaria in cui dare una mano, quindi: missione in che senso? Mi è stato più chiaro il giorno del mandato, nel vedere il video-messaggio rivolto ai partenti dal frate cappuccino di Istanbul e poi mi è stato chiaro nei giorni passati in Turchia: la missione è anche vicinanza, attenzione, ascolto e condivisione della realtà dell’altro; e come per la parola ospite, ha valenza in entrambi i sensi: sei missione tu verso l’altro e l’altro verso di te.

Il viaggio in Turchia è iniziato da Efeso – oggi città di Selçuk – dove si trovano molti segni della prima comunità cristiana: il sito archeologico della basilica di San Giovanni dove è possibile fermarsi sul luogo che custodisce i resti del discepolo; la casa dove Maria ha trascorso i suoi ultimi anni di vita, proprio sopra Selçuk, meta sia cristiana che musulmana per il culto che anche l’Islam riserva alla madre di Gesù; il maestoso sito di Efeso che ricorda quanto questa città fosse ricca e importante: qui, grazie alla guida dell’amico Murat, uomo innamorato della sua terra, abbiamo visto il teatro, ancora attivo e sede di eventi, luogo della disputa tra San Paolo e gli orefici di Artemide citato in Atti 19, 23-40 oltre al tempio stesso di Artemide e alla biblioteca di Celsius; e poi ancora una visita a Mileto, dove viene citato l’addio di San Paolo agli anziani di Mileto (Atti 20, 13-36) e Priene. Ma non abbiam visitato solo luoghi: il nostro soggiorno a Selçuk è stato reso super ospitale dall’accoglienza riservataci da Frate Robert e Alessandro e dagli incontri con alcuni ragazzi turchi (Christopher e Roberto), la conoscenza del barista/evangelizzatore Michael e delle suore che custodiscono la casa di Maria assieme ai frati cappuccini. Davvero un pieno di ricchezze che ancora adesso al ripensarci è strabiliante.

A metà del nostro viaggio ci siamo spostati a Istanbul e siamo volati (sia fisicamente che metaforicamente) nella modernità: Istanbul è una metropoli che ti spiazza per grandezza, estensione, multiculturalità. Nel nostro soggiorno siamo stati ospitati più che fraternamente dai Padri Pawel, Royston e Jawahar. Il primo giorno in città abbiamo incontrato la comunità dei Domenicani, Claudio Monge e i suoi confratelli, che ci hanno raccontato la loro esperienza di Chiesa che pazientemente deve attendere che l’altro si avvicini per aprirsi, dove si può, al dialogo; abbiamo poi conosciuto il vescovo Massimiliano, un uomo al servizio della comunità e dei fratelli che ci ha veramente aperto il suo cuore raccontandoci dei prodigi che la Turchia ha fatto nella sua vita e di come sia stato testimone che il Vangelo da solo, in maniera del tutto provvidenziale, evangelizza e attrae a sé la gente. Il secondo giorno abbiamo potuto visitare, accompagnati da frate Handry, i maggiori luoghi di interesse della città: la Moschea Blu, Santa Sofia, il Palazzo del Sultano, la piccola Santa Sofia. Sono luoghi affascinanti, ricchi di storia e le vicende che li circondano dicono della continua evoluzione dei tempi che li circonda ancora oggi. Il terzo giorno è stato all’insegna dell’ecumenismo e abbiamo incontrato un esponente del Patriarcato Greco-ortodosso e poi del Patriarcato Armeno: la comunità cristiana, seppur così infinitesimale sul territorio turco, è ricca di confessioni diverse ma nell’incontro con le singole persone rimane impresso quel sapore di comunione che ricorda come veniamo tutti dalla medesima origine. Sabato siamo poi andati sull’isola Bukuyada, una delle maggiori delle isole dei Principi, e siamo stati ospitati da Suor Miriam che, assieme a una consorella, porta avanti come missione la visita al carcere femminile e l’accoglienza di rifugiati e detenuti in libertà vigilata: è stata una giornata di condivisione della sua esperienza di vita ma anche di festa assieme. La domenica, prima di partire, abbiamo celebrato la messa con i cristiani cattolici levantini, cioè di origine occidentale, e dopo messa abbiamo avuto un momento di confronto con i catecumeni della parrocchia: un incontro che da entrambe le parti sarebbe potuto andare avanti ancora ore per poterci raccontare appieno.

A rendere tutto questo un’esperienza di Chiesa in missione è stato il gruppo con cui si è partiti, ragazzi di varie realtà con la curiosità di scoprire e stare assieme, e le nostre guide Padre Paolo e Matteo (partito spiritualmente con noi): davvero un’esperienza di cui rendere grazie perché piena di fraternità, incontri e diversità che nel cuore ritornano e portano sempre nuovi spunti di riflessione.